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Autore: Leahia    06/05/2014    2 recensioni
Ok, sono matta, ma vi presento la mia prima opera a capitoli! E’ un Natale particolare di Elliot e Leo, con precisione l’ultimo Natale di Elliot. E niente, se vi va leggete!
“Elliot stava tranquillamente finendo di leggere un volume di Holy Knight, adagiato nella poltrona della fantastica biblioteca dei Nightray. Il camino scoppiettava felice, eliminando il freddo pungente altrimenti presente nella grande villa”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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23 Dicembre



Elliot stava tranquillamente finendo di leggere un volume di Holy Knight, adagiato nella poltrona della fantastica biblioteca dei Nightray. Il camino scoppiettava felice, attutendo il freddo pungente altrimenti presente nella grande villa. Elliot era assorto nelle avventure del suo eroe (Edwin) e del vile sguattero del suo eroe (Edgar), quando sentì un colpo alla finestra. All’inizio non ci fece caso, pensando che fosse semplicemente il vento che faceva sbattere un ramo contro il vetro, ma quando lo risentì decise di alzarsi. Arrivò alla finestra e guardò in basso, dove vide Leo con una manciata di sassi in mano ed una specie di fagottino tra le braccia. Leo, impaziente, gli fece cenno di scendere ed Elliot, abbandonato il libro sulla poltrona, scese le scale ed uscì. Venne investito dal freddo di dicembre e si strinse ancora di più nel cappotto per raggiungere Leo, dall’altra parte del cortile ricoperto da un sottile strato di neve.
-Elliot!- si sentì chiamare. Leo gli stava venendo incontro, con un espressione che era un misto tra gioia e preoccupazione.
-Che c’è, Leo? Perché mi hai chiamato?- domandò il Nightray. Leo mostrò il fagottino che teneva in braccio ed Elliot rimase allibito. Era la sciarpa viola scuro di Leo, e dentro conteneva un gattino non più grande di tre mesi, bianco e nero, che tremava come una foglia. Se non avesse tremato si sarebbe detto morto.
-So che adori i gatti, Elliot, quindi evita di dire cose tipo “E allora?” e simili- disse sbrigativo Leo. Elliot arrossì un po’ sotto la sciarpa azzurra che gli copriva mezza faccia. Leo continuò- L’ho trovato mezzo morto sotto quella querce laggiù, l’ho subito avvolto nella sciarpa e sembra stare un po’ meglio, ma deve stare al caldo.
Elliot rimase interdetto. Verissimo, lui adorava i gatti e di norma non negava piaceri a Leo, ma il problema era che il resto dei Nightray non soffriva i gatti. Non soffrivano nemmeno Leo, se era per questo, ma quello è un altro discorso. Tuttavia non poteva assolutamente lasciar morire di freddo un gattino o fare triste Leo. Sbuffò.
-Ok, entriamo in casa. Ma non facciamoci vedere! E vieni qui, scemo, sennò finisci come il gatto- dichiarò, stringendo Leo contro di sé per evitare che morisse di freddo, visti i pochi abiti che indossava. A differenza di Elliot, infatti, Leo non soffriva molto il freddo, ma si strinse comunque con piacere al corpo del suo padrone.
-Sai Elliot, una volta saresti morto pur di non fare queste cose- lo punzecchiò Leo.
-Una volta non è adesso. Entriamo.
I due entrarono nella villa, badando di non farsi vedere, e raggiunsero la camera di Elliot. Leo allora posò il gattino sul letto morbido e quello parve risorgere. Aprì gli occhi, e i due videro che erano di due colori diversi. Uno era blu cielo e l’altro verde-giallo, del classico colore delle iridi dei gatti. Il gatto fece per miagolare, ma dalla bocca non uscì alcun suono. Elliot e Leo sorrisero, addolciti dalla scena, ed Elliot allungò una mano verso il cucciolo per accarezzarlo, ma quello per evitarlo inarcò la schiena ed iniziò a fare le fusa.
-Che dolce…- commentò il Nightray.
-Vero. Ma se non vogliamo che muoia di fame dobbiamo dargli da mangiare. Della carne cruda? Ci sarà in cucina?- disse Leo. Elliot lo guardò scettico.
-Certo. Ma che faccio, vado lì e “Ciao, ho voglia di carne cruda perché sono diventato un lupo mannaro, me ne dai un po’?”- replicò sarcastico. Leo scosse la mano sbrigativo.
