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Autore: Elrien    06/05/2014    2 recensioni
Emma è un'animatrice non troppo entusiasta del suo lavoro. ma non sa che presto tutta la sua vita sarà sconvolta. entrerà infatti a far parte della CIA ma non ne conosce il motivo.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
Non sono riuscita a togliermi di dosso quella sensazione. È come se qualcuno mi stesse seguendo, il che però mi sembra ridicolo. Se si trattasse di un ladro mi avrebbe già derubato, non rischierebbe di essere scoperto. Probabilmente si tratta solo di un’impressione, e poi tutti quei film d’azione che vedo di certo non mi aiutano. Dopo altri 40 minuti in mezzo al traffico finalmente raggiungo la mia villetta. È una casa con un piccolo giardino davanti e i muri pitturati di bianco e di rosso. Accanto alla casa c’è un piccolo garage che uso per lo scooter e come ripostiglio. Parcheggio e tiro fuori le chiavi per aprire la porta di casa. Ma non mi servono. Infatti la porta è socchiusa, eppure sono sicura di aver chiuso quando sono uscita. Entro in casa e provo ad avvicinarmi a tentoni all’interrotture. Ma prima che possa accendere la luce sento un dolore fortissimo alla nuca e poi vedo il buio più completo avvolgermi. Quando mi risveglio non sono più a casa mia. Sono in una stanza ampia con le pareti scure e una flebile luce  che a malapena mi permette di vedere oltre il mio naso. Mi fa male la testa e mia accorgo di essere stata legata alla sedia. Davanti a me c’è un tavolo e sono apparentemente sola nella stanza. Ma avverto la presenza di qualcun altro che, non appena si rende conto del mio risveglio dice:
-Ah, finalmente. Cominciavo  a preoccuparmi- poiché io non rispondo mi dice:
-Hai paura?- faccio segno di sì con la testa –non dovresti. Sei più al sicuro qui di quanto non lo fossi là fuori-
-Sono legata a questa sedia, però-
-Semplice precauzione- dice slegandomi
-Comunque, ti abbiamo portato in questa struttura perché ci serve il tuo aiuto. Immagino tu sappia dei progetti di Sean.-
inizialmente non capisco di cosa stia parlando, non conosco nessuno con quel nome. Poi mi viene in mente che invece conoscevo qualcuno che aveva quel nome , ma non lo vedo da anni ormai, è impossibile che si riferisca a lui.
-Lei non starà parlando di…- dico e l’ uomo mi interrompe facendo un passo avanti verso la luce.
-si, sto parlando di tuo padre, Sean Smith-
******
-Papà, papà! Dove stai andando? Posso venire con te?-
-tesoro, papà proprio non può portarti con sé, ma torna presto. Prometto che sarò qui per il tuo settimo compleanno-
ricordo ancora la macchina di mio padre che lascia il vialetto. Ma nonostante la sua promessa, non tornerà più da me né dalla mamma che ogni sera vedo piangere con la foto di famiglia tra le mani. Ma ogni volta che le chiedo perché papà sia dovuto andare via, perché piange, che le dico che papà tornerà presto, come ha promesso, lei mi risponde sorridendo tristemente e abbracciandomi forte. Solo dopo qualche tempo avrei capito. Lei sapeva che papà non sarebbe tornato, che questa volta non avrebbe mantenuto la promessa, ma non voleva farmi perdere la fiducia in lui. Negli anni seguenti tutto quello che ho ricevuto da lui erano cartoline.
