Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Amethyst10    19/05/2014    1 recensioni
Ophelia all’ amore non ci pensa, non ha tempo, fra lavori part-time, una famiglia da mantenere, l’unica cosa che ricerca è l’equilibrio e si sa che l’amore comporta problemi.
La sua vera passione è la pittura, con cui dipinge i propri dolori e le minuscole gioie, come se già, non fossero indelebili sulla sua pelle.
Ma ora ha solo 24h, per trovare un modo convincente per far cadere la finta confessione, ricevuta da parte di un cyber – bullo, davanti a tutta la classe.
Dal capitolo 3:

- Okay -
Mi accigliai un attimo.
- Come scusa? - domandai.
- Ho detto okay, accetto i tuoi sentimenti -
Sentivo mille occhi trafiggermi, da ogni direzione.
- No - pronunciai solo.
Ero nella più totale confusione. Aveva appena, seriamente accettato la mia dichiarazione? E io avevo appena risolto un problema per ficcarmi in uno più grande, come avevo ben capito?
- Non puoi accettare i miei sentimenti - continuai imperterrita - devi rifiutarmi come hai fatto con le altre. -
Ora era lui a guardarmi con un’espressione aggrottata in fronte.
- Soffri di una doppia personalità o sei semplicemente masochista? - chiese cauto.
- Non ho nessun problema psicologico! - esclamai indignata.
- Davvero? Perché giurerei averti sentito dire che ti piaccio. -
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~~Capitolo 2

La scuola era finita e io tra un “buongiorno” e un “arrivederci” ad ogni cliente, continuavo a rimuginare sulla situazione, in cui Jonny Andersen mi aveva cacciata. Senza che neppure me ne rendessi conto un seme di puro odio era sbocciato in me, nei suoi confronti, tanto che quando le lezioni erano terminate, mi ero trattenuta, non poco, a correre nella sua direzione, per cominciare a insultarlo o peggio picchiarlo.
Il panificio – pasticceria, in cui lavoravo, tre pomeriggi a settimana, più la domenica mattina, era più gremita del solito, la mia collega Anne, se ne stava alla cassa con uno sguardo annoiato, intenta ad osservare una vecchia signora, alle prese con la conta delle monete più piccole.
Il negozio era in tipico stile rustico, abbastanza grande, riportava alle pareti finte tegole e crepe, tutti i dettagli erano in legno, proprio come le assi di legno antico, grigie spioventi sul soffitto.
Vi erano dipinti che percorrevano tutto il bancone, dal lato dei clienti, e ve ne erano altri appesi alle pareti color latte; raffiguravano momenti di raccolta, o di vita quotidiana dei contadini.
In quell’ ambiente caldo e accogliente, non mancavano mai chiacchere e aneddoti, riguardante qualsiasi cittadino, alcuni compratori poi, più di altri, parevano sempre voler spendere qualche parola, come se la moneta non fosse sufficiente per comprare il pane, ma bisognasse offrire qualcosa di più personale, qualcosa che gli aveva stupiti nell’ arco di quella settimana.
In quel momento la mia attenzione era focalizzata su un gruppo di ragazze, una di loro piangeva. Dalle poche parole, che riuscì ad ascoltare, capì che era stata rifiutata dal ragazzo che le piaceva.
Io avevo il problema opposto, e mi stava letteralmente perseguitando.
L’ avevo rifiutato, mi ero completamente dimostrata disinteressata, cosa potevo fare di più? Avevo escluso a priori l’idea di un finto fidanzato, ma non sapevo realmente cosa fare.
Nello sconforto più totale mi ritrovai a servire le ragazze, che guarda caso, indossavano la stessa divisa del liceo, che frequentava mio fratello.
<< Cosa posso servirvi? >> domandai loro sorridendo.
<< Mezzo chilo di pane, il più morbido che avete >> rispose lei, la ragazza col cuore spezzato e le lacrime agli occhi, mentre le sue due amiche erano intente a cercare un fazzoletto probabilmente.
