Dopo
l’improvvisata di Giuditta in Congregazione, Gabriel era tornato a pensare ai
propri compiti, senza più curarsi di quella faccenda, tanto che a sera,
praticamente, non se ne ricordava più.
Circa
alle diciassette e trenta, Antinori uscì dal palazzo della Congregazione e
attese lì davanti alcuni minuti l’arrivo di Claudia. Quando la donna giunse,
lui salì subito sull’auto, le diede un bacio e le chiese come fosse andata la
giornata.
“Come
al solito: una depressa, un’agorafobica, un tale con un complesso di
inferiorità … e che altro? Ah, sì, un ragazzo il cui vero problema è la nonna
troppo apprensiva che lo sta crescendo.”
“Una
giornata piena! Sicura che non sia faticoso?”
“Le
mie giornate sono sempre state spesso anche più piene di così.”
“Sì,
ma ora sei incinta e, quindi …”
“Oh,
Gabriel, sei tenerissimo a preoccuparti per me, ma ti assicuro che al momento
sono in piena forma. In fondo, sono solo al secondo mese.”
“Sta
iniziando il terzo …”
“Non
sono un’incosciente! L’hai visto benissimo anche tu che, quando mi sono stanca,
mi riposo senza indugio. Comunque, ho avuto una lunga pausa pranzo, tre ore;
Teresa è venuta con del cibo cinese e abbiamo mangiato assieme. Meno male che,
quando le ho scritto di avere voglia di pollo alle mandorle, lei non era ancora
andata a comprare nulla!”
“Cibo
cinese … non l’ho mai sentito, dovrò provarlo.”
“Mai
mangiato cinese?” sbalordì Claudia “Dobbiamo assolutamente porvi rimedio! Ma
come mai? I preti non mangiano il cibo dei pagani?” scherzò lei.
Gabriel
rise e disse: “Non prendermi in giro: noi gesuiti ci siamo adattati
perfettamente alla corte di del Celeste Imperatore.”
“Noi?!”
scherzò la psicologa, pur lasciando vagamente un tono di dispiacere o
disapprovazione.
“Scusa,
forza dell’abitudine.”
Cadde
il silenzio per qualche minuto. Claudia sapeva che due mesi erano pochi per
adattarsi completamente ad un radicalo cambio di vita, tuttavia aveva sperato
che l’amore aiutasse Gabriel ad abituarsi facilmente; invece, eccolo che ancora
parlava di sé come se appartenesse alla Chiesa. Beh, effettivamente, ne faceva
ancora parte: seppur laico, passava più tempo in mezzo ai Monsignori che con
lei. Questo proprio Claudia non riusciva a mandarlo giù. Non ne aveva mai
parlato con Gabriel, se ne sarebbe sentita sciocca, ma si rendeva conto di
essere gelosa di Gabriel nei Confronti della Chiesa. Insomma, lui aveva scelto
lei, la amava, era suo, perché allora rimaneva così legato alla Chiesa? Lei era
stata felicissima, mesi prima, quando lui le aveva annunciato che non solo
avrebbe abbandonato il sacerdozio, ma pure avrebbe rinunciato alla cattedra per
andare altrove, assieme a lei, per cominciare da zero una nuova vita, lei ne
era stata entusiasta. Certo, avrebbe significato lasciare le amicizie e doversi
fare una nuova clientela … ma che importava? L’idea di una vita assolutamente
nuova le piaceva parecchio: poter stare con Gabriel, senza che nessuno sapesse
la loro storia, senza pregiudizi, senza convenzioni … insomma, avrebbero potuto
reinventarsi assieme e, invece … Certo, Gabriel ora viveva con lei, aspettavano
un figlio e sarebbero presto stati una famiglia, tuttavia non era la stessa
cosa. Sì, ciò a cui più teneva, lo aveva ottenuto, però avrebbe preferito
essere altrove e, soprattutto, che Gabriel avesse una differente occupazione.
