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Autore: Ignis_eye    02/05/2014    1 recensioni
Non esiste solo un mondo, ce ne sono parecchi, o meglio, ce ne sono tanti raggruppati in uno solo, dove gli umani trascorrono tranquillamente la loro esistenza e dove le creature magiche vivono in armonia e talvolta si fanno la guerra.
Gli esseri magici svolgono le loro faccende quasi con normalità, tenendole nascoste agli uomini, ma... che cosa succederebbe se un terribile segreto venisse rubato e due razze si scontrassero?
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Elsa! Svegliati!» urlò Gioia, sua madre.
«Ma mamma! Vabbè che è mattina, ma non c’è scuola, sono in vacanza!» rispose lei ancora mezza addormentata. I passi ciabattanti della madre si avvicinavano dal corridoio.
«Io e tuo padre abbiamo una cosa importante da dire a te e a tuo cugino, quindi sbrigati ad alzarti!» disse la madre senza ammettere repliche.
Elsa forse sapeva già a quale notizia si riferisse sua mamma: i nuovi cercatori.
«Arrivo» mugugnò alzandosi lentamente.
«E comunque» riprese la madre infilando la testa in camera «noi licantropi non andiamo mai in vacanza».
Così dicendo, chiuse la porta e se ne andò al piano di sotto.
Elsa si vestì velocemente e scese in cucina, dove i genitori e il cugino la aspettavano seduti a tavola.
Suo cugino Damiano aveva la sua stessa età e viveva con la sua famiglia da dieci anni, cioè da quando un branco di mannari aveva ucciso i suoi genitori, e per un pelo non ci lasciava le penne pure lui.
«Finalmente ti sei alzata!» disse il padre «Ora che siete tutti e due qui, posso darvi una notizia importantissima».
Damiano si era sporto in avanti dalla curiosità «Zio, non tenermi sulle spine, di cosa si tratta?».
«Ahahahah! Che frettoloso sei!».
La mamma gli lanciò un’occhiataccia.
«Fulvio, dì ai ragazzi quello che devono sapere. Damiano aspetta di sentirlo da almeno un’ora».
«Va bene, va bene» disse il papà alzando le mani in segno di resa «Adesso racconto tutto. Dovete sapere che tre famiglie di cercatori si sono trasferite qui pochi giorni fa. Sapete chi sono e a cosa servono, vero?».
I due ragazzi annuirono: sono dei maghi e fino al 1260 d.C. il loro scopo era cercare il Necronomicon, poi, quando l’hanno trovato, ne sono diventati i custodi; adesso moltissimi collaborano con i licantropi per distruggere,neutralizzare o nascondere  artefatti magici pericolosi e difettosi, come portali, armi, veleni, marchi, libri, pozioni, edifici e così via. Da chi devono nasconderli? Soprattutto dai mannari e dai vampiri, ma anche da demoni e umani, seppur molto raramente.
«Bene» riprese Fulvio «di sicuro sapete anche che qui non ci sono stati cercatori per una quindicina d’anni. Adesso sono tornati e hanno chiesto agli anziani dei clan di formare una squadra e lavorare insieme».
“Che figata! Finalmente si ricomincia la bonifica della zona!” pensò Elsa, che ormai non stava più nella pelle.
«Le nostre leggi permettono a chiunque abbia compiuto i venti anni di età, ossia che abbia raggiunto la maturità, di diventare un mundis, ovvero di fare coppia con un cercatore e di “combattere il male”».
«Gli anziani » continuò la madre «hanno accettato e chiunque lo voglia, può tentare di superare i test e diventare un mundis. Questa notte ci incontreremo tutti per fare conoscenza, perché voi due ne avete visti pochissimi in vita vostra e i loro figli pure».
“Io una l’ho vista, e che cercatrice… Comunque, che vogliano diventare anche loro due dei mundis? È un mestiere pericoloso”.
«Non è che per caso volete andare anche voi a pulire la zona?» chiese Damiano anticipando Elsa di un millisecondo.
I due genitori si guardarono un attimo negli occhi prima di confermare:
«Io sono una Desdemoni: il bosco qui attorno è nostro territorio e il mio clan combatte al fianco dei cercatori da secoli, perciò lo farò» disse la madre guardando Elsa.
Nella loro civiltà, i figli maschi prendono il cognome del padre e fanno parte del suo clan, mentre le figlie femmine prendono quello della madre. Elsa, quindi, apparteneva alla casata dei, o meglio, delle Desdemoni. Suo cugino Damiano, invece, era un Mercanti.
«Io non sono ancora sicuro, preferisco aspettare l’incontro di domani» disse il padre. Lui era un Mercanti, e già da sette generazioni la sua famiglia procurava materia magica a chiunque la volesse, da qui il nome.
Vuoi un papiro antico? Un metallo magico? Una pietra rara? Pelli di drago? Denti di vampiro? Loro possono procurarti tutto ciò che cerchi.
«Sapete…» continuò «Le nostre sentinelle hanno avvistato dei mannari nelle ultime settimane, per questo i quarantotto anziani hanno accettato così di buon grado la proposta dei maghi». La sua voce era triste adesso.
«Pensavamo che la tregua con loro durasse più di dieci anni, che per gli umani sono molti ma per le creature longeve come noi non sono nulla».
“Bene, almeno non dovrò più avvertirli del pericolo con il rischio di mettermi nei guai” pensò Elsa. Il suo pensiero sarebbe potuto sembrare opportunista, e lei sarebbe potuta passare per codarda, ma i motivi del suo sollievo erano sensati: a chi aveva meno di vent’anni è assolutamente proibito andare in giro con la luna piena e nei giorni vicini, perché rischia di non sapersi controllare o di imbattersi in un lupo mannaro. Tuttavia, Elsa era una gran testa dura e lo faceva ogni volta che voleva, perché pensava fosse una regola stupida, come quella di non possedere pozioni e armi magiche. Come già detto, lei aveva una bella, seppur piccola, collezione di intrugli.
Guardò il padre che era diventato piuttosto pensieroso.
“Gli sarà tornato in mente l’omicidio dello zio e della zia. Era stato un branco di lupi mannari a ucciderli, deve fargli ancora male”.

