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Autore: DirceMichelaRivetti    16/05/2014    3 recensioni
Isaia non vuole uccidere Gabriel, ma non può neppure correre il rischio che la profezia si realizzi. Deve trovare un'altra strada...dovrà, però, scendere a patti proprio con Serventi.
Gabriel, intanto, prosegue la sua vita con Claudia e a Capo del Direttorio. Una gran noia la burocrazia della Congregazione, finché a smuovere la routine interviene l'eccentrica sorella di Isaia, che cerca il fratello.
Caso strano, Stefano riceverà l'incarico di fare una verifica proprio su di lei.
Presto tutti quanti i personaggi dovranno riunirsi per vedere se è possibile trovare una soluzione pacifica a tutte le divergenze.
Gabriel non sarà affatto felice di rivedere Isaia, che afflitto dal dolore deve costantemente ricordarsi di Dio, per potersi concentrare sulla sua missione.
Serventi non si fiderà delle proposte.
Il resto .... ve lo lascio leggere. Ho accennato qui ad alcuni dei punti di maggior rilievo di questa storia, ma non ci sarà solo questo.
Il tutto sarà condito da speculazioni esoteriche-filosofiche-teologiche. Probabilmente anche un po' di romanticismo, ma non sarà il tema centrale.
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel Antinori, Nuovo personaggio, Padre Isaia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo l’improvvisata di Giuditta in Congregazione, Gabriel era tornato a pensare ai propri compiti, senza più curarsi di quella faccenda, tanto che a sera, praticamente, non se ne ricordava più.

Circa alle diciassette e trenta, Antinori uscì dal palazzo della Congregazione e attese lì davanti alcuni minuti l’arrivo di Claudia. Quando la donna giunse, lui salì subito sull’auto, le diede un bacio e le chiese come fosse andata la giornata.

“Come al solito: una depressa, un’agorafobica, un tale con un complesso di inferiorità … e che altro? Ah, sì, un ragazzo il cui vero problema è la nonna troppo apprensiva che lo sta crescendo.”

“Una giornata piena! Sicura che non sia faticoso?”

“Le mie giornate sono sempre state spesso anche più piene di così.”

“Sì, ma ora sei incinta e, quindi …”

“Oh, Gabriel, sei tenerissimo a preoccuparti per me, ma ti assicuro che al momento sono in piena forma. In fondo, sono solo al secondo mese.”

“Sta iniziando il terzo …”

“Non sono un’incosciente! L’hai visto benissimo anche tu che, quando mi sono stanca, mi riposo senza indugio. Comunque, ho avuto una lunga pausa pranzo, tre ore; Teresa è venuta con del cibo cinese e abbiamo mangiato assieme. Meno male che, quando le ho scritto di avere voglia di pollo alle mandorle, lei non era ancora andata a comprare nulla!”

“Cibo cinese … non l’ho mai sentito, dovrò provarlo.”

“Mai mangiato cinese?” sbalordì Claudia “Dobbiamo assolutamente porvi rimedio! Ma come mai? I preti non mangiano il cibo dei pagani?” scherzò lei.

Gabriel rise e disse: “Non prendermi in giro: noi gesuiti ci siamo adattati perfettamente alla corte di del Celeste Imperatore.”

“Noi?!” scherzò la psicologa, pur lasciando vagamente un tono di dispiacere o disapprovazione.

“Scusa, forza dell’abitudine.”

Cadde il silenzio per qualche minuto. Claudia sapeva che due mesi erano pochi per adattarsi completamente ad un radicalo cambio di vita, tuttavia aveva sperato che l’amore aiutasse Gabriel ad abituarsi facilmente; invece, eccolo che ancora parlava di sé come se appartenesse alla Chiesa. Beh, effettivamente, ne faceva ancora parte: seppur laico, passava più tempo in mezzo ai Monsignori che con lei. Questo proprio Claudia non riusciva a mandarlo giù. Non ne aveva mai parlato con Gabriel, se ne sarebbe sentita sciocca, ma si rendeva conto di essere gelosa di Gabriel nei Confronti della Chiesa. Insomma, lui aveva scelto lei, la amava, era suo, perché allora rimaneva così legato alla Chiesa? Lei era stata felicissima, mesi prima, quando lui le aveva annunciato che non solo avrebbe abbandonato il sacerdozio, ma pure avrebbe rinunciato alla cattedra per andare altrove, assieme a lei, per cominciare da zero una nuova vita, lei ne era stata entusiasta. Certo, avrebbe significato lasciare le amicizie e doversi fare una nuova clientela … ma che importava? L’idea di una vita assolutamente nuova le piaceva parecchio: poter stare con Gabriel, senza che nessuno sapesse la loro storia, senza pregiudizi, senza convenzioni … insomma, avrebbero potuto reinventarsi assieme e, invece … Certo, Gabriel ora viveva con lei, aspettavano un figlio e sarebbero presto stati una famiglia, tuttavia non era la stessa cosa. Sì, ciò a cui più teneva, lo aveva ottenuto, però avrebbe preferito essere altrove e, soprattutto, che Gabriel avesse una differente occupazione.

