LA
LUCE DEI MIEI OCCHI
CAPITOLO
VENTI
Stavano
ancora aspettando nella sala d’attesa
dell’ospedale e non avevano idea di quanto tempo fosse
passato, qualche ora
sicuramente, forse, due, forse tre. Ogni minuto che passava era
un’agonia, una
tortura interiore che non sapevano se sarebbero riusciti a sopportare
ancora
per molto. Sicuramente prima o poi qualcuno sarebbe esploso.
La
mamma di Charley e il dottor Hugger, gli unici
due a sapere che Iggy era in quell’ospedale e del loro
piccolo segreto alato,
non erano ancora usciti e lo Stormo con le due sorelle non avevano
avuto
nessuna notizia dell’intervento. Inoltre nessuno dei presenti
fiatava, si erano
tutti chiusi in un mutismo epico, come se qualcuno avesse tolto loro la
capacità di parola. Nemmeno Nudge, che in genere parlava
sempre a macchinetta,
aveva aperto bocca. Di solito parlava sempre quando era nervosa o
agitata o
quando aveva paura.
Così,
quando Charley chiamò l’amica che le stava seduta
accanto, tutti quanti fecero un sobbalzo per la sorpresa.
“Shary?
Vieni con me”, le disse la mora alzandosi.
“Sei tutta sporca di sangue, devi ripulirti un
po’”. Le tese la mano che la
rossa prontamente afferrò senza dire niente e senza
guardarla. Era come se
fosse apatica, aveva gli occhi talmente rossi e gonfi che sembrava
stessero per
caderle fuori dalle orbite mentre i capelli rossi e spettinati
spiccavano come
fiamme sul suo volto terribilmente pallido.
Le
due ragazze si chiusero nel bagno delle donne
dove in quel momento non c’era nessuno. Charley
aprì immediatamente il
rubinetto prendendo un po’ di carta. Lo passò
sotto all’acqua fresca e
incominciò a passarlo sul viso dell’amica per
ripulirlo dalle lacrime e dal
mascara che le era colato. Shary però continuava a non
guardarla, sembrava come
se fosse precipitata in un abisso oscuro della sua mente dal quale
sarebbe
difficilmente risalita.
Dopo
averle ripulito il viso la squadrò un po’
dall’alto in basso osservando la maglietta e i pantaloni
macchiati di sangue.
Allora
si tolse la sua camicetta nera rimanendo in
canottiera e la mise addosso all’amica riponendo la maglietta
sporca nella
borsa. A Shary la camicetta stava un po’ più
grande perché Charley era più alta
ma sempre meglio di quella macchiata di sangue. Per i pantaloni non si
poteva
fare niente ma erano jeans perciò le macchie non spiccavano
così tanto come
sulla maglietta colorata.
“Shary”,
la chiamò allora cercando di attirare la
sua attenzione. “Shary, guardami”.
L’amica
però non reagì, si limitò solo a
scuotere la
testa.
Allora
Charley, stanca di tutta quella apatia, decise
di usare un po’ di violenza: le prese il viso tra le mani e
lo voltò verso di
lei in modo che si potessero guardare negli occhi, il verde nel nero.
“Ascoltami,
Shary. Iggy non morirà, ok? Starà bene,
vedrai”, le disse sicura, a pochi centimetri dal suo viso. La
rossa però non sembrava
tanto convinta. Avrebbe preferito che quei scuri occhi che ora la
stavano
scrutando fossero di un bel azzurro cielo, quell’azzurro
cielo di cui si era
innamorata.
“Lo
spero”, pronunciò finalmente la rossa facendo con
voce bassa e roca. “Anche perché… se
lui dovesse… morire… io morirò con
lui”.
Charley
spalancò gli occhi; non sapeva bene che cosa
intendesse l’amica con quella frase però aveva
paura che non fosse nulla di
buono. Non voleva giungere a conclusioni affrettate
però… soltanto adesso
cominciò a sperare veramente che Iggy rimanesse vivo.
