Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: foxfeina    30/07/2008    7 recensioni
Non era solo agitazione. Lo
sapeva bene. Aveva evitato di pensarci, aveva pensato che nel momento giusto
tutti i pezzi sarebbero andati al loro posto… e lei sarebbe stata felice.
Ma di felicità, o anche solo di
serenità, non esisteva nemmeno l’ombra.Era solo una l’ombra che
incombeva su di lei, in effetti.
Ed era un’ombra vivida e reale.
Un’ ombra vestita di scuro, un’ombra dalla carnagione pallida.Un’ombra che restava a
fissarla, dal profondo del suo stesso cuore, con i suoi penetranti occhi neri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
4 Agosto

4 Agosto

4 Agosto 1978

Una data importante. Non per tutti, certamente. Era la data che compariva sull’invito di ciascuno dei presenti, eleganti nei loro abiti da cerimonia.

4 Agosto 1978

James Potter & Lily Evans

Oggi sposi

La serata era calda, il cielo blu ricoperto da stelle brillanti.

Sul prato verde e rigoglioso erano disposte molte sedie, tutte rivolte verso un piccolo altare, davanti ad una chiesetta bianca.

Remus Lupin era in piedi accanto allo sposo e gli lanciava di tanto in tanto qualche occhiata divertita.

“Fallo di nuovo e ti uccido, Rem.”

Lui sorrise e portò di nuovo gli occhi castani sul tappeto rosso che copriva una parte di erba, tra le due file centrali di sedie.

“Arriverà a momenti.”

James annuì, allentando il nodo della cravatta che lo opprimeva e gli toglieva quasi il respiro.

Guardò anche lui nella stessa direzione, dalla quale presto sarebbe arrivata lei, la sua donna, la sua Lily. A stento riusciva a crederci. Ce l’aveva quasi fatta. Stava per legarsi con l’unica che era riuscita a farlo innamorare sul serio. E ne gioiva immensamente.

“Che ora è?” chiese, nervoso.

“Le dieci e un quarto.” Rispose Remus, paziente.

Un cenno affermativo da parte dello sposo, che borbottò, sbuffando:

“Sarebbe anche ora di muoversi…”

L’amico alzò gli occhi al cielo, poi indicò con un cenno del capo la macchina bianca che si avvicinava.

~

“Non posso Ali… non posso. Non posso farlo.”

Gli occhi di Lily, agitati, si spostavano da quelli della migliore amica al finestrino, per controllare quanta strada ancora mancasse all’arrivo.

“Lily, ma che stai dicendo? Non essere stupida, per l’amor del cielo…”

Alice la guardava stupita da circa cinque minuti, da quando aveva sentito la rossa mormorare che non era sicura di quel che stava facendo.

“Ali, non posso… io… io non lo amo, Ali…”

Le mani di Lily si strinsero, nervose, sul bordo del sedile nero. Le nocche impallidirono per la forza della presa.

“Non…lo ami?” lo sguardo dell’amica era adesso sconvolto e mortificato nel contempo. “Lil, che vuol dire che non lo ami?”

Le chiese, una punta di panico nella voce.

Lily si posò le mani coperte dai guanti bianchi sul volto.

La testa le girava e gli occhi le bruciavano, alimentando il penoso stato di agitazione che cresceva dentro di lei come un bambino e che occupava un po’ più di spazio ad ogni secondo.

“Ali…” Sussurrò, in cerca di conforto, mentre la voce veniva spezzata da un singhiozzo.

Alice le passò un braccio attorno alle spalle, dopo averle scostato i capelli rossi.

“Stai tranquilla… è solo un po’ di agitazione…”

Lily non rispose, ancora immersa nel tremante nascondiglio delle sue dita.

Non era solo agitazione. Lo sapeva bene. Aveva evitato di pensarci, aveva pensato che nel momento giusto tutti i pezzi sarebbero andati al loro posto… e lei sarebbe stata felice.

Ma di felicità, o anche solo di serenità, non esisteva nemmeno l’ombra.

Era solo una l’ombra che incombeva su di lei, in effetti.

Ed era un’ombra vivida e reale. Un’ ombra vestita di scuro, un’ombra dalla carnagione pallida.