Claudia
aveva creduto di porre finalmente termine all’assistere a quegli inquietanti
fenomeni di cui si occupava la Congregazione. Certo, alcuni, grazie alla sua
straordinaria intelligenza, era riuscita a spiegarli, a dimostrare come non
avessero nulla di sovrannaturale, ma molte altre volte aveva dovuto riconoscere
che, per quanto lo stato d’animo potesse influenzare, c’erano fattori che
sfuggivano alla logica: l’uomo nero, per quanto costruzione mentale della sua
amica, l’aveva aggredita realmente; Vera si era rivelata una reale vampira; Yuri, seppure temporaneamente, guariva davvero le persone …
e molti altri casi ancora.
Nemmeno
questo aveva mai confidato all’amato: lei aveva paura di quelle persone e, soprattutto,
di quei fenomeni che sfuggivano alla sua impeccabile logica.
Aveva
davvero sperato tanto che Gabriel chiudesse definitivamente anche con quelle
faccende e, invece, ora si ritrovava a capo del Direttorio. Perché?
Si
era sentito davvero così indispensabile per la Congregazione? Lei glielo aveva
detto più di una volta che doveva smettere di credere che tutto dipendesse da
lui! Ma lui non l’aveva ascoltata.
Lei
era sicurissima che Alonso, i Monsignori e tutta quella combriccola di
visionari avrebbero saputo gestire benissimo anche da soli le loro solite
faccende e le ricerche su Serventi e su quel pazzo sciagurato di Isaia: non le
era mai piaciuto quell’uomo, lei aveva subito intuito il marcio che c’era in
lui!
Perché
Gabriel permetteva che la Congregazione lo rubasse a lei? Perché continuava a
farsi influenzare da quella gente?
Forse,
lui non se l’era davvero sentita di troncare nettamente con il passato e aveva
provato sollievo e rassicurazione, nello scoprire di poter conciliare la
vecchia e la nuova vita: di poter tenere un piede in due scarpe. Questo non
piaceva per niente a Claudia: significava che, in fondo, Gabriel forse non era
così sicuro di voler stare con lei, quindi si teneva libera una via di fuga …
No, non poteva essere così: lui l’amava! Quel pensiero, però la spaventava
parecchio.
Erano,
intanto, arrivati a casa. Erano appena scesi dall’auto, quando Gabriel osservò:
“Devo affrettarmi a prendere la patente!”
“Perché?”
si stupì Claudia e, per un attimo, temette che lui non volesse più girare in
auto con lei.
“Beh,
tra qualche mese tu non potrai più guidare o, per lo meno, ti sarà
difficoltoso. Se vorrai continuare ad uscire di casa, converrà ch’io possa
guidare, inoltre, quando avrai le doglie, dovrò per forza di cose portarti io
in ospedale, non credi?”
“Si,
hai ragione!” si addolcì lei e lo baciò.
Entrarono
poi in casa e si sedettero sul divano per coccolarsi un poco, prima di iniziare
a pensare alla cena.
“Beh,
a te, invece, com’è andata la giornata?” chiese la donna, poi aggiunse ironica:
“Quanti indemoniati hai incontrato, oggi?”
Gabriel
sbuffò una risata e disse: “Nessuno … su, non scherzare su queste cose.”
“Beh,
devi ammettere che sarebbe divertente, se anche solo la maggior parte delle persone
di cui vi occupate, avessero invece solo bisogno del mio aiuto. Comunque,
tralasciando questo, com’è andata? Ci sono novità nelle ricerche?”
“No.”
scosse il capo lui.
“Quindi,
sia Serventi che Isaia sono ancora latitanti …” sospirò lei, delusa:
sinceramente, sperava che, una volta risolti quei due problemi, Gabriel si
sarebbe definitivamente ritirato a vita privata.
“Già
… Ah, in compenso, però, è venuta a farci visita, a suo modo, la sorella di
Isaia.”
“Isaia
ha una sorella?” si meravigliò Claudia “È una suora di clausura o di quelle che
insegnano alle scuole elementari, traumatizzando i bambini?”
“Nessuna
delle due. Non credo si troverebbe bene con le suore, pur nutrendo lei una viva
fede; vedi, ha un modo tutto suo di rapportarsi con … tutto.”
“Che
vuoi dire?”
“Probabilmente
avresti da lavorare per anni, prima di capirci qualcosa di quel che gira nella
sua testa. È molto particolare.”
“Con
un fratello come Isaia, non può essere del tutto sana di mente. Quanto somiglia
a lui?”
