Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: MelKaine    09/05/2014    16 recensioni
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi essere felice. Quando viene portato via dalla famiglia dei suoi zii la sua vita è destinata ad intrecciarsi con quella di Severus Snape, giovane maestro di Pozioni. Una storia sulla compassione e l'affetto, il cuore di tutto ciò che è amore.
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Heart of everything 27
 Disclaimers: These characters don’t belong to me. Eventual issueing gets me no profits. All rights reserved to the legitimate owner of the copyright.

Tutto bene, sospirone di sollievo e mille grazie per tutti gli auguri che ho ricevuto. L'operazione agli occhi è stata un successo YAY!
Capitolo nuovo e forse anche un altro fra non molto.
Perdonate l'attesa.

Mel Kaine


 

 

 

 

 



The Heart of Everything

 

 

 

 27 - /What about us? /


 




Il pranzo quel giorno fu completamente diverso.
Harry si presentò a tavola con rassegnazione, pronto a mangiare come al solito tutto e certo di sentirsi male dopo.
Invece il suo piatto non era pieno come sempre, non poté impedirsi di guardarlo sollevato, ma subito alzò lo sguardo per vedere se i due signori lo avevano visto. Era da stupidi essere contenti perché ti hanno dato poco cibo, Harry lo poteva capire, ma non era riuscito a trattenersi.
Il signore con i capelli chiari lo guardava attentamente e gli sorrideva. Harry pensava ogni volta che avesse un sorriso gentile e se non fosse stato uno dei due signori che lo avevano portato via dal suo uomo-Sevreus Harry, forse, lo avrebbe anche trovato simpatico, almeno un pochino, ma non poteva dimenticarsi di quel giorno orribile in cui li avevano separati.
L’altro signore, invece, non si era accorto di nulla, ma Harry se lo aspettava. Sembrava spesso perso in un mondo tutto suo, come faceva a volte Harry, solo che le fantasie del signore non dovevano essere tanto belle, ogni volta sembrava sempre più scuro in viso.

“Va meglio così, Harry?” chiese Lupin.

“Sì, signore” rispose il bambino.

Immediatamente Sirius abbandonò i suoi pensieri per unirsi alla curiosa conversazione.
“Cosa, Remus? Ci sono problemi?”

“No, al contrario – sorrise il licantropo. – Semplicemente ho maturato il pensiero che se Harry è così magro perché ha mangiato poco prima di arrivare qui cercare di fargli riprendere peso a tappe forzate, riempiendogli il piatto, non è la scelta migliore. Credo che Harry preferisca mangiare meno e forse, un po’ più spesso, dico bene, Harry?”

Il bambino alzò lo sguardo su di lui.
Ecco, allora era stato il signore dai capelli chiari a pensare a quello. Certamente non poteva essere stato l’altro signore.
Il piccolo Harry lo guardò negli occhi, come gli aveva insegnato il maestro e gli rispose:
“Sì, grazie signore Lupo”.

Remus scoppiò a ridere per la quanto mai adeguata storpiatura del suo nome, ma quando incrociò gli occhi di Sirius vide la tempesta in quelle iridi e tornò serio.
Il suo amico doveva essere furioso.
Con quella frase il bambino aveva reso chiaro che sapeva perfettamente i loro nomi ( o quasi perfettamente ) e che l’unico motivo per il quale non li usava era che non ne aveva nessuna intenzione.
Temendo di aver fatto peggio nel tentativo di fare la cosa giusta Remus si affrettò a cambiare discorso.

Quel pomeriggio Harry non si sentì male e appena poté corse nella sala dei libri per sedersi accanto alla poltrona e fantasticare sul suo uomo-Sevreus.
Ecco, adesso erano in un bosco, e i due signori li rincorrevano, anche se quello con i capelli chiari non sembrava tanto convinto, ma lo faceva perché gli era stato detto dall’altro. E loro scappavano e si rifugiavano in una casetta di legno dove il maestro tirava fuori le sue pentole enormi e creava un liquido magico super-forte. Poi si nascondevano fra i rami e quando il signore passava loro gli gettavano addosso un secchio con il liquido magico e subito il signore si dimenticava perché li stava inseguendo, diceva loro buongiorno e spariva. Così Harry ed il Maestro potevano fare una gita nel bosco e vedere gli animali e accendere un fuoco e fare merenda.
Piano piano si addormentò, un po’ più sereno.