Claudia aveva creduto di porre finalmente termine all’assistere a quegli inquietanti fenomeni di cui si occupava la Congregazione. Certo, alcuni, grazie alla sua straordinaria intelligenza, era riuscita a spiegarli, a dimostrare come non avessero nulla di sovrannaturale, ma molte altre volte aveva dovuto riconoscere che, per quanto lo stato d’animo potesse influenzare, c’erano fattori che sfuggivano alla logica: l’uomo nero, per quanto costruzione mentale della sua amica, l’aveva aggredita realmente; Vera si era rivelata una reale vampira; Yuri, seppure temporaneamente, guariva davvero le persone … e molti altri casi ancora.

Nemmeno questo aveva mai confidato all’amato: lei aveva paura di quelle persone e, soprattutto, di quei fenomeni che sfuggivano alla sua impeccabile logica.

Aveva davvero sperato tanto che Gabriel chiudesse definitivamente anche con quelle faccende e, invece, ora si ritrovava a capo del Direttorio. Perché?

Si era sentito davvero così indispensabile per la Congregazione? Lei glielo aveva detto più di una volta che doveva smettere di credere che tutto dipendesse da lui! Ma lui non l’aveva ascoltata.

Lei era sicurissima che Alonso, i Monsignori e tutta quella combriccola di visionari avrebbero saputo gestire benissimo anche da soli le loro solite faccende e le ricerche su Serventi e su quel pazzo sciagurato di Isaia: non le era mai piaciuto quell’uomo, lei aveva subito intuito il marcio che c’era in lui!

Perché Gabriel permetteva che la Congregazione lo rubasse a lei? Perché continuava a farsi influenzare da quella gente?

Forse, lui non se l’era davvero sentita di troncare nettamente con il passato e aveva provato sollievo e rassicurazione, nello scoprire di poter conciliare la vecchia e la nuova vita: di poter tenere un piede in due scarpe. Questo non piaceva per niente a Claudia: significava che, in fondo, Gabriel forse non era così sicuro di voler stare con lei, quindi si teneva libera una via di fuga … No, non poteva essere così: lui l’amava! Quel pensiero, però la spaventava parecchio.

Erano, intanto, arrivati a casa. Erano appena scesi dall’auto, quando Gabriel osservò: “Devo affrettarmi a prendere la patente!”

“Perché?” si stupì Claudia e, per un attimo, temette che lui non volesse più girare in auto con lei.

“Beh, tra qualche mese tu non potrai più guidare o, per lo meno, ti sarà difficoltoso. Se vorrai continuare ad uscire di casa, converrà ch’io possa guidare, inoltre, quando avrai le doglie, dovrò per forza di cose portarti io in ospedale, non credi?”

“Si, hai ragione!” si addolcì lei e lo baciò.

Entrarono poi in casa e si sedettero sul divano per coccolarsi un poco, prima di iniziare a pensare alla cena.

“Beh, a te, invece, com’è andata la giornata?” chiese la donna, poi aggiunse ironica: “Quanti indemoniati hai incontrato, oggi?”

Gabriel sbuffò una risata e disse: “Nessuno … su, non scherzare su queste cose.”

“Beh, devi ammettere che sarebbe divertente, se anche solo la maggior parte delle persone di cui vi occupate, avessero invece solo bisogno del mio aiuto. Comunque, tralasciando questo, com’è andata? Ci sono novità nelle ricerche?”

“No.” scosse il capo lui.