 

 
Finirono la colazione parlando di argomenti più leggeri, poi i genitori andarono a lavorare lasciando in casa i due cugini.
«Elsa, so che sei andata nel bosco ieri notte» disse lui tutto d’un tratto.
“Cazzo”. In una mossa istintiva strinse i pugni e si voltò verso di lui.
«Non lo dirò alla zia, tranquilla» la rassicurò il cugino «Sai che non lo farei mai». Aveva ragione: loro due erano molto legati, complici e affiatati. Da piccoli ne avevano combinate un sacco insieme, dando non poche preoccupazioni ai genitori di lei.
«Bene» disse Elsa rilassandosi «anche perché non è successo nulla di speciale».
«Già, di certo non ti sei imbattuta in un mannaro, di certo non sei stata ferita, di certo non ti sei curata con le pozioni che hai ma che non dovresti avere» buttò lì con noncuranza.
«Hai sentito l’odore del sangue, vero?».
«Sì. Non mi sono accorto di quando sei uscita, ma quando sei tornata ho sentito abbastanza chiaramente dei passi in camera tua. Ho sbirciato dalla porta socchiusa e mi sono accorto che eri in bagno a medicarti qualche ferita che aveva già lasciato il suo odore nella stanza».
«Così hai capito che solo un lupo mannaro poteva avermi fatto quello e che mi stavo curando in fretta per non farmi scoprire dai miei» concluse Elsa.
All’andata era stata molto prudente, ma al ritorno, con la fretta che aveva addosso, aveva prestato meno attenzione al rumore che faceva.
«Esatto. Comunque non dirò nulla agli zii, puoi starne certa!» disse facendole l’occhiolino «Però devi promettermi che starai molto più attenta. E devi anche raccontarmi tutto».
Così Elsa gli parlò accuratamente dello scontro con il lupo mannaro,tralasciando accuratamente l’incontro con Sefora.
Damiano, che aveva assistito alla morte dei genitori, era attentissimo al racconto e da come serrava le mascelle si capiva quanto avesse voluto essere al posto della cugina.

