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Autore: Kazu_kun    02/05/2014    1 recensioni
Una nuova galciazione incombe su Arendelle. Un problema da sistemare. Un amore creato e spezzato dallo stesso potere. Un potere diviso in due cuori. Uniti e divisi da questo amore impossibile e dal potere che ne deriva. Un'avventura da affrontare, nuovi amici da incontrare. Elsa, Anna, Kristoff, Sven ed Olaf devono affrontare molte avversità. Elsa deve affrontare le sue emozioni ed un'amore che non può esistere... Riusciranno i nostri amici a scongiurare il nuovo inverno perenne che incombe sul mondo intero? Ed Elsa, riuscirà ad amare l'uomo che non può contraccambiare per via di un antico incantesimo applicato a due cuori destinati ad amarsi? Jack riuscirà a fare la cosa giusta per la sua amata?
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il resto del viaggio fu molto tranquillo; ridemmo e scherzammo con i nuovi membri del gruppo tanto da conoscerci molto bene tra di noi, anche se Rapunzel ed Eugene non vollero parlare del loro passato, fino a quando non ci trovammo davanti a delle enormi mura. Elsa sospirò sollevata ed esordì “Signori e signore, eccoci a Judette! Il regno in cui si è rifugiato… “ il viso le si fece più arrabbiato nel dire “Il nostro nemico.”. Una volta entrati, non vi furono attacchi come ci aspettavamo,solo desolazione, distruzione e paura che si percepiva ancora viva nell’aria. Jack guardò Elsa con aria preoccupata, non appena se ne accorse, lei gli sorrise dolcemente, ma era un sorriso anche malinconico e preoccupatissimo; lo aveva fatto solo per tranquillizzarlo. Era tutto in rovina: case diroccate ed ancora in fiamme, parchi completamente rasi al suolo, alberi carbonizzati, il castello ridotto in un paio di mura e troppe macerie per potersi rendere conto di quanto fosse grande. Era… uno spettacolo orrendo e terrificante. Avanzando notai qualcosa di colorato sotto la cenere: sembrava un brandello di stoffa; lo afferrai e nel vedere cos’era strozzai il volto contro il petto di Kristoff che chiudendo gli occhi e abbassando triste la testa mi strinse a sé mettendomi un braccio attorno al busto: era una bambola semibruciata e, come tenevo il mio volto contro il petto di Kristoff, tenevo la bambola stretta al mio. Eugene teneva per mano Rapunzel che aveva appena raccolto da terra un disegno apparentemente di una bambina di nome Marlène di 10 anni, bruciacchiato e a giudicare da ciò che sentivo, dato che avevo gli occhi chiusi e pressati al petto di Kristoff, anche lei aveva cominciato a piangere poggiata sulla spalla di Eugene poiché il suo pianto sembrava soffocato da qualcosa davanti alla bocca. Riaprì gli occhi e vidi Jack avvicinarsi ad Elsa e afferrarle dolcemente la mano destra, che era libera, poiché la vide sconvolta nel leggere una lettera che teneva nell’altra mano, era una dichiarazione d’amore, una lettera, che lei subito con gli occhi ricolmi di lacrime amare piegò e ripose nella borsa che teneva a tracollo, delicatamente poiché era anch’essa bruciacchiata e voleva evitare di rovinarla. Era stato un momento così triste… anche gli occhi di ghiaccio di Jack si fecero lucidi, anche Kris versò qualche lacrima, li vidi bagnare il suo cappotto caldo color beige chiaro. Elsa, una volta conservata la lettera, non si trattenne più e si portò la mano sinistra alla bocca scoppiando in un pianto tristissimo; Jack, che ancora teneva la mano destra di mia sorella, la tirò a sé e la abbracciò forte, poggiando il mento sulla testa di Elsa che tolse la mano dal volto e le avvolse al busto di Jack scoppiando in un pianto tanto, tanto triste che mi fece richiudere gli occhi e riappoggiai il viso alla spalla di Kristoff che mi strinse forte a sé in un abbraccio appoggiandomi il volto sulla spalla… scoppiai di nuovo in lacrime e con me anche Rapunzel. Il momento triste fu poi interrotto da un rumore proveniente da una casa distrutta; un gemito che non sembrava essere umano e che ci fece mettere in posizione di difesa, pronti a contrattaccare in caso di attacco, che non arrivò: era un drago nero come la pece, dagli occhi felini le quali pupille interne erano grigio fumo ed il contorno era verde con sfumature gialle. Aveva un dolce musetto impaurito; si vedeva che non era un pericolo per