“Quindi, sia Serventi che Isaia sono ancora latitanti …” sospirò lei, delusa: sinceramente, sperava che, una volta risolti quei due problemi, Gabriel si sarebbe definitivamente ritirato a vita privata.

“Già … Ah, in compenso, però, è venuta a farci visita, a suo modo, la sorella di Isaia.”

“Isaia ha una sorella?” si meravigliò Claudia “È una suora di clausura o di quelle che insegnano alle scuole elementari, traumatizzando i bambini?”

“Nessuna delle due. Non credo si troverebbe bene con le suore, pur nutrendo lei una viva fede; vedi, ha un modo tutto suo di rapportarsi con … tutto.”

“Che vuoi dire?”

“Probabilmente avresti da lavorare per anni, prima di capirci qualcosa di quel che gira nella sua testa. È molto particolare.”

“Con un fratello come Isaia, non può essere del tutto sana di mente. Quanto somiglia a lui?”

“Beh … a livello di idee e convinzioni e pure interessi, sono del tutto affini, ma nel carattere e nell’atteggiamento, sono tutt’altra cosa! È irruente e se c’è qualcosa che la irrita lo dice a gran voce, a volte in maniera inopportuna. Lei è esuberante e disinvolta, quanto Isaia è severo e controllato.”

Dev’essere un tornado, allora.”

“Già, ma non parliamo di lei: s’è presentata, senza permesso, davanti al Direttorio e ha iniziato a fare una sceneggiata che, se solo ci ripenso, mi torna il nervosismo.”

“Una sceneggiata?”

“Sì e, più tardi, mi ha pure accusato di aver trattato male Isaia.”

“Che faccia tosta!” si irritò “Tu gliel’hai detto, vero, che quel traditore voleva ucciderti?”

“Sì, certo; e lei ha tentato di difenderlo comunque.”

“Spero non la dovrai rivedere.”

“Non lo so. Dopo si è calmata e io le ho proposto di aiutarci per scoprire qualcosa su questi Templari.”

“Non avresti dovuto! Innanzitutto, non sai se ti puoi fidare di lei; in secondo luogo, sono sicura che ti farà innervosire ogni volta che la vedrai. Da quello che mi hai detto, mi sembra proprio una a cui piace far leva sul vittimismo per cercare di impietosire o far sentire in colpa gli altri.”

“Beh, no, non mi pare …”

“Non ci pensare!” lo interruppe Claudia “Lo so io cosa ti ci vuole per ritrovare la calma!”

La donna si alzò, andò vicino allo stereo e mise su un cd di musica jazz, scelse la traccia, poi tornò da Gabriel e tese le braccia verso di lui. L’uomo si alzò e iniziarono a danzare, abbracciandosi teneramente e guardandosi e perdendosi come solo due innamorati sanno fare.

 

Molto lontano da Roma, anzi, nell’antica capitale del sacro, Gerusalemme, era già sera. Le lancette della vecchia sveglia segnavano le 20-30. Isaia era steso su un letto duro e impolverato, ma non gli dispiaceva: l’alternativa era dormire per terra. Era stato un segno di rispetto nei suoi confronti il dargli un letto; nella stanza accanto, i suoi compagni di viaggio si stava accontentando di una stuoia.

Pochi giorni dopo quel che era accaduto nella cripta, il totale fallimento di ogni cosa: la sua missione, il suo dovere, la sua amicizia …, Isaia si era recato ad Istanbul, secondo le istruzioni che gli aveva lasciato Vargas, in caso di sua morte. Aveva subito raggiunto il contatto che gli era stato indicato, un templare di nome Abdel Nassen, dal quale si era fatto riconoscere, mostrandogli lo scrigno. Fu con grande stupore che trovò alloggiato, in quella stessa abitazione a Istanbul, Monsignor Sartori. Il vecchio capo del Direttorio non era morto durante l’attacco di Jacopo, bensì si era limitato a sparire, secondo le direttive di Vargas, e aveva raggiunto Istanbul, in attesa di notizie. Sì, anche Sartori era un Templare; morto Castello, che aveva iniziato l’operazione di cooptare Isaia, Vargas aveva deciso di cambiare strategia per avvicinare il gesuita, quindi aveva ordinato a Sartori di incaricarlo delle indagini su Castello e di fargli cenno circa l’Ordine segreto, in modo tale che fosse Isaia stesso ad arrivare a loro, parzialmente già consapevole circa cosa aspettarsi. Ecco perché, quando il gesuita si era recato presso la sede dell’opera missionaria Luce di Cristo, Vargas lo stava aspettando: Sartori lo aveva avvisato.