“Beh
… a livello di idee e convinzioni e pure interessi, sono del tutto affini, ma
nel carattere e nell’atteggiamento, sono tutt’altra cosa! È irruente e se c’è
qualcosa che la irrita lo dice a gran voce, a volte in maniera inopportuna. Lei
è esuberante e disinvolta, quanto Isaia è severo e controllato.”
“Dev’essere un tornado, allora.”
“Già,
ma non parliamo di lei: s’è presentata, senza permesso, davanti al Direttorio e
ha iniziato a fare una sceneggiata che, se solo ci ripenso, mi torna il
nervosismo.”
“Una
sceneggiata?”
“Sì
e, più tardi, mi ha pure accusato di aver trattato male Isaia.”
“Che
faccia tosta!” si irritò “Tu gliel’hai detto, vero, che quel traditore voleva
ucciderti?”
“Sì,
certo; e lei ha tentato di difenderlo comunque.”
“Spero
non la dovrai rivedere.”
“Non
lo so. Dopo si è calmata e io le ho proposto di aiutarci per scoprire qualcosa
su questi Templari.”
“Non
avresti dovuto! Innanzitutto, non sai se ti puoi fidare di lei; in secondo
luogo, sono sicura che ti farà innervosire ogni volta che la vedrai. Da quello
che mi hai detto, mi sembra proprio una a cui piace far leva sul vittimismo per
cercare di impietosire o far sentire in colpa gli altri.”
“Beh,
no, non mi pare …”
“Non
ci pensare!” lo interruppe Claudia “Lo so io cosa ti ci vuole per ritrovare la
calma!”
La
donna si alzò, andò vicino allo stereo e mise su un cd di musica jazz, scelse
la traccia, poi tornò da Gabriel e tese le braccia verso di lui. L’uomo si alzò
e iniziarono a danzare, abbracciandosi teneramente e guardandosi e perdendosi
come solo due innamorati sanno fare.
Molto
lontano da Roma, anzi, nell’antica capitale del sacro, Gerusalemme, era già
sera. Le lancette della vecchia sveglia segnavano le 20-30. Isaia era steso su
un letto duro e impolverato, ma non gli dispiaceva: l’alternativa era dormire
per terra. Era stato un segno di rispetto nei suoi confronti il dargli un
letto; nella stanza accanto, i suoi compagni di viaggio si stava accontentando
di una stuoia.
Pochi
giorni dopo quel che era accaduto nella cripta, il totale fallimento di ogni
cosa: la sua missione, il suo dovere, la sua amicizia …, Isaia si era recato ad
Istanbul, secondo le istruzioni che gli aveva lasciato Vargas,
in caso di sua morte. Aveva subito raggiunto il contatto che gli era stato
indicato, un templare di nome Abdel Nassen, dal quale si era fatto riconoscere, mostrandogli lo
scrigno. Fu con grande stupore che trovò alloggiato, in quella stessa
abitazione a Istanbul, Monsignor Sartori. Il vecchio capo del Direttorio non
era morto durante l’attacco di Jacopo, bensì si era limitato a sparire,
secondo le direttive di Vargas, e aveva raggiunto
Istanbul, in attesa di notizie. Sì, anche Sartori era un Templare; morto
Castello, che aveva iniziato l’operazione di cooptare Isaia, Vargas aveva deciso di cambiare strategia per avvicinare il
gesuita, quindi aveva ordinato a Sartori di incaricarlo delle indagini su
Castello e di fargli cenno circa l’Ordine segreto, in modo tale che fosse Isaia
stesso ad arrivare a loro, parzialmente già consapevole circa cosa aspettarsi. Ecco
perché, quando il gesuita si era recato presso la sede dell’opera missionaria Luce
di Cristo, Vargas lo stava aspettando: Sartori lo
aveva avvisato.
Sartori
sapeva dunque benissimo che Vargas aveva designato
come proprio successore, alla guida dell’Ordine, Isaia. Il suo compito era
appunto quello di testimoniarlo davanti al resto dei templari, che certamente
sarebbero stati stupefatti e basiti nello scoprire che un novizio sarebbe
diventato il loro nuovo Grande Maestro. Isaia stesso, in un primo momento, era
rimasto sorpreso da quella scelta, ma poi Vargas gli
aveva spiegato e lui aveva compreso: quel titolo era suo per diritto di
nascita.