noi. “Ehi, piccolo. Non preoccuparti, non ti farò del male. Sta tranquillo, voglio solo aiutarti.” Disse con voce scioccata e malinconica Elsa avvicinandosi alla bestiola e accarezzandogli il lato destro della testa con le nocche delle dita della mano sinistra. Il drago cominciò ad osservare la lettera che Elsa aveva appena messo via e lei, intuendo, alzò il braccio che copriva la borsa, afferrò la lettera, la uscì dalla tasca e, con voce malinconica e dolce, disse “È tua? Scusa, non lo sapevo… L’ha scritta ilo tuo padrone? È bellissima, sai…” man mano che avanzava con la frase le parole divenivano sempre più tremanti e spezzate da un pianto che iniziava a riprendere il suo percorso, mentre teneva quella lettera tra le mani. Al “sai” si tappò la bocca con una mano per evitare un pianto provocato dalle parole d’amore contenute nella lettere che, lei sapeva, non sarebbero mai arrivate alla destinataria. Strinse la lettera nell’altra mano per sfogo e la poggiò al petto e per tutta risposta il draghetto le leccò la mano in cui teneva la lettera, gesto che fece cedere la regina delle nevi che cadde in ginocchio a terra poggiando il corpo sulla mano in cui teneva la lettera e con l’altra si tappava la bocca… scoppiò in un pianto tanto disperato e triste che mi strozzò il cuore. La mano nella quale teneva la lettera era ora un appoggio per reggere il busto sopra la terra, stretta in un pugno che stropicciò leggermente la lettera, ma senza recarle alcun danno, mentre l’altra mano le copriva la bocca egli occhi erano pieni di lacrime che scendevano rigando il suo bel viso. Ora piangevamo tutti. La povera creatura comprese e versò anch’essa qualche lacrima. Durò qualche minuto, poi Elsa, una volta essersi ripresa dal pianto, si rialzò ed abbracciò il draghetto dolcemente in segno di affetto, ma la povera creaturina rispose con una smorfia ed un gemito di dolore: “Ooh! Ma tu sei ferito! Scusa, non volevo! Non preoccuparti, ora ci penso io! Aiutatemi ad aiutarlo, per piacere!”. Ovviamente il primo a soccorrerla fu Jack, poi si aggiunse Eugene, ma per convincere Kristoff che mi guardava come per dire “non preoccuparti, io resto qui con te” dovetti dirgli di stare tranquillo e di andare poiché sarebbe rimasta con me Rapunzel. Detto questo spezzai l’abbraccio con Kristoff che mi sorrise dolcemente e corse per aiutare gli altri a spostare tronchi e macerie di varia grandezza da sopra quel povero animaletto ferito. Io, tenendo comunque lo sguardo fisso su colui che sarebbe diventato il padre di mio figlio, abbracciai Rapunzel dolcemente. Dopo aver spostato tutte le macerie da sopra il draghetto, Olaf si avvicinò e, come suo solito e dimostrando ancora una volta il suo altruismo e la suo tenerezza, cercò di aiutare staccandosi un piedino e poggiandolo su una piccola ferita dietro il collo del draghetto che, a giudicare dall’espressione di gratitudine che nacque sul suo musetto dolce nei confronti del pupazzetto di neve, trovò subito sollievo nel freddo della pallina di neve. Poi preparammo i capelli di Rapunzel e li avvolsero attorno alle ferite del draghetto, poi Rapunzel cantò la magica formula che le permetteva di guarire chiunque da qualsiasi ferita. Una volta finito il rituale di guarigione, quella creatura si rialzò scoppiettante di energia e si avvicinò alla ragazza dai magici capelli che l’aveva aiutata e sfregò come un gatto il capo contro la sua mano, Rapunzel rispose a quel dolce ringraziamento dicendo “Oh, non c’è di che, piccoletto” “Mica tanto piccolo!” ribatté scherzoso Kristoff scoppiando in una risata che tirò dietro di sé anche gli altri. Olaf non aveva voluto vedere lo spettacolo terrificante della città ormai fantasma, tanto che se non fosse stato per quel draghetto non avrebbe né riaperto gli occhi, né alzato il capo mantenendo sul viso quell’espressione di tristezza ed amarezza per tutto il tempo che avremmo passato lì. Io, Eugene ed Olaf restammo a fare le coccole al drago, mentre gli altri discutevano sul da farsi riguardo ad esso. “Non possiamo lasciarlo qui, da solo!” diceva Rapunzel; “Si, lo capisco, ma se poi scopriamo che è uno scagnozzo di Pitch?!” affermava deciso Kristoff; “Non lo è, io so che non lo è . Me lo dice l’istinto.” Diceva un po’ con la voce assente, come commossa dal drago che sorrideva sotto le nostre