Sartori sapeva dunque benissimo che Vargas aveva designato come proprio successore, alla guida dell’Ordine, Isaia. Il suo compito era appunto quello di testimoniarlo davanti al resto dei templari, che certamente sarebbero stati stupefatti e basiti nello scoprire che un novizio sarebbe diventato il loro nuovo Grande Maestro. Isaia stesso, in un primo momento, era rimasto sorpreso da quella scelta, ma poi Vargas gli aveva spiegato e lui aveva compreso: quel titolo era suo per diritto di nascita.

Isaia voltò il capo e gettò un’occhiata allo scrigno sulla scrivania: non avrebbe mai creduto che ci potesse essere qualcosa in grado di rivoluzionare le sue convinzione, che potesse … non cambiare la sua vita, semplicemente illuminarla con un’altra luce e dargli una differente prospettiva; invece dentro quel cofanetto aveva trovato la Verità e lo aveva costretto a rivedere molte cose.

Si era reso presto conto che la maggior parte di ciò che aveva appena trovato o, per meglio dire, riscoperto, erano cose che già sapeva, semplicemente non le aveva mai comprese pienamente; quello che, invece, doveva imparare di nuovo, si era accorto che riusciva a comprenderlo facilmente, anzi, intuiva le cose senza fatica.

Da ormai due mesi si rapportava con quella rivelazione … anzi, Svelazione!

Isaia, ora, non considerava falsità ciò che credeva prima, semplicemente doveva riconoscere che quella precedente era una verità parziale: adesso, invece, era come se gli si fosse snebbiata la vista, era uscito dalla caverna e non vedeva più le ombre o i riflessi della Verità, ma la Verità stessa!

Quella sua nuova condizione, poi, gli aveva permesso di approfondire maggiormente il suo potere gesuitico. Gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola erano ottime pratiche per rafforzare l’animo delle persone, per liberarli dalle tentazioni e le debolezze e renderli più saldi nella via del Signore e nell’esercizio della Volontà; raggiunto questo livello, donavano al gesuita qualcosa di più: fascino, direbbero i contemporanei, magnetismo direbbe Mesmer. La capacità di ipnotizzare le persone, senza farle addormentare, la possibilità di poter percepire chiaramente le emozioni altrui, come in un’empatia impeccabile. Il perfetto controllo che avevano di sé e la pratica nel recitare, permettevano ai gesuiti anche di poter apparire come più faceva comodo alla situazione e, soprattutto, di emanare un’energia che colpiva l’inconscio delle persone che li circondavano.

È questo l’occulto potere dei gesuiti che permise loro di essere i veri sovrani nelle corti d’Europa. Isaia stava capendo come esso, in realtà, non fosse altro che la superficie di un potere ancora più vasto e, apparentemente, incredibile; aveva capito questo, anche grazie al fatto di aver finalmente compreso la connessione tra le capacità gesuitiche e l’energia che lo pervadeva e che utilizzava durante gli esorcismi.

In quei due mesi aveva avuto tutto il tempo necessario per dedicarsi a quella riscoperta, a quella discesa nelle profondità della terra per trovare la pietra nascosta. Infatti, quel periodo fu impiegato da Sartori e da Abdel Nassen per contattare i Provinciali Templari disseminati per il mondo e convocarli ad una riunione plenaria a Gerusalemme, per la proclamazione del nuovo Gran Maestro.

Fino a quel momento, Isaia era stato piuttosto libero e tranquillo di fare ciò che voleva, senza impegno. Il giorno seguente, invece, sarebbe stato cruciale per la sua vita; di fatti si sarebbe tenuta, finalmente, la riunione.

Se  tutto fosse andato secondo le previsioni e lui fosse realmente stato riconosciuto come Magister Templi, per Isaia gli ozi sarebbero finiti e avrebbe dovuto iniziare a darsi da fare per tenere dietro all’Ordine. Caricarsi di quell’onere non gli dispiaceva affatto, non solo sapeva che quello era il suo compito e il suo dovere, ma era certo di poter guidare verso il bene quegli uomini. Aveva constatato da solo che i Templari, in quel momento, non erano propriamente nel giusto e che erravano per eccessivo zelo, era sua intenzione ricondurli su una via equilibrata.