 

 
Una volta finita la storia, lei lasciò che Damiano si preparasse per i suoi allenamenti con il maestro di metamorfosi.
Tutti i licantropi vengono affiancati da un maestro fino alla maggiore età, in modo che siano completamente coscienti dei loro poteri, che possano migliorare la loro capacità di manipolazione del mana e che sappiano combattere bene.
Ogni maestro, inoltre, deve approfondire alcune capacità in base al clan: per Elsa erano soprattutto il combattimento, la medicina e lo scassinamento di sigilli per Damiano la creazione di barriere, stanze inaccessibili, portali, e così via per ogni allievo.
Solitamente, più ragazzi vanno dallo stesso insegnante, ma la famiglia di Elsa era molto ricca in denaro magico e poteva permettere ai due giovani due maestri.
«Io vado, ciao!» disse lui chiudendo la porta.
«Ok, ciao! Fai una buona lezione!».
“Bene, adesso mi preparo e vado”.
Non sapeva perché, non sapeva per come, fatto sta che ci teneva a fare bella impressione su Sefora.
Mise un paio di pantaloncini neri che le arrivavano poco sopra metà coscia, una canotta bianca, le converse rosse e arrivò addirittura a sistemare qualche ciocca ribelle. Tanto era inutile: i suoi capelli seguivano leggi fisiche che anche l’universo ignorava o, più semplicemente, facevano quel cazzo che volevano. Fortunatamente, erano di quel riccio selvaggio e indomabile ma allo stesso tempo definito, che tutte le ricce vorrebbero avere.
Una volta che fu pronta, uscì e si diresse al luogo dell’incontro, che non era altro che un semplice bar.

 

 
«Hey!» urlò Sefora per attirare la sua attenzione «Sono qui!» disse muovendo una mano.
Elsa fece finta di essersi appena accorta di lei e, quando le fu davanti, la salutò amichevolmente. Ovviamente, nonostante una momentanea folla di pendolari, l’aveva già vista ma non voleva farla sentire in imbarazzo per essersi preoccupata inutilmente o farla sentire inferiore per non avere sensi sviluppati come i suoi.
«Che ne dici se entriamo a mangiare qualcosa? Io ho fame» propose. Aveva già fatto colazione ma i licantropi tendono a mangiare molto volentieri.
«Certo» rispose l’altra sorridendo.
Si sedettero ad un tavolino appartato e aspettarono che il cameriere venisse a prendere l’ordinazione.
«Ciao, cosa posso portarvi?».
«Per me» disse Elsa «un caffè shakerato freddo e una brioche alla crema al limone».
«Una brio… ema e ca..è shak..to» mormorò il cameriere scrivendo «Tu invece?».
«Mmm… un tè freddo e tre pasticcini alla marmellata di albicocche».
«Bene, vi porto tutto tra un secondo».
Quando il cameriere se ne andò, ricominciarono a chiacchierare.
«Caffè shakerato e croissant alla crema, eh? » disse Sefora «Ti facevo più tipa da bevande ultra energetiche e dolci troppo zuccherati».
«Ahahaha!» rise di gusto l’altra. Poi, abbassando la voce disse:
 «Solo perché ieri notte mi sono data alla violenza non significa che tutte quelle porcherie mi diano alla testa,  non le mangio nemmeno quelle schifezze. E se devo dire la mia, Sefora, pensavo avresti ordinato cappuccino e brioche al cioccolato». aggiunse mostrando una chiostra di denti bianchissimi in un sorriso.
“Li amano tutti, ma io non ne vado matta:dannatamente ordinari e privi di originalità. Per fortuna ha preso dell’altro, anche se avrei dovuto aspettarmelo dopo ieri sera”.
L’altra stava per rispondere quando il cameriere portò la colazione. Le ragazze ringraziarono e ritornarono sul discorso di prima, fino a quando Elsa le raccontò dell’incontro previsto per quella notte.
«Sì, anche i miei genitori me ne hanno parlato questa mattina».
«E gli anziani della tribù Italicum sanno già della presenza di mannari, perciò non dovrò avvertirli e nessuno saprà di ieri notte. Non rischiamo più di finire nei guai».
Elsa pagò il conto, offrendo la colazione alla cercatrice come benvenuto nella città di Villanova, un piccolo centro urbano a pochi kilometri da Vicenza.
«Dove andiamo?» domandò Sefora.
«Mmm… beh, visto che non sei mai venuta a Villanova, direi che possiamo cominciare dalle vie del centro, e finire con i giardini pubblici quando farà più caldo, che dici?».
«Sei sicura? Intendo dire che passeggiando per le vie più trafficate, dei licantropi o dei cercatori potrebbero vederci e sospettare qualcosa».
«Non preoccuparti» la rassicurò Elsa «Anche gli uomini-lupo e i maghi hanno dei lavori. E comunque, non ho avvertito l’aura di licantropi nei paraggi, perciò puoi essere sicura che nessuno di loro ci ha viste al bar».
“Già, anche perché di solito frequentano un altro bar gestito da una mezza nana. Gli umani non sono male nella ristorazione, ma essere accolti da un essere magico ti fa sentire più a tuo agio”.
«Va bene, andiamo» acconsentì l’altra già più tranquilla.