coccole, Jack; “Già! Come può una creaturina così docile, buona e dolce essere uno scagnozzo di.. quell’essere schifoso che ha fatto QUESTO!” lo assecondava Elsa indicando con un gesto del braccio la città distrutta e guardando negli occhi Kristoff, poi rivolse il suo sguardo consenziente a Jack con un lieve sorriso, come di conforto. Già… come poteva esserlo quella dolce residenza di coccole vivente? Non potevo crederci! Poi Kristoff disse “Sentite, so che può non sembrarlo, ma il male alloggia ovunque!” Allora Olaf, che era seduto a fare le coccole al drago, sentendo quelle parole divenne serio e si alzò andò verso di loro e, con un tono di rimprovero verso Kristoff disse “DOBBIAMO portarlo con noi! Pensate quanto si sente male ora che… ha… perso… oh, poveretto, ha probabilmente appena perso il suo padroncino!” trasformandolo piano piano in un tono di sofferenza. In pochi secondi si rifece serio e continuò rivolto a Kristoff “KRISTOPHER ANDREON BJORGMAN! Pensa se TU! Perdessi Sven. Come ti sentiresti?!” con un tono di rimprovero tanto severo da stupire tutti e indicando con la manina legnosa il giovane che sembrava non solo stupito, ma anche intimorito da Olaf, che lo osservava ancora con gli occhi spalancati di severità, fissi su di lui, che piano piano trasformava la sua espressione allarmata in un sorrisino malinconico e spostò lo sguardo verso il suo Sven che gli stava accanto, gli poggiò una mano sul collo e lo accarezzò dicendo “Perso… mi sentirei perso e completamente senza speranze…” “Ecco! Magari si sente anche lui così, pensaci.” Disse soddisfatto Olaf, poi mettendosi le braccia conserte e con un sorriso soddisfatto ed un sopracciglio alzato disse “Quindi, dobbiamo farlo venire con noi!”. Fu come se il drago avesse compreso le loro parole, poiché, da sdraiato tra me ed Eugene e dolcemente coccolato, si alzò, privandosi delle sue coccole che lo rilassavano tanto, e si diresse verso il gruppetto e mise la sua testa dalla forma simile a quella di un serpente prima sotto la mano di Elsa, poi sotto quella di Jack facendo sovrastare le due mani l’una sull’altra e provocando anche un lieve rossore ai due. Poi impuntò le zampe come per dire “Io da loro non mi stacco!” e fu allora che Kristoff si convinse e sospirò “Ah… E sia! Mi sa che mi tocca accettarlo, vero? Può venire con noi, contenti?!” disse con un sorrisino convinto. Non appena Kristoff finì la frase, con un gesto della testa il drago fece incrociare le mani di mia sorella e di Jack, poi la estrasse da sotto le mani lasciandoli così, immobili, rossi come peperoni e con le mani incrociate, poi tornò fiero e con un espressione di vittoria alle sue coccole. Noi tutti ovviamente scoppiammo a ridere vedendo il rossore sui loro visi e poi io con fatica per via delle risate dissi “AH! Anche lui lo ha capito!”, poi Kristoff asciugandosi una lacrima da risata disse “EHI! Teniamolo assolutamente! Mi sbagliavo” poi una fragorosa risata e continuò “Non è poi così male, il draghetto! Anzi, mi è molto simpatico!” e dicendo questo ci fece ridere ancor di più. Adesso Jack ed Elsa erano rossi come non mai e continuavano a dire “Smettetela ragazzi! Non è divertente!” “Vi prego, basta! Non credo questo sia fattibile e/o veritiero in alcun modo! Kristoff, per favore! Oh, Anna, non anche tu ti prego!”. Ridemmo tanto a lungo e tanto forte da scordarci dove eravamo, ma superato il momento della risata e ricomposti, i nostri visi si fecero pian piano sempre più scuri e tristi. Ci dirigemmo verso il castello, anche questo in totale rovina, ne restavano solo pochi muri e qualche torre. Era impossibile che ci fosse qualcuno all’interno e se ci fosse stato di sicuro non erano più in vita. “Wow… è… impossibile! Ci sono stato solo qualche giorno fa… e adesso… guardalo!” disse sconvolto Jack sfiorando con le dita uno dei pochissimi e bassi muri del castello ancora in piedi, creando dietro d’essa una scia di brina, che si espandeva creando disegni poco chiari e molto confusionari. Di solito il suo ghiaccio creava dei meravigliosi disegni con motivi floreali. Poi guardandosi quella stessa mano continuò “Cercava me, questo è certo, ma perché fare tante vittime?” arrabbiato e triste. Poi sul suo viso si dipinse la disperazione ed era di nuovo sconvolto e triste “Il mio popolo…”. Elsa spalancò gli occhi nell’udire quelle ultime parole e molto sorpresa gli chiese “Aspetta, che?! Tu eri il sovrano?!”