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Autore: RandomWriter    04/05/2014    1 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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Anticipazioni dell'autrice: Piccola sorpresina grafica verso la fine del capitolo;-) Buona lettura!
CAPITOLO 6: PROVOCAZIONI
 
Il giorno successivo, quando Iris salì sull’autobus, scorse Erin intenta a leggere. Teneva lo sguardo fisso su un punto, come se la lettura non fosse l’attività che la teneva impegnata in quel momento.
“che libro è?”
Erin sollevò gli occhi e la sua interloutrice rimase sorpresa nel vedere che aveva gli occhi gonfi.
“Jonathan Coe, la casa del sonno, l’hai mai sentito?”
“hai pianto?” replicò Iris ignorando la domanda.
“tutta la notte” sarebbe stata la risposta, ma Erin non era in vena di verità.
“no affatto, perché me lo chiedi?”
“ah... non offenderti, ma non hai una bella cera”
“in effetti ho dormito male” ridacchio Erin chiudendo il libro.
“allora dicevamo… la casa del sonno giusto?”
 
Quando Erin e Iris misero piede in corridoio, il mormorio abituale di voci si spense improvvisamente.
“ma che hanno tutti?” chiese Erin sperando, ingenuamente, che l’amica avesse una risposta.
Mano a mano che le due ragazze percorrevano i corridoi, alcuni studenti sospendevano le loro conversazioni e guardavano le due ragazze con interesse.
“ci stanno osservando” bisbigliò Erin.
“osservano te” puntualizzò Iris nervosamente. 
“me?”
“ma sì ti dico! Se non la smettono subito…”
Iris non finì la frase. Erano arrivate davanti all’armadietto di Erin. Appeso all’anta, c’era un ingrandimento A4 di una fototessera la stessa che Nathaniel aveva perso. Sotto un secondo foglio recitava
“NON PENSARE DI AVERE UNA FACCIA MIGLIORE DELLA MIA, SFIGATA”
Per Erin fu un attimo ricordare ciò che era accaduto in bagno appena il giorno precedente.
 
“quindi adesso andrai a piantare margheritine con la tua amichetta Pel di carota?”
Erin si irritò per il commento denigratorio verso Iris ma preferì optare per la diplomazia: non degnò Ambra di un cenno e fece per aprire la porta quando Ambra le bloccò il braccio:
“ehi sfigata, sto parlando con te. Odio essere ignorata”.
Erin fu costretta a guardarla in faccia: Ambra aveva un’espressione carica di risentimento e cattiveria ingiustificata. Si conoscevano da appena un giorno e già sembrava che avesse un conto in sospeso con lei.
“vedi di farci l’abitudine allora, perché è l’unico modo che ho per non doverti guardare in faccia”. Non era riuscita a trattenersi.
La bionda sul primo momento rimase senza parole, poi però sul viso le si dipinse un’espressione trionfante:
“ah, e così dici che non vuoi vedere la mia faccia eh?” ripeté guardando Lin e Charlotte  “Pensi di essere tanto bella tu?” e le alitò in faccia il fumo della sigaretta.
 
“e questa chi è?” chiese Iris.
“sono io” borbottò avvampando per l’imbarazzo.
“oh, hai ragione, osservandola megli-“
Con un rapido gesto Erin strappò il foglio e si guardò attorno. I presenti distolsero lo sguardo, fingendo di essere ignari dell’accaduto. Iris si zittì intuendo il disagio di Erin.
“è stata quella di stronza di” cominciò a dire Erin ad un certo punto.
“Ambra” concluse Iris “ma perché fare una cosa del genere? E poi questa foto dove l’ha presa?”
“L’ha sottratta a Nathaniel quando ancora non mi conosceva. Vedendola avrà pensato che sarebbe stato divertente fare uno scherzetto alla nuova arrivata” dedusse Erin prendendo un libro dall’armadietto.
“Che perfida! Cosa sperava di ottenere poi?”
“immagino che il messaggio sia qualcosa tipo: non metterti contro di me, sfigata” spiegò Erin imitando la voce della bionda.
“molto perspicace”
Al sentire quelle due parole, le ragazze si voltarono di scatto. Ambra, Charlotte e Lin camminavano dietro di loro. I loro sorrisetti perfidi mandarono a mille la rabbia della loro vittima. Lo sguardo trionfante di Ambra era fin troppo stomachevole.
Erin guardò il trio allontanarsi tra le risate di adulazione di Lin e i commenti di Charlotte.
“non darle retta Erin, ignorala… non sei una sfigata” cercò di consolarla Iris.
“non preoccuparti, è solo Ambra. Mica posso farmi abbattere per una stupidaggine del genere” rispose Erin con una certa sicurezza che lasciò sorpresa Iris.
“adesso però andiamo in classe, siamo già in ritardo”
 
