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Autore: millyray    18/05/2014    2 recensioni
Pare che finalmente la vita di Max e del suo Stormo stia per prendere una svolta decisamente importante e, forse, persino irreversibile con l'incontro di due ragazze, Jo e Shary, non molto diverse da loro, che sanno cosa significa essere in fuga, rischiare la vita e vivere nella paura.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA LUCE DEI MIEI OCCHI

CAPITOLO VENTI

Stavano ancora aspettando nella sala d’attesa dell’ospedale e non avevano idea di quanto tempo fosse passato, qualche ora sicuramente, forse, due, forse tre. Ogni minuto che passava era un’agonia, una tortura interiore che non sapevano se sarebbero riusciti a sopportare ancora per molto. Sicuramente prima o poi qualcuno sarebbe esploso.

La mamma di Charley e il dottor Hugger, gli unici due a sapere che Iggy era in quell’ospedale e del loro piccolo segreto alato, non erano ancora usciti e lo Stormo con le due sorelle non avevano avuto nessuna notizia dell’intervento. Inoltre nessuno dei presenti fiatava, si erano tutti chiusi in un mutismo epico, come se qualcuno avesse tolto loro la capacità di parola. Nemmeno Nudge, che in genere parlava sempre a macchinetta, aveva aperto bocca. Di solito parlava sempre quando era nervosa o agitata o quando aveva paura.

Così, quando Charley chiamò l’amica che le stava seduta accanto, tutti quanti fecero un sobbalzo per la sorpresa.

“Shary? Vieni con me”, le disse la mora alzandosi. “Sei tutta sporca di sangue, devi ripulirti un po’”. Le tese la mano che la rossa prontamente afferrò senza dire niente e senza guardarla. Era come se fosse apatica, aveva gli occhi talmente rossi e gonfi che sembrava stessero per caderle fuori dalle orbite mentre i capelli rossi e spettinati spiccavano come fiamme sul suo volto terribilmente pallido.

Le due ragazze si chiusero nel bagno delle donne dove in quel momento non c’era nessuno. Charley aprì immediatamente il rubinetto prendendo un po’ di carta. Lo passò sotto all’acqua fresca e incominciò a passarlo sul viso dell’amica per ripulirlo dalle lacrime e dal mascara che le era colato. Shary però continuava a non guardarla, sembrava come se fosse precipitata in un abisso oscuro della sua mente dal quale sarebbe difficilmente risalita.

Dopo averle ripulito il viso la squadrò un po’ dall’alto in basso osservando la maglietta e i pantaloni macchiati di sangue.

Allora si tolse la sua camicetta nera rimanendo in canottiera e la mise addosso all’amica riponendo la maglietta sporca nella borsa. A Shary la camicetta stava un po’ più grande perché Charley era più alta ma sempre meglio di quella macchiata di sangue. Per i pantaloni non si poteva fare niente ma erano jeans perciò le macchie non spiccavano così tanto come sulla maglietta colorata.

“Shary”, la chiamò allora cercando di attirare la sua attenzione. “Shary, guardami”.

L’amica però non reagì, si limitò solo a scuotere la testa.

Allora Charley, stanca di tutta quella apatia, decise di usare un po’ di violenza: le prese il viso tra le mani e lo voltò verso di lei in modo che si potessero guardare negli occhi, il verde nel nero.

“Ascoltami, Shary. Iggy non morirà, ok? Starà bene, vedrai”, le disse sicura, a pochi centimetri dal suo viso. La rossa però non sembrava tanto convinta. Avrebbe preferito che quei scuri occhi che ora la stavano scrutando fossero di un bel azzurro cielo, quell’azzurro cielo di cui si era innamorata.

“Lo spero”, pronunciò finalmente la rossa facendo con voce bassa e roca. “Anche perché… se lui dovesse… morire… io morirò con lui”.

Charley spalancò gli occhi; non sapeva bene che cosa intendesse l’amica con quella frase però aveva paura che non fosse nulla di buono. Non voleva giungere a conclusioni affrettate però… soltanto adesso cominciò a sperare veramente che Iggy rimanesse vivo.

La mora abbracciò di slancio l’amica sussurrandole un sacco di ti voglio bene. Non era abituata a questi gesti di affetto, né a riceverli né a darli, però quello era uno di quei momenti tragici in cui queste cose erano d’obbligo. E non c’era niente di meglio di un abbraccio per far capire a una persona che le saresti rimasto vicino qualsiasi cosa fosse accaduta.

 

Non appena Charley mollò Shary sulla sedia su cui era stata seduta prima, si diresse alle macchinette per prendersi uno snack; tutta quella situazione era proprio stressante, per non dire dolorosa. E così, ogni volta che doveva scaricare lo stress in qualche modo, cercava qualcosa da fare. Normalmente si sarebbe messa a urlare o a spaccare le cose, ma non era in camera sua bensì in ospedale perciò, per trovarsi qualcosa da fare, aveva deciso di mangiare qualcosa.

