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Autore: LokiSoldier    09/05/2014    2 recensioni
E se Sherlock e John non fossero due uomini adulti e vaccinati ma due giovani studenti liceali? Come sarebbe la loro vita? Come sarebbe stato il loro incontro e il loro rapporto se si fossero conosciuti all'età di diciassette anni?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bentornati miei cari visitatori/lettori/recensori per un nuovo capitolo! Ormai ho deciso di postarne uno al giorno -visto che appena ne posto uno ne scrivo immediatamente un altro- e spero di poter riuscire a continuare con questa velocità. Non ho idea di quanto sia lunga ancora, quanto durerà né cosa accadrà, quindi non so dirvi cosa aspettarvi da tutto ciò. u.u Pian piano mi sto divertendo sempre di più -e penso che si noti visto che i capitoli si stanno lentamente allungando- e mi auguro che la stessa cosa sia per voi. <3

Prima di iniziare, ancora una volta, voglio ringraziare iamgratchen (che l'ha anche messa fra le preferite *^*), B l u e e Fannie Fiffi per i loro commenti alla mia fiction, nonchè Hamlet_ e ItalianBaka per averla messa fra le ricordate e  NTonks, AsfodeloSpirito17662, Bertrand42, g21, Alice_InWonderland, cascata_di_luce, lkonoa75, mushroom_killer, chiampo11,crazyclever_aveatquevale, MayDes e Toru85 per averla messa fra le seguite ^^