“siete in ritardo!” le rimproverò per l'appunto dieci secondi dopo l’insegnante di matematica.
“per una volta che Castiel arriva in orario, cominciate voi a entrare dopo!”
Erin si sorprese nel vedere che il suo compagno di banco aveva già occupato il proprio posto, o meglio il suo, accanto alla finestra.
Rassegnata la ragazza dovette occupare il banco adiacente.
Tirò fuori il libro e aprendo l’astuccio scorse la matita che due giorni prima aveva sequestrato a Castiel.
“tieni” gli disse porgendogli l’oggetto.
Castiel sorrise, illudendo per un attimo la ragazza di sentire la prima parola gentile:
“sei fotogenica” la derise.
In tutta risposta Erin gli alzò il dito medio.
 
“è stata Ambra?” chiese Violet sorpresa “ma perché?”
Sedute al solito posto, Iris, Erin e Violet stavano consumando il loro pranzo.
“non lo so, ha trovato qualcuno da tormentare”.
Fino a tre giorni prima Erin non credeva nella cattiveria gratuita. Nessun essere umano felice della propria vita poteva provare piacere nell’infliggere dolore agli altri. Era disposta a credere che uno come Castiel avesse un passato che poteva, solo in piccola parte, giustificare il suo comportamento. Ma Ambra no: lei aveva tutto: bellezza, soldi, successo, intelligenza e sicuramente amore, poiché era sorella di un santo come Nathaniel che, per essere cresciuto così bene, doveva per forza condividere con lei una famiglia perfetta.
“forse è solo gelosa di te”. La vocina dolce di Violet suscitò una reazione immediata tra le presenti: Erin scoppiò a ridere mentre Iris spiegava pazientemente alla giovane artista che era impossibile.
Ambra non aveva motivo per invidiare Erin poiché aveva tutto: soldi, fascino e intelligenza.
“con questo non voglio dire che tu sia brutta o stupida” si affrettò a specificare Iris.
“no no, tranquilla, la penso come te: ad Ambra non manca nulla per essere felice”.
“ma non ha amici” obiettò Violet zittendo le due amiche.
Erin la guardò con sorpresa.  
“non ho mica tanti amici io. Sono arrivata solo da tre giorni” obiettò. Le dispiaceva contraddire la gentilezza di Violet e temeva di ferirla andando contro la sua tesi
“ma in tre giorni hai già fatto amicizia con Iris, Nathaniel e Castiel” insistette Violet
“non ho fatto amicizia con Castiel” borbottò Erin.
“però Violet potrebbe non avere tutti i torti!” esclamò Iris colpendo il pugno destro contro il palmo della mano sinistra.
“Ambra è semplicemente gelosa delle attenzioni che ti rivolge Castiel, anche se lo fa per tormentarti”.
“non è quello che intendevo io” mormorò Violet, le cui parole rimasero inascolate.
“beh, invece di prendersela con me, dovrebbe dire al suo ragazzo di smetterla così fa un piacere ad entrambe!” replicò indignata Erin.
“al suo ragazzo? E che c’entra? E poi non mi risulta che Ambra sia fidanzata, altrimenti perché le interesserebb-?”
“non è la ragazza di Castiel?” chiese Erin perplessa.
“no, perché lo pensi?”
Erin sospirò, passando oltre l’ennesima bugia di Ambra.
“ragazze sarà meglio che vada, i ragazzi cominciano ad allenarsi presto. Grazie per la chiacchierata. A dopo”
“a dopo!”
Iris e Violet guardarono la ragazza allontanarsi.
“Erin ha la capacità di farsi voler bene dalle persone” mormorò Violet ad un tratto. Aveva uno sguardo dolce.
Iris rimase in silenzio e, in linea con l’espressione dell’amica convenne semplicemente:
“già”.
 