******
-mi dispiace, io non posso aiutarla, non vedo quell’uomo da quando avevo sei anni-
-lo sappiamo. Vedi, tuo padre lavorava per noi-
-come scusi? Lavorava per voi? E soprattutto: perché lavoraVA?- l’uomo abbassò lo sguardo e sussurrò un “mi dispiace”
-cosa? Mio padre è…? Non ci posso credere, è impossibile, lui era un dottore, lavorava al Children Hospital fino a qualche anno fa e poi si è trasferito in Africa, me lo ha detto null’ultima cartolina che mi ha inviato, 8 mesi fa!- mi sembra che il mio cuore abbia smesso di battere, non capisco più nulla e mi sento più che mai persa e confusa. Mio padre…
prese un respiro profondo e disse:
-non era tuo padre a scrivere. Un esperto scriveva le cartoline e l’agenzia te le inviava con francobolli falsi. Non sapevamo in che altro modo fare. Tuo padre era scomparso e non potevamo fare altrimenti. Ma adesso le cose sono cambiate e…-
-mi sta dicendo che mi avete preso in giro per vent’anni, senza nemmeno degnarvi di dirmi la verità su MIO padre? E che cosa sarebbe successo poi da cambiare la situazione? La sua morte? Mi dispiace, ma avrei preferito continuare a ricevere false cartoline! Lo sa cosa significa questo per me? Chi è lei? E soprattutto: che cavolo di organizzazione sarà mai questa per aver mandato mio padre a morire?-
-Emma, siamo la CIA- rimasi a bocca aperta. La CIA? Mio padre lavorava per la CIA?
-sta dicendo che mio padre è…era una specie di agente segreto?-
-no, tuo padre era un ricercatore della CIA, creava gadget e nuove armi per noi. Era una risorsa preziosa per l’agenzia. Un giorno fu richiesta la sua partecipazione ad una missione sotto copertura, sarebbe durata mesi, se non anni, ma tuo padre accettò: era particolarmente devoto al suo lavoro. 
Ancora evidentemente scossa, gli chiedo:
-e in cosa consisteva questa missione?-
-tuo padre avrebbe dovuto tenere d’occhio un ormai noto trafficante d’armi, Vladimir Abramov. Avevamo e, purtroppo, abbiamo ancora ragione di credere che stia preparando un arsenale atomico. Il compito di tuo padre era quello di aiutarlo apparentemente, ma intanto tenerci informati. Sei mesi fa abbiamo smesso di ricevere quelle informazioni. Riteniamo che sia saltata la sua copertura-
rimaniamo entrambi in silenzio per 5 minuti, poi mi decido a dire:
-e io a cosa vi servirei?-
-sappiamo che tuo padre conservava informazioni di vitale importanza di entrambe le agenzie: la nostra e quella di Abramov. Sappiano anche che in questo momento l’hard drive su cui sono contenute è nelle mani dei russi. Capisci cosa potrebbe significare per noi se fossero in grado di decifrarlo. Abbiamo bisogno di te, che tu diventi un agente e lo vada a recuperare-
-ma perché io? Avete centinaia di ottimi agenti, perché scegliere me?-
-sei sulla nostra lista da anni, Emma. La tua intelligenza, la tua approfondita conoscenza del computer, e soprattutto il legame di parentela con Sean sono fattori fondamentali per la riuscita della missione. Inoltre abbiamo già provato ad inviare altri due agenti. Prima di morire nell’intento ci è stata mandata la foto dello schermo del computer che richiedeva la password per accedere al contenuto dell’hard drive. Diceva: mia figlia è la risposta-
-non è possibile. Mio padre non mi ha mai parlato di nessun hard drive e tanto meno di una password. E se quello che dice è vero, anche i russi potrebbero essere sulle mie tracce-
ora capisco e sue parole di poco fa: “sei più al sicuro qui di quanto no n lo fossi là fuori”. Lui annuisce.
-E cosa le fa pensare che io possa avere successo?- chiedo giocherellando con il ciondolo che porto al collo, l’ultimo ricordo di mio padre.
-nulla. Sei la nostra ultima speranza Emma-. --------ciao a tutti! questo è il secondo capitolo della storia, e spero vi piaccia tanto quanto è piaciuto a me scriverlo. fatemi sapere come posso migliorare e se vi intriga almeno un pochino-ino la storia! grazie mille!
  
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