10
Myriam
Avevo più caldo del solito. Una strana
sensazione, atmosfere familiari... dove mi trovavo? Le pareti della mia camera
si stagliarono inconfondibili nella penombra. Scattai a sedere sul letto,
stropicciandomi gli occhi per fugare ogni dubbio residuo. Ero di nuovo a Roma.
Infilai la testa sotto le coperte, assalita da
un vago senso di panico. Sapevo che potesse succedere da un momento all’altro,
ma in cuor mio speravo il più tardi possibile. Era davvero tutto finito? Mi
sentii come un bambino a cui il vento ha soffiato via l’ultimo palloncino.
Tirai un profondo respiro e decisi di alzarmi.
Che giorno era? Guardai la sveglia elettronica poggiata sulla scrivania.
Domenica. Avevo guadagnato un mese di emozioni e perso uno qualunque della mia
vita di sempre.
L’orologio segnava le dieci e mezza. Infilai
il morbido accappatoio di cotone dirigendomi verso la finestra. Benji si
sarebbe svegliato solo nel suo letto?
Sentii il respiro mancare e mi misi a sedere.
Qualcosa di soffice mi accarezzò la gamba. La mia gattina. Sorrisi alla vista
della piccola soriana tigrata e la presi in braccio.
“Angelica” mormorai. Fino a quel momento non
mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata. Con un sonoro miao la micia si divincolò e sparì sotto
la trapunta. “Dove scappi?” dissi mentre la inseguivo, chiudendo in un cassetto
la tristezza che si era impadronita di me.
Avrei ripreso il solito tran tran quotidiano.
Per fortuna era un giorno festivo, non avrei sopportato l’idea di prepararmi e
uscire come se niente fosse. Le mura del mio appartamento mi avrebbero fatto da
scudo verso il mondo esterno, almeno fino all’indomani. Il tempo di ritrovare
una parvenza di equilibrio mentale.
Mi sentivo stanca e demoralizzata. L’idea che
esistessero altri mondi oltre al mio, che Benji vivesse in uno di questi, mi
avrebbe tormentata per sempre? Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e cedetti
alla tentazione di sdraiarmi nuovamente, raggomitolandomi sotto la trapunta.
Inspirai lentamente e chiusi gli occhi. Forse
il peso che sentivo sul cuore sarebbe diminuito con il tempo. Forse si era
trattato di un sogno bellissimo, che rendeva misera e solitaria la vita che
fino a poco tempo prima avevo amato.
Affondai il viso nel cuscino e fui scossa da
un singhiozzo, seguito da un altro, più acuto e profondo. Mi girai nel letto, invocando un silenzioso aiuto a
cui non seguì risposta.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito, persi
coscienza di ciò che mi circondava e le mie membra si rilassarono un poco.
Sentivo gli occhi gonfi e la mente ovattata. Volevo solo dimenticare, rifuggire
quel senso di inquietudine che mi stringeva la gola.
Le lenzuola si mossero. Istintivamente
allungai una mano, urtando qualcosa di voluminoso.
“Ma cosa...”
Mi voltai nella penombra. Benji. Nel mio
letto.
Stavo
sognando! O sto sognando ora?
In preda alla confusione, mi alzai su un
gomito e guardandomi intorno riconobbi la sua camera. Ero io a trovarmi nel suo
letto, non il contrario. Eppure prima mi era sembrato tutto così reale. Stavo
forse impazzendo?
Ignaro delle mie giravolte emotive, lui dormiva
tranquillo.
Mi venne quasi da ridere per il sollievo. Gli scostai una ciocca di capelli
dal viso, provando tenerezza per quell’innocente abbandono.
“Benji?” sussurrai. “Dormi?” Una domanda stupida, ma
dovevo assicurarmi che non fosse solo frutto della mia fantasia.
Per tutta risposta, il suo braccio mi circondò la vita
attirandomi a sé. “Uhm...” biascicò, le labbra nei miei capelli.
Immobile, inspirai a fondo il suo odore per imprimerlo
nella memoria. “Benji” ripetei piano, allungando le dita sul suo fianco
sinistro. Forse soffriva il solletico, mi chiesi divertita.