Mentre la squadra era impegnata ad allenarsi, Erin, seduta sugli spalti, pensava ad un piano. Non aveva voluto dirlo alle ragazze perché temeva che l’avrebbero distolta dal suo proposito. Pur di non darla vinta ad Ambra, era disposta ad abbassarsi al suo livello, ma c’era un problema di attuazione: cosa poteva archietettare? Metterle dei ragni finti nell’armadietto non sarebbe stato male, ma lo scherzo si sarebbe esaurito troppo in fretta. Voleva inoltre qualcosa che lasciasse la sua firma, che facesse capire alla bionda che aveva umiliato la persona sbagliata. Tuttavia non poteva optare per un qualche atto vandalico perché si sarebbe potuta cacciare nei guai.
Era talmente assorta che nonostante l’avvertimento di Trevor, Erin non vide la palla arrivare nella sua direzione e che la centrò in pieno viso:
“Erin tutto bene?” le chiese il ragazzo. Era la prima volta che lo vedeva preoccupato.
Trevor era un ragazzo sempre allegro e spensierato, a volte fin troppo tanto da passare per irresponsabile e infantile.
Dietro le spalle del ragazzo, Erin potè notare che il gioco si era fermato.
“mhm...sì” mugulò toccandosi delicatamente il naso. Portandosi la mano vide che perdeva sangue.
“oh cazzo” borbottò Trevor.
“non preoccuparti. Vado in infermeria” e senza tante cerimonie, la ragazza di alzò e uscì dalla palestra.
 
