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Autore: ___Lilith    12/05/2014    4 recensioni
Marco è un ragazzo solo, emarginato dalla società a causa della sua sessualità.
È il giorno del suo diciottesimo compleanno, a Natale, quando incontra Michael. Il mondo gli sembra diventare improvvisamente un posto migliore.
Qualcosa di quel ricciolino lo colpisce subito. Sembra triste e solo, proprio come lui...
Dal Prologo:
Ed ora si ritrovava da solo. L'unica compagnia che aveva era quella sigaretta, ormai quasi mezza bruciata, che possedeva il magico potere di alleviare un po' il suo dolore.
Fece un respiro profondo, inalando tutto quel fumo tossico che creava una bolla irrespirabile intorno a lui. Solo così riusciva a sentirsi meglio.
Un fruscio, un lieve spostamento d'aria intorno a lui, attirò la sua attenzione. Voltò lievemente la testa di lato e quasi sobbalzò quando notò che una figura snella e riccioluta si era seduta accanto a lui.
Se ne stava immobile, con una bottiglietta di birra nella mano destra e il resto della confezione nella sinistra. Nella penobra riuscì a intercettare lo sguardo del ragazzo. Era puntato verso il nulla, su un punto imprecisato davanti a loro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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01. Caffè.





Due anni dopo...

L'odore aromatico di caffè invase le narici di Marco appena mise piede nel bar. Un odore che, però, ormai gli dava nausea.
Doverne preparare centinaia ogni singola mattina ti portava a detestare anche un profumo così buono.
Prese posto dietro al bancone, cominciando subito ad armeggiare con la macchina del caffè.
-Buongiorno Marco- lo salutò la sua collega Alessia con quel suo sempre presente sorriso stampato sulle labbra.
-'Giorno- rispose il ragazzo svogliatamente.
Sbadigliò ancora un po' assonnato e strizzò gli occhi. Il comodo e fresco letto non gli era mai mancato tanto come quella afosa mattina di inizio giugno.
Fuori il sole risplendeva sovrano nel limpodo cielo blu sgombro da qualsiasi accenno di nuvola. La temperatura era decisamente troppo alta e il condizionatore difettoso del bar non riusciva a rinfrescare per bene quell'area.
Ai vari tavolini si stavano già formando i piccoli gruppetti di clienti.
Sospirò stanco e si avvicinò ad uno di essi. Un altro faticoso giorno di lavoro stava per cominciare.