Ancora incerto se parlare o meno a Sirius della lettera e dei suoi sospetti Remus lo lasciò da solo, fino a che non fu proprio il suo vecchio amico a venire a cercarlo.
Sembrava più calmo, ma Remus poteva sentirlo sulla pelle, Sirius aveva accusato il colpo e forse non lo aveva incassato così bene come voleva fargli credere.
Comunque quel pomeriggio sembrava deciso a ritentare la fortuna con il bambino. Aveva persino comprato dei dolcetti per la merenda.
Ma quando trovarono il bambino, ancora in terra, ancora nella biblioteca, nuovamente addormentato, Sirius chiuse la porta e sbottò.
“Possibile, Remus? Sono giorni, giorni che sta lì in terra, come… come un cucciolo abbandonato, dannazione. Non so nemmeno se sia normale per un bambino dormire così tanto di giorno…”

“Non saprei proprio, Sirius, non ho consigli utili in questo campo, sai che di bambini ne so quanto te…”

“Eppure non sembrava. A pranzo la tua scelta, a differenza della mia, ti è valsa un ringraziamento personalizzato”.

Remus si aspettava quel commento ed era più che felice che il suo vecchio amico se la prendesse con lui piuttosto che con il bambino. Lupin sapeva che non doveva essere facile per Sirius, non doveva esserlo affatto. Su di lui gravavano troppe responsabilità e nonostante tutta la sua spavalderia Sirius non si era affatto rimesso dai suoi anni di prigionia.

“Suvvia, Sirius, non avertene a male. Devi sapere che non sono stato io ad avere quell’idea, anche se sì, ho voluto fare il grand’uomo, lo ammetto” e rise, alleggerendo la tensione fra loro.

Questo attirò subito l’interesse di Sirius, così come Lupin si aspettava.
“Che vuoi dire?”

“Volevo mostrartela ieri, ma era tardi. La lettera misteriosa. Non è altro che una serie di consigli su come occuparsi del bambino. E’ là che ho trovato quell’idea”.

“E chi te l’ha mandata? Albus?”

“Minerva”.

“Minerva?”

“Già. Come te non so che pensare. Credo sia meglio parlarne con Albus al più presto. Ci sono molte cose che non capisco, Sirius, sinceramente”.

“Mh. Il problema è che non so quando potrò essere presente. Le cause per i miei beni venduti illegalmente stanno per cominciare”.

“Lo capisco, ma dobbiamo trovare il modo, sento che è importante, Sirius”.

Il mago dai capelli scuri si passò una mano sul viso.
“D’accordo, farò quello che posso”.





‘Maestro Sevreus’

‘Maestro Sevreus’



‘Maestro Sevreus’



Snape si alzò di scatto dalla scrivania su cui stava studiando testi antichi.
Era notte fonda, ma non aveva avuto desiderio di dormire.

Non poteva certamente convincersi adesso che era stato il vento o l’alcol o il dolore.
L’aveva sentito distintamente.
Risuonare fra le pareti della sua testa, triste e disperato.


Harry.


“Harry, come stai?” chiese a voce alta.


Forse stava impazzendo, forse no.

Scrivere quella lettera l’aveva fatto sentire utile giusto il tempo di scriverla. Naturalmente non avrebbe mai potuto firmarla con il proprio nome, quel cane bastardo di Black l’avrebbe bruciata prima di consegnarla al dannato lupo mannaro e i consigli che sperava leggessero erano più importanti di una lurida questione d’orgoglio.
Ma anche quella luce di conforto si era già spenta e la sensazione che Harry non stesse bene, che fosse disperato ( come lui? ) si era conficcata nella sua testa come quella voce che lo chiamava.
Aveva ripreso in mano le redini della sua vita molte volte in quegli anni, uscendo da qualsiasi situazione, ma adesso si sentiva stanco.
Forse una di quelle notti sarebbe andato da Albus e lo avrebbe salutato, per sempre.