La
mora abbracciò di slancio l’amica sussurrandole
un sacco di ti voglio bene. Non era
abituata a questi gesti di affetto, né a riceverli
né a darli, però quello era
uno di quei momenti tragici in cui queste cose erano
d’obbligo. E non c’era
niente di meglio di un abbraccio per far capire a una persona che le
saresti
rimasto vicino qualsiasi cosa fosse accaduta.
Non
appena Charley mollò Shary sulla sedia su cui
era stata seduta prima, si diresse alle macchinette per prendersi uno
snack;
tutta quella situazione era proprio stressante, per non dire dolorosa.
E così,
ogni volta che doveva scaricare lo stress in qualche modo, cercava
qualcosa da
fare. Normalmente si sarebbe messa a urlare o a spaccare le cose, ma
non era in
camera sua bensì in ospedale perciò, per trovarsi
qualcosa da fare, aveva
deciso di mangiare qualcosa.
Inserì
le monete nella macchinetta e schiacciò un
paio di numeri. Doveva avere la maledizione dei distributori dato che,
mentre
si spostava sul bordo, il suo snack a un tratto si bloccò e
non volle più
scendere giù. E non era la prima volta che le capitava una
cosa del genere.
Adesso sì che aveva il motivo giusto per spaccare qualcosa e
nessuno avrebbe
potuto biasimarla per questo.
Cominciò
a prendere a pugni il vetro del
distributore masticando qualche parolaccia, poi gli mollò
pure un paio di calci
dando sfogo più apertamente alle brutte parole visto che di
lì non sembrava
passare nessuno, e infine prese anche a scuoterlo con tanto di minacce.
Ma
quello non sembrava volerle dare la sua merendina.
“Hai
bisogno di una mano?” chiese una voce dietro di
lei facendola sobbalzare.
Si
voltò e trovò Fang che la guardava con fare
curioso e forse anche un po’ divertito.
“Si
è bloccato”, rispose lei indicando la
macchinetta dietro di lei.
“Fammi
provare”, disse lui avvicinandosi
all’aggeggio. Strinse le mani a pugno e mollò un
paio di pugni decisi al vetro
del distributore facendo finalmente cadere giù lo snack.
Poi
si chinò per prenderlo e lo offrì alla ragazza
che gli stava accanto. Lei lo prese guardandolo un po’
ammirata e stupita.
“Wow!
Come hai fatto?”
“Bastano
un paio di colpi assestati nel punto
giusto”.
“Un
giorno dovrai insegnarmi questo trucchetto”.
“Volentieri”.
Soltanto
allora Charley si accorse della loro
terribile vicinanza; lui era così alto che lei era costretta
a tirare su la
testa per poterlo guardare bene negli occhi, quegli occhi scuri
identici ai suoi.
Fang invece la scrutava dall’alto con una strana espressione.
“M…
mi dispiace… per il vostro amico”,
mormorò dopo
un po’ chiedendosi perché mai la voce le fosse
uscita così incerta. “Spero che
si riprenda”.
Improvvisamente
sentì l’impulso di abbracciarlo il
che era strano perché lei non aveva mai sentito
l’impulso di abbracciare le
persone, nemmeno sua madre. Era successo soltanto con Shary poco prima
e c’era
un buon motivo. Era vero, le dispiaceva per Iggy sebbene lo conoscesse
da poco
tempo. Però si era già affezionata a tutti i
ragazzi dello Stormo e inoltre lui
era il ragazzo della sua migliore amica e non voleva vederla soffrire.
Ma…
c’era una strana voglia dentro di lei, la voglia
di farsi stringere dalle braccia forti e muscolose di Fang
perché… be’, non
sapeva esattamente il perché, ma lui le infondeva un senso
di sicurezza e di
protezione che non avrebbe saputo descrivere. Quando stava accanto a
lui sapeva
che difficilmente qualcuno avrebbe potuto farle del male o che si
sarebbe
potuta fare del male, non solo fisicamente.