Due sarebbero state le sue priorità: fermare Serventi e riformare l’Ordine in modo tale che la smettesse di uccidere indiscriminatamente la gente dotata di poteri. Lo ripugnava quello stile: uccideteli tutti, Dio saprà riconoscere i suoi; per cui lo avrebbe presto cambiato, doveva solo trovare un modo per giudicare le persone e stabilire chi uccidere, chi salvare, chi riportare sulla retta via, a seconda di quanto il male le avesse corrotte.

Fermare Serventi era il suo obbiettivo principale. Era quell’uomo che voleva rovesciare la Chiesa e portare l’Inferno sulla Terra, lui era il vero pericolo, non Gabriel. Gabriel sarebbe stato l’esecutore materiale, ma era semplicemente un mezzo. Isaia sapeva bene che l’amico non voleva certamente lasciarsi dominare dal proprio lato oscuro, tuttavia sapeva anche quanto lui fosse preda di vizi come orgoglio, superbia e ira. Gabriel aveva intenzione di rimanere nel Bene, ma Serventi lo avrebbe provocato e sapeva bene su che cosa far leva. Ad Isaia, dunque, pareva ovvio che la prima necessità era di trovare Serventi e impedirgli di agire; fermato lui, ci si poteva concedere di prendersi tutto il tempo necessario per scoprire come neutralizzare la minaccia di Gabriel, senza doverlo uccidere.

Sarebbe stato difficile, ma trovare di nuovo il coraggio e la determinazione per tentare di uccidere Gabriel, sarebbe stato ancora più difficile. Lo avrebbe fatto, se necessario, ma ora che era lui il Gran Maestro (o per lo meno lo sarebbe presto stato) poteva concedersi di cercare altre possibilità.

Bussarono alla porta della stanza e gli dissero che era pronta la cena, quindi si alzò e andò a tavola con gli altri.

A mezzogiorno esatto del dì seguente, i Provinciali dell’Ordine dei Templari e alcuni altri alti dignitari, aprirono la riunione. Molti di loro si conoscevano; vari erano stupiti dalla presenza di Isaia, che nessuno di loro aveva mai visto, tuttavia supponevano fosse il designato da Vargas, annunciato nelle lettere che li avevano convocati lì. Quasi tutti lo guardavano con sospetto: era stato nominato non solo un uomo ancora piuttosto giovane, ma addirittura un novizio! Tuttavia nessuno di loro osò rivolgergli la parola o avvicinarsi a lui. Non lo stavano ostentatamente ignorando, anzi, molti avrebbero voluto scambiare due parole con lui, prima che la riunione iniziasse, ma c’era qualcosa di strano: Isaia era come ammantato da un’energia terrifica; chiunque cercasse di accostarsi a lui, ma, arrivati a due o tre metri di distanza, iniziavano ad avvertire una profonda inquietudine che quasi li paralizzava e li costringeva ad allontanarsi intimiditi.

Si erano disposti in cerchio in una stanza quadrata, in un lato di essa si trovava una scala formata da sette gradini che conduceva ad un cubo di pietra su cui era stato posto lo scrigno; ai lati di esso erano innalzate due colonne, una bianca e una nera, sormontate da una pietra triangolare che le congiungeva.

Dopo il rito di apertura e l’invocazione del Santo Spirito su tutti loro, il primo a parlare (ovviamente in latino) fu il maestro di cerimonia, ossia lo stesso Abdel Nassen: “Fratelli, voi tutti sapete perché siamo qua. Il Gran Maestro Vargas, Dio lo abbia in gloria, è morto nel tentativo di giustiziare quel demonio che è nato come uomo e a cui è stato dato il nome di Gabriel Antinori. Il Tempio ha bisogno di un nuovo maestro che ne guidi la riedificazione. Il Magister Templi, che conosceva bene i pericoli a cui andava incontro, ha designato il proprio successore, esattamente come prevede la nostra Regola, dopo l’emendamento del 1943. La scelta del Gran Maestro Vargas è ricaduta su fratello Isaia Morganti. Noi siamo qui, dunque, per conferirgli l’autorità di Magister Templi e rivestirlo di piena autorità e potere.”