Notai con disappunto la sua totale assenza di reazione.
Visto il personaggio, c’era poco da stupirsi. “Capitano Price” insistei con il
chiaro proposito di smuoverlo dal letargo in cui sembrava immerso.
“Ogni uomo sogna un risveglio come questo.”.
Sorrisi, incrociando due occhi neri nei quali spiccava una
punta di divertimento.
“Ti costava tanto lasciarmi dormire?” Di nuovo quella voce
roca e sensuale.
Birichina, annuii con un gesto del capo. Sarei mai
riuscita a confessargli che in un altro mondo era solo un fumetto? Il
tamburellare del mio cuore tradì la consapevolezza appena acquisita. Non potevo
rinunciare a quello sguardo.
“Quasi quasi mi vendico” proseguì, serio in volto. Fece
scivolare le mani lungo la mia schiena, fermandosi all’altezza della vita.
Chiusi gli occhi, sentendo un calore familiare irradiarsi
in tutto il corpo. Piccoli brividi percorsero la mia pelle e le preoccupazioni
che offuscavano i miei pensieri si dissolsero come per magia.
“Smettila immediatamente!” urlai un istante dopo, mentre
Benji mi bloccava sotto di sé facendomi il solletico. “Ti prego, lasciami
andare!” supplicai in preda alle convulsioni.
“Così impari” mi rimbeccò soddisfatto, mentre cercavo di
riprendere fiato asciugandomi le lacrime con le dita. Si avvicinò nuovamente e
il suo respiro caldo mi sfiorò le mie labbra. “Mi auguro che la prossima volta
che mi pregherai, sarà perché io continui” aggiunse con sguardo eloquente.
Sentii le guance avvampare, arrossendo fino alla radice
dei capelli. Cercai di ricompormi mentre lui si alzava, infilando sopra i boxer
i pantaloni di una vecchia tuta.
“Ho fame” disse aprendo la porta e scomparendo nel
corridoio.
Fissai per un attimo il posto vuoto accanto a me. Si era
forse arrabbiato? Trovai l’idea di un’abbondante colazione improvvisamente
allettante. Senza soffermarmi troppo sulla sua reazione, tornai nella mia
stanza per mettere un paio di jeans e una felpa.
La mia camera era come l’avevo lasciata, in ordine e
pulita. Ciononostante, non riuscivo a togliermi dalla mente il sogno di quella
notte.
Se fosse un segno?
Mentre scendevo le scale, un delizioso profumo raggiunse
le mie narici. Mi fermai per un attimo all’ingresso della cucina. Seduto al bancone
su un alto sgabello, Benji sfogliava tranquillamente il giornale. Sembrava un
ragazzo qualunque. Non un grande campione, né tanto meno un personaggio della
fantasia.
“Oggi avrai l’onore di assaggiare lo strudel di Emma,”
disse mentre il timer del forno mi distoglieva dai miei pensieri.
Lo osservai in silenzio aprire l’imponente forno in inox
ed estrarre la teglia con estrema naturalezza. Nonostante l’abbigliamento
trasandato, i suoi movimenti morbidi tradivano un’agilità fuori dal comune.
Un attraente
ragazzo qualunque, riformulai mentalmente cercando di rimanere impassibile. “Ti
muovi bene in cucina.”
“Le mie fan sostengono che io sia un uomo da sposare”
scherzò, prendendo un coltello affilato e dividendo il tipico dolce austriaco
in minuscole parti uguali.
“Aspetti ospiti per colazione?” domandai, ricevendo di
rimando uno sguardo interrogativo. Indicai con un dito le piccole fette.
“Non aspetto nessuno, in questo modo il ripieno non cade
di lato quando lo addenti.”
Scossi il capo con una risatina. “La Germania ha avuto una
pessima influenza su di te.”
Mi fece l’occhiolino, accompagnato da uno dei sorrisi che
preferivo. “Non dirlo a nessuno però.”