Un’ombra che restava a fissarla, dal profondo del suo stesso cuore, con i suoi penetranti occhi neri.

Ad ogni metro che la macchina percorreva la ragazza desiderava più ardentemente che la lasciasse in pace, ma ad ogni secondo che passava si rendeva conto sempre più di quanto questo fosse impossibile.

Era lì, dentro il suo cuore palpitante ed agitato. Sempre.

L’auto svoltò a sinistra. Sentì Alice tirare un sospiro di sollievo quando la vista della Chiesa si parò davanti a loro. Doveva essere stato un viaggio estenuante per lei. L’autista frenò, fermando la macchina esattamente davanti al tappeto rosso che l’avrebbe condotta fino all’altare.

L’amica le sussurrò qualcosa, senza dubbio voleva tranquillizzarla, ma Lily nemmeno la sentì.

Non attese che la portiera le venisse aperta, fece da sé e scese dall’auto.

Tutti gli invitati si voltarono a guardarla. Lei chinò il capo.

Sapeva di essere bella, quel giorno. Lo sapeva benissimo. E lo aveva saputo prima ancora di guardarsi allo specchio.

Lui lo ripeteva sempre. La adorava quando lasciava i capelli sciolti e li arricciava un po’ sulle punte.

Era convinto le desse un aria di consapevole semplicità e di profonda dolcezza.

E le aveva fatto promettere che il giorno del loro matrimonio avrebbe sistemato i capelli in quel modo.

Ed eccola lì, adesso, con quei capelli rossi che erano esattamente come lui li desiderava.

Con gli occhi verdi bassi, per nascondere i segni del pianto.

Con le mani pallide a stringere un bouquet troppo colorato.

Con le gambe tremanti che la conducevano verso un uomo a cui non importava affatto come erano i suoi capelli. Verso un uomo che non era quello che amava.

Sentiva gli occhi di tutti su di lei, mentre camminava verso l’altare.

La scrutavano, la ammiravano, bisbigliavano paroline compiaciute ai propri vicini.

Non sapevano.

Sembrava soltanto una donna felice che stava per realizzare il sogno della vita.

No. Loro non sapevano nulla.

~

4 Agosto 1977

James Potter & Lily Evans

Oggi sposi

Fissò a lungo quel maledetto bigliettino prima di decidersi a strapparlo. E quando lo fece non fu delicato né accorto. Lacerò la carta in due, quattro, otto pezzi, senza riuscire a fermarsi, spinto da una voglia incontenibile di dimenticarne per sempre il contenuto.

Dimenticare….dimenticare.

Sarebbe stato bello…

Dimenticare tutto…

Dimenticare il suo sorriso.

Dimenticare i suoi capelli infuocati.

Dimenticare la sua voce.

Dimenticare i suoi occhi…

No.

Forse non sarebbe stato bello.

Per un unico e semplice motivo.

La amava. E se qualcosa in quella vita di dolore era riuscito a farlo sorridere, quel qualcosa era lei.

Lei.

Sempre lei e solo lei.

Con il suo sorriso.

Con i suoi capelli infuocati.

Con la sua voce.

E con i suoi occhi.

La sua Lily, capace di sorridere anche nella più cupa notte invernale.

Lily, che amava correre per i campi di grano fino ad essere sfinita.

Che era l’unica persona al mondo capace di restare intere ore a fissare il cielo, fantasticando sulla forma delle nuvole.

Lily, che lo cercava quando aveva bisogno di aiuto.

Che si stringeva tra le sue braccia pallide e si lasciava cullare.

Che lasciava scorrere le lacrime sul suo petto, mentre lui le accarezzava i capelli.

Che gli svelava il perché del suo pianto all’improvviso, tra i singhiozzi.

E che era capace di offendersi se lui non la capiva.

Lily, Lily, Lily…

Dove era adesso?

Probabilmente già davanti ad un altare a pronunciare la sua promessa.

La sua promessa di fedeltà ed amore eterni. Ad un altro.

Non gli importava nemmeno che fosse lui l’altro, in quel momento.

Era semplicemente un altro che la stava portando via.