Inserì le monete nella macchinetta e schiacciò un paio di numeri. Doveva avere la maledizione dei distributori dato che, mentre si spostava sul bordo, il suo snack a un tratto si bloccò e non volle più scendere giù. E non era la prima volta che le capitava una cosa del genere. Adesso sì che aveva il motivo giusto per spaccare qualcosa e nessuno avrebbe potuto biasimarla per questo.

Cominciò a prendere a pugni il vetro del distributore masticando qualche parolaccia, poi gli mollò pure un paio di calci dando sfogo più apertamente alle brutte parole visto che di lì non sembrava passare nessuno, e infine prese anche a scuoterlo con tanto di minacce. Ma quello non sembrava volerle dare la sua merendina.

“Hai bisogno di una mano?” chiese una voce dietro di lei facendola sobbalzare.

Si voltò e trovò Fang che la guardava con fare curioso e forse anche un po’ divertito.

“Si è bloccato”, rispose lei indicando la macchinetta dietro di lei.

“Fammi provare”, disse lui avvicinandosi all’aggeggio. Strinse le mani a pugno e mollò un paio di pugni decisi al vetro del distributore facendo finalmente cadere giù lo snack.

Poi si chinò per prenderlo e lo offrì alla ragazza che gli stava accanto. Lei lo prese guardandolo un po’ ammirata e stupita.

“Wow! Come hai fatto?”

“Bastano un paio di colpi assestati nel punto giusto”.

“Un giorno dovrai insegnarmi questo trucchetto”.

“Volentieri”.

Soltanto allora Charley si accorse della loro terribile vicinanza; lui era così alto che lei era costretta a tirare su la testa per poterlo guardare bene negli occhi, quegli occhi scuri identici ai suoi. Fang invece la scrutava dall’alto con una strana espressione.

“M… mi dispiace… per il vostro amico”, mormorò dopo un po’ chiedendosi perché mai la voce le fosse uscita così incerta. “Spero che si riprenda”.

Improvvisamente sentì l’impulso di abbracciarlo il che era strano perché lei non aveva mai sentito l’impulso di abbracciare le persone, nemmeno sua madre. Era successo soltanto con Shary poco prima e c’era un buon motivo. Era vero, le dispiaceva per Iggy sebbene lo conoscesse da poco tempo. Però si era già affezionata a tutti i ragazzi dello Stormo e inoltre lui era il ragazzo della sua migliore amica e non voleva vederla soffrire.

Ma… c’era una strana voglia dentro di lei, la voglia di farsi stringere dalle braccia forti e muscolose di Fang perché… be’, non sapeva esattamente il perché, ma lui le infondeva un senso di sicurezza e di protezione che non avrebbe saputo descrivere. Quando stava accanto a lui sapeva che difficilmente qualcuno avrebbe potuto farle del male o che si sarebbe potuta fare del male, non solo fisicamente.

Lui con una mano le spostò un ciuffo di capelli che le era caduto sugli occhi dietro l’orecchio. E sembrò pure farle un debole cenno di sorriso.

“Che cosa state facendo qui?” chiese la voce di Max dietro di loro facendoli immediatamente allontanare e voltare. “Venite di là”. Questa volta la voce della ragazza aveva assunto un tono serio, uno di quei toni che usava quando voleva che le obbedissero.

Così i due ragazzi si diressero nuovamente verso la sala d’attesa e Charley, passando accanto a Max, notò che la ragazza le lanciava un’occhiata piuttosto minacciosa, quasi di avvertimento.

 

Aspettarono un’altra mezz’ora prima di veder sbucare la madre di Charley da dietro un angolo con la divisa azzurra chiazzata di sangue. Immediatamente tutti gli sguardi si puntarono su di lei e qualcuno scattò dalla sedia. Non riuscirono a capire niente però dall’espressione dell’infermiera.

“Come sta? È vivo?” chiese Nudge dando voce ai pensieri di tutti.

“Sì, è vivo”, rispose Amy e al che immediatamente tirarono tutti un sospiro di sollievo. Ma poi aggiunse qualcosa che invece fece rimanere tutti quanti di nuovo senza fiato. “Per il momento, almeno”.

“Come sarebbe a dire per il momento?” fece Shary  sull’orlo dell’isterismo; almeno non era più apatica come prima.

L’infermiera esalò un gran sospiro e si sedette su una sedia come se con quel gesto avesse voluto intimare anche ai ragazzi di sedersi. Ma questo loro non sembrarono capirlo.

“Ragazzi, voglio essere sincera con voi”, cominciò lentamente lasciando tutti quanti con il fiato sospeso. Indugiò in particolare su Fang e anche il ragazzo ricambiò quello sguardo curioso. “Il vostro amico non è messo molto bene. Ha perso moltissimo sangue, un paio di quelle bolle d’arie che avete si sono rotte e pure un rene è completamente andato”.

“E quindi?” chiese Shary con la voce completamente rotta dal pianto che stava per scoppiarle. E non era l’unica, persino Nudge e Angel avevano cominciato a singhiozzare.

“E quindi...”. proseguì l’infermiera sentendosi venire anche lei le lacrime agli occhi. “Potrebbe non passare la notte e sarebbe un miracolo se lo facesse”.

