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Autore: Sidereal Space Seed    30/07/2008    0 recensioni
"Ancora una volta, vorrai tu dirmi che le cose più belle te le ha offerte la non-vita, non è così, Ersilia?" fu la domanda del conte, quando non solo i suoi occhi guardavano il nord e il sud, freddi asili di due tramonti oscuri vestiti dei veli del crepuscolo notturno e diurno. "A Nord è così Conte. Luna e Sole sanno coesistere. Mai sentito parlare del sole di mezzanotte? Quando andremo a SanPietroburgo forse riusciremo a vederlo, non credi?" retorica e ironica, l'affermazione. "Eppure, Conte, non so dove guardare. Tu l'hai imparato?" non vi fu risposta, se non il debole ululato del vento notturno, solcato dalla possente prua della nave.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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[Intro] - "Lord".

[II] - "Il sensuale richiamo del cammino".

Una luna, per tutti i cieli delle capitali.

Nessuno avrebbe mai messo in dubbio che la luna splendente sul cielo di Londra fosse la stessa che brillava sui cieli romani. Anche se, si sa bene, v’è sempre la sensazione che ogni città sia un mondo a parte. Eppure, ogni cosa è sempre la stessa.

Questo pensava il vampiro. Vampiro vagabondo quella notte, che con disinvoltura passeggiava sui tetti dei palazzi. Era una forma minuta, non la si sarebbe potuta scambiare per maschile. Un’altezza scarsa, forse sufficiente per una ragazza, ma si sarebbe detto anche di poco sotto la media. Dalla sagoma disegnata dal contrasto buio-luce lunare si percepivano le curve tipiche femminili, proporzionate, si sarebbe detto.

Non guardava davanti a sé. Bensì si concentrava o sui suoi prossimi passi o sul cielo, senza mai osservare quel che le si parava davanti. Testa bassa, come se fosse una creatura indifesa. Non lo era, non più almeno. Nessun vampiro era indifeso nel mondo degli uomini, dei mortali, di cui i vampiri non facevano parte, seppur lo calpestavano.

Arrestò il suo lieve cammino, per osservare di nuovo il cielo. Successivamente avrebbe ripreso a guardare il pavimento, sicuramente.

Occhi color paglia. Come indifesi, fissavano il satellite terrestre, quasi cercassero una risposta da questo. Contornati da uno strano trucco per una ragazza che si sarebbe definita debole, macchiati sulla palpebra superiore da una riga nera che andava a delinearne la forma, e una rossa sulla palpebra sottostante. A dire il vero, si sarebbe detto che quel trucco le dava l’impressione di essere una persona con qualche malattia strana, con quella sfumatura rossastra sotto gli occhi. In realtà, era solo stravagante. Il vestiario non tradiva nulla che fosse associabile alla sua natura. Sembrava vestire unicamente di raso nero, dai pantaloni scampanati alla camicia dalle lunghe maniche, vestiario che avrebbe spiccato e spiccava sotto i perlacei raggi lunari.

Lei lo definiva scarno.

Si lasciò cullare dal ricordo del vento fresco che accarezzava la pelle, perché oramai, da non-morta, poco le trasmetteva quell’effimero contatto.

Tante cose cambiano, con quest’esistenza., pensava.

Questo non impedì al vento di far scivolare ancora più indietro i lunghi capelli color mogano, tanto lisci e voluminosi da sembrare quasi un leggiadro mantello sulle sue spalle. Aveva uno sguardo ambiguo, spesso distaccato. Non era definibile bella, per come si usava in quei tempi, nonostante avesse lineamenti affascinanti. Aveva quella che si definiva una bellezza morta nei tempi passati. Uno sguardo austero e spesso imbronciato si sarebbe detto, accattivante ma anche decisamente ingenuo.