-Ovviamente no, stupido. Vado io e ne frego un po’. L’ho già fatto, del resto. Con i pasti che mi dà la tua famiglia mi reggo in piedi solo grazie alla scuola e al pane clandestino- lo rassicurò. Elliot non ebbe particolari rivelazioni, era sempre stato convinto che sotto quella disordinata massa di capelli scuri lavorasse una mente perversa e criminale, ed era ovvio che prendesse da mangiare qualcosa senza permesso sennò sarebbe stato talmente magro da essere invisibile. Alzò le spalle e Leo se ne andò in cucina. Elliot rimase da solo con il gatto.
-Ehi gatto- esordì, non sapendo bene cosa si dovesse dire ad un gatto- sai che per colpa tua ho lasciato il mio libro a metà?
Il gatto lo guardò interrogativo e poi fece un miagolio molto roco. Elliot sorrise di nuovo. Gli ricordava Leo, quel gattino, per il comportamento sostenuto che teneva, sebbene fosse dolce. Ma un momento, era maschio o femmina? In quel momento rientrò Leo, con un piattino con sopra della carne non meglio identificata. Il gattino/a balzò giù dal letto ed andò con gioia verso il suo pasto, ringraziando Leo con i suoi occhi eterocromatici. Leo sorrise e pose il piattino a terra, lasciando il gatto a mangiare. Si sedette accanto ad Elliot.
-Sai, questo gatto mi ricorda te. Per quell’occhio azzurro, forse
Il Nightray arrossì, compiaciuto.
-Invece a me ricorda te. Per il comportamento. Ma prima di tutto non è meglio controllare se è maschio o femmina? E soprattutto, sapere se possiamo tenerlo?- domandò. Leo si alzò e controllò, ignorando bellamente la seconda parte della domanda e dichiarando poi che il cucciolo era un maschio.
-Allora come lo chiamiamo?- continuò il moro.
-Non so... un nome preso da un libro, magari?- propose Elliot. Leo alzò lo sguardo per aria, concentrandosi. Poi gli venne un’illuminazione e schioccò le dita.
-Che ne pensi di Chesire?- domandò- E’ una variazione sul nome del Gatto del Cheshire, di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Elliot sorrise. Quel libro lo aveva inquietato non poco, ma il nome era molto carino e si addiceva ad un gattino insolito come quello. Annuì e Leo fece un’espressione molto soddisfatta. Poi, come me si fosse dimenticato qualcosa di molto importante, si abbassò vicino al cucciolo e disse:
-Importante, a te devono piacere le gattine femmine, capito, Chesire? Non prendere da quel tipo lì, quello è strano…
Elliot arrossì e si alzò furioso.
-Non dire cretinate, Leo!
-Bè, è vero, puoi negarlo?- disse Leo, avvicinandosi in modo sensuale all’altro ragazzo e intrecciando le loro mani.
-N… no… ma sei così anche tu, no?!- replicò Elliot, arrossendo ancora di più. Leo ridacchiò.
-Vero… ok Chesire, non prendere esempio da noi- rispose Leo, puntando però i suoi occhi in quelli di Elliot. Gli sfiorò le labbra con le proprie, ma quello non era il momento adatto.
-Non adesso- disse infatti Elliot. Poi continuò- Ma va detto ai miei parenti. Del gatto, intendo.
Leo sospirò deluso, ma acconsentì. Sollevò Chesire, che miagolò stizzito, e si diresse dietro ad Elliot fuori dalla camera. Elliot raggiunse la camera del padre e bussò.
-Avanti!- si sentì dire. Spinse la porta e vide il padre intento a leggere sul letto. Si schiarì la voce.
-Padre, volevo chiedere una cosa- esordì. L’uomo alzò gli occhi e li puntò in quelli del figlio- Dicevo, io e Leo abbiamo trovato un gattino fuori in giardino, e chiedevamo se potevamo tenerlo…
Il duca lo guardò per alcuni secondi in silenzio, poi rispose:
-Non li amo, ma li sopporto. Piuttosto, starà in camera del tuo servitore e…
-Ma io lo volevo in camera con me!- protestò Elliot. Il padre lo guardò, un po’ incredulo.
-Ma tu hai un servitore e sono i servitori che devono occuparsi di queste cose, non i loro padroni, giusto figliolo?