E tanto bastava per odiarlo con anima e corpo.

Gli occhi si posarono sul cielo blu, illuminato da quelle piccole stelle che, suo malgrado, riuscivano a far sorridere una parte del suo cuore.

I pezzi di carta che una volta componevano il tanto odiato biglietto di nozze scivolarono via tra le sue dita, fino a raggiungere il prato poco curato del boschetto in cui si trovava.

Uno di questi volteggiò più degli altri nell’aria, poi si posò con delicatezza sull’erba, mostrando al cielo la scritta che portava in sé:

4 Agos

La parola era tranciata di netto, spezzata dalla rabbia e dall’amarezza.

Severus si inginocchiò accanto al foglietto e lo prese con delicatezza tra il pollice e l’indice. Stette ad osservarlo, a lungo. Inaspettatamente, uno dei suoi rari sorrisi comparve sulle labbra sottili. Tutto, d’un tratto, perse intensità. Il soffio leggero del vento, il cantare delle cicale, la sensazione di angoscia che gli attanagliava le membra. I colori si fecero soffusi, i suoni ovattati, le mani insensibili.

Solo la mente rimase lucida, mentre si distaccava dalla realtà. Lucida e pronta a ricordare qualsiasi particolare di una notte di due anni prima.

~

4 Agosto 1976

Faceva caldo, quella sera.

Era uno degli anni più caldi che l’Inghilterra ricordava, sicuramente.

I due ragazzi erano semi-distesi sul prato, la schiena appoggiata al tronco di un albero verdeggiante.

Lui passava spesso una mano sui capelli neri come la pece, scostandoli dal volto sudato.

Lei, la fronte umida di sudore, restava con gli occhi chiusi, quasi a pregare il cielo di mandar loro anche solo un lievissimo venticello…

“Caldo.” Borbottò infine la ragazza, in un lamento.

Lui sospirò e si voltò verso di lei. Un istante dopo si scioglieva in un sorriso.

“Posso far poco, lo sai…” un sorriso. “Almeno d’inverno posso stringerti e coccolarti, se hai freddo…”

Le scompigliò i capelli, posandole un lieve bacio sulle labbra.

Lei incrociò le braccia all’altezza del petto, imbronciata. Lui riuscì comunque a distinguere il barlume di un sorriso nei suoi occhi verdi.

“Beh, bella storia… Non soffro mica il freddo io…il caldo si!”

Severus guardò la rossa con le sopracciglia sollevate.

“Hai dieci secondi per ritirare quello che hai detto, poi inizio a prenderti seriamente in giro…”

Lei lo fissò per qualche attimo, poi un ampio sorriso si dipinse sul volto sereno.

“Forse ogni tanto, dai…”

Il ragazzo scosse il capo e la strinse a sé, incurante del caldo e dell’afa che li opprimevano.

Sfiorò la fronte della ragazza con le sue labbra, poi le sussurrò.

“Allora, come faccio a raffreddare la mia principessa?”

Lei finse per un attimo di riflettere, poi un’espressione di pura furbizia si impadronì del suo visetto.

“E secondo te hai qualche possibilità di saperlo da me?” tirò fuori la lingua e strizzò l’occhio.

Lui sospirò. “Pressoché nulle…” la guardò con tenerezza, scuotendo il capo.

Era inutile. Poteva fare la stronzetta e la furba quanto voleva. Restava sempre adorabile.

Un diavoletto, si. Ma adorabile.

La mano di lui sfiorò i capelli rossi, poi le dita pallide iniziarono ad insinuarsi tra questi con dolcezza, con delicatezza. Lily, silenziosa, sembrava apprezzare quel contatto.

Quando le dita di Severus raggiunsero il suo collo, la ragazza si irrigidì un istante, travolta da un brivido. Lui sorrise.

“Pelle d’oca… passato il caldo, allora…”

Lei scosse il capo dopo solo qualche istante.

“No…no… andava…bene.”

Avvampò, chiaramente imbarazzata.

Il ragazzo restò a fissarla ancora un istante, passando gli occhi neri sul suo corpo perfetto, soffermandosi a lungo sulle sue labbra di fragola dolcemente dischiuse. Non riuscì a trattenersi oltre.