 
- Allora tesoro, che mi dici? Questo lavoro ti soddisfa? Ti preoccupa?
- Mi riempie, direi. Non ho molto tempo libero, devo verificare un sacco di cose. Visto che sono ancora giovane non si fidano molto del mio giudizio perché manco di esperienza. Però vogliono sapere cosa penso perché sono più intelligente di loro. Sono frustrati. E mi annoiano. Ma direi che va bene.
- Oh bambino mio, devi capirli insomma. Hai ancora ventiquattro anni e lavori per… loro! Insomma, il loro membro più giovane quanti anni avrà? Non meno di trentacinque immagino.
- Trentotto.
- Appunto.
Sospiro. So che ovviamente mia madre ha ragione e, in parte, anche i miei capi, ma davvero trovo limitante e frustrante il loro continuo starmi col fiato sul collo per controllarmi, per dirmi di non esaltarmi troppo, di stare coi piedi per terra. Non sono ancora nessuno, devo stare alle loro regole. E non chiedo di meglio, ma almeno nel limite delle loro richieste voglio sentirmi libero. Odio essere messo sotto costrizioni e se la mia età deve darmene così tante nulla mi obbliga a rimanere sotto loro controllo finché non si sentiranno sicuri.
- Penso che gli parlerò. Mi devono dare più libertà. Odio sentirli sempre dietro alle spalle pronti a tenermi d’occhio, quando poi tra l’altro devo spiegargli le cose due volte prima che le capiscano.
- Va bene tesoro. So che sei abbastanza ragionevole da non farti sfuggire una occasione importante come questa per un po’ di controllo di troppo.
Annuisco mentre bevo un po’ di caffè, mordendo subito dopo un biscotto al cioccolato fatto in casa. Reclino il capo all’indietro, seduto sulla sedia della cucina e osservo il soffitto con fare stanco. Da qualche mese sono stato richiamato dal Governo –sì, avete letto bene- per far parte dei loro consiglieri e più stretti collaboratori. Non ho alcun ruolo politico né qualcuno ha idea di chi io sia. Non sono un personaggio famoso, la notizia non è stata divulgata. Semplicemente scoperto il mio genio hanno provato a vedere come avrei potuto lavorare per il governo Britannico usufruendo della mia intelligenza ed io non ho potuto fare a meno che accettare. Una occasione troppo ghiotta per me che da sempre mi diverto a fare il burattinaio. Amo il potere. Non usarlo, sapere di averlo. E’ una sensazione che mi ha sempre affascinato e riuscire ad entrare nel governo inglese a soli ventiquattro anni è un onore che non avrei onestamente mai potuto immaginare di avere. Sherlock si è sentito sollevato quando ha scoperto che l’incarico era per me e non per lui. Non appena ha saputo la notizia si è espresso con una sola parola. “Noioso”. Noioso! Roba da non credere! Okay che le cose comuni annoiano anche me, ma qui si parla di creare strategie governative e politiche per il nostro Paese. Una fonte di potere che mi attira come il miele fa con le api. Non che per ora abbia incarichi particolarmente importanti, sia chiaro. Le decisioni spettano ancora a loro, ma io posso assistere alle sedute, dire la mia, dare consigli, fare proposte. Non ho un ruolo fondamentale ma sono sicuro che sono tutti molto colpiti dalle mie idee e dalle mie correzioni e, non nascondo, qualcuno è ampiamente geloso di me. Non posso dire quanto la cosa mi elettrizzi. E’ per me fonte di immensa gioia. Quasi più di quando mi metto a provocare Sherlock.
Mentre faccio colazione seduto al tavolo della cucina assieme a mia madre –mio padre è in giardino ad innaffiare le peonie- sento i passi di Sherlock lungo le scale e, in pochi secondi, eccolo materializzarsi sulla sedia accanto alla mia, con la cartella poggiata sullo schienale.
- Buongiorno tesoro, hai dormito bene? – mia madre è una donna estremamente dolce e materna. Non riesco ancora a capire come possa essere così normale e aver sfornato due figli come noi. Un sociopatico e un… un… beh, non so come definirmi. Per il mio carattere non c’è esattamente un aggettivo, non ho alcun tipo di patologia contrariamente a mio fratello. La vedo mentre si avvicina a Sherlock per lasciargli un bacio sui capelli che lui cerca di evitare, vanamente. Odia questo genere di contatti, come me d’altronde. Ma a differenza sua io permetto a mamma di fare come preferisce: basta così poco per farla contenta, dopotutto. Eppure lei non se ne lamenta. Sorride tranquilla ormai abituata al carattere impetuoso dei suoi bambini e porge a mio fratello un piattino di biscotti e la sua tazza di caffè zuccherato.
- Come sempre.
Liquida così la questione e mi dà fastidio che debba essere così chiuso anche con nostra madre. Per sapere qualcosa di lui deve sempre chiedere a me e la cosa un po’ mi dispiace. Si preoccupa tanto per noi e quel disgraziato non riesce a fare lo sforzo di dirle qualcosa della sua vita.
- Sherlock ha trovato un amico, mamma.
Per poco non l’ho fatto affogare nella sua tazzina di caffè. Tossisce violentemente poggiando la chicchera nel piattino e mi lancia una occhiata truce mentre nostra madre lo fissa sorpresa, le mani giunte in una espressione di massima eccitazione.
- Un amico Sherlock? Davvero? Perché non lo porti a casa?
- Io non ho amici. E’ solo un nuovo compagno di classe che per motivi di disposizione è finito col mettersi accanto a me.
- Un compagno di banco con cui hai messaggiato per quasi due ore ieri sera.
- Mi annoiavo!
- Sherlock!
La mamma non ama che lui usi le persone come divertimento personale. Lui stringe le labbra e la fissa contrito. – Scusa mamma.
- Non mi piace che tu parli a quel modo. Le persone non sono oggetti. E comunque vorrei proprio conoscerlo. Finalmente parli con qualcuno, non sai quanto la cosa possa rendere felice la tua povera mamma.
Probabilmente cercherà di farmela pagare in qualche modo. Mio fratello è estremamente riservato, non ama che i suoi spazi vengano invasi a questo modo da gente che non conosce. Neppure io posso stargli troppo vicino senza che dia di matto, e sono suo fratello insomma. La sua occhiata mi fa ghignare divertito e mi invoglia ancora di più a incoraggiare nostra madre. – Perché non lo inviti per cena? Potete venire qui dopo scuola e restare per mangiare.
- Splendida idea, Mycroft! Bene, allora è deciso. Fammi sapere cosa gradirebbe mangiare tesoro, così non mi faccio trovare impreparata.
Sherlock mi fulmina con i suoi occhi azzurri e posso solo immaginare quanto gli sia difficile al momento non saltarmi addosso per punirmi del mio scherzetto. Quando siamo davanti ai nostri genitori non possiamo offenderci o provocarci, non in modo palese, almeno. Ma so che troverà il modo di ripagare il mio affronto e onestamente, nella mia perversa mente, non vedo l’ora di vedere cosa tenterà di fare. – Bene. D’accordo. Vado.
- Buona giornata tesoro. Mi raccomando, ricordati di chiederglielo!
- Sì mamma, ho capito. Ci vediamo stasera.
- Ciao fratellino.
Senza salutarmi, se ne va. Ah, prevedibile Sherlock. Come sempre.
 