Niente a che vedere con le favole e tutte le leggende metropolitane, film, telefilm, libri. La parola ‘’vampiro’’ non è che un etichetta. Quasi mi sembra inappropriata per quanto etichettata. Ma questa è la nostra natura. Curioso, perché in modo assolutamente contrario ai luoghi comuni, non ho un maestro che mi impedisca di fare quel che voglio. Non esiste la premura fra noi… Esiste un rapporto Signore/Infante, niente più. Non esistono le raccomandazioni alla stregua di ‘’non dovresti fare questo, sta più attenta, sappi che per te è pericoloso quest’altro…’’

Stranamente per quello che era, l’immortale si sfilò una sigaretta da un pacchetto. Da quando era morta la dipendenza e i fumi piacevoli del vizio erano come stati dissolti, alla stessa maniera in cui il fumo di sigaretta vorticava nell’aria per sparire inghiottito dal vento. Eppure aveva continuato. Non per abitudine, si trattava di un “Rewind”. Ma lei lo voleva, forse continuava a ritenerlo piacevole.

Oltre che innocuo, ora.

Sarebbe riuscita ad accendersi la sua Philip Morris, se un colpo di pistola non si fosse intromesso a disintegrare quell’idillio.

In un istante, si ritrovo il braccio sanguinante, ma sarebbe stato ben altro punto, dietro la schiena, se non si fosse mossa alla ricerca dell’accendino.

Cadde a terra, piangendo dal dolore e soffocando un gemito con un singhiozzo. Riaprì gli occhi, notando il risultato di quell’evento. C’era il suo sangue a terra, schizzato come se fosse esploso da una sfera. Di quello si preoccupò, perchè le sue ferite rimarginavano molto più velocemente rispetto ad un essere umano. Ma la sua più immediata preoccupazione era la fonte del colpo. Qualcuno le stava sparando, e non aveva idea da dove venissero i colpi.

Si rialzò, fuggendo e tentando di correre in maniera non rettilinea in modo da confondere il cecchino che la mirava, mentre la ferita al braccio rimarginava velocemente, mentre le polveri disperse nel sangue dell’osso scheggiato si riunivano nella materia, i liquidi solidificavano e la carne tornava pallida e immacolata.

Saltò sul tetto successivo, correndo, più non posso. Non arrivava ancora nessun colpo, e la cosa la inquietava ogni secondo sempre di più, nell’attesa di ricevere il secondo. Continuò a correre, preoccupandosi di voltarsi per controllare se qualcuno l’inseguisse, ma quando si rivoltò urtò violentemente contro qualcosa di non propriamente rigido. L’impatto la fece cadere a terra, bocca e naso macchiati di sangue, occhi lacrimanti. Rialzò il viso, ma l’identificazione non ebbe un perfetto successo. Riconobbe sì una sagoma, alta e imponente, certamente di un uomo. Ma ogni suo dettaglio era occultato dalla luce lunare appena dietro le spalle di questo, e il dolore e la fatica non le facevano mettere a fuoco l’immagine.

Ma non perse tempo a rialzarsi, come la figura non perse tempo a reagire di nuovo. Le puntò una pistola contro, mirando alla testa, e premette il grilletto. Dal capo schizzò via un’ingente quantità di sangue e interiora.

Sparò così, senza preavviso, senza dire una parola, l’unica comunicazione che contava era il proiettile.

-Cessazione di ogni attività del bersaglio B.- mormorò fra sé, con voce profonda, mentre riponeva nell’abito lungo la pistola convinto di aver terminato, ma a smentirlo non fu una reazione della sua preda, ma bensì la sua immobilità.

Perché non diveniva polvere?

Si chinò dubbioso sulla figura femminile, notando come le falangi delle dita le tremassero, come se la vampira fosse in preda a un forte dolore.

-Non sei morta…- mormorò incredulo l’uomo, senza spiegarsi il motivo. Una creatura infima in simili condizioni sarebbe morta. Voleva forse dire che non lo era?