Lui
con una mano le spostò un ciuffo di capelli che
le era caduto sugli occhi dietro l’orecchio. E
sembrò pure farle un debole
cenno di sorriso.
“Che
cosa state facendo qui?” chiese la voce di Max
dietro di loro facendoli immediatamente allontanare e voltare.
“Venite di là”.
Questa volta la voce della ragazza aveva assunto un tono serio, uno di
quei
toni che usava quando voleva che le obbedissero.
Così
i due ragazzi si diressero nuovamente verso la
sala d’attesa e Charley, passando accanto a Max,
notò che la ragazza le
lanciava un’occhiata piuttosto minacciosa, quasi di
avvertimento.
Aspettarono
un’altra mezz’ora prima di veder sbucare
la madre di Charley da dietro un angolo con la divisa azzurra chiazzata
di
sangue. Immediatamente tutti gli sguardi si puntarono su di lei e
qualcuno
scattò dalla sedia. Non riuscirono a capire niente
però dall’espressione
dell’infermiera.
“Come
sta? È vivo?” chiese Nudge dando voce ai pensieri
di tutti.
“Sì,
è vivo”, rispose Amy e al che immediatamente
tirarono tutti un sospiro di sollievo. Ma poi aggiunse qualcosa che
invece fece
rimanere tutti quanti di nuovo senza fiato. “Per il momento,
almeno”.
“Come
sarebbe a dire per il momento?” fece
Shary sull’orlo
dell’isterismo; almeno
non era più apatica come prima.
L’infermiera
esalò un gran sospiro e si sedette su
una sedia come se con quel gesto avesse voluto intimare anche ai
ragazzi di
sedersi. Ma questo loro non sembrarono capirlo.
“Ragazzi,
voglio essere sincera con voi”, cominciò
lentamente lasciando tutti quanti con il fiato sospeso.
Indugiò in particolare
su Fang e anche il ragazzo ricambiò quello sguardo curioso.
“Il vostro amico
non è messo molto bene. Ha perso moltissimo sangue, un paio
di quelle bolle
d’arie che avete si sono rotte e pure un rene è
completamente andato”.
“E
quindi?” chiese Shary con la voce completamente
rotta dal pianto che stava per scoppiarle. E non era l’unica,
persino Nudge e
Angel avevano cominciato a singhiozzare.
“E
quindi...”. proseguì l’infermiera
sentendosi
venire anche lei le lacrime agli occhi. “Potrebbe non passare
la notte e
sarebbe un miracolo se lo facesse”.
Si
sentirono raggelare tutti quanti, diventarono
quasi di pietra, tranne Nudge e Angel che scoppiarono in un pianto
ancora più
forte e Shary che aveva lasciato scendere le lacrime copiose.
“Ma
Iggy non può morire… lui non
può”, piagnucolò
Nudge.
“Mi
dispiace, ragazzi”.
“Poss…
possiamo vederlo?” chiese Max guardando
l’infermiera, ma senza vederla veramente.
“Sì,
ma uno alla volta”.
“Shary,
vai prima tu”. le propose Fang; nemmeno lui
riusciva a contenere le sue emozioni in quel momento, sebbene non
stesse
piangendo.
“Sicuri?”
chiese lei. Gli altri ragazzi annuirono.
La
rossa cominciò a dirigersi verso la stanza quasi
con passo barcollante. Quando entrò le si strinse
praticamente il cuore. Iggy
giaceva sul letto completamente immobile e con gli occhi chiusi,
qualche
tubicino attaccato a quel corpo che lei aveva sempre considerato
perfetto e
pure la macchinetta che serviva per misurare il battito cardiaco.
Inoltre,
sotto le coperte, si vedeva che era fasciato attorno allo stomaco e
alla spalla
sinistra.
Lei
gli si avvicinò e gli prese una mano
stringendogliela.