Una volta entrata nella stanza, l’infermiera della scuola era impegnata a disinfettare il ginocchio di Kim. Era l’orgoglio del club di atletica, essendo la ragazza più veloce della scuola.
Erin, su ordine dell’infermiera, si sedette su una sedia e aspettò pazientemente tenendo il fazzoletto premuto sul naso.
La donna passò poi ad aiutarla:
“ho finito il ghiaccio. Vado a prenderlo in magazzino, voi aspettate qua”
Nella stanza calò il silenzio.
“hai preso una pallonata in faccia?” chiese Kim con tono sfottente.
“precisamente” rispose Erin con un’aria talmente neutra che la ragazza rise.
“sei proprio un soggetto” commentò dopo un po’.
“è un’offesa?”
“quello che ti pare” disse alzandosi. Non riusciva a scaricare bene il peso sulla gamba e si sbilanciò. Controvoglia, fu costretta a tornare seduta.
Le sembrò che Kim  quel giorno fosse un po’ meno rude rispetto al primo giorno di scuola. Stava per chiederle qualcosa, quando si aprì la porta, ma anziché entrare l’infermiera, fece capolino Dajan.
“tutto bene?” chiese rivolto ad Erin.
“sì, ho ancora 5 litri di sangue in circolo” scherzò la segretaria del club di basket.
“oro” sorrise Dajan il cui sguardo si spostò su Kim.
“club di pallavolo?”
“no atletica” replicò laconica la velocista.
Dajan annuì leggermente.
“ci vediamo in palestra allora” tagliò corto, rivolgendosi a Erin e si chiuse la porta alle spalle.
Tra le due ragazze calò il silenzio. Erin stava per aprire bocca, ma Kim la anticipò:
“così sei entrata nel club di basket”
“formalmente sì, ma sono troppo schiappa per giocarci”
“ti avranno presa per il tuo bel visino allora”
Erin si risentì. Altro che meno rude, Kim era proprio maleducata, anche più del primo giorno.
“ce l’hai con me?”
Kim sorrise sprezzante:
“non atteggiarti da sorella del ghetto”
“potrò pur rispondere se mi provocano no?” replicò Erin sempre più irritata.
“sarà per questo che Castiel si diverte con te” ribattè sprezzante Kim.
L’infermiera entrò e le due furono costrette a sedare la discussione. Erin prese il ghiaccio che le veniva porto e uscì alla svelta.
“Erin! Come stai?”. La ragazza si voltò di scattò verso la sua destra.
Nathaniel era appoggiato contro la parete e aveva un’aria preoccupata. La cravatta era leggermente allentata, conferendogli un’aria molto casual.
“come facevi a sapere che ero qui?”
“ho i superpoteri… sul serio, come stai?”
“bene, era solo una botta”
“che sollievo”
“eri preoccupato per me?” la ragazza non potè fare a meno di gongolare per quella che immaginava essere la risposta.
“no no, cioè… come lo sarei per qualunque studente” si giustificò Nathaniel guardando Kim chiudersi la porta alle spalle:
“tu tutto bene?” le chiese improvvisamente. Aveva agito d'impulso. Sia Erin che Kim rimasero sorprese per l'interesse, ma quest’ultima, tenendo fede al suo personaggio, non ricambiò quella immotivata premura: lo squadrò da capo a piedi e borbottò:
“non sono cazzi tuoi” e se ne andò con passo malfermo.
“ho dei soggetti piuttosto singolari in classe” commentò Erin guardandola allontanarsi “comunque, che fine avevi fatto? Ieri non ti ho visto…”
“sono molto impegnato ad organizzare un’uscita… la preside mi sta facendo pressione perché entro domani vuole la proposta di almeno tre itinerari”
“quindi la prossima volta che voglio attirare la tua attenzione, dovrò rompermi un braccio?” scherzò Erin. Le veniva così naturale parlare con Nathaniel. Non si preoccupava dell’effetto che potevano avere le sue parole, lasciava che esse uscissero spontaneamente perché con lui poteva essere se stessa. La ragazza che era sempre stata. Non il maschiaccio che teneva testa ad un bifolco come Castiel o si vendicava della cattiveria di Ambra. Era la vera Erin.
“se ti fa piacere, possiamo pranzare insieme qualche volta” le propose il ragazzo con un sorriso invitante.
Quella proposta la lusingò ma non potè fare a meno di pensare ad Iris e Violet. Le dispiaceva rinunciare alla loro compagnia, tra di loro stava nascendo una bella amicizia e i pranzi quotidiani erano un’ottima occasione per scambiare quattro chiacchiere. Quando spiegò la situazione a Nathaniel, il ragazzo si dimostrò comprensivo:
“allora facciamo una volta alla settimana” le propose come compromesso “del resto non credere che io sia un asociale che pranza da solo” aggiunse strizzando l’occhio.
“ora sarà meglio che vada. Sono contento che tu stia bene”
Erin sorrise lasciandolo andare per la sua strada. Tuttavia, dopo appena tre passi lo chiamò:
“Nathaniel..”
Lui si voltò, ed Erin percepì su di sé, occhi carichi di gentilezza e affetto. Avrebbe voluto chiedergli se aveva saputo dello scherzo della sorella, ma quello sguardo così innocente e premuroso non meritava di trasformarsi in un’espressione di rammarico.
Lui non aveva nessuna colpa dell’accaduto, aveva già la disgrazia di avere una sorella come Ambra.
“dimmi” la incitò Nathaniel
“niente. Buon lavoro”.
Tra i due ci fu uno scambio di sorrisi.
“ah! Buon nuoto per domani!” esclamò il delegato all'improvviso.
L’espressione beata di Erin si mutò rapidamente nel più completo disorientamento.
“non ti hanno avvertita? Domani la tua classe comincerà il corso di nuoto alla piscina comunale. Siete in due sezioni ad aver aderito a questa iniziativa perché avete Faraize come professore di ginnastica.”
“oddio no, non lo sapevo!”
“l’hanno deciso il mese scorso… per fortuna che te l’ho detto allora”
“si grazie… però come faccio? Non ho il costume” borbottò preoccupata Erin.
Nathaniel rimase in silenzio e le si avvicinò:
“vieni con me” e condusse Erin per i corridoi fino ad arrivare al teatro.
Aprì la porta, la stessa che Erin si era vista sbattere in faccia il primo giorno di scuola.
Nathaniel fece capolino e chiamò una persona.
Nell’arco di dieci secondi, Erin si trovò di fronte Rosalya, la bellissima ragazza dagli occhi felini con cui aveva avuto un incontro ravvicinato.
“ciao Rosalya, ti rubo solo un minuto. Questa è Erin, una mia amica. Avrebbe urgentemente bisogno di un costume da bagno per la piscina. Leigh gliene può procurare uno?”
Rosalya squadrò Erin con occhio analitico. Poi fece una cosa che sorprese i presenti, Erin più di tutti: senza dire una parola, la ragazza portò le mani sui fianchi di Erin che si rivelarono molto più sottili di quanto lasciasse intendere la maglia extralarge e, con disinvoltura, sollevò di quindici centimetri la maglietta osservando l’addome piatto; Nathaniel distolse discretamente lo sguardo mentre Erin era troppo allibita per reagire in alcun modo.
“con un fisico del genere sarà uno scherzo trovarle un costume” commentò la ragazza, giocando con una ciocca di capelli. Non si era minimamente accorta dello shock provocato ad Erin.
“sapevo di poter contare su di te” la ringraziò Nathaniel ancora un po’ a disagio per i strani modi dell’amica.
“ora devo proprio andare” disse rivolto ad Erin “ti lascio in buone mani” e detto questo si allontanò.
Rosalya incrociò le magre braccia al petto e si appoggiò allo stipite della porta. Ogni movimento sembrava di un’eleganza studiata ma, in realtà, le risultava naturale.
“e così tu saresti la cercatrice di palle”
“detto così suona male” mormorò Erin che studiava la ragazza con diffidenza. Temeva un altro attacco a sorpresa e pertanto si teneva a debita distanza.
“ahah, quello è un titolo che si addice meglio a gente come Ambra. Tu sei troppo naif”
Come era accaduto con Kim, Erin non capiva se la sua interlocutrice la stesse offendendo.
“io adesso devo andare. Ci vediamo fuori da scuola alle cinque ok?” e detto questo Rosalya sparì lasciando Erin in uno stato di totale angoscia e smarrimento.
 