 
Questa mattina mi sono svegliato con un’idea un po’ malsana. Non ho fatto altro che ripensare a come quella povera ragazza sia stata umiliata pubblicamente e ai suoi occhi gonfi di lacrime per tutta la restante giornata di scuola. Il fatto che parzialmente fosse colpa di Sherlock mi dava ancora più fastidio, perciò alla fine ho pensato di aiutarlo. Sono abbastanza sicuro che di suo non gli importi di scusarsi con Anna, più che altro perché non capisce di aver agito in maniera scorretta nei suoi confronti, eppure non mi va l’idea che tutti lo prendano per un insensibile o un bastardo. So già che probabilmente me ne pentirò, ma voglio provare a fare un tentativo per aiutarlo e soprattutto per cercare di sollevare un po’ l’umore di quella povera ragazza. Non che le parole di un estraneo possano essere di qualche aiuto, ma a volte in un momento così triste la presenza di più persone possibili è sempre gradita. Almeno per me è così, non ho idea se effettivamente le ragazze la pensino allo stesso modo. Sono arrivato a scuola da un po’ ma non voglio salire subito in classe. A quanto pare solo Sherlock arriva prima degli altri e per quanto voglia parlarci un po’, penso che questa faccenda sia più importante. Anche perché preferirei parlare con Anna in privato. Se dovesse andar male almeno non mi insulterà pubblicamente. Non che in fin dei conti m’importi qualcosa del parere dei miei nuovi compagni di classe, ma se si può evitare una sceneggiata pubblica, è sempre meglio.
Sono fermo davanti al mio armadietto e osservo la calca di gente passare, salire le scale, o fermarsi a parlare e mi accorgo di come non l’abbia vista neppure di sfuggita. Possibile che oggi non si presenti a scuola? Forse… dopotutto dev’esser stato davvero un brutto colpo per lei. Sospiro. Decido di salire le scale per andare in classe quando, all’improvviso, voltandomi per un’ultima volta verso l’entrata, non scorgo il suo viso. Sembra essere sola visto che non parla con nessuno e che si sta dirigendo a capo chino verso le scale perciò prendendo un profondo respiro decido di raggiungerla.
- Anna?
Alza il capo di colpo, presa alla sprovvista e mi guarda stralunata per un momento. Probabilmente deve cercare di ricordare chi io sia e, dopo pochi secondi, sembra capire, guardandomi stranita.
- Sì?
- Io… volevo sapere come stai. Avrei voluto chiedertelo ieri, ma pensavo non fosse il momento più adatto.
- Oh. Gentile da parte tua. Probabilmente ieri avrei finito col graffiarti la faccia in effetti. – Sorride. – Comunque non voglio pensare a come sto. Voglio convincermi di stare bene. Star male per un essere simile è uno spreco di tempo. No?
- Sì, penso di sì. Per quel che ho visto di lui, direi di sì.
Avanziamo per il corridoio lentamente, cercando di non urtare nessuno in quella calca di gente, e saliamo le scale in silenzio.
- Senti volevo chiederti un’altra cosa.
- Mh?
- Non dovrei intromettermi, lo so bene, ma ho visto come lo trattate tutti e mi dispiace perché credo di capire un po’ il suo modo di ragionare e… beh, Sherlock non voleva essere insensibile ieri. Lui pensava di farti un favore, in realtà.
A dire il vero non ho idea se davvero desiderasse aiutarla smascherando a quel modo Anderson, o se voleva solamente usare quello che aveva scoperto per difenderci, ma per raggiungere lo scopo di questa chiacchierata penso sia meglio metterla così. La ragazza mi fissa come se avessi appena fatto spuntare un terzo occhio sulla mia fronte, fermandosi sull’ultimo gradino del primo piano. La gente ci supera, avanza, senza prestarci alcuna attenzione e lei sembra infastidita e perplessa insieme. Probabilmente non è minimamente incline a credere alla cosa ma da un lato non è certa che non stia mentendo. Decido di approfittare della sua evidente incertezza per sottolineare come Sherlock non avesse alcuna cattiva intenzione verso di lei.