Giunse alle sue orecchie un singhiozzo, mentre la testa macchiata di sangue della vampira si muoveva come dolorante. Ghignò l’uomo, istintivamente compiaciuto da quella sorpresa. La creatura non era morta.

La giovane rialzò con fatica il busto, col sangue che le colava sugli occhi e la bocca, senza troppe conseguenze dato che la testa cominciava a riprendere le sue naturali sembianze.

Ora che l’uomo era chinato e quasi alla sua altezza, ebbe modo di osservarlo, ma non vi fece caso più di tanto, troppa era la foga che aveva dentro di insultarlo:

-Per l’amor di Dio, chi diavolo sei!!! Perché mi spari, cazzo!- tentò di strillare la donna, ma solo con parziale successo. Non si preoccupò di scappare, perché aveva notato il cambiamento dell’individuo, come se fosse stato catturato da quella sua sopravvivenza.

-Deve proprio far male…- mormorò l’altro, continuando a guardarla con quel suo sorriso beffardo. Poggiò un ginocchio a terra, tendendo la mano alla vampira.

Questa, in tutta risposta, schiaffeggiò la mano per allontanarla: -Dimmi chi sei e perché mi sparavi… non lo voglio il tuo aiuto…- ringhiò questa furibonda ma anche dolorante. La testa s’era rimarginata e ora tentava di pulirsi via il sangue dal viso con una mano, ma accadde qualcosa di inaspettato. L’uomo si chinò ancor più su di lei, afferrandole la mano insanguinata e, con grande stupore della vampira, prese a leccarla. Lo fece lentamente, passando la lingua su ogni parte dove v’era del sangue, e le sembrò incredibile quando fece lo stesso con la fronte e col resto del viso, persino sulla bocca, cosa che le sembrò assurda e la lasciò senza fiato, ma quel gesto le apparve più qualcosa di istintivo e animalesco, che di romantico.

Come se ne avesse avuto bisogno.

-Sei un vampiro… un cacciatore vampiro?- domandò, mentre sentiva il gelido e umido contatto sulla fronte, mentre due mani guantate le reggevano delicatamente il capo. Pochi altri secondi, e l’uomo tornò a fissarla, poco distante da lei. Sorrise, e con una mano andò a sfilarsi un grande cappello che teneva sulla testa e gli occhiali da sole. Ora non ghignava, anzi, nel suo sguardo v’era qualcosa di malizioso.

-Mi chiamo Alucard. Chiedo scusa per il comportamento rude…- disse questo, ad occhi socchiusi.

-Il tuo nome non mi dice niente… quindi sei un vampiro. Perché mi sparavi, ma soprattutto perché hai smesso?- chiese in risposta la donna, ora visibilmente più calma, forse rilassata dal fatto stesso di aver visto in faccia l’uomo, che ora osservava con molto più interesse.

-Ti sparavo perché ho un ordine da eseguire. Ma penso, anzi sono convinto, di dover cambiare rotta. Non mi aspettavo che il mio bersaglio fosse un vampiro autentico in grado di rigenerare ferite così profonde…- tese nuovamente la mano e la giovane, prima d’afferrarla, la scrutò giusto un poco, sorpresa dallo strano e complesso disegno sul dorso del guanto. La prese, facendosi trascinare in piedi dalla figura, che si accorse essere terribilmente alta, specialmente rispetto a sè…

-Sei un killer allora… quindi abbiamo innervosito qualcuno…- mormorò la ragazza, concentratasi sul fatto che probabilmente stavano, lei e il suo sire, per tornare ad essere degli elementi scomodi nella società vampirica.

Alucard la tirò con la mano, premendo perché si sedesse sul gradino alla base di una casupola lì posizionata. Lei non fece resistenza e si sedette accanto a questo, aspettando ulteriori spiegazioni.