 

 
Girarono per un’oretta, fino alle 11.00, guardando le vetrine dei negozi e chiacchierando del più e del meno; passarono davanti agli edifici più antichi e Elsa le raccontò la loro storia per filo e per segno.
Finita la passeggiata per il centro, la ragazza-lupo guidò Sefora fino al parco pubblico per godere dell’ombra degli alberi e di un po’ di pace.
«Che bello! Non immaginavo che in una città piccola come questa ci fossero dei giardini pubblici così» disse Sefora.
«Già. Il parco è stato rifatto di recente, per questo è ancora così ben messo, e il sindaco non ha badato a spese per renderlo più bello».
L’erba illuminata dal sole era verde e morbida, gli alberi rigogliosi, le panchine riverniciate da poco e le due fontane zampillavano acqua fresca e pulita; le stradine, che percorrevano il giardino di quasi un kilometro quadrato, portavano i cittadini in cerca di tranquillità ai loro posti preferiti e i bambini alle giostrine.
A quell’ora gli umani preferivano restare in casa al fresco, per uscire verso le quattro del pomeriggio, perciò il giardino era semi-deserto.
Le due ragazze si sedettero sull’erba, alla fresca ombra di un tiglio. Una volta sistemate, Sefora prese la parola:
«Come pensi che dovremo comportarci questa notte? Noi ci conosciamo ma non dovremmo, quindi ci toccherà ignorarci».
«Sì, faremo finta di non esserci mai viste, è più sicuro».
Appoggiarono le schiene al tronco e allungarono le gambe per stare più comode. Qualche raggio di sole filtrava tra le frasche illuminando il viso angelico di Sefora: connotati armoniosi, naso piccolo, labbra rosee,  ciuffo ribelle sulla parte destra del viso.
Restarono ferme per qualche secondo, fino a quando Sefora non sfiorò un piccolo fiore facendolo sbocciare. Elsa restò sorpresa.
«Come hai fatto?». Sapeva che i cercatori potevano fare di meglio, ma tra l’imparare certe cose sui libri o dai maestri e il vederlo con i propri occhi c’è una bella differenza.
«Questo? Oh, io… beh, non ci ho fatto caso».
«So come ci si sente a dover nascondere le proprie virtù e usarle senza nemmeno accorgersene… anche a me succede delle volte» disse Elsa.
«Significa che ti trasformi?» chiese l’altra stupita.
«Ahaha! No, non intendevo questo. Mi spiego meglio: talvolta capita che qualche compagno di classe mi inviti a casa sua, e salto fuori con frasi tipo: “Come sta tua sorella? So che la varicella è parecchio fastidiosa”, “Come mai tuo papà non è ancora al lavoro?”, “Deve essere buona la carbonara di tua mamma” e così via. Niente di strano, se non che le risposte sono più o meno così: “Come fai a saperlo? È malata solo da ieri e non lo sa nessuno”, “Come fai a sapere che è ancora in casa? Non puoi averlo visto”, “Sì dai, soprattutto quella di ieri sera, ma cosa te lo fa pensare?”. Praticamente, i miei sensi sviluppatissimi mi permettono di conoscere cose che un umano non potrebbe sapere».
«Capisco… se per lo stesso motivo è difficile per me, non oso immaginare come sia per te» disse Sefora comprensiva.
«Non sai quanto! È come vivere in un mondo HD e fare finta di essere ciechi come una talpa» si lamentò l’altra.
La cercatrice, decise di tirare su di morale la ragazza-lupo, perciò sussurrò queste parole:
«Florere felix donum gramina».
Dei piccoli fiori bianchi nacquero e sbocciarono, intrecciandosi in una corona. Sefora la prese e la posò sul capo di Elsa, che aveva guardato tutta la scena con attenzione e stupore.
«Grazie, sono molto profumati».
Sefora parve compiaciuta e sfoggiò un sorriso a trentadue denti che rasserenò pure la licantropa.
“Che bel sorriso” pensò Elsa “sincero e contagioso”.
«Che ne dici se camminiamo un po’ per il parco? Voglio vederlo tutto!» propose la cercatrice.
«Certo, andiamo!».
 