Prima di tornare al club di basket, la ragazza pensò di passare per quello di giardinaggio.
“ehi” la accolse sorridente Iris, togliendosi i guanti da giardiniere.
“ciao. Come va qui?”
“bene. Stiamo predisponendo la serra per l’inverno. Siamo a buon punto. Come mai da ‘ste parti?”
“volevo chiederti una cosa al volo: conosci una certa Rosalya, del club di teatro?”
“sì, tanto bella quanto inavvicinabile”
“tanto inavvicinabile non direi. Nathaniel mi ha combinato un’uscita con lei. Dice che può aiutarmi a trovare un costume”
Iris la guardò stupita.
“non capisco perché.”
“neanche io, pensavo sapessi qualcosa di lei. Onestamente mi fa paura”
Iris scoppiò a ridere per l’espressione infantile dell’amica.
“non ti mangia mica! E comunque avrai l’onore di essere una delle poche persone a parlarle. Rosalya è una che sta per conto suo. Sono pochissimi gli studenti che frequenta”
“ma tu non sai nient’altro su di lei?”
Iris scosse la testa e dovette congedarsi dall’amica per tornare a svolgere le mansioni che le spettavano in quanto presidentessa del club.
 
Tornata in palestra, i ragazzi si sincerarono delle condizioni della ragazza:
“non state lì a perdere tempo! È viva no?” sbottò Castiel che era l'unico a non aver accolto la segretaria del club.
Trevor, sorrise verso il capitano e replicò:
“ma sentilo. Proprio lui che da quando è uscita avrà chiesto tre volte che fine avesse fatto!”
Erin rimase senza parole ma Castiel non lasciò trapelare nessuna emozione e tornò a lanciare la palla a canestro.
 
