Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Phoenix_619    22/05/2014    4 recensioni
Quindi sei italiana di seconda generazione eh? E quanto hai vissuto in Italia?
- I primi quindici anni della mia vita, poi ho cominciato a lavorare come domestica per conto di alcuni borghesi.
- Sei molto giovane Razael. Quanti anni hai?
- Signor Claus, non si chiede l'età a una signora! - disse la governante sorridendo mestamente. Claus proruppe in una risata grassa.
- Santo cielo conte, se avessi saputo che mi sarei divertito così tanto avrei messo degli abiti più larghi! Per il ridere mi stanno cedendo i bottoni!
- Razael, rispondi alla domanda del nostro ospite.
- Ho ventidue anni.
- Quindi in età da marito...
- Sono già sposata, signor Claus. - Il nobile strabuzzò gli occhi guardando Ciel sorpreso.
- Non dirmi che... tuo marito, Razael... -
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Agni, Ciel Phantomhive, Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19


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Era notte. Odiava la notte londinese; era maledettamente fredda e umida, nebbiosa e puzzolente. Beh, forse puzzolente perchè era nei sobborghi. Non aveva ben capito il piano del suo padroncino. Dovevano scoprire delle cose su una certa famiglia aristocratica immischiata in affari con la mala. La solita solfa insomma. Ciò che non capiva era perchè doveva fingersi una prostituta!
Esattamente. P-R-O-S-T-I-T-U-T-A.
Era cominciato tutto un paio di giorni prima. Ciel l'aveva chiamata, si era fatto servire il tè e freddamente aveva buttato lì la frase:
-Domani sera dovrai andare nei sobborghi, dirigerti a questo indirizzo e farti arruolare come prostituta. - dopo un'iniziale sgomento, Razael era scoppiata a ridere, convinta si trattasse di uno scherzo. Ma la faccia seria del padroncino, e lo sguardo soddisfatto del maggiordomo l'avevano ben presto convinta che ahimè, di scherzo non si trattava. E con le lacrime agli occhi e un sorriso tiratissimo aveva obbedito. Si era fatta arruolare da una certa Madam Butterfly (un vero e proprio insulto al suo amatissimo Puccini), che era in cerca di ragazze giovani e belle. Gestiva una casa di piacere, ed era rinomata per le belle ragazze che lavoravano per lei. Parlando con altre fanciulle dell'ambiente, era venuta a conoscenza di cose sconcertanti riguardo questa famiglia.
La sua prima sera come infiltrata fu un'inferno. Era ora di cena, e le prostitute stavano consumando il pasto in una sala adibita a mensa comune. La donna si guardò attorno. Non era una sprovveduta, sapeva esattamente cosa fare. Doveva ingraziarsi qualcuna che aveva senza dubbio una certa carriera alle spalle, altrimenti sarebbe stato inutile fare amicizia con una novellina come lei. Alla fine si buttò su un tavolo lì vicino.

- Ciao. Mi chiamo Sarah, e sono nuova - disse Razael attaccando bottone con una donna che sembrava essere un po' più vecchia di lei.
- Sono Giselle. E si vede che sei nuova. Dove vai vestita così? - disse alludendo al vestito semplice di Razael, lungo e pesante visto la temperatura polare di quella serata.
- Non capisco...
- Ti faccio capire io - disse prendendo un coltello dal tavolo dove stavano mangiando. Immediatamente Razael s'irrigidì, contraendo i muscoli e preparandosi ad un combattimento. Giselle sollevò un poco la gonna della governante, e con un colpo secco tagliò la stoffa fino all'altezza del fianco, mettendo in mostra perfino il reggicalze. Razael spalancò la bocca in un'urlo muto, guardando la stoffa irrimediabilmente squarciata.
- Chi non mostra non vende! - disse allegramente la donna tornando a mangiare. Razael vide come anche lei aveva la gonna aperta sulle gambe, mostrando la carne bianca e liscia. Anche la scollatura del vestito era qualcosa di volgarissimo. "Immedesimati nel personaggio" pensò concentrandosi "il personaggio...!".
- Scusami, ma non sono nell'ambiente.
- Siediti a mangiare pure tu, la notte è lunga e non sono ammessi spuntini. - disse Giselle indicando una donna di servizio che passava con dei piatti contenenti una zuppa di un poco appetitoso colore giallo paglia. La prostituta le allungò un pezzo di pane nero, e tornò a mangiare. Razael intinse un cucchiaio non proprio lucidissimo nella minestra (beh, anche lei aveva patito la fame in passato, non le faceva poi tanto ribrezzo) e l'assaggiò. Non sapeva quale animale potesse dare un sapore talmente schifoso ad un brodo, ed era abbastanza sicura di non volerlo sapere. Fece finta di niente e trangugiò il più velocemente possibile per non sentire il saporaccio, poi masticò lentamente il pane nero che era gommoso come uno stivale. Giselle, finito il pasto, la prese sottobraccio e la portò alla hall della casa. Madam Butterfly era una cosa mostruosa. Era enorme, un donnone di duecento chili, trucco sulla faccia compreso. Aveva dei tratti mascolini, la pelle chiara afflosciata sulle guancie.
- Madam, stasera carne fresca! - esclamò Giselle avvolgendo un braccio attorno alle spalle della donna. Madam Butterfly guardò Razael, le si avvicinò, le alzò il viso con una mano ed esclamò:
- Oh tesoro, ma sei sempre più bella! Mi farai guadagnare milioni! - esclamò felice battendo le mani. La prima volta che la governante aveva visto Madam Butterfly, dovette trattenersi dal correre ad infilare la testa nel sacchetto dei rifiuti e scoppiare a ridere. Era un'uomo travestito, questa non se l'aspettava! Ma ora, essendo la seconda volta che lo vedeva, la cosa non le sembrava più tanto divertente.
- Tette grosse, belle gambe, viso piacente... Sarai la più richiesta! Non sei più vergine vero?  -disse senza preoccuparsi troppo di essere invadente. Domandina che al colloquio di lavoro si era scordato di porle. Razael arrossì.
- No, Madam.
- Perfect! - esclamò sbattendo le ciglia evidetemente finte. - Allora Giselle, ci pensi tu ad istruirla?
- Certo, dopotutto potrei prendere qualcosa dai suoi guadagni se sarò la sua istruttrice... - disse pensierosa. Razael non voleva immaginare in cosa avrebbe potuto essere "istruita".
- Bene Sarah, vedo che sei pronta. Spero che tu sopporti il freddo! Au revoir! - cinguettò salutando le due e dirigendosi in una stanza vicino alla mensa.