Si sentirono raggelare tutti quanti, diventarono quasi di pietra, tranne Nudge e Angel che scoppiarono in un pianto ancora più forte e Shary che aveva lasciato scendere le lacrime copiose.

“Ma Iggy non può morire… lui non può”, piagnucolò Nudge.

“Mi dispiace, ragazzi”.

“Poss… possiamo vederlo?” chiese Max guardando l’infermiera, ma senza vederla veramente.

“Sì, ma uno alla volta”.

“Shary, vai prima tu”. le propose Fang; nemmeno lui riusciva a contenere le sue emozioni in quel momento, sebbene non stesse piangendo.

“Sicuri?” chiese lei. Gli altri ragazzi annuirono.

La rossa cominciò a dirigersi verso la stanza quasi con passo barcollante. Quando entrò le si strinse praticamente il cuore. Iggy giaceva sul letto completamente immobile e con gli occhi chiusi, qualche tubicino attaccato a quel corpo che lei aveva sempre considerato perfetto e pure la macchinetta che serviva per misurare il battito cardiaco. Inoltre, sotto le coperte, si vedeva che era fasciato attorno allo stomaco e alla spalla sinistra.

Lei gli si avvicinò e gli prese una mano stringendogliela.

“Ciao amore”, disse dolcemente cercando di non scoppiare a piangere proprio lì. “Sono la tua Sirenetta. Volevo dirti che ti amo anch’io e non immagini nemmeno quanto. Perciò non puoi lasciarmi, ho ancora bisogno di te. Lo avevi promesso, che non mi avresti lasciata. E le promesse vanno mantenute, amore mio”, si fermò un attimo per reprimere il singhiozzo che sentiva nel petto e per spingere indietro le lacrime. “Voglio ancora potermi perdere nei tuoi occhi, voglio ancora poterti abbracciare e baciare. Sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita e… non sono pronta a lasciarti andare. Perciò vedi di riprenderti o giuro che ti prenderò a calci in culo”.

Gli lasciò andare la mano per potersi avvicinare e posargli un bacio dolce e leggero sulle labbra al quale però non ebbe ovviamente alcuna risposta.

“Ti amo”.

 

“Ragazzi, io non voglio impicciarmi e non ne avrei nemmeno il diritto, però potrei sapere che cos’è successo? Chi è stato a sparare a Iggy?” chiese Amy il più dolcemente e maternamente possibile; era molto giovane, si vedeva che aveva poco più di trent’anni però sembrava sapere il fatto suo sia nel campo del lavoro ma anche come genitore. Come se fosse dovuta crescere e maturare molto in fretta. E probabilmente era così con una figlia avuta a soli diciassette anni.

“No, non possiamo”, le rispose Max troncando lì la discussione. Forse avrebbe tirato su molte polemiche se non fosse stato per il momento critico della situazione; ma comunque quella donna le infondeva una strana sicurezza, un po’ come la dottoressa Martinez.

“D’accordo”, acconsentì infine l’infermiera come se conoscesse bene la ragazza e sapesse che era meglio non discutere con lei. “Però di qualsiasi cosa aveste bisogno, io sono a vostra disposizione. Io e Charley. Non esitate a chiederci aiuto”.

Max le rivolse un muto ringraziamento, così come tutti gli altri. In realtà in quel momento desiderava soltanto risvegliarsi da quel brutto incubo e vedere che Iggy stava benissimo.
Però purtroppo non si trattava di un incubo, ma della dura e cruda realtà.

 

 

MILLY’S SPACE

Ehilà. Mi spiace di metterci ogni volta così tanto impegno, ma con tutti gli impegni che ho non so più dove sbattere la testa.

Comunque, ecco qua il nuovo capitolo, un po’ più lungo del solito, tra l’altro. Ditemi cosa ne pensate e venitemi anche a trovare sulla mia pagina Facebook. Ho postato le immagini dello Stormo ^^
Bacioni…

M.

MAXBARBIE: eh, si vede che la missione alla Scuola le ha un po’ offuscato il cervello.  È stanca anche Max, poverina. Qui però assistiamo ad una Max più reale, almeno spero che sia così ^^. Dimmi cosa ne pensi, un bacione.

AXXX: ehilà! Che bello sentire una nuova voce ^^ eh, che vuoi che ti dica, le persone cambiano e Fang si sta un po’ aprendo. Purtroppo gli Eliminatori ci sono sempre, non ci sbarazzeremo mai di loro. Iggi, be’, Iggy ovviamente è il mio personaggio preferito, se non si era capito ^^ perciò è logico che tenda a renderlo protagonista, lol. È una tendenza che non riesco a togliermi, si nota anche in qualche altra storia.
Mi dispiace per gli errori, purtroppo sono pigra e non ho voglia di rileggere i capitoli dopo averli scritti xD.
Questa storia non ha un’ambientazione precisa, alcuni avvenimenti descritti da Patterson sono avvenuti, ma altri no. Però se qualcosa non ti è chiaro, chiedi : )
Spero di risentirti. Bacioni. Milly.

  
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