Pochi minuti dopo, nel piatto erano rimaste solo le
briciole. Ci dirigemmo in salotto, dove regnava la tipica calma da domenica
mattina. Con il suo giornale in mano, Benji prese posto su un divano e,
avvicinato un comodo pouf, vi allungò sopra le gambe.
“Cosa farai domani?” domandò mentre mi sedevo accanto a
lui. “I tuoi colleghi ti avranno data per dispersa”.
Trattenni il respiro. “Devo sentire a che punto sono”
mentii, sentendo la bocca dello stomaco chiudersi in uno spasmo.
“Spero che tu non debba rientrare subito in Italia.”
“Lo spero anch’io” risposi in un soffio. “Che ne dici di
andare al cinema questo pomeriggio?” proposi distogliendo lo sguardo e
cambiando argomento.
“Volentieri, se non ti spaventa l’idea di vedermi in
versione incognito.”
Dimentica per un attimo del mio imbarazzo, lo guardai
incuriosita.
“Zuccotto calato sulla fronte, sciarpa e occhiali scuri.
Una sorta di maniaco insomma” precisò, riprendendo la sua lettura. “Ieri ho
avuto la mia dose di giornalisti, direi che può bastare.”
Mi alzai ridendo, grata per quel diversivo. “Meglio che mi
camuffi anch’io allora, così chiamano subito la polizia.”
Benji tornò a guardarmi. “Perché? Sono bellissimo anche
vestito da maniaco.”
“Si, certo.”
Posò il giornale sul divano e mi si parò di fronte.
“Piccola peste” disse abbassandosi e caricandomi su una spalla, senza darmi
modo di reagire.
“Price, non sei normale!” esclamai battendogli i pugni
sulla schiena.
“E tu hai un fondoschiena delizioso” mi canzonò con
un’allegra sculacciata.
Fummo interrotti da un trillo di cellulare. “Credo sia il
mio” disse Benji rimettendomi a terra e tastandosi le tasche dei pantaloni.
Approfittai della sua distrazione per osservarlo con
cautela. Indugiai per un attimo sulla linea della sua mascella, perdendo gran
parte della conversazione. Chissà cosa pensava della notte trascorsa insieme.
Avrei voluto accarezzargli una guancia, chiedergli come si sentisse. Il suo
comportamento non lasciava trasparire nulla che non fosse scherzosa amicizia.
“Volevi andare al cinema?” disse improvvisamente
riportandomi alla realtà. “Siamo stati invitati alla prima di Twilight (13).”
Gli lanciai un’occhiata stupita. “Twilight il film sui
vampiri?”
Benji annuì con aria interrogativa. “Credo di sì. Ma non
erano passati di moda?”
“Le storie d’amore non passano mai di moda” ribattei,
inarcando un sopracciglio. Possibile che il film fosse in uscita anche lì? Si
trattava davvero di un caso
interplanetario.
Per tutta risposta una lieve smorfia gli si disegnò sulle
labbra. “Storia d’amore? Vuoi dirmi che, in un colpo solo, ho vinto una
sessione extra con la stampa e una commedia sentimentale fantasy?”
“Temo di sì capitano. A quanto ne so, i protagonisti sono
due adolescenti innamorati e contrastati, in stile Romeo e Giulietta.”
Accolse la notizia con un sospiro divertito. “Prima di
accettare, la prossima volta chiederò maggiori delucidazioni al mio addetto
stampa.”
“Vedrai che ci
divertiremo” lo rassicurai prendendolo a braccetto, un sorriso nella voce.
Qualche ora dopo parcheggiammo in un multipiano dove ci
attendeva una lussuosa limousine nera.
“Non avevi detto che il cinema era qua vicino?” chiesi un
poco disorientata. Per tutto il pomeriggio Benji era stato l’emblema stesso
della calma e della tranquillità, mentre io non stavo nella pelle all’idea
della serata che ci attendeva. Il ricordo del mio sogno affiorò per un breve
istante in superficie, ma lo ricacciai indietro senza troppi complimenti.