“Chiedo la parola!” esclamò uno dei provinciali, un tale sulla cinquantina, col capello biondo “Sono certo di parlare a nome di molti, se dico che mi pare difficilmente comprensibile, per non dire assurdo, che un novizio sia stato designato come successore del Gran Maestro. Forse, Vargas credeva di vivere più a lungo e poterlo istruire a dovere, ma per come sono andate le cose, io ho le mie riserve circa la validità di questo nostro fratello.”

“Esatto!” esclamò un altro “Come possiamo essere certi che sia degno di guidarci? Che credenziali ha?”

Prima che Sartori o Abdel potessero intervenire, avanzò lo stesso Isaia. Con uno sguardo abbracciò tutta l’assemblea e ognuno dei presenti si sentì fulminato da quegli occhi.

“Da quindici anni, servo Dio all’interno della Congregazione della Verità, avendo a che fare ogni giorno con gente dotata di facoltà paranormali o che si ritengono tali.” aveva parlato con voce calma e autorevole “Benedetti dal signore, servi del demonio, pazzi, eccentrici truffatori. Ho imparato a distinguerli gli uni dagli altri e a punire e redimere chi avesse a che fare con Satana.”

“E in che modo?” domandò il provinciale biondo.

Lo sguardo di Isaia si caricò di forza. Non vi fu nessun cambiamento visibile in lui, ma tutti i presenti iniziarono a sentire quasi come palpabile la sua potenza.

Con voce profonda, disse: “Io sono un esorcista: da più di dieci anni ho imparato ad attingere al potere di Dio per combattere i demoni. Ho fermato sette sataniche, ho interrotto rituali che avevano richiamato forze oscure, ho liberato decine e decine di posseduti; ho scacciato spettri e diavoli da luoghi infestati.”

“Non è riuscito, però, a far nulla contro l’Eletto del Candelaio.” osservò il provinciale biondo, dovendo però farsi forza per parlare “Forse, non ha capacità particolari, come crede.”

“È vero, non ho ucciso Antinori, ma sono qua: vivo e assolutamente indenne. Vi risulta che altri abbiano subìto il potere dell’Eletto senza subire conseguenze?” guardò con aria di sfida i presenti, la maggior parte dei quali abbassarono lo sguardo “No. Morti, trasformati in demoni; chi ha subito meno è stato Vargas, la prima volta, rimanendo orribilmente sfigurato. Per due volte, io, sono stato vittima di quel potere, eppure, come vedete, non ha avuto effetti su di me.”

Questa affermazione sembrò colpire molti dei Provinciali.

“C’è qualcuno che può testimoniarlo?” insistette, però, il biondo.

“Gabriel te lo confermerà.” gli sorrise Isaia, sapendo di metterlo in difficoltà “Domandalo pure a lui.”

Fu allora che intervenne Sartori: “Isaia, lei non ha bisogno di dimostrare la sua tempra e le sue abilità. È ora che la verità si sappia.” si rivolse poi all’assemblea “Fratelli! Voi tutti sapete la nostra storia, ma voglio ripercorrerne alcuni momenti assieme a voi.”

Isaia ebbe un lieve fremito interiore: quando Vargas gli aveva raccontato ciò che il Monsignore si accingeva a dire, lui era rimasto incredulo e solo dopo un poco era riuscito non solo ad accettarla, ma anche ad interiorizzarla, comprendendo tutto ciò che essa implicava.