Era bassa, magrolina, coi capelli corti castani e gli occhi dello stesso colore.
<< Ti piace il cioccolato? >> chiesi, passandole il sacchetto del pane, mossa da una solidarietà anche per me inaspettata.
Lei mi guardò un attimo persa, senza capire e poi annuì.
Andai, velocemente sul retro, e presi i una manciata dei nuovi biscotti, che il cuoco stava testando, assaggiandone prima uno.
Finalmente una buona sfornata! ci lavorava da mesi, lamentandosi delle dosi di farina e cioccolato.
Erano tondi, alla nocciola e al cioccolato, con sopra marmellata al lampone.
<< Sei all’ allergica alle nocciole o ai lamponi? >> mi informai, tornando.
Lei scosse la testa, e lei passai quindi la piccola busta.
<< ma… >> cominciò lei spaesata.
<< non devi pagarlo, è omaggio della casa, e per chi unque tu stia in questo momento soffrendo, sono sicura che non ne valga la pena. >>
Come se io potessi dispensare consigli o declamare sentenze in quell’ ambito, quando le mie esperienze erano dello 0 %, pardon dello 0,5% grazie alla dichiarazione di oggi.
Lei mi rivolse un piccolo sorriso e scosse la testa.
<< Ho una cotta per lui, dal primo giorno che l’ho visto a scuola, e oggi che finalmente ho preso il coraggio di confessarmi, lui non mi ha neppure degnato d’ attenzione, mi ha solo ringraziato in modo sbrigativo e se n’è andato. >>
Stava per rimettersi a piangere, dietro di lei avevo ancora due persone da servire, per finalmente poi poter chiudere il negozio.
Sospirai, feci segno ad Anne, che doveva occuparsi lei degli ultimi acquirenti. Questa sbuffando si alzò dallo sgabello e con una scrollata di spalle iniziò a prendere gli ordini.
La ragazza castana intanto mi guardava, come se aspettasse da me qualche perla di saggezza, mangiando i dolci che le avevo dato.
<< Come ti chiami? >> domandai, sfilandomi il grembiule.
<< Madlyn >>
Notai solo all’ ora che delle sue amiche non c’era più traccia. Lei parve leggere i miei pensieri.
<< Sono andate via, devo aspettare l’autobus, la fermata è quella qui di fronte, arriva tra cinque minuti, ma fuori ha iniziato a piovere e … >>
<< Tranquilla, puoi restare, tanto non dobbiamo ancora chiudere. >>, nel frattempo presi la scopa, e iniziai a racimolare tutte le briciole.
<< Tu ti sei mai dichiarata? >> mi chiese dopo un po’.
No, ci pensai un attimo, quella però era la risposta sbagliata da dare adesso, così la mia mente si mise ad elaborare una storia o quanto meno una bugia che potesse raggere, a fin di bene.
Ma non volevo neppure risultare un’ipocrita.
<< Si una volta l’anno scorso, anche la mia non è andata a buon fine, ciò messo un po’ a superare la cosa, ma poi è passata >> più vaga di così non potevo essere << però, se davvero lui ti piace, non demordere, se per te lui è diverso, insisti, anche se può essere difficile, o più straziante, sarà più semplice poi dimenticarlo, perché non avrai rimpianti >> poi la guardai un attimo, forse tutto sommato quella situazione poteva tornare a mio favore << che parole ha usato per insomma… >>
Madlyn chinò la testa << “mi dispiace, ho già una ragazza che mi piace, ora devo andare” >>
Io non avrei potuto dare una risposta del genere, primo perché: non avevo nessuno che mi piacesse, secondo: sarei stata costretta quindi a rivelare un nome falso, per poi andarmi a confessare, passando dal danno alla beffa, perché senz’ altro avrei ricevuto un sonoro diniego.
Ma forse era proprio il sonoro diniego a servirmi, in modo da poterlo riutilizzare su Jonny…
In quel attimo arrivò l’autobus, vidi Mad scattare, come una molla.
<< Grazie per i biscotti, erano davvero buonissimi, spero di rivederti presto >> disse arrossendo, per poi scappare e imboccare la porta.