Lo guardò poggiare il cappello a terra con gli occhiali posati dentro, con uno sorriso sul volto che non sapeva ne di maligno ne di invasivo. Si sarebbe detto consapevole. Teneva gli occhi chiusi, come se si stesse rilassando, e li riaprì solo quando alzò il volto al cielo per osservarlo:

-L’organizzazione di cui faccio parte stermina vampiri. Questo territorio non sarebbe sotto la nostra giurisdizione, ma Roma non è intervenuta come è solita fare. Questo ci ha insospettiti, tanto da arrivare a pensare che si trattasse di una trappola. Sono qui per questo. Ma, vedo, ho trovato solo una vampira autentica ignara di tutto ciò.-

-Scusa, sei un vampiro che stermina vampiri in un’associazione che stermina i vampiri?- chiese lei, sbigottita.

Lui rise piano e con tonalità profonda: -Alcuni di noi vengono conservati.-

Vi furono secondi di silenzio, che Alucard identificò come il tentativo di elaborazione della situazione da parte della vampira, sicuramente confusa su quel che era accaduto.

-Ogni cosa a suo tempo.- proferì con noncuranza, come se le sue parole fossero necessariamente sufficienti a spiegare ogni cosa, e infatti la reazione della ragazza fu il tentare di aggiungere altro, ma lo sguardo indifferentemente maligno del vampiro le fece morire le parole in gola.

-Quindi, che dovrei fare? Mi lasci andare, hai detto che avresti cambiato rotta?- si limitò a chiedere.

Alucard si passò ancora la lingua sulle labbra, come se vi fosse dell’altro da assaporare, ma era chiaro che il sangue era stato tolto via tutto. La vampira tremò leggermente quando questo si voltò nella sua direzione con un ghigno sul viso che avrebbe fatto vacillare il più forte fra gli uomini, di desiderio e malvagità.

-Hai un sangue raffinato…- mormorò, mostrando i lunghi e acuminati canini, di cui non si spaventò lei, abituata da molto più di un anno a vederne in giro.

-E’ il sangue di un mostro.- asserì con serietà la donna, come se si fosse riassettata tutto ad un tratto, ma era ovvio che fosse una tattica difensiva.

Sì, è il sangue di un mostro. Di quello che mi ha gettato nel mondo dei demoni, anziché dei vampiri…

Il vampiro doveva aver come udito i suoi pensieri perché nel mentre lo pensava egli aveva alzato un sopracciglio assumendo uno sguardo saccente.

-Sangue di un mostro dici. A me ha solo fatto percepire qualcosa di intenso, forse perché la tua mente stessa ha qualcosa di profondamente oscuro, o è semplicemente netta come la galleria di un pozzo…- aveva assunto un tono decisamente meno professionale, e sicuramente era stata un’azione volontaria. Era cambiata la situazione, e le intenzioni erano ovvie come la luce.

-E non solo. Tu sei autentica… non sei la spazzatura che di solito caccio. Il tuo modo di rimarginare le ferite… assomiglia terribilmente al mio.- prese ad avvicinare il proprio volto alla figura accanto a sé, e questa di tutta risposta ebbe solo il tempo di realizzare che doveva o muoversi o reagire violentemente ma, come era ovvio, il vampiro aveva preso precauzioni, e una forza che di solito si usa dire ‘’invisibile’’ non le permetteva di muoversi. Anzi, rendeva l’atmosfera, l’aria, la situazione stessa della leggerezza d’un sogno, quindi presto sopraggiunse anche il piacere creato da questo, come se tutto ad un tratto percepisse di nuovo l’aria cullante sulla pelle, la frescura notturna, il sollievo dei sospiri dopo un lungo sforzo… il fascino di un uomo che sembra corteggiare, prossimo al compimento dei propri sforzi. I suoi pensieri erano stati prepotentemente spodestati da questi stereotipi, tanto che la volontà era stata annientata.