La baciò, con tenerezza e con forza nello stesso tempo, passandole una mano dietro il collo, tra i capelli infuocati, spingendola un po’ di più verso di sé.

Niente aveva più senso, di tutto ciò che gli stava intorno.

Non vedeva la chiara luce delle stelle, non sentiva più il caldo opprimente, non ricordava più quello che stava per dire. Tutto ciò che riusciva a distinguere con chiarezza era il meraviglioso verde degli occhi di lei, che lo guardavano e a tratti si chiudevano, mentre si lasciava cullare.

Lily non oppose resistenza, si lasciò travolgere dal bacio di lui, dolce e passionale, gli posò le mani sul petto e le strinse a pugno sulla maglietta nera di Severus, mentre le loro labbra si univano e poi si dischiudevano l’una contro l’altra, permettendo alle loro lingue di sfiorarsi e accarezzarsi.

Il resto venne da sé. Non vi furono pensieri maliziosi o istinti passionali, da nessuna delle due parti.

Semplicemente accadde, con tutta la naturalezza del mondo, con tutto l’amore che erano capaci di dimostrarsi.

Con l’emozione di chi non sa cosa aspettarsi.

Con le mani tremanti per il timore.

Con gli occhi chiusi, mentre si lasciavano andare a tutte le loro emozioni.

Si unirono lì, accanto al loro albero, sul loro prato. Sotto le loro stelle.

In quella calda notte di Agosto.

~

“Sei bellissima.”

Lily sorrise allo sposo, senza una parola. Posò la mano sul braccio di lui e si lasciò guidare per quei pochi passi che li distanziavano dall’altare.

Per un attimo i suoi occhi verdi schizzarono a destra, a cercare il viso di Alice, in cerca di un ennesimo conforto. Ma il castano che incrociarono era quello di Remus.

Il ragazzo pallido la guardò, l’espressione indecifrabile.

Lui sapeva, aveva sempre saputo. Era uno dei pochi con i quali si era sfogata, forse l’unico a conoscere la storia nella sua interezza. Lo vide sospirare e scuotere il capo, quasi impercettibilmente.

Glielo aveva ripetuto tante volte. Quante volte le aveva detto di non farlo se non era assolutamente sicura? A decine. Eppure lei era lì, davanti all’altare. Con James.

Gliel’avevano condotta gli eventi, le scelte e le delusioni.

Gliel’aveva condotta la vita, la vita perfida che non aveva occhi per l’amore.

La vita che guardava dritto dinnanzi a sé e travolgeva qualsiasi cosa le si parasse davanti.

E cos’era quell’amore? Soltanto un altro degli ostacoli da sopraffare.

Senza fatica, senza difficoltà. Era stato spazzato via, come una piuma da un alito di vento.

~

4 Agosto 1977

Privet Drive

Si era svegliata presto quella mattina. Non sapeva nemmeno il perché.

Si era svegliata e non era riuscita a riprendere sonno.

Era restata per una buona mezz’ora sdraiata sul letto, ad osservare fuori dalla finestra il sole sorgere ed illuminare il mondo con i suoi primi raggi.

Quando finalmente si era decisa ad alzarsi erano già le otto. In casa c’era silenzio, durante le vacanze estive i suoi genitori e Tunia amavano dormire fino a tardi.

Era scesa pigramente fino in cucina e si era preparata una tazza di caffè. Con tre cucchiaini di zucchero, naturalmente. Più era dolce, più le piaceva.

Poi, senza pensarci troppo, era salita al piano di sopra, si era vestita ed era corsa fuori di casa, era corsa da lui. Sev non voleva che lei entrasse in casa sua, ma ci teneva a svegliarlo. E non era la prima volta che lo faceva.

Le strade di Privet Drive erano silenziose, illuminate da quei raggi di sole che già portavano caldo e che presto avrebbero svegliato anche i più pigri abitanti del quartiere.

Non aveva fatto molta strada.

Non appena imboccata la stradina un po’ tortuosa all’angolo della strada principale aveva sentito delle urla. Urla terrorizzate e risate di scherno.