- Credimi. Gli ho detto che forse era meglio se si fosse scusato con te perché era stato indelicato dire tutto così davanti a tutti e lui non capiva davvero perché, visto che era meglio avvisarti subito e che così Anderson era stato pubblicamente umiliato. Penso che se lui e Donovan non si fossero messi ad offenderlo non avrebbe mai agito in quel modo.
Anna sembra sospirare, tornando a camminare per le scale.
- Ci penserò.
- Grazie.
E con questo preferisco non dire altro. Penso che abbia bisogno di pensare e riflettere per decidere cosa fare e perciò mi limito a sorriderle incoraggiante e superarla, dirigendomi verso la classe sperando di poter parlare un po’ con Sherlock prima dell’arrivo dei professori. Quando varco la soglia ho un brutto presentimento. L’aria è tesa, Anderson è seduto spalle al muro dalla parte opposta della classe rispetto al posto mio e di Sherlock, e lo fissa con aria truce, la mascella serrata. Il mio compagno di banco è seduto al suo solito posto, i gomiti puntellati sul tavolo e le dita unite fra loro per i polpastrelli davanti al naso. Fissa un punto imprecisato dinnanzi a sé. Oltre loro due e la ragazza che ieri si era avvicinata per parlare con Sherlock, non c’è nessuno in classe.
- Buongiorno – saluto poggiando la cartella sul banco e sedendomi sulla sedia osservando il mio compagno con aria sospetta.
Lui non risponde, temo sia arrabbiato per qualche motivo.
- Sherlock?
Ancora nulla. Mi volto e vedo che la ragazza di ieri scuote il capo, come a volermi dire che non è il momento, di lasciarlo stare. Lancio un ultimo sguardo al ragazzo alla mia sinistra e, quando vedo che sembra intenzionato a non dire nulla, decido di alzarmi. Mi dirigo verso la giovane moretta che mi ha silenziosamente fatto cenno di non continuare e vedo che Anna varca adesso la soglia della classe, andando a sedersi al suo posto senza degnare neppure di uno sguardo il suo ex ragazzo. Ex ragazzo che, invece, la fissa per un secondo con rimorso.
- Ehi. Ehm… io sono John, se ieri non l’avessi sentito già abbastanza volte.
Non sono mai stato il tipo da chiedere qualcosa a qualcuno senza prima presentarmi o rompere il ghiaccio con qualche chiacchiera. La giovane mi sorride timidamente facendo spuntare due fossette ai lati delle labbra e mi allunga una mano.
- Molly. Molly Hooper. – dice leggermente imbarazzata mentre le stringo la mano a mia volta.
- Sai cosa gli prende?
E non so perché ma glielo chiedo a bassa voce, come se temessi che lui o gli altri due presenti possano udire quel che sto chiedendo. Molly si morde il labbro inferiore e il suo sguardo scivola alternativamente fra Sherlock e Anderson.
- Non so bene cosa sia successo, sono arrivata da poco, ma penso che abbia discusso di nuovo con lui. E… beh… credo che sia stato colpito perché quando sono entrata era piegato in due con una mano sullo stomaco.
La mia mascella si serra, i pugni si chiudono e Molly si allarma. – No, ti prego! Se adesso lo affronti non finirà mai! Non capisci? Più lo difendi più cercherà di colpirlo. Si diverte a maltrattarlo. E il resto della classe lo asseconda. E’ bello che tu voglia proteggerlo, sono la prima ad esserne felice, davvero. Ma devi cercare di non peggiorare la situazione.
Le sue parole frenano un po’ la mia rabbia. Forse ha ragione, anzi sicuramente è così perché non trovo nulla da ribattere al suo discorso. Però un pugno sul naso a quell’imbecille vorrei tirarglielo comunque.
- Perché lo odiano così?
Molly mi guarda sconsolata, lanciando una occhiata a Sherlock molto dolce. Una occhiata intenerita che mi fa sospettare che lei lo ammiri oltre i limiti dell’amicizia o della stima. Una occhiata troppo gentile per nascere da semplice rispetto.
- Beh hai visto com’è, no? E’ diverso. Non parla con nessuno, sta sempre sulle sue, e quando parla è solo per correggere qualcuno o per umiliare con le sue deduzioni. Non lo sopportano.
- Tu invece sì.
Arrossisce di colpo guardandomi con un sorriso timido mentre noto che pian piano la classe si sta riempiendo.
- Io non conto.
Sto già per dire qualcosa ma il mio cellulare vibra nella mia tasca. Lo prendo e noto che mi è appena arrivato un messaggio. Un messaggio da parte di Sherlock.
 