. Lui si girò verso di noi, poiché era di spalle, e disse “Si, anche se non ancora ufficialmente. Ero l’unico parente, seppur lontano, del re di questo regno, che ormai era vecchio. Non avendo avuto figli ed essendo io il suo unico nipote, anche se non direttamente poichè mia madre rinunciò alla corona per sposare mio padre, mi mandò a chiamare a corte e mi nominò erede della corona del regno di Judette. Mio zio Edgar, fratello di mia madre, mi aveva mandato a Giglio di Sole per consegnare di persona l’invito alla festa dell’incoronazione, poiché il sovrano era un suo caro amico; poi sarei dovuto passare ad Arendelle. Ma durante il mio soggiorno a Giglio di Sole, seppur in assenza dei sovrani, è successo tutto questo. Quel trono era l’invito all’incoronazione con un piccolo dono in più per una regina che aveva il mio stesso dono. Lo mandai da Giglio di Sole poiché ero bloccato lì. Creai quegli involucri per aiutare i cittadini a non morire assiderati, ma non incontrai mai i sovrani del regno di Giglio di Sole, non sono mai tornati. Poi siete arrivate voi, il resto lo conosciamo tutti, no?” a quelle ultime parole Elsa chinò il capo ripensando al fatto che stava quasi per ucciderlo quella volta. Notandolo Jack le si avvicinò dicendole “Tranquilla… è il passato, quello.” E le sorrise, lei ricambiò, ma era un sorriso sforzato, assente, poco convincente. Era ancora profondamente ferita da se stessa per quell’accaduto. Lui le appoggiò la mano sul braccio sfregandoglielo, come per rassicurarla e le disse “Non importa cosa è successo, pensarci peggiora solo le cose, no?” e le fece un occhiolino. Questa volta sorrise davvero, sollevata veramente, ma si scurì un’altra volta in viso e cominciò “Senti, Jack, io vorrei chiederti ancora scusa per…” “Shh. Va tutto bene. Non è mai successo per me.” La interruppe alzando l’indice e poi poggiando la mano sulla spalla, come amici… o forse più che amici... comunque sia lei sorrise un’altra volta e voltò le spalle a Jack, asciugandosi una lacrima. Allora lui si portò una mano al mento, come se stesse riflettendo e, sorridendo ed aprendo gli occhi socchiusi e pensierosi, le si avvicinò di soppiatto, la prese per i fianchi, le fece fare un giro in aria dicendole “Oh, su con la vita! Non vorrai mica tenere il broncio per tutto il tempo per quella cosa insignificante” mentre lei ridendo diceva “AH! Mettimi giù, Jack! Mettimi giù!!”. Una volta ritornata con i piedi per terra, Elsa si girò, poggiò le sue mani su quelle di Jack, ancora sui suoi fianchi e, stringendole nelle sue disse “Grazie” con un sorriso tanto luminoso che ci fece sorridere tutti. Kris disse “Stavano parlando della famosa battaglia?” “E tu come fai a saperlo?!” “Me lo ha detto Jack! E poi ne avete parlato per tutto il tragitto.” “ah, già, è vero…” dissi io distratta e mettendomi l’indice sul mento pensando a quanto ne avevamo parlato. “Sei la solita!” rise, poi mi sorrise e mi diede un bacio sulla guancia ed io ricambiai con un bacio sulla bocca. Mi strinse a sé e poi tornammo a guardare Jack ed Elsa, ancora immersi in uno sguardo intenso di amore, almeno così sembrava a noi. “Beh, di certo sono molto dolci” dissi io “L’uno conforta l’altra e si aiutano a vicenda portando sorrisi e serenità sui loro volti reciprocamente..” dissi osservandoli. Lui mi rispose con un verso di consenso ed annuendo. Ora si stavano abbracciando tenero quanto Olaf e dolce quanto il viso intenerito del drago in quel momento, che li guardava come per dire “Oh, ma che dolci”, per confortarsi l’uno con l’altra. Jack per non farle pensare a ciò che era successo al castello di Giglio di Sole, Elsa per stargli vicino, visto che aveva appena scoperto di avere perso il suo regno, suo zio, il suo futuro popolo… tutto! Ma Elsa voleva che con quell’abbraccio lui potesse capire che non aveva perso proprio tutto, perché aveva ancora lei. Dopo aver spezzato il tenero abbraccio l’unica cosa che uscì dalle labbra di Jack fu “Me la pagherà, costi quel che costi!” mentre la guardava negli occhi e le teneva ancora le braccia. Lei rispose “La pagherà a tutti, per tutto, Jack! Noi restiamo con te.”
  
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