Michael infilò la chiave nella toppa di metallo della porta del suo appartamento a Ronciglione. Quando la aprì, un profondo senso di nostalgia scosse il suo corpo. Non tornava in quella casa da quando si era lasciato con Davide.
Era rimasto tutto esattamente come lo aveva lasciato. La polvere era ammucchiata sul pavimento e sui mobili in legno che ornavano le varie stanze, segno che nessuno aveva messo piede lì da quando era andato via.
Sul tavolino del soggiorno c'erano ancora le birre stappate che si era scolato quella sera di Natale. Con un dito passò sul contorno della bocca di una di esse e un piccolo ricordo sopito nella sua mente riaffiorò quasi come fosse stato un pezzo importante di sé che aveva a lungo tralasciato.
L'immagine di quel ragazzino seduto su una panchina da solo il giorno di Natale gli si parò davanti.
'Chissà come sta' si chiese Michael. In quel lontano 25 dicembre di due anni fa sembrava triste e tremendamente solo. Gli aveva fatto tenerezza e un po' si era riconosciuto in quel ragazzo. Anche Michael era solo quella sera.
E poi c'era qualcosa in lui che lo aveva incuriosito e spinto ad avvicinarsi e fargli un po' di compagnia.
'Mi sarebbe piaciuto conoscerlo meglio' pensò, 'sembrava anche simpatico.'
E inoltre era bello, forse anche troppo. Prima di andare da lui era rimasto alcuni minuti immobile ad osservare il suo visino chinato verso il basso. Aveva un delizioso profilo perfettamente scolpito, con un nasino adorabilmente un po' a punta e delle labbra da far invidia ad una donna. Sembravano essere fatte apposta per essere baciate.
Nella penombra di quella sera non era riuscito bene a distinguere il colore delle sue iridi, ma dovevano essere piuttosto scuri. Le sopracciglia ad ali di gabbiano, poi, risaltavano bene la forma dell'occhio.
I capelli erano castani e spettinatamente raccolti in un ciuffetto che ricadeva disordinato sull'ampia fronte.
Quel ragazzino era una meraviglia davvero. Peccato che Michael fosse stato troppo impegnato a rimpiangere il suo ex ragazzo, altrimenti avrebbe potuto provarci con lui, nonostante probabilmente non era gay.
Quando ritornò dal suo breve viaggio nei ricordi, Michael prese le bottigliette di birra vuote e le gettò nel cestino. Quella casa aveva bisogno di una bella ripulita.
Portò le valigie che aveva con sé in camera e le posò sul letto. Le aprì e cercò di iniziare a rimettere a posto la sua roba, ma un brontolio proveniente dalla sua pancia gli impedì di continuare.
Stava morendo di fame. L'unica cosa che aveva mangito nelle ultime ventiquattro ore era quella mini barretta al cioccolato che aveva acquistato prima di partire.
Siccome alla fame non riusciva proprio a resistere e in casa non c'era nulla di commestibile eccetto qualche cibo avariato rimasto lì da due anni, decise di andare a prendere qualcosa al bar che aveva addocchiato mentre raggiungeva l'appartamento.
Uscì di casa e si incamminò a piedi verso il locale. Non era molto lontano e, in pochi minuti, riuscì a raggiungerlo. Entrò nel bar e si diresse verso l'unico tavolino libero. Ma, mentre cercava di raggiungerlo, col pensiero già al cornetto ripieno di cioccolato, qualcuno sbattè contro di lui, rovesciandogli tutto il caffè della tazzina che aveva in mano sulla sua maglietta rigorosamente bianca.
-S-Scusa- balbettò il ragazzino che gli era venuto addosso.
-But what...- stava per dire Michael, ma le parole gli si bloccarono in gola quando il ragazzo alzò lo sguardo e lui potè riconoscerlo.
-TU?!- esclamarono all'unisono.
Si scrutarono per qualche secondo in silenzio.
Michael potè finalmente vedere il colore dei suoi occhi. Erano color caffè, proprio come la bevanda che gli aveva appena macchiato la sua bella maglia.
Ed erano profondi, forse più dell'immenso oceano. Pensò che, se mai qualcuno ci fosse finito dentro, anche essendo un esperto nuotatore, sarebbe inevitabilmente affondato. Quel mare color caffè sembrava immenso e incredibilmente senza fondo.
Quando si ricordò di ciò che gli aveva appena fatto, Michael cambiò espressione, trafiggendo il ragazzino con lo sguardo più adirato che riusciva a fare. Ma, con quel dolce faccino che si ritrovava, era impossibile essere arrabbiato con lui.
-M-Mi dispiace, d-davvero, io n-non volevo...- sibilò, continuando amabilmente a balbettare. E Michael si ritrovò a pensare a quanto fosse dannatamente tenero.
-Non importa- cercò di rassicurarlo, -non è nulla, è solo una macchia- 'gigantesca sulla mia bellissima maglietta bianca' pensò.
-Ma è stata colpa mia...-
-No, non preoccuparte- disse col suo italiano non ancora perfetto, -piuttosto, sai dirmi dove posso trovare il bagno?-
Marco annuì ed indicò la porta sulla destra. -È quello- rispose.
-Grazie.- Si voltò e si incamminò verso il bagno.
Una volta entrato, guardò l'enorme macchia di caffè.
-Maledetto ragazzino- bofonchiò tra sé e sé. Aprì il rubinetto di uno dei quattro lavandini in ceramica e strappò due fogli dal rotolo di carta posto all'entrata. Li bagnò e poi li sfregò contro la macchia.
-Oh very good- commentò ironicamente quando vide il risultato di ciò che aveva combinato. La macchia, invece di sparire, si era estesa ancora di più sul tessuto bianco.
Per evitare di fare altri guai, si arrese all' impresa di ripulire la maglia e tornò nel bar. Macchia o meno, alla sua colazione non avrebbe di certo rinunciato.