Ero rimasta stupita, mi pareva un secolo dall’ ultima volta che avevo avuto un dialogo del genere con una coetanea.
Mi rimisi a pulire, chiusi successivamente il negozio, salutando poi Anne.
Nella strada verso casa, due chilometri a piedi, mi fermai al supermercato, ancora con la testa tra le nuvole.
Quando finalmente arrivai a destinazione, erano le otto passate, ero sfinita e piena di borse.
 Aprì la porta e subito James mi corse incontro, abbracciandomi.
<< Ciao piccoletto >> dissi, passandoli una mano trai ciuffi ribelli, che li cascavano sul viso.
James aveva sei anni, i capelli biondi, ma più scuri dei miei, e gli occhi verdi.
Era alto un metro e venti, probabilmente qualche centimetro in meno e in quel momento mi stava sorridendo.
<< Hai bisogni di aiuto Offly? >> mi domandò, ma senza aspettare risposta, un po’ come sempre d’altronde, iniziò a sfilarmi i vari pacchetti di mano, andando a depositarli sulle sedie in cucina.
Con la coda dell’occhio vidi che la luce della sala era accesa.
<< Ehi, Christopher conosci mica una ragazza di nome Madlyn? >> chiesi a voce alta, in modo che potesse sentirmi, dato che stavo togliendo gli avanzi, che ero riuscita a portare a casa da lavoro, dalle buste, per metterli a scaldare.
James intanto mi trotterellava accanto, continuando a guardarmi.
<< Può darsi, perché? >> concesse lui poco dopo.
Cambiai tattica.
<< Nulla, oggi per caso qualche ragazza si è dichiarata a te? >>
Misi le posate e i tovaglioli in tavola, mancava solo l’acqua, mi girai per prenderla, quando sentii la sua voce dietro di me.
<< Sai quante ragazze vengono tutti i giorni a confessarsi? >>
Mi voltai, a torso nudo, con in mano, parte del bucato piegato, c’era Chris.
Non stentavo a credere alla sua risposta, dato il fisico che si ritrovava, che gli era valso anche, da poco, un contratto, con una casa di moda, ma era ancora agli inizi, perciò stava ore a posare, per uno stipendio di poco conto.
Era la versione adulta di James e aveva un anno in meno di me, ma aveva iniziato prima la scuola, così frequentava la mia stessa classe.
<< Quindi chi è questa Madalin? >> chiese, mettendosi una maglia, che aveva in mano, e appoggiando le altre su una sedia libera, per poi sedersi a tavola.
<< Madlyn >> lo corressi, << una ragazza, che era oggi in negozio, piangeva perché il ragazzo che le piaceva, non solo la rifiutata, ma l’ha fatto anche in modo freddo e distaccato. >>
<< Ah >> disse lui addentando una fetta di torta di verdure, che James aveva tolto dal microonde, per poi passarla a lui e lasciandosene un’altra fetta nel piatto.
Io presi una fetta di torta di riso.
<< A fine scuola, una ragazza magra, piuttosto bassa, coi capelli corti castani… >> provai a insistere.
Christopher mi fissò e per un attimo sprofondai in quegli occhi verdi, che aveva preso da nostro padre.
<< Può darsi… >> rispose dopo un po’ << ma perché è così importante? >> ribadì curioso.
Scrollai le spalle << sento che potrebbe diventare un’amica, tutto qui >>
Lui alzò il sopracciglio, doveva essere anche quella un’espressione genetica.
<< Si insomma, ci ho parlato, poco, ma mi sembrava…gentile? >> chiarì incerta.
<< Wow, un’amica, un’avventura sociale per la mia sorellina, finalmente! Domani andrò a cercare questa ragazza, se davvero si è dichiarata a me, e sono stato maleducato come dici, mi scuserò, se no mi limiterò a captare qualche informazione sul suo conto >> affermò sorridendo, per poi tornare alla sua cena.
Feci per ribattere, ma James iniziò a parlare, e quando iniziava nessuno poteva farlo smettere.