“In effetti si trova a poche centinaia di metri” rispose
lasciandomi il passo mentre l’autista ci apriva la portiera, “ma non possiamo
arrivare a piedi.”
Non impiegai molto per capire cosa intendeva. Un paio di
minuti e le luci della città esplosero intorno a noi. Attraverso i finestrini
scuri potemmo ammirare gli schermi multicolori sui quali si alternavano
messaggi pubblicitari, foto di modelle e videoclip ispirati al film.
“Sembra di essere agli oscar” pensai ad alta voce, mentre
si avvicinavamo al bagno di folla. “Non che ci sia mai stata” aggiunsi
mordendomi il labbro inferiore.
Quella mattina mi ero svegliata convinta di essere tornata
a casa e ora mi trovavo in abito lungo, seduta accanto a Benji su un sedile in
pelle dalle dimensioni imbarazzanti.
La macchina accostò lentamente ai cordoni di sicurezza e
le urla aumentarono, non potendo i fan vedere chi si trovasse all’interno
dell’abitacolo.
La sua mano coprì la mia in una stretta rassicurante.
“Sorridi e andrà tutto benissimo.”
La portiera si aprì su un lungo tappeto rosso e uno
scenario che mi tolse il fiato. Star che firmavano autografi, giornalisti, il
vociare del pubblico. Tutto in perfetto stile hollywoodiano.
Scendemmo cercando di non rimanere accecati dai flash.
Pochi istanti dopo, da una seconda limousine sbarcarono i due protagonisti e
nessuno fece più caso a noi. Centinaia di ragazzine andarono in visibilio,
invocando i loro beniamini a pieni polmoni.
Presi Benji per un braccio. “Se fossi stato un palo della
luce ti avrebbe dedicato più attenzione” non potei resistere alla tentazione di
sussurrarli all’orecchio.
Mi guardò in silenzio per un attimo e scoppiò a ridere.
“Dovrei portarmi quel tipo in giro, sembra un ottimo diversivo.”
Sono così giovani, notai osservando la coppia di
ragazzi con maggiore attenzione. Poco più che adolescenti, Kristen Stewart e
Robert Pattinson si guardavano intorno emozionati. Non sembravano preparati a
tanto clamore.
Benji interruppe il filo dei miei pensieri facendomi
accelerare il passo. Senza che quasi ce ne accorgessimo, i fotografi ci avevano
circondati e quella overdose di pubblicità era del tutto superflua. Le mie foto
con Tom risalivano a poche settimane prima e non era il caso di incentivare le
illazioni dei giornali scandalistici.
Alcuni responsabili della sicurezza ci indicarono
l’ingresso per poi ignorarci, distratti dal continuo flusso di arrivi.
A dispetto delle dimensioni imponenti il cinema era
stracolmo. Dopo una rapida occhiata ai nostri inviti, una hostess ci accompagnò
a una fila situata a pochi metri dal cast, le cui poltrone recavano incisi i
nomi in eleganti caratteri dorati.
Dal mio posto potei guardarmi intorno, ammirando le
eleganti signore accorse alla prima. Sempre
più surreale, pensai nell’istante in cui attori e regista facevano il loro
ingresso accolti da un applauso scrosciante.
Sapevo poco della trama del film, tratto da un bestseller
americano per teenager che sembrava aver rivoluzionato l’idea del mondo sui
vampiri. Una frase della campagna pubblicitaria mi era però rimasta impressa.
Se potessi vivere
per sempre, per cosa vivresti davvero?
Le luci in sala si abbassarono fino a spegnersi del tutto.
* * *
Atmosfere opache e rarefatte. Pioggia.
Calore. Tentazione.
Edward e Bella. Un vampiro, una ragazza. Due anime in
lotta contro istinti primordiali, un amore contrastato dalla natura stessa.
Un brivido mi corse su per la schiena. Protetta dalla
penombra, lanciai uno sguardo fugace verso Benji, seduto alla mia destra.
Anche noi apparteniamo
a due mondi differenti.