Isaia
voltò il capo e gettò un’occhiata allo scrigno sulla scrivania: non avrebbe mai
creduto che ci potesse essere qualcosa in grado di rivoluzionare le sue
convinzione, che potesse … non cambiare la sua vita, semplicemente illuminarla
con un’altra luce e dargli una differente prospettiva; invece dentro quel
cofanetto aveva trovato la Verità e lo aveva costretto a rivedere molte cose.
Si
era reso presto conto che la maggior parte di ciò che aveva appena trovato o,
per meglio dire, riscoperto, erano cose che già sapeva, semplicemente non le
aveva mai comprese pienamente; quello che, invece, doveva imparare di nuovo, si
era accorto che riusciva a comprenderlo facilmente, anzi, intuiva le cose senza
fatica.
Da
ormai due mesi si rapportava con quella rivelazione … anzi, Svelazione!
Isaia,
ora, non considerava falsità ciò che credeva prima, semplicemente doveva
riconoscere che quella precedente era una verità parziale: adesso, invece, era
come se gli si fosse snebbiata la vista, era uscito dalla caverna e non vedeva
più le ombre o i riflessi della Verità, ma la Verità stessa!
Quella
sua nuova condizione, poi, gli aveva permesso di approfondire maggiormente il
suo potere gesuitico. Gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola erano ottime pratiche per rafforzare l’animo delle
persone, per liberarli dalle tentazioni e le debolezze e renderli più saldi
nella via del Signore e nell’esercizio della Volontà; raggiunto questo livello,
donavano al gesuita qualcosa di più: fascino, direbbero i contemporanei,
magnetismo direbbe Mesmer. La capacità di ipnotizzare le persone, senza farle
addormentare, la possibilità di poter percepire chiaramente le emozioni altrui,
come in un’empatia impeccabile. Il perfetto controllo che avevano di sé e la
pratica nel recitare, permettevano ai gesuiti anche di poter apparire come più
faceva comodo alla situazione e, soprattutto, di emanare un’energia che colpiva
l’inconscio delle persone che li circondavano.
È
questo l’occulto potere dei gesuiti che permise loro di essere i veri sovrani
nelle corti d’Europa. Isaia stava capendo come esso, in realtà, non fosse altro
che la superficie di un potere ancora più vasto e, apparentemente, incredibile;
aveva capito questo, anche grazie al fatto di aver finalmente compreso la
connessione tra le capacità gesuitiche e l’energia che lo pervadeva e che
utilizzava durante gli esorcismi.
In
quei due mesi aveva avuto tutto il tempo necessario per dedicarsi a quella
riscoperta, a quella discesa nelle profondità della terra per trovare la pietra
nascosta. Infatti, quel periodo fu impiegato da Sartori e da Abdel Nassen per contattare i Provinciali Templari
disseminati per il mondo e convocarli ad una riunione plenaria a Gerusalemme,
per la proclamazione del nuovo Gran Maestro.
Fino
a quel momento, Isaia era stato piuttosto libero e tranquillo di fare ciò che
voleva, senza impegno. Il giorno seguente, invece, sarebbe stato cruciale per
la sua vita; di fatti si sarebbe tenuta, finalmente, la riunione.
Se tutto fosse andato secondo le previsioni e
lui fosse realmente stato riconosciuto come Magister
Templi, per Isaia gli ozi sarebbero finiti e avrebbe dovuto iniziare a darsi da
fare per tenere dietro all’Ordine. Caricarsi di quell’onere non gli dispiaceva
affatto, non solo sapeva che quello era il suo compito e il suo dovere, ma era
certo di poter guidare verso il bene quegli uomini. Aveva constatato da solo
che i Templari, in quel momento, non erano propriamente nel giusto e che
erravano per eccessivo zelo, era sua intenzione ricondurli su una via
equilibrata.
Due
sarebbero state le sue priorità: fermare Serventi e riformare l’Ordine in modo
tale che la smettesse di uccidere indiscriminatamente la gente dotata di
poteri. Lo ripugnava quello stile: uccideteli tutti, Dio saprà riconoscere i
suoi; per cui lo avrebbe presto cambiato, doveva solo trovare un modo per
giudicare le persone e stabilire chi uccidere, chi salvare, chi riportare sulla
retta via, a seconda di quanto il male le avesse corrotte.