Per la quarta volta, Erin controllò l’ora sul cellulare: erano le 17.12. Rosalya stava tardando.
Forse aveva cambiato idea e non aveva nessuna intenzione di aiutarla. Visti i tiri mancini giocati da gente come Ambra e Castiel, ormai Erin non si sarebbe più sorpresa di nulla. Probabilmente la signorina aveva dedotto che Erin non fosse meritevole del suo aiuto e si era allontanata da scuola prima che lei si presentasse al cancello.
“e così ci rivediamo”
In un primo momento Erin non capì che quelle parole erano rivolte a lei. Era troppo concentrata a ricondurle alla persona che le avesse pronunciate. Aveva già sentito quella voce, ma non ricordava dove.
“ehi Erin, siamo qui!”
La ragazza fu costretta a voltarsi e a quel punto riconobbe Alexy, il ragazzo eccentrico che aveva conosciuto quando era andata alla ricerca del pallone scomparso.
“non ti ricordi di me?” chiese il ragazzo deluso, mal interpretando l’espressione di Erin.
“com-, eh, cosa?” farfugliò sorpresa “certo che mi ricordo di te, Alexy!” e in quel momento notò accanto al ragazzo, la figura divina di Rosalya.
Alexy aveva i capelli più assurdi della scuola, color azzurro cielo. Portava sempre appese al collo un paio di cuffie che gli conferivano un’aria molto alternativa. Il sorriso, allegro e disinvolto, lo portavano ad accaparrarsi la simpatia di tutti.
“Alexy viene con noi” la informò Rosalya “un parere maschile fa sempre comodo”.
Erin avvampò. Stavano andando a comprarle un costume, e non bastava la presenza di Rosalya a metterla a disagio. Ora si aggiungeva pure quella di un maschio.

In quella città i negozi chiudevano alle 17.30 e ormai non avevano più molto tempo. Arrivarono di fronte ad un negozio con esposti in vetrina alcuni abiti eleganti.
“stiamo cercando un costume” puntualizzò Erin perplessa.
“me lo ricordo, non preoccuparti” replicò Rosalya con voce rassicurante.
Per la prima volta, si rivolgeva ad Erin con un tono gentile.
I tre entrarono nel locale. L’interno si rivelò molto più grande di quanto Erin avesse sospettato ma nonostante le dimensioni, non c’era traccia di costumi di bagno.
Un ragazzo con i capelli neri, venne loro incontro. Aveva un viso molto elegante ma al contempo dai tratti decisi. Rosalya gli si avvicinò e, di fronte allo sguardo scioccato di Erin, gli stampò un bacio in bocca.
“hai trovato quello che ti ho chiesto?” gli bisbigliò Rosalya.
“ora vedrai. Cosa mi dai se ho portato a termine la promessa?”
Alexy richiamò l’attenzione e i due piccioncini furono costretti a sciogliere l’abbraccio.
“tu devi essere Erin. Vieni, ti do il costume”
Erin pretese una spiegazione ma si trovò spinta all’interno di un camerino in cui erano appoggiati tre costumi da bagno.
“sono per me?” chiese sorpresa.
“e per chi sennò? Per me?” chiese Alexy allegro.
Erin uscì immediatamente.
“posso almeno sapere da dove saltano fuori? Non vedo costumi da bagno in questo negozio” obiettò.
“Leigh lavora in questo negozio di abbigliamento e gli ho chiesto se, mentre noi eravamo a scuola, poteva procurarmi un paio di costumi da bagno. Lui ha un ottimo gusto visto che è un incredbile stilista” spiegò Rosalya con un sorriso mieloso. Erin non avrebbe mai immaginata che quegli occhi felini potessero sciogliersi all’amore.
“un mio amico lavora al Pentathlon, hai presente il negozio sportivo vicino allo stadio? Mi ha lasciato prendere questi tre costumi. Ne scegli uno, dai a me i soldi e per tutto il resto ci penso io” concluse il ragazzo.
“oh… grazie” fu l’unica cosa che riuscì a dire Erin.
“ora vai a cambiarti, non abbiamo tutto il giorno” le ricordò Rosalya.
 