Non ci aveva riflettuto troppo. Aveva agito d’istinto, come avrebbe fatto qualsiasi Grifondoro si fosse ritrovato nella sua situazione. Aveva estratto la bacchetta ed era corsa avanti, cercando di capire da dove provenissero le grida. Ne aveva trovato l’autore quasi subito.

Un bambino, di nove anni al massimo, era sospeso per aria, a circa tre metri dal suolo. Si contorceva e urlava, tentando di liberarsi da qualcosa che nemmeno vedeva o conosceva.

Sotto di lui un ragazzo incappucciato rideva, puntandogli contro la bacchetta, spalleggiato da altri due ugualmente vestiti. Lily alzò la bacchetta contro di lui, la mano ferma.

“Mettetelo giù!” gridò, rivolta ai tre maghi vestiti di nero.

Si voltarono. Non era possibile vederli in volto a causa del cappuccio, l’unica parte del corpo che restava scoperta erano le mani.

Il più grande, quello che si era divertito a torturare il bambino, scoppiò in una sonora risata, imitato subito da uno dei suoi amici. Il terzo restava immobile, a guardarla.

“Mettetelo giù!” ripetè, facendo un passo avanti.

“Altrimenti?” un’altra risata di scherno.

Non sprecò tempo e fiato per rispondere. La bacchetta si mosse, fulminea.

Un istante dopo il capo dei teppistelli era per terra, schiantato.

Il bambino precipitò sul terreno un istante dopo. Si guardò intorno, terrorizzato, poi scappò via.

Il secondo reagì prontamente. Un lampo di luce verde partì dalla sua bacchetta, all’indirizzo di Lily, che riuscì a deviarlo appena in tempo. Le gambe le tremavano pericolosamente.

Aveva riconosciuto l’Anatema che Uccide. E se quel ragazzo lo stava scagliando contro di lei significava che era seriamente in pericolo.

Il terzo ragazzo, il più mingherlino, strattonò il compagno per il mantello, esortandolo a ritirarsi.

Risultò convincente. L’altro, stizzito, si avvicinò all’amico schiantato e gli posò una mano sulla spalla.

Sparirono nel nulla dopo qualche attimo.

Lily rimase a fronteggiare l’ultimo dei tre maghi, che non sembrava essere intenzionato a combattere. Anzi, ripose la bacchetta e le si avvicinò.

“Stai…bene?” chiese, in un sussurro appena udibile.

Lei annuì, deglutendo. Al ragazzo questo sembrò bastare. Si voltò e fece per allontanarsi, ma lei lo afferrò per la mano.

“Aspetta…” le parole le morirono in gola.

La mano di lui era pallida se paragonata a quella di lei che lo stringeva. A Lily bastò spostare un po’ le dita per leggere una scritta nera sulla pelle di lui, fatta con semplice inchiostro e già un po’ sbiadita:

Ti amo…

Tutto si fermò, in quell’istante che sembrava protrarsi in eterno. Persino il cuore sembrò arrestare il suo battito. Restò immobile a fissare quella scritta, così semplice. Tracciata con una calligrafia che era chiaramente la sua.

Un attimo dopo lui scostò la mano, con forza. Esitò per qualche istante, davanti a lei, le gambe tremanti.

Poi corse via.

~

Non si erano più parlati, da quel giorno. Lui l’aveva cercata più di una volta, le aveva mandato lettere e gigli bianchi, quelli che lei adorava.

Ma non si erano più incontrati sotto l’albero che li aveva visti crescere, non avevano più passato ore intere a parlare, sdraiati sull’erba. Le loro labbra non si erano più sfiorate in un morbido bacio.

Le mancava, il cielo solo sapeva quanto.

Quando la mente prova con tutta la sua forza a dimenticare qualcuno e il cuore non vuole, per quanto quella possa sforzarsi, per quanto faccia di tutto per raggiungere il suo scopo… il cuore conserverà sempre il ricordo, anche se solo in un piccolo pezzo. Lo conserverà e lo custodirà gelosamente.

E niente, mai niente potrà intaccarlo.