Fermare
Serventi era il suo obbiettivo principale. Era quell’uomo che voleva rovesciare
la Chiesa e portare l’Inferno sulla Terra, lui era il vero pericolo, non Gabriel.
Gabriel sarebbe stato l’esecutore materiale, ma era semplicemente un mezzo.
Isaia sapeva bene che l’amico non voleva certamente lasciarsi dominare dal
proprio lato oscuro, tuttavia sapeva anche quanto lui fosse preda di vizi come
orgoglio, superbia e ira. Gabriel aveva intenzione di rimanere nel Bene, ma
Serventi lo avrebbe provocato e sapeva bene su che cosa far leva. Ad Isaia,
dunque, pareva ovvio che la prima necessità era di trovare Serventi e
impedirgli di agire; fermato lui, ci si poteva concedere di prendersi tutto il
tempo necessario per scoprire come neutralizzare la minaccia di Gabriel, senza
doverlo uccidere.
Sarebbe
stato difficile, ma trovare di nuovo il coraggio e la determinazione per
tentare di uccidere Gabriel, sarebbe stato ancora più difficile. Lo avrebbe
fatto, se necessario, ma ora che era lui il Gran Maestro (o per lo meno lo
sarebbe presto stato) poteva concedersi di cercare altre possibilità.
Bussarono
alla porta della stanza e gli dissero che era pronta la cena, quindi si alzò e
andò a tavola con gli altri.
A
mezzogiorno esatto del dì seguente, i Provinciali dell’Ordine dei Templari e
alcuni altri alti dignitari, aprirono la riunione. Molti di loro si
conoscevano; vari erano stupiti dalla presenza di Isaia, che nessuno di loro
aveva mai visto, tuttavia supponevano fosse il designato da Vargas,
annunciato nelle lettere che li avevano convocati lì. Quasi tutti lo guardavano
con sospetto: era stato nominato non solo un uomo ancora piuttosto giovane, ma
addirittura un novizio! Tuttavia nessuno di loro osò rivolgergli la parola o
avvicinarsi a lui. Non lo stavano ostentatamente ignorando, anzi, molti
avrebbero voluto scambiare due parole con lui, prima che la riunione iniziasse,
ma c’era qualcosa di strano: Isaia era come ammantato da un’energia terrifica;
chiunque cercasse di accostarsi a lui, ma, arrivati a due o tre metri di
distanza, iniziavano ad avvertire una profonda inquietudine che quasi li
paralizzava e li costringeva ad allontanarsi intimiditi.
Si
erano disposti in cerchio in una stanza quadrata, in un lato di essa si trovava
una scala formata da sette gradini che conduceva ad un cubo di pietra su cui
era stato posto lo scrigno; ai lati di esso erano innalzate due colonne, una
bianca e una nera, sormontate da una pietra triangolare che le congiungeva.
Dopo il rito di apertura e l’invocazione del Santo Spirito su
tutti loro, il primo a parlare (ovviamente in latino) fu il maestro di cerimonia, ossia lo
stesso Abdel Nassen: “Fratelli,
voi tutti sapete perché siamo qua. Il Gran Maestro Vargas,
Dio lo abbia in gloria, è morto nel tentativo di giustiziare quel demonio che è
nato come uomo e a cui è stato dato il nome di Gabriel Antinori. Il Tempio ha
bisogno di un nuovo maestro che ne guidi la riedificazione. Il Magister Templi, che conosceva bene i pericoli a cui andava
incontro, ha designato il proprio successore, esattamente come prevede la
nostra Regola, dopo l’emendamento del 1943. La scelta del Gran Maestro Vargas è ricaduta su fratello Isaia Morganti.
Noi siamo qui, dunque, per conferirgli l’autorità di Magister
Templi e rivestirlo di piena autorità e potere.”
“Chiedo
la parola!” esclamò uno dei provinciali, un tale sulla cinquantina, col capello
biondo “Sono certo di parlare a nome di molti, se dico che mi pare
difficilmente comprensibile, per non dire assurdo, che un novizio sia stato
designato come successore del Gran Maestro. Forse, Vargas
credeva di vivere più a lungo e poterlo istruire a dovere, ma per come sono
andate le cose, io ho le mie riserve circa la validità di questo nostro
fratello.”