Sartori iniziò a dire: “Quando all’alba del dodicesimo secolo, Ugone dei Pagani e i suoi otto confratelli fondarono l’ordine dei Poveri Compagni d’Arme di Gesù e del Tempio di Salomone, essi trovarono i passaggi per accedere ai sotterranei che si celano sotto la spianata del Tempio di Gerusalemme. Lì trovarono reliquie di inestimabile santità e manoscritti sacri che contenevano rivelazioni sulla Verità e la Fede, differenti da ciò che era stato tramandato dai Dodici Apostoli e che continuava (e continua) ad essere portato avanti dai successori di San Pietro, che si occupano di istruire i deboli di intelletto ed animo. Questi manoscritti contenevano una Rivelazione per le menti e gli spiriti più elevati, poiché la Verità non può essere raggiunta in un passo, bensì bisogna raggiungerla salendo la scala Santa di Giacobbe e ognuno è sul gradino che più gli si addice e Dio gli si mostra con le maschere più idonee per essere compreso. Quella rivelazione avrebbe inorridito i nostri antenati, ma per fortuna giunse con la lampada a rischiarare le loro menti un uomo, un giudeo, di nome Malachia. Egli svelò i segreti della vera rivelazione di Cristo e rese illuminati e salvi i nostri predecessori. Egli era il custode della Verità donata agli uomini migliori, poiché discendeva da Giacomo il Giusto, il fratello del Signore. Gesù donò la sua suprema sapienza e saggezza a Giacomo e gli disse di tramandarla a suo figlio Addai, il quale, una volta sposato e avuti dei figli, avrebbe dovuto trasmettere ad essi la Dottrina e così di padre in figlio, di generazione in generazione, affinché al mondo non venisse più a mancare la Grande Luce, seppure continuasse ad essere celata a molti. Che cosa fecero, allora, Ugone e i suoi? Supplicarono Malachia perché fosse la loro guida, perché fosse lui a indicare come doveva essere ricostruito il Tempio.”

Tutti quanti erano stati presi da sommo rispetto per quel racconto.

“Così, fin dalle nostre origini, la dignità di Magister Templi è sempre stata assunta dai membri della famiglia di Giacomo il Giusto, fratello del Signore. Per secoli, si trasmisero la carica di padre in figlio, o di zio in nipote, o di cugino in cugino, fino al delitto del 1943, quando il Gran Maestro Nataniele venne ucciso dalla setta del Candelaio.”

Sebbene nessuno di quei Provinciali fosse presente a quei fatti, forse soltanto un paio di loro, un fremito scosse tutti quanti come se fosse stata toccata una piaga ancora aperta.

Nataniele aveva appena quarantacinque anni e ancora non aveva parlato di noi a suo figlio, Aronne, allora quindicenne. Il resto della sua famiglia era morto o in guerra, o per l’epidemia di Spagnola e qualcuno anche a causa delle persecuzioni degli Ebrei. Ai nostri fratelli parve opportuno non trascinare il giovane Aronne in questa faccenda e tenerlo al riparo delle tremende trame del Candelaio e quindi di eleggere un Magister Templi che avrebbe poi designato il proprio successore e così via. Aronne ha avuto due figlie: Ester e Naomi. Ester si è sposata e come primogenito ha dato alla luce Isaia. Isaia è dunque discendente diretto del Gran Maestro Nataniele e nelle sue vene scorre il sangue di Giacomo il Giusto, fratello del Signore. Egli ha pieno diritto di essere la nostra guida, poiché la Verità è in lui.”

Dopo questa rivelazione, tutti parevano ormai convinti della piena legittimità di Isaia quale nuovo Magister Templi. Ancora una volta, tuttavia, parlò il provinciale biondo: “Lo può dimostrare?”

Isaia non parlò. Salì i sette gradini della scala, raggiunse la pietra cubica, prese lo scrigno. Una volta ridisceso, si mise al centro del cerchio, sollevò il coperchio e tirò fuori un libro rivestito di una copertina di bronzo, su cui c’era una scritta in ebraico a lettere d’oro; una sorta di lucchetto, tuttavia, ne impediva l’apertura. Si trattava di un cerchio in argento con dei disegni concavi, come se si trattasse di uno stampo. Isaia si tolse dal collo un medaglione che teneva nascosto sotto gli abiti, lo inserì perfettamente nel circolo, lo ruotò e aprì così il libro, potendo così mostrare pagine che i templari non vedevano da settant'anni.

Quando aveva aperto lo scrigno per la prima volta, Isaia non si era sconvolto per la scritta ebraica che aveva immediatamente tradotto mentalmente e che faceva riferimento al fatto che il libro contenesse la Rivelazione fatta a Giacomo, bensì era rimasto esterrefatto riconoscendo che quell’incavo circolare si sposava perfettamente col medaglione che gli aveva regalato anni prima il nonno Aronne.

Il poter accedere di nuovo ai testi della rivelazione bastò a convincere tutti quanti: Isaia era finalmente l’indiscusso Magister Templi.

   
 
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