 
 
Ore 8.02 a.m.
Cosa vorresti mangiare per cena?  SH
 
 
 
Eh? La mia espressione interrogativa e abbastanza spiazzata fa inarcare un sopracciglio di Molly che mi fissa confusa.
- Scusami – le dico sbattendo un paio di volte le palpebre prima di girarmi e avvicinarmi al mio posto mostrando il cellulare con il messaggio a Sherlock. Lui lo osserva per un secondo prima di alzare lo sguardo verso di me con l’aria più tranquilla e naturale del mondo. Il cellulare stretto in mano sottobanco.
- Allora? – domanda facendomi strabuzzare gli occhi.
- Devo essermi perso qualcosa.
- Non mi sorprende.
- Riesci a dire qualcosa senza sottolineare ogni volta la nostra stupidità?
- Mh. No, non credo.
Sorridiamo insieme, sfugge una risata divertita, breve, che però fa voltare la classe a guardarci come se fossimo due alieni. Li fisso perplesso e noto che non stanno affatto fissando me, no. Osservano lui. Osservano Sherlock, quel sorriso che permane solo pochi secondi prima di sparire sostituito da una espressione interrogativa.
- Che c’è? – domanda alla classe che scuotendo il capo si volta tornando a pensare ai fatti propri. Ho una mezza idea che questa si la prima volta che qualcuno lo senta ridere. Con mia enorme sorpresa vedo Anna avvicinarsi a noi, fermarsi davanti al banco di Sherlock, poggiando le mani sulla superficie di legno del tavolo. I due si fissano per un attimo, in silenzio.
- Allora anche tu sai ridere come una persona normale.
- A quanto pare.
Mi schiarisco la voce guardandolo con fare severo. Deve per forza essere così freddo ogni volta che qualcuno gli rivolge la parola? Lui incassa la mia occhiataccia e sbattendo un paio di volte le palpebre torna ad osservare una infastidita Johnson. – Scusa.- dice lui cercando di calmarla e non so se si stia scusando per questa sua risposta infelice o per il suo atteggiamento di ieri. Anna è sbalordita, fissa prima lui e poi me in alternanza con gli occhi grandi di stupore. Immagino che non sia tipico sentire delle scuse uscire dalle sue labbra.
- Oh. Ehm, sì. – mormora lei prima di riprendere il controllo e sistemarsi una ciocca bionda dietro l’orecchio. – Non penso davvero che tu sia un mostro. Ieri ero arrabbiata.
Un sorriso mi nasce spontaneo sulle labbra mentre Sherlock rimane quasi impassibile annuendo appena. – Non importa. Non ci ho prestato molto caso. – dice facendo spallucce facendomi roteare gli occhi. Gli tiro una gomitata sul braccio, senza farmi vedere da Anna che sembra impaziente di sentire qualcos’altro da lui. Lui recepisce il messaggio dietro il mio gesto e con tono lamentoso mi guarda come fosse un bambino capriccioso. – Oh John, devo proprio? Io ho solo… -
- Sì, Sherlock. Devi proprio.
Sbuffa.
- Scusami anche tu, Johnson. A quanto pare la prossima volta dovrò dirtelo in privato.
- La prossima volta? – domanda lei con una voce acuta e quasi offesa, portandomi ad intervenire per evitare che si rovini quel momento che onestamente avevo ritenuto impossibile fino a quando non si è compiuto.
- Intende dire che se avesse altre delicate rivelazioni da farti lo farà prendendoti in disparte. Non intendeva dire la prossima volta che ti tradiranno.
Anna ci fissa sdegnata per un attimo e con un verso di stizza se ne torna al suo posto lasciandoci soli. Sospiro. Non so davvero come sia possibile che non riesca a capire o prevedere delle reazioni così semplici. Il professore di chimica entra in classe e il silenzio piomba improvviso. Non mi sono accorto che fosse già così tardi e sospirando nuovamente prendo dalla cartella il libro di testo, un quaderno e una matita.
Il cellulare vibra di nuovo.
 