“Esatto!”
esclamò un altro “Come possiamo essere certi che sia degno di guidarci? Che
credenziali ha?”
Prima
che Sartori o Abdel potessero intervenire, avanzò lo
stesso Isaia. Con uno sguardo abbracciò tutta l’assemblea e ognuno dei presenti
si sentì fulminato da quegli occhi.
“Da
quindici anni, servo Dio all’interno della Congregazione della Verità, avendo a
che fare ogni giorno con gente dotata di facoltà paranormali o che si ritengono
tali.” aveva parlato con voce calma e autorevole “Benedetti dal signore, servi
del demonio, pazzi, eccentrici truffatori. Ho imparato a distinguerli gli uni
dagli altri e a punire e redimere chi avesse a che fare con Satana.”
“E
in che modo?” domandò il provinciale biondo.
Lo
sguardo di Isaia si caricò di forza. Non vi fu nessun cambiamento visibile in
lui, ma tutti i presenti iniziarono a sentire quasi come palpabile la sua
potenza.
Con
voce profonda, disse: “Io sono un esorcista: da più di dieci anni ho imparato ad
attingere al potere di Dio per combattere i demoni. Ho fermato sette sataniche,
ho interrotto rituali che avevano richiamato forze oscure, ho liberato decine e
decine di posseduti; ho scacciato spettri e diavoli da luoghi infestati.”
“Non
è riuscito, però, a far nulla contro l’Eletto del Candelaio.” osservò il
provinciale biondo, dovendo però farsi forza per parlare “Forse, non ha capacità
particolari, come crede.”
“È
vero, non ho ucciso Antinori, ma sono qua: vivo e assolutamente indenne. Vi risulta
che altri abbiano subìto il potere dell’Eletto senza subire conseguenze?”
guardò con aria di sfida i presenti, la maggior parte dei quali abbassarono lo
sguardo “No. Morti, trasformati in demoni; chi ha subito meno è stato Vargas, la prima volta, rimanendo orribilmente sfigurato. Per
due volte, io, sono stato vittima di quel potere, eppure, come vedete, non ha
avuto effetti su di me.”
Questa
affermazione sembrò colpire molti dei Provinciali.
“C’è
qualcuno che può testimoniarlo?” insistette, però, il biondo.
“Gabriel
te lo confermerà.” gli sorrise Isaia, sapendo di metterlo in difficoltà “Domandalo
pure a lui.”
Fu
allora che intervenne Sartori: “Isaia, lei non ha bisogno di dimostrare la sua
tempra e le sue abilità. È ora che la verità si sappia.” si rivolse poi all’assemblea
“Fratelli! Voi tutti sapete la nostra storia, ma voglio ripercorrerne alcuni
momenti assieme a voi.”
Isaia
ebbe un lieve fremito interiore: quando Vargas gli
aveva raccontato ciò che il Monsignore si accingeva a dire, lui era rimasto
incredulo e solo dopo un poco era riuscito non solo ad accettarla, ma anche ad
interiorizzarla, comprendendo tutto ciò che essa implicava.
Sartori
iniziò a dire: “Quando all’alba del dodicesimo secolo, Ugone
dei Pagani e i suoi otto confratelli fondarono l’ordine dei Poveri Compagni
d’Arme di Gesù e del Tempio di Salomone, essi trovarono i passaggi per
accedere ai sotterranei che si celano sotto la spianata del Tempio di
Gerusalemme. Lì trovarono reliquie di inestimabile santità e manoscritti sacri
che contenevano rivelazioni sulla Verità e la Fede, differenti da ciò che era
stato tramandato dai Dodici Apostoli e che continuava (e continua) ad essere
portato avanti dai successori di San Pietro, che si occupano di istruire i
deboli di intelletto ed animo. Questi manoscritti contenevano una Rivelazione
per le menti e gli spiriti più elevati, poiché la Verità non può essere
raggiunta in un passo, bensì bisogna raggiungerla salendo la scala Santa di
Giacobbe e ognuno è sul gradino che più gli si addice e Dio gli si mostra con
le maschere più idonee per essere compreso. Quella rivelazione avrebbe
inorridito i nostri antenati, ma per fortuna giunse con la lampada a
rischiarare le loro menti un uomo, un giudeo, di nome Malachia.