-Sì ma… volevo tenerlo io…- continuò Elliot. Il duca sospirò.
-Per me va bene, ma ti dovrai spostare in una delle camere nell’ala vuota, quelle con due letti, e tenere il gatto là. Mi dispiace che l’ala sia vuota, ma dubito che Gilbert e Vanessa gradirebbero un gatto in giro per la villa. E portaci pure il servitore, lassù. Non mi piace che sia tu a badare al gatto da solo- concluse il duca. Elliot chiuse la porta e poi guardò Leo, con un’espressione raggiante che vide riflessa anche nell’altro volto. Non solo potevano tenere il gatto, ma sarebbero stati in camera insieme al piano di sopra, che era vuoto!
-Oh, perché non ho trovato prima questo gatto!- gioì Leo, accarezzando con la guancia il piccolo gattino. Elliot a sua volta cominciò a fargli dei grattini dietro un orecchio, quando nel corridoio apparve Vanessa. I due si staccarono a velocità supersonica, tanto che Vanessa non si accorse nemmeno che erano stati vicini. Si accorse però del gatto.
-Cos’è quella cosa?- chiese, orripilata.
-E’ un gatto- spiegò Elliot- che “papà” ci ha dato il permesso di tenere, per il tuo giubilo nell’altra ala della casa.
Vanessa lasciò i due, sempre disgustata, e passò oltre. Elliot e Leo andarono subito nell’ala vuota, per trovare una camera di loro gradimento. Ne trovarono una ampia, con due comodissimi  e grandi letti vicini ma non attaccati e un bagno proprio accanto alla stanza.
Quella sera stessa si trasferirono nella nuova stanza, e scoprirono che la vista fuori dalla finestra era davvero spettacolare, se si era accanto al proprio ragazzo e con un gattino addormentato beatamente in mezzo ai due.
-Credo che non potessimo chiedere di meglio…- commentò Leo, la testa appoggiata sulla spalla di Elliot.
-Suppongo di sì. Anzi, forse ci aggiungerei qualcosa...- replicò il Nightray, e poi si avvicinò alle labbra di Leo e le sfiorò con dolcezza. Leo però rispose al bacio con molta più intensità di quella che Elliot aveva intenzione di trasferire, e presto, inconsciamente, si trovò sul letto, sopra a Leo che lo guardava divertito. Senza volerlo allungò una gamba all’indietro e Chesire, con un miagolio scocciato, balzò giù dal letto. Ad Elliot quella situazione non piaceva molto, ma un istinto ancora più forte gli ordinava da mandare all’Abyss tutte le prudenze e saltare addosso a Leo. Lo baciò con foga, lasciando che l’altro gli levasse la camicia, poi si fermò.
-Leo, ascolta, io non...- cominciò, ma venne interrotto dal moro.
-Levami la camicia, poi parliamo.
Elliot obbedì, come ad un ordine marziale, poi, ignorando che il contatto tra i due corpi lo eccitava e comprendendo che era per quello che Leo si era fatto levare la camicia, continuò.
-Va bene, adesso però ascoltami. Io non so quanto convenga... qui e adesso. Siamo a casa mia dopotutto, ci sono tutti i miei parenti...
Ma non ti piaceva l’idea di una camera nell’ala vuota?- lo stuzzicò Leo. Elliot non poté dire che il moro aveva torto. Già, gli era piaciuta eccome- Andiamo, arrenditi. Per favore...- lo supplicò Leo, baciando dolcemente il suo petto. Elliot gemette, rassegnato, e si gettò di nuovo sulle labbra del compagno, che adesso erano arricciate in un sorriso di vittoria. 






Note della Povera Pazza
Salve popolo di efp! Sono tornata prima di qunto potessi credere con quello che ho affettuosamente chiamato "il mio Orrore", e non avevo neppure intenzione di pubblicarlo, ma per colpa della mia migliore amica e di tutte le persone che mi conoscono alla fine l'ho pubblicato. Allora, essendo questa una storia a capitoli se vedo che non vi piace la fermo, quindi la mia gioia per la vita è nelle vostre mani (senza pressione, mi raccomando). Riguardo alla storia... ecco, non mi ricordo come mi è venuta in mente, assolutamente, quindi non vi fate domande, grazie. Ecco, tutto qui. Pertanto, non so se è chiaro ma VI PREGO RECENSITE. Goodciao, cari!
  
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