'Idiota' si schernì mentalmemte Marco, 'sei solo uno stupido idiota che non è capace neanche di servire ai tavoli senza andare a scontrarsi contro il possente dorso di quell'attraente ricciolino che ora ti avrà preso per un demente senza alcuna capacità di equilibrio.'
Era finito letteralmente addosso a quello che per molte notti era stato il suo tormento. Si era ritrovato spesso inconsapevolmente a sognarlo. Da quel giorno lo aveva cercato a lungo, ma dopo un po' si era arreso all'idea che probabilmente fosse ripartito per Londra.
Ed ora si era ritrovato spiaccicato contro il suo dorso, rovesciandogli sulla maglia il caffè bollente che avrebbe dovuto servire al signore seduto al tavolo di fronte alla finestra. E, se non si muoveva a prepararne immediatamente un altro, avrebbe perso anche il lavoro.
Ridestatosi dai suoi pensieri, azionò la macchinetta e preparò la bevanda, notando che il riccio era uscito dal bagno.

Questa volta Michael riuscì a raggiungere il tavolino senza trovarsi addosso altri ragazzini troppo attraenti e teneri che non sapevano neanche svolgere decentemente il loro lavoro.
A servirlo, però, fu di nuovo lui.
-Scusami ancora- disse, estraendo dalla tasca un piccolo taccuino, -cosa posso portarti?-
-Non fa niente- lo rassicurò ancora, sforzandosi di fare anche un piccolo sorrisetto per essere più convincente, -comunque un caffè- 'e cerca di non versarlo addosso a nessuno, please' aggiunse solo mentalmente, -e un cornetto a cioccolato.-
Guardò il ragazzino segnare concentrato la sua ordinazione, poi girarsi e allontanarsi. In fondo, forse non gli dispiaceva tanto per la maglia. Quel ragazzino era così carino che gli avrebbe permesso di rilovinargli anche la sua preziosa camicina di seta costatagli un occhio nella testa.
Notò che non era molto cambiato dalla prima volta che lo aveva incontrato. Il ciuffetto c'era ancora, i lineamenti delicati del viso erano sempre quelli, forse solo un po' più maturi, e sulle sue belle labbra a forma di cuoricino era calato ancora quel velo di tristezza.
Anzi forse qualcosa era cambiato in lui. La sua bellezza. Sì, quella non era la stessa di qualche anno prima. Era addirittura più bello di quanto si ricordasse. Somigliava tanto all'idea che lui aveva di perfezione. Probabilmente se Michael avesse mai dovuto immaginare un essere perfetto gli avrebbe dato il volto di Marco.
Scosse la testa, facendo ondeggiare i suoi disordinati ricciolini a destra e a sinistra, per cacciare via quel pensiero. Non doveva innamorarsi, non di nuovo di un italiano. E soprattutto non di quel ragazzino che già da quello sguardo all'apparenza tanto ingenuo presagiva un sacco di guai per lui.
Doveva godersi quella sua lunga vacanza, per adesso non voleva ulteriori problemi di cuore.
Dopo pochi minuti, Marco tornò portando un vassoio con la sua ordinazione. Prese il cornetto e lo adagiò attentamente davanti al libanese, poi fece lo stesso con il caffè.
-Ecco a lei- disse, sistemando vicino alla tazzina una piccola busina di zucchero.
-Thanks- rispose cordialmente Michael.
Il ragazzino si voltò e tornò dietro il bancone e il riccio potè finalmente gustarsi la sua meritata colazione.
Addentò il suo cornetto strabondante di cioccolato e lasciò che quella delizia riempisse quell'immenso buco che aveva allo stomaco.