Egli svelò i segreti della vera rivelazione di Cristo e rese illuminati e salvi
i nostri predecessori. Egli era il custode della Verità donata agli uomini
migliori, poiché discendeva da Giacomo il Giusto, il fratello del Signore. Gesù
donò la sua suprema sapienza e saggezza a Giacomo e gli disse di tramandarla a
suo figlio Addai, il quale, una volta sposato e avuti
dei figli, avrebbe dovuto trasmettere ad essi la Dottrina e così di padre in
figlio, di generazione in generazione, affinché al mondo non venisse più a
mancare la Grande Luce, seppure continuasse ad essere celata a molti. Che cosa
fecero, allora, Ugone e i suoi? Supplicarono Malachia perché fosse la loro guida, perché fosse lui a
indicare come doveva essere ricostruito il Tempio.”
Tutti
quanti erano stati presi da sommo rispetto per quel racconto.
“Così,
fin dalle nostre origini, la dignità di Magister
Templi è sempre stata assunta dai membri della famiglia di Giacomo il Giusto,
fratello del Signore. Per secoli, si trasmisero la carica di padre in figlio, o di
zio in nipote, o di cugino in cugino, fino al delitto del 1943, quando il Gran
Maestro Nataniele venne ucciso dalla setta del
Candelaio.”
Sebbene
nessuno di quei Provinciali fosse presente a quei fatti, forse soltanto un paio
di loro, un fremito scosse tutti quanti come se fosse stata toccata una piaga
ancora aperta.
“Nataniele aveva appena quarantacinque anni e ancora non
aveva parlato di noi a suo figlio, Aronne, allora quindicenne. Il resto della
sua famiglia era morto o in guerra, o per l’epidemia di Spagnola e qualcuno
anche a causa delle persecuzioni degli Ebrei. Ai nostri fratelli parve
opportuno non trascinare il giovane Aronne in questa faccenda e tenerlo al
riparo delle tremende trame del Candelaio e quindi di eleggere un Magister Templi che avrebbe poi designato il proprio
successore e così via. Aronne ha avuto due figlie: Ester e Naomi. Ester si è sposata
e come primogenito ha dato alla luce Isaia. Isaia è dunque discendente diretto
del Gran Maestro Nataniele e nelle sue vene scorre il
sangue di Giacomo il Giusto, fratello del Signore. Egli ha pieno diritto di
essere la nostra guida, poiché la Verità è in lui.”
Dopo
questa rivelazione, tutti parevano ormai convinti della piena legittimità di
Isaia quale nuovo Magister Templi. Ancora una volta,
tuttavia, parlò il provinciale biondo: “Lo può dimostrare?”
Isaia
non parlò. Salì i sette gradini della scala, raggiunse la pietra cubica, prese
lo scrigno. Una volta ridisceso, si mise al centro del cerchio, sollevò il
coperchio e tirò fuori un libro rivestito di una copertina di bronzo, su cui
c’era una scritta in ebraico a lettere d’oro; una sorta di lucchetto, tuttavia,
ne impediva l’apertura. Si trattava di un cerchio in argento con dei disegni
concavi, come se si trattasse di uno stampo. Isaia si tolse dal collo un
medaglione che teneva nascosto sotto gli abiti, lo inserì perfettamente nel
circolo, lo ruotò e aprì così il libro, potendo così mostrare pagine che i
templari non vedevano da settant'anni.
Quando
aveva aperto lo scrigno per la prima volta, Isaia non si era sconvolto per la
scritta ebraica che aveva immediatamente tradotto mentalmente e che faceva
riferimento al fatto che il libro contenesse la Rivelazione fatta a Giacomo,
bensì era rimasto esterrefatto riconoscendo che quell’incavo circolare si
sposava perfettamente col medaglione che gli aveva regalato anni prima il nonno
Aronne.
Il
poter accedere di nuovo ai testi della rivelazione bastò a convincere tutti
quanti: Isaia era finalmente l’indiscusso Magister
Templi.