 
 
Ore 8.18 a.m.
Allora? Cosa vuoi per cena? SH
 
Ore 8.19 a.m.
Sherlock, mi stai chiedendo di cenare insieme? E’ un po’ strano sai?
 
 
 
Lo sento sospirare stizzito mentre digita rapidamente sul suo telefono. Trattengo una risatina.
 
 
 
Ore 8.21 a.m.
Non io. Mia madre. Mycroft le ha detto che ho un amico e lei ci ha creduto. Vuole a tutti i costi che tu venga da noi dopo scuola. SH
 
Ore 8.22 a.m.
Che intendi con ‘ci ha creduto’? Non è così?
 
 
 
Mi sono sentito un po’ offeso da quel suo modo di dire. Senza accorgermene avevo iniziato a vedere Sherlock come un amico e sapere che per lui non è lo stesso mi ha fatto sentire un po’ giù. E so perfettamente che è strano considerare qualcuno un amico quando lo si conosce da a malapena ventiquattro ore, ma in questo tempo sono riuscito a capirlo –forse- più di tutta questa gente che lo conosce da quattro anni, a difenderlo dalle loro offese, a parlarci via telefono per quasi due ore. In più sono stato minacciato da suo fratello di stare attento a come mi comporto con lui. Insomma, non esattamente qualcosa che capita a due soli conoscenti.
 
 
 
Ore 8.22 a.m.
Io non ho amici. SH
 
Ore 8.23 a.m.
Non ne hai o non ne vuoi?
 
Ore 8.23 a.m.
Entrambe. SH
 
Ore 8.25 a.m.
Credo che tu abbia molta paura.
 
 
 
Lo vedo voltarsi di scatto verso di me, sibilando con fare infastidito un – Io non ho paura! –.  Nonostante il sussurro, però, il professore ode comunque la sua voce e lanciandoci una occhiataccia ci riprende.
- Silenzio lì in fondo.
Con uno sguardo contrito torno a guardare il libro mentre Sherlock riprende la calma, lentamente.
 
 
 
Ore 8.32 a.m.
Allora? SH
 
Ore 8.35 a.m.
Va bene qualunque cosa, non sono schizzinoso col cibo.
 
Ore 8.37 a.m.
Ti prego, sii più specifico. Mia madre sarebbe capace di cucinare ogni tipo di piatto solo per essere sicura che tu mangi qualcosa di buono. SH
 
Ore 8.40 a.m.
Andrà bene del pollo.
 
 
 
Con un ultimo messaggio –che non so a chi sia indirizzato- Sherlock deposita il telefono sotto il suo banco dichiarando così conclusa la nostra conversazione.

Un altro capitolo è finito e penso che da ora
inizierà a farsi più interessante. O forse no. Chissà? xD
Mi diverte molto l'idea di vederli come due ragazzi, due adolescenti
ma in particolar modo, amo Mycroft. Adoro scrivere di lui, caratterizzarlo e farlo interagire con Sherlock.
Non so quanto spazio gli darò nel giro della fan fiction, ma spero che anche a voi
possa piacere come sta venendo fuori il suo carattere. (Oltre, ovviamente, quello dei due protagonisti)
Come sempre, attendo un commento
positivo, negativo o neutro che sia <3

xxx
  
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