<< Io invece oggi ho preso un voto altissimo di italiano, perché so scrivere meglio degli altri… >> doveva, presumibilmente, essersi sentito poco considerato, perciò lo lasciammo parlare, delle lodi che aveva ricevuto dalla maestra, della lotta per riuscire ad utilizzare il gesso blu al posto di quello bianco sulla lavagna e del fatto che Chris gli avesse insegnato a scrivere il suo nome in corsivo, con una bellissima “J” maiuscola, a suo dire.
Finito di mangiare sparecchiammo, guardai i quaderni, che il mio fratellino mi mostrava orgoglioso, con una “J” davvero impeccabile, e poi lo misi a letto.
Quando tornai in salotto trovai Christopher seduto sul divano ad aspettarmi.
<< Su, togliamoci questo cerotto anche oggi >>
Sorrisi, e mi sedetti accanto a lui.
<< tanto lo so che ti piace >> affermai, voltandoli poi le spalle.
La sala era, l’ambiente più grande della casa, vi era solo una lampada, un divano, una libreria, una radio, e una piccola televisione. Comunicava con la cucina, il bagno, che si trovava affianco alla mia camera da letto, vicino a quella dei miei due fratelli.
Tutte le stanze erano pressoché spoglie, non avevamo abbastanza risparmi per comprare mobili, ma le pareti erano arredati con alcuni miei quadri e delle planimetrie di Chris.
Intanto sentivo che le mani di mio fratello ero finalmente riuscite a disfare il disordinato chignon, facendomi ricadere i capelli sulla schiena.
Aveva poi iniziato a pettinarli.
Mi arrivavano ormai quasi fino alla vita, dato che lui, mi aveva dato l’ordine tassativo di non tagliarli, e a me non dispiaceva.
Partivano dalla cute, con una radice scura, che subito però si schiariva, diventando di un biondo che andava via via a diventare più pallido, così che le punte risaltassero, quasi avere, sfumature sul platino.
Sentivo le sue dita ora iniziare ad intrecciare diverse ciocche. Col passare degli anni era diventato sempre più bravo, e questo momento era diventato un’occasione, dove parlare e rilassarci tra di noi.
Con lui potevo parlare di tutto, lo sapevo, perciò mi feci coraggio.
<< Oggi un ragazzo si è confessato a me >>
Lui a quella frase si arrestò.
<< ma è… >> cominciò a dire.
<< …una tragedia >> terminai per lui, << ha una reputazione orribile, non è il mio tipo, e in più non sembra volersi dar pace, anche se gli ho detto chiaro e tondo che non voglio stare con lui. >>
Silenzio, decisi di proseguire.
<< Non so cosa fare, mi ha dato tempo sino a domani per trovare un modo convincente per scaricarlo, ma non ho la minima idea! >>
<< Se ha davvero una reputazione così negativa perché non lo dici ai professori, magari potrebbero… >>
Mi girai verso di lui.
<< Christopher quanto pensi ci metterebbero gli insegnati a interessarsi maggiormente della nostra vita? Sanno già che non sono un animale sociale, ma grazie ai buoni voti me la cavo, ma se venissero a sapere che viviamo senza genitori, che tiriamo avanti a stento, avendo due lavori part- time a testa, e con un bambino di sei anni sulle spalle, pensi che non farebbero niente? >>
Lui, senza proferire parola mi abbracciò. Restammo in quella posizione per un po’, finché non sentii le sue braccia scivolar via dal mio corpo.
<< Potrei spacciarmi come tuo finto fidanzato >> propose dopo un po’.
<< Hai troppe ammiratrici, scommetto che qualcuna ti pedina già fino a casa. Non ci metterebbero molto a fare due più due. >>
<< digli che ti piace un altro >>
<< Non funzionerebbe, non dopo tutta la storia che mia fatto sul principe azzurro e via dicendo >>
Vidi gli occhi di mio fratello inscurirsi, io mi limitai a scuotere la testa.