Era letteralmente caduta in un limbo creato dal mostro, come se ella dovesse percepire qualcosa di terribilmente affascinante in tutta quella situazione.

Socchiuse gli occhi quando la mano di lui le afferrò la nuca e le dita si infilarono fra i capelli, mentre l’altro braccio andava a cingerle la vita, in quanto l’effetto soporifero la stava facendo crollare.

Al che, passò un secondo o poco più prima che le labbra del vampiro le si poggiarono sulla gola, mordendo prontamente, mentre la lingua avida raccoglieva quel che cadeva dalla ferita, i denti affondavano nella carne e la creatura cominciava a suggere.

Le sembrò strano, perché in quel momento le parve di tornare alla realtà, ma con i sensi decisamente più offuscati e priva di forze. Si accorse di come sembrava impossibile che fosse un altro a morderla in quel modo e non Lui, che tante volte aveva trovato ristoro dalla sua gola quando era ancora umana, o anche quando entrambi volevano accentuare il legame di sangue reciprocamente. Quella era la bocca ed erano i denti di un altro che non era il suo signore. La cosa la gettò in una strana tristezza, ma persino questa brutalmente ovattata e investita dalle forti sensazioni che colpiscono i predatori e le prede nel mondo vampirico, percependo gli stessi, lussuriosi piaceri che si assaporano nei rapporti. Ebbe modo solo di sentire un veloce ma profondo sospiro da parte di Alucard, sicuramente compiaciuto di quel momento, mentre ella non riusciva nemmeno a proferire parola o sfogo per quelle sensazioni, nonostante fossero davvero intense.

L’unica cosa che riuscì a dire raccogliendo tutte le proprie forze, fu il nome del suo Sire, sussurrato ai sensi aerei come se fosse un segreto da mantenere: -Szamiek…-

In quel momento il vampiro spalancò gli occhi, come se avesse udito qualcosa di orribile o terribilmente familiare. Raccolse un ultimo sorso dalle vene della vampira, per poi staccarsi con delicatezza dalla gola di questa. Continuò a sorreggerla fissandola ora intensamente, cosa che faceva anch’ella, nonostante resa fiacca dall’evento. Le labbra del vampiro erano ancora scarlatte per il sangue bevuto, un piccolo rivolo colava da un lato della bocca, dettagli che stavano man mano catturando sempre più l’attenzione della donna, oltre alla domanda:

-Perché ti sei interrotto così?- nel tono della sua voce non v’era solo lo stupore per quell’improvvisa interruzione, ma anche un pizzico d’irritazione data dall’aver bruscamente troncato qualcosa di intensamente piacevole. Sicuramente, la seconda sensazione era molto inconscia, ma lui l’aveva percepita chiaramente.

Sorrise il vampiro, mostrando i canini tinti di vermiglio sangue, una cosa che, si accorse, fece scintillare gli occhi dell’altra creatura. Si era creata una situazione in cui lui stava dominando, e un altro essere che giudicava di qualche livello sopra l’immondizia si comportava come fosse ai suoi voleri. Del resto, le proprie capacità ipnotiche gli erano ben note.

-Ripetilo…- mormorò, mentre con sguardo sempre più mellifluo si riavvicinava al volto di questa, che aveva piantato le proprie pupille nelle iridi accese del cacciatore.

-Ripetilo…- insistette maliziosamente, socchiudendo gli occhi.

-Szamiek…- sussurrò questa, con sguardo vuoto, sotto l’effetto di quell’incantesimo alla quale non riusciva a sfuggire e, in fondo, senza volerlo.

S’allungò ella stessa ora a leccare il rivolo di sangue sul volto pallido dell’altro e a baciarne la bocca ricolma, scavandovi con la lingua all’interno, alla ricerca di altro possibile nettare.

Quando l’abbandonò lo fissò ancora febbrilmente, come se stesse cercando qualcosa senza riuscire davvero a comprendere quale fosse l’incognita.