Per quanto chiaro sin dal primo istante vissuto insieme
quel concetto prese improvvisamente forma, unito al ricordo di quella mattina,
penetrando i miei pensieri come una lama. Sentii un grande vuoto farsi largo
dentro di me. Suoni e immagini si affievolirono, assorbiti da un silenzio che
cancellava ogni cosa.
Lo amo.
Il mio cuore smise per un attimo di battere, prima di
accelerare con un balzo e ricadere su se stesso. Un tantino ammaccato si rialzò, cercando di
ricomporsi, prese fiato e ripeté: Lo amo.
Potei quasi udirne la voce, limpida e risoluta. Provai una strana
sensazione di sdoppiamento, la mia mente uscì per un attimo dal mio corpo, si
voltò con aria stupita e fronteggiando il mio cuore gli domandò: Lo ami?
Sì, rispose lui con semplicità.
La mia mente non poté trattenersi dal replicare, con
un’ombra di sarcasmo: Sul serio? E da
quando?
Conoscevo già la risposta: da quando ci eravamo baciati la
sera del mio arrivo. Nonostante sapessi, come Edward nel film, di non avere il
diritto di innamorarmi.
Quel pensiero echeggiò nella mia mente, lasciandomi senza
fiato. Quanto ancora avrei potuto nascondere la verità? Per quanto ancora il
ciondolo che portavo al collo si sarebbe accontentato di tenermi discretamente
compagnia?
Il mondo sembrò rallentare fino a fermarsi, tutto si fece
sfocato. Un volo senza paracadute.
Le luci si accesero all’improvviso obbligandomi a
strizzare gli occhi. Frastornata ripresi a respirare, come di ritorno da una
lunga apnea.
Applausi, grida di congratulazioni, ancora applausi. Alle
nostre spalle i due personaggi del film sorridevano soddisfatti, in carne e
ossa, a due passi da noi.
“Tutto ok?”
Mi voltai di scatto. Benji mi osservava preoccupato.
Impiegai un secondo più del dovuto per rispondere. “S...sì”
assicurai in un tremolio involontario.
Benji non sembrò convinto. “Sicura?”
Deglutii, cercando di focalizzare la mia mente su un
pensiero razionale. Erano solo attori su pellicola, tutta finzione ed effetti
speciali.
“Sei pallidissima” insisté.
La nota di apprensione che avvertii nella sua voce ebbe il
potere di riportarmi alla realtà. Sentii le guance riprendere colore e trovai
persino la forza di sorridere.
“Grazie Benji, sto bene.”
“La vista del sangue non ti fa un bell’effetto” scherzò
lui sollevato. Mi cinse la vita con delicatezza, cercando di farsi strada verso
l’uscita. “Immagino tu non abbia fame, forse è meglio se torniamo a casa.”
Annuii con un debole cenno del capo. Stargli vicino
rendeva difficile formulare pensieri coerenti. Ora più che mai.
Note:
(13) Presumo sia superfluo descrivere la trama di
Twilight, ma non si sa mai^^
Dunque, dunque: Bella Swan (Kristen Stewart) è una ragazza
semplice e introversa, riflessiva e sognatrice. La sua vita cambia radicalmente
quando si trasferisce dalla calda Phoenix alla fredda e piovosa Forks, una
cittadina del nord ovest degli Stati Uniti dove vive il padre poliziotto. Qui
incontra nuovi amici e conosce l’enigmatico e misterioso Edward Cullen (Robert
Pattinson). Tra i due si sviluppa una singolare amicizia che ben presto si
tramuta in una irresistibile attrazione. Bella non può fare a meno di lui, e
nemmeno la scoperta della sua segreta natura di vampiro immortale riesce a
dissuaderla.
Diciottenne dal 1918, Edward scopre in Bella ciò che
aspettava da sempre: l’anima gemella. La passione tra i due giovani si sviluppa
in un precario equilibrio tra la vita e la morte. Edward, combattuto tra
l’amore che sente crescere in sé e la sete accecante per il sangue della
ragazza. Bella, irresistibilmente attratta da lui e pronta ad abbandonare le
sue vesti umane pur di potergli vivere per sempre accanto.
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