“Ciao
amore”, disse dolcemente cercando di non
scoppiare a piangere proprio lì. “Sono la tua
Sirenetta. Volevo dirti che ti
amo anch’io e non immagini nemmeno quanto. Perciò
non puoi lasciarmi, ho ancora
bisogno di te. Lo avevi promesso, che non mi avresti lasciata. E le
promesse
vanno mantenute, amore mio”, si fermò un attimo
per reprimere il singhiozzo che
sentiva nel petto e per spingere indietro le lacrime. “Voglio
ancora potermi
perdere nei tuoi occhi, voglio ancora poterti abbracciare e baciare.
Sei la
cosa più bella che mi sia capitata nella vita e…
non sono pronta a lasciarti
andare. Perciò vedi di riprenderti o giuro che ti
prenderò a calci in culo”.
Gli
lasciò andare la mano per potersi avvicinare e
posargli un bacio dolce e leggero sulle labbra al quale però
non ebbe
ovviamente alcuna risposta.
“Ti
amo”.
“Ragazzi,
io non voglio impicciarmi e non ne avrei
nemmeno il diritto, però potrei sapere che
cos’è successo? Chi è stato a
sparare a Iggy?” chiese Amy il più dolcemente e
maternamente possibile; era
molto giovane, si vedeva che aveva poco più di
trent’anni però sembrava sapere
il fatto suo sia nel campo del lavoro ma anche come genitore. Come se
fosse
dovuta crescere e maturare molto in fretta. E probabilmente era
così con una
figlia avuta a soli diciassette anni.
“No,
non possiamo”, le rispose Max troncando lì la
discussione. Forse avrebbe tirato su molte polemiche se non fosse stato
per il
momento critico della situazione; ma comunque quella donna le infondeva
una
strana sicurezza, un po’ come la dottoressa Martinez.
“D’accordo”,
acconsentì infine l’infermiera come se
conoscesse bene la ragazza e sapesse che era meglio non discutere con
lei.
“Però di qualsiasi cosa aveste bisogno, io sono a
vostra disposizione. Io e
Charley. Non esitate a chiederci aiuto”.
Max
le rivolse un muto
ringraziamento, così come tutti gli altri. In
realtà in quel momento desiderava
soltanto risvegliarsi da quel brutto incubo e vedere che Iggy stava
benissimo.
Però purtroppo non si trattava di un incubo, ma della dura e
cruda realtà.
MILLY’S
SPACE
Ehilà.
Mi spiace di metterci ogni volta così tanto
impegno, ma con tutti gli impegni che ho non so più dove
sbattere la testa.
Comunque,
ecco qua il nuovo capitolo, un po’ più lungo
del solito, tra l’altro. Ditemi cosa ne pensate e venitemi
anche a trovare
sulla mia pagina Facebook. Ho postato le immagini dello Stormo ^^
Bacioni…
M.
MAXBARBIE:
eh, si vede che la missione alla Scuola le ha un po’
offuscato il
cervello. È
stanca anche Max, poverina. Qui
però assistiamo ad una Max più reale, almeno
spero che sia così ^^. Dimmi cosa
ne pensi, un bacione.
AXXX:
ehilà! Che bello sentire una nuova voce ^^ eh, che vuoi che
ti dica, le persone
cambiano e Fang si sta un po’ aprendo. Purtroppo gli
Eliminatori ci sono
sempre, non ci sbarazzeremo mai di loro. Iggi, be’, Iggy
ovviamente è il mio
personaggio preferito, se non si era capito ^^ perciò
è logico che tenda a
renderlo protagonista, lol. È una tendenza che non riesco a
togliermi, si nota
anche in qualche altra storia.
Mi dispiace per gli errori, purtroppo sono pigra e non ho voglia di
rileggere i
capitoli dopo averli scritti xD.
Questa storia non ha un’ambientazione precisa, alcuni
avvenimenti descritti da
Patterson sono avvenuti, ma altri no. Però se qualcosa non
ti è chiaro, chiedi :
)
Spero di risentirti. Bacioni. Milly.