Cuore d'Inchiostro
Figlio del Caos
Si strinse nella giacca nera, inginocchiato davanti a quel vaso greco senza smettere di singhiozzare.
Lovino avrebbe dovuto aspettarselo. Due attacchi cardiaci, poi quella maledetta polmonite che in un mese se l'era portato via. Aveva passato gli ultimi giorni delirando nel suo letto. Lovino era riuscito a stargli accanto per un'ora, un'ora e mezza. Poi non ce l'aveva fatta. Era uscito dalla camera da letto e si era accasciato sul divano piangendo, sentendosi un codardo che non aveva nemmeno il coraggio e la forza d'animo di vegliare un povero morente.
“Non abbia tanta paura delle parole, professore, questo si chiama morire.”.
Quando Lovino lo aveva sentito rivolgere quelle parole al medico si era sentito quasi svenire. Dove trovava quella serenità, quel coraggio, quella forza d'animo? Come faceva a convivere con la consapevolezza di star morendo senza impazzire, senza urlare, senza gridare il suo amore per la vita?
Passarono milioni di ricordi nella mente di Lovino. Le loro passeggiate nella rovente campagna siciliana, il matrimonio, i tre figli che ne erano nati, il ricovero della povera Maria Antonietta nella clinica psichiatrica. E poi il primo grande successo con il suo romanzo, e i teatri e i fischi della folla che non capiva e poi i viaggi per il mondo, in Francia, in Germania, negli Stati Uniti, dove attori di Holliwood interpretavano le sue opere...
E il Nobel. Dio, il Nobel. Lovino era scoppiato in lacrime quando l'aveva saputo. Non ci poteva credere. Era troppo. Era qualcosa di troppo immensamente grande. Non riusciva neanche ad immaginarlo.
“Per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell'arte drammatica e teatrale.”.
Lovino ce le aveva incise nel petto, quelle parole. Non le avrebbe dimenticate mai.
E ora tutto giaceva lì, in quel piccolo vaso greco davanti a lui. Il flusso della vita, le maschere, le contraddizioni, le identità frammentate... Quella mente geniale era lì dentro. L'immensa confusione della vita racchiusa in un vaso.
“Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos".”
Lovino si asciugò le lacrime. Si sentiva svuotato e solo, in quella grande villa vuota immersa nella campagna. Solo ma di una solitudine dolce e accogliente.
“Figlio del Caos.”. Sorrise sfiorando l'urna. “Hai ragione. Figli del Caos. Sempre.”.
Ecco
alla fine la terza shot!
Il
personaggio indirettamente protagonista è il grande
scrittore e
drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, che rivive in questa shot nei
ricordi e nelle lacrime di Lovino. Ho aspettato di studiarne a scuola
la poetica e le opere, volevo fare un lavoro accurato.
La
prossima shot sarà su Russia e su uno scrittore che io
apprezzo
molto. A presto!