Erin era in camerino. Scelse il costume blu scuro. Era quello più semplice e più adatto a lei. Ci mise un po’ a spogliarsi, ma fortunatamente il camerino era spazioso e attrezzato di appendini. Dopo averlo indossato, si osservò allo specchio. In quel momento, sentì Rosalya, che spazientita sbottò:
“insomma Erin quanto ci metti? Non fare la timida” e nel dire questo la ragazza scostò con violenza la tenda del camerino facendo sobbalzare Erin.
Erin sgranò gli occhi e poi arrossì violentemente:
“MA SEI SCEMA?!!?”
“ma di che ti vergogni scusa?”
“ci sono anche Leigh e Alexy!” obiettò Erin in preda all’ansia.
“punto primo Leigh è il mio ragazzo. Punto secondo: Alexy è gay”
Erin rimase a bocca aperta:
“è vero” rise Alexy vedendo l’espressione inebetita di Erin “lo sa tutta la scuola, tanto vale che lo sappia anche tu”
“comunque sia, domani ti vedrà tutta la classe, quindi tanto vale che tu esca ora. Il negozio è deserto, ci siamo solo noi quattro. Su muoviti!” ordinò scherzosamente Rosalya.
Controvoglia Erin fu costretta ad uscire.
“woooo! Che bel culetto che hai Erin!” scherzò Alexy.
“mezzo commento e ti uccido!” lo minacciò la ragazza in preda all’imbarazzo.
“stai considerando di tornare all’altra sponda Alexy?” lo punzecchio Leigh.
“vorrei avercelo io quel fondoschiena” borbottò Alexy invidioso “Erin dammi il tuo sedere!” piagnucolò Alexy.
“ma sei ubriaco?!”
“conquisterai uno come Castiel con un sedere così provocante!” continuò imperterrito il ragazzo.
La ragazza era rimasta sconvolta dal modo di fare così esuberante e chiassoso di Alexy. Se non fosse stato per il fatto di essere in costume davanti a gente che erano praticamente degli estranei, l’avrebbe trovato un tipo divertente e allegro.
“era proprio necessaria la sua presenza?” sbottò Erin verso Rosalya che fece spallucce.
“altrimenti non mi sarei divertita” e prima che Erin potesse aggiungere qualcos’altro aggiunse: “questo ti sta bene. Vediamo gli altri due”
“non è necessario. Questo mi piace molto. Lo prendo, non voglio vederne altri” esclamò Erin rifugiandosi nel camerino.
“non se ne parla! Devi provare anche gli altri!” protestò Rosalya.
“suvvia Rose, se a lei va bene così, non insistere come al tuo solito e lascia che faccia come crede”
“grazie Leigh” disse Erin con gratitudine.
 
Erin uscì dal negozio brandendo in mano il nuovo acquisto. Leigh era riuscito a procurarle anche una cuffia e un paio di occhialini.
“non so come ringraziarti Leigh”
“figurati. Per le amiche di Rose, questo ed altro” disse il ragazzo baciando i capelli della fidanzata che arrossì. Al suo fianco, Rosalya smussava ogni asprezza e assomigliava ad un gatto che fa le fusa.
“Alexy accompagni tu a casa Erin?” gli chiese con tono supplichevole.
“non c’è problema. Forza “culetto sodo” andiamo!”
Rosalya e Leigh guardarono i due che si allontanavano discutendo.  
Dopo un po’ Alexy disse qualcosa ed Erin scoppiò a ridere. Le loro sagome diventavano sempre meno nitide e più buie fino a scomparire nella notte.
 
 
Nota dell’autrice:
uff che capitolo lungooooo… beh spero abbiate apprezzato la sorpresina verso la fine del racconto: oggi ero in vena di disegnare, così ho pensato di realizzare un’illustrazione legata a questa mia ff.
Voglio riportare la vostra attenzione sul titolo poiché ha un duplice significato: da un lato la provocazione lanciata da Ambra con lo scherzo della fototessera: Erin la ripagherà con la stessa moneta, o preferirà non abbassarsi al suo livello? VIA ALLE SCOMMESSE!
L’altro significato è riferito alla prova costume in cui Erin, a detta di Alexy, ha rivelato che sotto i panni da maschiaccio di nasconde un fisico niente male ;-)
Per ora è tutto… alla prossima!
  
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