Quando fu quasi ora di pranzo, le due ragazze si separarono, con l’intenzione di vedersi all’incontro di quella notte.
Elsa tornò a casa e decise di preparare il pasto per tutta la famiglia, visto che era la prima ad essere tornata.
“Cosa posso fare? Damiano avrà una fame da lupo. Che gioco di parole di merda. Vada per la pasta con il ragù”.
Quando era a metà dell’opera, la madre tornò a casa e si mise a cucinare assieme a lei. Erano molto vicine, ma Elsa aveva eliminato l’odore appena percettibile di Sefora con una doccia veloce, così la mamma non si accorse di nulla.
Presto arrivarono anche Damiano e il papà, affamati come al solito.
Mangiarono con voracità il kilo di pasta cotta per l’occasione e si spostarono in salotto per stare un po’ insieme e discorrere della mattina appena passata.
 
 


La sera, poco prima dell’incontro, verso le 23:15, la mamma chiamò a raccolta tutta la famiglia per gli ultimi avvertimenti:
«Mi raccomando, comportatevi bene».
«Sì mamma, lo hai già detto mil-».
«E cercate di fare un po’ di conoscenza con i figli dei cercatori. Non vi dico di farveli stare simpatici per forza, ma anche solo di scambiarci due parole. E sistemate per bene i simboli della famiglia» conclude avvicinandosi alla figlia per ricontrollare gli orecchini.
«Mamma, dai! Basta! È la miliardesima volta che guardi se ci sono ancora. Stai calma, mica li perdo!».
«Va bene, va bene! Volevo solo essere sicura!».
Le Desdemoni, come gioiello-simbolo, portano degli orecchini di rubino. Sono diversi per ognuna di loro, ma hanno tutti la stessa pietra.
Quelli della madre erano a goccia e le due gemme erano incastonate su oro giallo. Quelli di Elsa, invece, erano molto semplici e poco appariscenti: due piccoli brillanti su oro bianco.
I Mercanti, invece,  indossano un anello con uno o più smeraldi. Il padre ne aveva uno più vistoso, mentre Damiano portava un anello con un solo smeraldo tagliato a rettangolo.
Tutti hanno un gioiello da indossare nelle occasioni importanti per la comunità. L’abbigliamento non è importante, anzi, il più delle volte è molto sobrio e non elegante, ma il simbolo di famiglia è d’obbligo.
«Siete tutti pronti?» chiese Fulvio.
«Sì» dissero tutti.
«Bene, allora si parte».
 
 
 
 
  
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