“Cari amati, siamo qui riuniti, alla presenza di Dio, per unire questo uomo e questa donna secondo il vincolo del Sacro Matrimonio così come istituito da Dio, regolato dai Suoi comandamenti e onorato da tutti gli uomini…”

~

La mano bianca si posò sulla corteccia dell’albero e la accarezzò, a lungo e lentamente.

Le dita sottili indugiarono sulla piccola incisione appena leggibile su un lato del tronco, la sfiorarono tremanti.

L & S

Per sempre.

04/08/1976

L’aveva scritto lei. Sembravano essere passati al massimo due o tre giorni da quando aveva visto la sua piccola mano incidere con precisione e scrupolosità il legno di quell’albero tanto comune eppure così importante per loro.

Una lacrima scivolò dagli occhi neri.

Una e solo una. Una lacrima di rimpianto.

Era stata solo colpa sua, lo sapeva.

Quante volte lei gliel’aveva detto? Quante?

Quante volte lo aveva pregato di lasciar perdere tutti quegli amici Serpeverde che passavano il loro tempo a torturare la gente?

Quante volte aveva tentato di fargli capire che l’avrebbero soltanto rovinato?

Non l’aveva ascoltata. Si era lasciato trascinare, senza opporre resistenza.

E adesso ne pagava le amare conseguenze.

E non poteva esistere pena più atroce del vivere senza di lei.

Se solo avesse avuto un’altra possibilità…

Se solo il cielo gli avesse concesso un modo per riscattarsi, per dimostrarle quanto era cambiato.

Se solo avesse potuto farle capire che il suo pentimento era profondo e reale.

Ma era tardi ormai. Forse già le campane suonavano a festa…

~

Sudava. Non era solo il caldo, e lo sapeva.

James la guardava di sottecchi, di tanto in tanto, e sorrideva.

Probabilmente era convinto che la sua fosse soltanto tensione.

Forse pensava che fosse solo una forte emozione quella che le faceva tremare le mani e bruciare gli occhi.

Quanto si sbagliava…

“Per quanto queste due persone siano venute liberamente per essere unite in questo luogo sacro, se c'è qualcuno tra i presenti che è a conoscenza di qualcosa per cui non possano essere legalmente uniti in matrimonio e che vuole opporsi a questa unione, gli chiedo di parlare ora o di tacere per sempre.”

Quasi sussultò quando udì le parole del sacerdote.

Una parte di sé, quasi impercettibile, sperava di vederlo comparire da un momento all’altro, come nei migliori film, dicendo di amarla, dichiarandosi pentito.
Ma sapeva benissimo quanto questo fosse impossibile. Regnava il silenzio, gli invitati si limitavano a sorridere con soddisfazione all’indirizzo degli sposi. Nessuno parlava, com’era ovvio.

Lily chiuse gli occhi e deglutì.

Il sacerdote attese qualche altro secondo, poi si apprestò a proseguire.

“ L’Unione che ci apprestiamo a consacrare…”

“Un momento.”

Il prete si zittì, mentre tutti si voltavano verso il ragazzo che si era alzato, a lato dell’altare.

Agli sposi bastò girare lievemente il capo a sinistra per vedere di chi si trattasse. Il cuore di Lily batteva forte, mentre una nota di speranza iniziava a risuonare nel cuore, insistente.

“Io mi oppongo.” Remus sospirò pronunciando queste parole, poi spostò gli occhi su Lily.
Nel verde era appena leggibile un velo di disperato ringraziamento.

“Lei si…oppone?”

Il Sacerdote guardò sorpreso quello che sarebbe dovuto essere uno dei testimoni del matrimonio.

James era stralunato, restava a fissare uno dei suoi migliori amici, chiedendosi cosa diavolo aveva in testa.

“Si. Mi oppongo.” Il volto era risoluto e determinato. Deciso come mai Remus era stato prima d’allora.

“Dia…le sue motivazioni, dunque.” Il povero sacerdote sembrava essersi rassegnato all’idea di una decisione difficile da prendere.

Remus esitò un istante, lanciando a James uno sguardo di scusa e dispiacere, poi parlò, rivolgendosi direttamente a Lily.

“Non è qui il tuo posto. Lo sai.” Le sorrise, rincuorante, come solo lui sapeva fare.