Marco, mentre continuava a svolgere il suo lavoro e sgattaiolava tra i vari tavolini, continuava a tener d'occhio il libanese. Era carino anche mentre mangiava selvaggiamente.
La cioccolata del cornetto gli aveva sporcato leggermente il labbro inferiore. Si pulì passando la lingua sulla sua dolce boccuccia... Oh quella bocca... A Marco vennero in mente circa cinquecento modi diversi per assaporarla, per assaggiarla con le labbra.
Era sexy... decisamente troppo sexy.
Sentiva gli ormoni in subbuglio. L'istinto gli suggeriva di lasciare perdere quella stupida ordinazione e correre dal libanese, per poi prendergli il viso tra le mani e schiacciargli le labbra sulle sue.
'Calmati Marco, calmati' si ripetè mentalmente. Ma quell'istinto non sembrava volersi placare.
Si sforzò di concentrare lo sguardo su qualche altra cosa, ma i suoi occhi non davano cenno di volersi staccare da quell'essere così maledettamente sexy.
Non gli era mai successo prima. Aveva provato sì attrazione per altri uomini, ma quello era diverso. Totalmente diverso.
Era più di semplice attrazione, era passione. Pura e maliziosa passione.
Ed era forte, talmente forte che gli risultava difficile domarla.
Lo osservò fin quando non finì anche il caffè, dopodiché si diresse verso di lui per "sparecchiare".
-Quanto devo pagare?- gli chiese Michael.
-Niente- rispose, -offre la casa.-
-But...-
-Devo in qualche modo rimediare al disastro che ho combinato, no?!- disse, indicando l'enorme macchia scura sul tessuto bianco.
-Non c'è bisogno, davvero.-
-E invece sì. Ti ho rovinato la maglia e voglio cercare di ripagare.-
-Okay- si arrese il ricciolino. -Grazìe- disse, sbagliando accento. E a Marco sembrò di una tenerezza unica. Quei suoi piccoli errori rendevano il ricciolino ancora più attraente agli occhi del ragazzo. Poteva sembrare una sciocchezza, ma a lui piaceva da morire quell'accento anglicano che si ritrovava.
Persino il suo modo di parlare strano per Marco era sexy.
-A presto- lo salutò poi, alzandosi dalla sedia.
-A presto- ripetè Marco, sperando di non dover aspettare altri due anni prima di rivederlo.

Tornato a casa e cambiatosi la maglietta sporca, Michael cercò di cimentarsi nelle faccende domestiche, ma fu inutile.
Quel ragazzino, quello stupido ed idiota ragazzino, aveva ormai preso residenza fissa nei suoi pensieri.
Era bello e un po' maldestro, a giudicare da quello che aveva combinato. Ma questo lo rendeva ancora più attraente.
Bellezza e scoordinatezza... un mix perfetto che a lui piaceva tanto. Lo faceva sembrare così dolce, tenero.
Mentre continuava a pensare, però, qualcosa riuscì a sistemare e la giornata, tra una valigia e l'altra e tra pensieri non proprio casti su quel ragazzino, passò.

Marco uscì di casa. Era un po' in anticipo per il suo "appuntamento", ma decise che avrebbe fatto prima un giro per respirare un po' d'aria fresca.
Non stava facendo caso a dove stesse andando e le sue gambe lo riportarono in un luogo dove, dopo quel 25 Dicembre, era tornato spesso.
Si fermò solo quando fu di fronte a quella panchina. Lì ci aveva passato serate intere ad osservare le stelle in totale solitudine, forse aspettando inconsciamente di ritrivarsi una testolina riccia seduta di fianco a lui.
Sospirò e, come al solito, si sedette nella "sua" metà di panchina. E in quel momento gli sembrò così vuota, proprio come lo era il suo cuore.
La sua vecchia vita gli mancava. Ciò che era diventato in quegli anni gli faceva schifo. Provava pena lui stesso per quello che stava facendo. Ma era così, e non ci sarebbe stato modo di cambiarlo.
Stette fermo lì, aspettando qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Quella parte di panchina sarebbe rimasta per sempre vuota.
E quando Marco si arrese a quell'idea e si decise che forse era meglio andar via, uno spostamento d'aria alla sua destra, proprio come due anni prima, attirò la sua attenzione.
Si voltò e quell'ammasso disordinato di ricciolini era lì accanto a lui che gli sorrideva come mai aveva visto fargli prima.





#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Rieccomi qui con il primo capitolino della mia storia xDD
Allora innanzitutto vorrei ringraziare quelle meravigliose persone che hanno recensito il prologo .. vi AMO.
Vabbè, tornando a noi, Marco ha un "appuntamento", ma con chi ?! Eheh lo scoprirete nei prossimi capitoli muahahahahaha *risata malefica*
Non riuscirete mai a immaginare che genere di appuntamento ha, e soprattutto per cosa (okay, forse sto fancendo un po' troppo la cattivella, ma mi diverte tanto lasciarvi sulle spine xDD)
Prima di lasciarvi però, vorrei avvisarvi che non so entro quanto riuscirò a scrivere il prossimo capitolo .. questa settimana è piena di interrogazioni e mercoledì ho il compito di latino DD: AIUTO.
Auguratemi buona fortuna o questa sottospecie di scrittrice potrebbe non arrivare viva al secondo capitolo hahaha xDD
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96
  
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