Le sembrò di risvegliarsi sotto l’impeto di un tuono quando udì giungere dalla profonda trachea del vampiro un rumore sordo e ritmico che si evolse poi in una risata che tutto aveva di crudele e approfittatore.

-E’ così quindi! Lui è qui!- esclamò eccitato, come se avesse scoperto qualcosa di incredibile sino a quel momento ignorato.

La vampira lo guardò ad occhi sgranati, una fitta delusione che inondava il fondo di questi che non la portò però alle lacrime, per l’esserci lasciata andare così facilmente. Unica consolazione che percepiva, era stato il soddisfare quella strana attrazione che provava nei confronti di quello sconosciuto che, si rese conto, era terribilmente familiare. Ma non familiare come un déjà-vu, o qualcosa di intravisto o di passato. Sentiva l’aura attorno a quel vampiro come un vecchio ma luminoso velo, posatogli sulla testa e sulle spalle, un sentore di consapevolezza e un torrente di sapienza emergere da quel suo sorriso millenario e traboccante ambiguità. Abbandonò presto la delusione, perché non riuscì a non lasciare spazio all’idea che la creatura di fronte a lei fosse davvero Qualcuno.

Sesto senso del vampiro?

-No, dolcezza,- proferì Alucard con la sua voce profonda –è che il tuo sangue è lo stesso della mia stirpe. Oh sì, è lo stesso… lo è il tuo come il Suo… Il sangue di una grande e defunta stirpe di antichi guerrieri delle selvagge terre orientali… lo senti, non è così?- domandò in preda ad una silente e controllata estasi il vampiro, palpabile però fra le lucide cornee dei suoi rossi occhi.

-Tu conosci il mio Signore?- domandò lei, ripresasi.

Il ghigno di Alucard si fece più contenuto, ma egualmente penetrante:

-Il vampiro che tu chiami Szamiek si è guadagnato una reputazione degna del Diavolo. E’ anche vero ch’egli ha spesso agito in incognito e nell’ombra, ma fra i grandi nomi ha sempre gradito farsi riconoscere.- disse, mentre con disinvoltura indossava gli occhiali e il cappello.

La donna l’osservò come se avesse proferito una serie di parole senza alcun senso, non comprendendo di quali epoche parlasse. Fu palese anche per Alucard, tanto che si voltò nuovamente verso di lei.

-Qual è il tuo nome?- chiese infine lui.

-Ersilia.- rispose prontamente.

Alucard annuì impercettibilmente. Qualcosa maturava nella sua mente.

Innanzitutto, comprendeva perché Roma non fosse intervenuta in alcun modo. Era a conoscenza dei modi ambigui di fare di Szamiek, e per quanto gli riguardava, poteva aver ingannato qualcuno. Come del resto si spiegava che la vampira di cui ora carpiva ogni desiderio e pensiero, fosse un vampiro autentico, e con un grande futuro. Era la sua Infante.

Vecchio decrepito! E così non volevi prole?

Ridacchiò sommessamente fra sé, destando la curiosità dell’altra.

Aveva già preso una decisione. I due bersagli sarebbero arrivati incolumi nella sede dell’Hellsing. Effettivamente non pensò ne alla possibile reazione di integra ne al futuro di quel possibile evento. Lui calcolava solo ciò che era strettamente necessario, le sottigliezze non avrebbero mutato di una virgola il corso degli eventi. Come nemmeno la partenza per il porto di Kiel avrebbe subito danni. Tutto sarebbe andato come doveva andare.

-Alucard.- sentì proferire, dalla propria sinistra.

Si voltò verso Ersilia, che con sguardo interrogativo lo osservava in attesa di spiegazioni.

-Portami da Lui, giovane Szygana. Abbi pazienza, e capirai.- rispose enigmaticamente, mentre un angolo della bocca si sollevava inquietantemente a formare un leggiadro quanto ambiguo sorriso.

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