Il bouquet le cadde di mano mentre James si voltava verso di lei, in cerca di scuse o spiegazioni.

Non ci pensò due volte. Scosse il capo e chiuse gli occhi.

“Mi dispiace.” Fu appena un sussurro quello che rivolse a James.

Poi, sotto gli occhi stralunati di tutti, la sposa corse via, lontana dall’altare, di nuovo lungo il tappeto rosso che gliel’aveva condotta. Fino a quando anche lo strascico bianco scomparve alla vista dei presenti.

~

Erano le dieci. Le stelle brillavano sempre di più nel cielo scuro.

Lui sembrava aver abbandonato ogni tentativo di lasciar perdere i ricordi o di restare lucido.

Era immobile da almeno un’ora, quando la sua mano aveva sfiorato quella delicata incisione.

Il battito rado delle palpebre era l’unico movimento che lo riguardasse.

Che altro poteva fare, ormai?

Nulla. Poteva solo restare lì a maledire la vita e a vivere di ricordi, sogni e folli speranze.

Non si accorse del rumore distante di qualcuno che correva il quella direzione.

Non si accorse del respiro affannoso che si avvicinava.

Non si accorse del fruscio leggero delle foglie, alle sue spalle.

Lily si bloccò, bruscamente.

Era buio, i tratti della figura che le dava le spalle non si riuscivano a distinguere con chiarezza.

Ma lei sapeva chi era. Lo sapeva, lo sentiva e sperava ardentemente di non sbagliarsi.

Chi altri avrebbe potuto sfiorare con tanta dolcezza una scritta tanto semplice?

Un soffio di vento le accarezzò il viso, scompigliandole i capelli ormai liberi dal velo.

Il ragazzo, davanti a lei, si irrigidì, poi si voltò di scatto.

Per qualche istante tutto rimase così, immobile, mentre il verde e il nero si scrutavano, incerti ed increduli. Fu lui a parlare, la voce instabile.

“Non ti ho sentita.”

“Lo so.”

Deglutì, cercando di scorgere negli occhi di giada il motivo della sua presenza in quel luogo.

Cosa…fai qui?”chiese infine, cercando di apparire quanto più indifferente gli fu possibile.

“Speravo di trovarti.”

La voce di lei era più salda, meno tremante.

“Trovare…me?”

Un piccolo bagliore di speranza tornò ad illuminare il cuore tormentato di Severus.

“Si. Te.”

Lily fece un altro passo avanti, dopo un respiro profondo. Si avvicinò al tronco del loro albero e posò anche lei, con delicatezza, una mano sulla scritta che lei stessa aveva levigato.

La pelle rosa e quella bianca si sfiorarono, per un secondo, prima che lui ritraesse bruscamente la sua mano e le chiedesse, con un filo di angoscia:

Perché mi cercavi?”

Un sospiro. Lei abbassò gli occhi. I secondi scorrevano, lenti, infiniti.

Spezzati dalle parole più belle del mondo.

“Ti amo.”

Un altro alito di vento, che gli nascose per qualche istante gli occhi di lei.

Una cicala cantava, poco distante.

Una lacrima scendeva per le guance pallide e bagnava il terreno.

Una stella brillava un’ultima volta e poi precipitava, nel cielo blu, diretta chissà dove.

Una speranza, un desiderio, un sogno…

Un istante.

I corpi si stringevano in un abbraccio convulso e confortante, tra le lacrime,tra i sospiri.

Cuore, corpo e anima.

Un amore che combatteva ancora, un amore che sapeva perdonare, un amore che voleva vivere.

“Ti amo.” Il sussurro fu di Severus, quella volta.

Con un gemito le labbra si unirono, con naturalezza, con dolcezza, ritrovandosi con sorprendente facilità, assaporandosi a lungo, dischiudendosi contro quelle dell’altro, catturandole.

Per non farle più fuggire.

Il fruscio del vento si affievoliva, lasciandoli nella loro intimità.

Per non porre mai fine a quel bacio.

Da qualche parte, in lontananza, l’orologio di una chiesa batteva la mezzanotte.

Per amarsi in eterno.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: foxfeina