Con qualcosa nello stomaco e meno fame Harry si sentiva un po’ meglio, ma i giorni felici li aveva ormai dimenticati. Il signore cercava di passare del tempo con lui ed Harry non si sarebbe certo permesso di evitarlo, ma avrebbe voluto. Quello che faceva o diceva semplicemente non gli interessava. Harry non sapeva niente di un certo gioco che il signore chiamava ‘quinci’ e qualcosa e non capiva nemmeno perché il signore sembrava convinto che Harry dovesse per forza volerlo giocare assolutamente. Harry non voleva giocare. Voleva imparare. Voleva conoscere, scrivere, leggere. Tutte quelle cose che il Maestro aveva cominciato ad insegnargli e che a Harry piacevano tantissimo. E poi Harry non avrebbe giocato a niente se non poteva avere la sua palla, il suo primo ed unico regalo di Natale. Sapeva che il signore spesso si comportava meglio di suo Zio Vernon e non lo picchiava e non gli urlava brutte parole quando Harry non mostrava interesse, ma tutto era diverso ora.
Il Maestro gli aveva spiegato che Harry doveva fare quello che sentiva giusto, quello che voleva, a patto che non andasse contro le regole buone dei grandi buoni, quelle che ‘vigevano’ per proteggerlo dalle cose che ancora non conosceva o capiva.
Harry sapeva cos’era un padrino e se davvero il signore era il suo padrino Harry poteva capire perché cercava di passare il tempo con lui, ma quello che non poteva perdonare al signore, al nonnino e anche al signore coi capelli chiari era di non aver chiesto cosa voleva Harry.
Avevano sbagliato.
Per la prima volta Harry lo sapeva.
Quei grandi avevano sbagliato.
Era libero di saperlo, di sapere che anche i grandi sbagliavano e che avevano sbagliato con lui. Che non era Harry ad essere il solo a sbagliare.
Questo, questo era stato il regalo d’addio del Maestro.
E mai, niente, mai, davvero mai, sarebbe stato altrettanto bello e importante.





“Maestro Sevreus…”

“Sì, Harry?”

“Harry può…”

“Harry…” un tono di lieve rimprovero.

“Oh, sì, Maestro. Scusa, Maestro. Posso chiedere cosa stai facendo, Maestro?”

“Certo, chiedere è sempre permesso. Lo scriverai per me dopo e lo metteremo nel tuo quaderno delle regole”.

“Sì, Maestro!”

Silenzio. Il bambino lo guardava, rapito.

“Cosa fai, Maestro?”

“Sto creando una pozione, Harry”.

“Cos’è una pozione?”

“È un liquido magico con delle proprietà, cioè delle caratteristiche, diverse a seconda degli ingredienti che vengono usati per prepararlo. Lo studio di come riconoscere tutti gli ingredienti ed i loro molteplici, che vuol dire ‘tanti’, usi è quello che io insegno in questa scuola”.

Il bambino lo guardò negli occhi, la piccola bocca schiusa in una ‘oh’ sorpresa, la testolina piegata di lato, come sempre quando qualcosa lo lasciava perplesso.
“Ma il Maestro non insegna a cucinare?”

Severus soffocò una risata mentre immaginava che faccia avrebbero fatto i suoi studenti se mai avessero sentito una cosa simile. La sua reputazione sarebbe crollata come un castello di sabbia. Fortunatamente quei momenti erano solo loro e Snape era un ottimo Occlumante.

“Per quelle persone che non conoscono la magia potrebbe sembrare un piatto cucinato con ingredienti strani, Harry. Ma noi siamo maghi e pozioni come questa possono aiutarci a salvare la vita di altre persone e ottenere la soluzione a molti problemi”.

“Il Maestro salva le persone?”

“Occasionalmente, Harry”.
Il bambino batté le manine, estasiato.
“Il Maestro è un eroe, Harry lo sapeva!”

“No, Harry, non credo ci sia nessuno né in questo mondo né in un altro che possa considerarmi un eroe”.

Labbra tirate in un leggero broncio.
“Harry c’è. Per Harry il Maestro è un eroe, un grande eroe”.



Quanto si era sbagliato, ma ormai doveva già essersene accorto.
Severus Snape non era e non sarebbe mai stato un eroe per nessuno.
Si destò da quell’ennesimo ricordo con apatia.
Non provava più nemmeno dolore.
Solo desolazione.
Quei ricordi invadevano spesso la sua mente, durante il sonno travestiti da sogni e adesso anche di giorno, come stupide fantasie a occhi aperti.
Frammenti perduti, come petali caduti da steli marroni ed appassiti.
Il tempo li avrebbe ricoperti di polvere come la cornice con la foto di Lily, sfocando i contorni dei visi, lasciando solo una vaga sensazione di aver perso qualcosa (tutto) nello scorrere di un tempo non voluto e tiranno.

‘Maestro, cosa fai?’

Le domande di Harry, la sua voce, rimanevano nell’aria a lungo, anche dopo che le fantasie si erano assopite ed egli sempre rispondeva loro, come se conversassero, lui ed il suo bambino, di nuovo.

“Aspetto una vita in cui riavrò tutto quello che ho perso, Harry” mormorò.

Ma gli unici occhi che si fermarono a guardarlo erano quelli delle stelle nella Torre di Astronomia.












Continua…

 

 

 

 

Nota grammaticale: per mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
 

   

   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MelKaine