<< Digli che ancora non hai dimenticato il tuo ex >> disse tornando all’attacco.
<< Ma io non ho mai avuto nessun ex! In più mi direbbe sicuramente, che con lui riuscirei meglio a scordarmi del mio amore passato. >> esclamai, con diversi toni acuti.
Feci un respiro profondo.
<< Senti Christopher, se io mi dichiarassi a te, che cosa diresti per respingermi >>
<< possibilmente non con fare troppo sbrigativo e assolutistico>> aggiunsi poi dopo.
Vidi la sua espressione addolcirsi.
<< Io non potrei mai respingerti Ophelia >> cominciò lui.
<< Chris … >>Non era questo che volevo.
<< Hai degli occhi stupendi, di un colore, che si vede raramente in giro, identico a quello della mamma, grigio-ghiaccio. Una pelle diafana, senza imperfezioni. Dei capelli che farebbero invidia persino a una principessa delle nevi, che ricordano tanto i raggi del Sole, che si intravedono, quando questo viene oscurato dalla Luna. >> nel dirlo ne prese una ciocca.
<< Sei maledettamente imparziale, lo sai? >> constatai sorridendo.
Anche lui sorrise.
<< Ovvio sono il tuo fratellino preferito. >> disse con uno strano ghigno.
<< Hmm, non saprei… >> comincia, ma non riuscì a finire che lui diede inizio a una vera e propria battaglia di solletico.
Lui non lo soffriva quanto me, perciò cercai di difendermi coi cuscini, ma con scarso successo.
<< No, no, no, basta >> dissi tra una risata e l’altra, ormai sfinita, << chiedo tregua >> con le lacrime agli occhi.
<< Uffa, va bene >> asserì, mettendo su un finto broncio.
<< Ti ho già detto quanto ti voglio bene? >> chiesi scompigliandoli i capelli.
<< No, non me lo dici mai abbastanza, anzi per essere precisi, ti tieni tutto dentro la maggior parte delle volte >>
Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo. << Ti voglio bene >>
<< Anche io Offly, Notte >>
<< Notte >>
Mi diede un bacio sulla fronte, e andò nella sua camera.
Io feci altrettanto.
Quella notte dormì serena, probabilmente complice della stanchezza, e pertanto non feci troppa fatica ad alzarmi il mattino seguente.
Erano le due, i capelli mi ricadeva sciolti e un po’ annodati, li tastai e ritrovai la treccia della sera precedente.
Mi alzai, con la sola vestaglia, andai alle finestre e le scoprì delle tende, facendo filtrare la tenue luce di un lampione, che illuminava così non solo la strada, ma anche la mia camera.
Al cavalletto, quasi mi aspettasse, c’era il dipinto che da un po’ di mattine portavo avanti. Si trattava della mia personale idea di oblio.
Era una tela molto grande, che avrei poi voluto appendere in sala, ma l’immagine era ancora molto abbozzata.
 Così tra una pennellata e l’altra, i miei pensieri scorrevano fluidi, acquisendo le stesse tonalità di colori che adoperavo, e facendosi chiari.
La luce mi avvolgeva, la mia mano, quasi si muovesse da sola, tracciava linee ancor prima che il mio cervello le concepisse o le ritenesse giuste, lasciando al caso, in che modo il dipinto sarebbe sbocciato.
Quella era la mia valvola di sfogo, che rubava sonno alle mie notti, perché oramai ero consapevole della dipendenza che questa aveva su di me. Passavo la giornata con l’unico scopo di arrivare a quelle quattro ore, in cui realmente mi sentivo me stessa. Le preoccupazioni diventavano trasparenti, via via lontane, intoccabili, intangibili, e le soluzioni apparivano nella mia mente come il disegno sul foglio, senza che io davvero le ricercassi, o mi sforzassi di giunger a loro.
In quel momento infatti presi atto che forse, la prima idea, quella folle, che avevo da subito scartato, non lo era poi più di tanto, o forse lo era a una così massima potenza che non ero realmente coscia della strada che stavo per intraprendere.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Amethyst10