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- Il freddo proprio non lo sopporto - disse battendo i denti Razael. Le prostitute avevano acceso un fuoco in un bidone per tenersi al caldo ed evitare di morire congelate. Ma la nostra governante detestava il freddo, e con l'abito stracciato in quella maniera le sembrava di essere scesa al Cocito. Ci aveva messo tanto per foderarlo con una caldissima stoffa di lana...!
- Allora novellina - esordì Giselle sistemandosi un vecchio scialle sulle spalle. - Sai a cosa vai incontro?
- ...In che senso? - chiese lei temendo di sapere già la risposta. Giselle rise.
- Di senso ce n'è uno solo cara! Allora, quanti uomini hai avuto?
- Umh.. Solo uno... - Giselle fece una faccia scocciata.
- Ma come, uno solo? Allora devi imparare moltissimo, uff! E pensare che potresti avere tutti gli uomini del mondo... Comunque... - Giselle partì con una dettagliatissima spiegazione di ciò che i clienti in media desideravano, dall'atteggiamento fino ai vari e fantasiosi usi della lingua, lezione che Razael ascoltò con le guancie in fiamme. "Se Grell venisse a conoscenza di tali porcherie... Povero William!" pensò seriamente preoccupata per lo shinigami. Dopo pochi minuti alcuni uomini cominciarono a passare per quella strada secondaria. Giselle diede una gomitata a Razael, e immadiatamente si mise di schiena al fuoco, mostrando le belle gambe dallo spacco del vestito e sorridendo sorniona agli uomini. Razael provò immediatamente ad imitarla. Si appoggiò al muro mentre si sistemava i capelli, mettendo in mostra il corpo fin troppo scoperto per i suoi gusti. Sorrideva in modo seducente, apparentemente presa dal sistemarsi i capelli.
- Bravissima! - sussurrò Giselle - Fatti desiderare!- Razael non  lo prese come un complimento, ma fece finta di apprezzare. Doveva riuscire ad abbordare clienti specifici.
"Non è difficile riconoscerli. Hanno tatuaggi orientali ovunque, ma sono europei. è il loro tratto peculiare. In quanto agli abiti hanno dei giubbotti neri, e girano sempre in gruppo. Sebastian dice che frequentano le ragazze della casa di piacere di Madam Butterfly; un modo sicuro per infiltrarsi è quello di fingersi una prostituta, ma questo Sebastian non può certo farlo. Riprendendo il discorso, le prostitute che lavorano per loro vengono trattenute per una settimana circa. Quelle che lavorano per Butterfly tornano piene di gioielli e soldi, le altre vengono vendute squartate al mercato nero degli organi." Razael si ricordava perfettamente le parole del padroncino. Se da una parte aveva la certezza che non sarebbe stata sventrata come un vitello, dall'altra avrebbe avuto a che fare con dei pezzi grossi della mala. Come tutti i giorni d'altronde.
- Guarda, lì ci sono dei clienti. Ora ti faccio vedere - disse Giselle indicando con un cenno del capo alcuni uomini che passavano per la via. Si allontanò appena dal gruppetto, sorridendo ai clienti.
- Cosa ci fanno questi begli omaccioni per strada senza compagnia? - disse strizzandogli l'occhio. Gli uomini si avvicinarono trascinandone un terzo. Ubriaco come una cozza.
- Ehilà signore! Il nostro amico qua - dissero mettendo in mostra il poveraccio che a malapena si teneva dritto - non è mai stato con una donna, e a breve si deve sposare con una tizia brutta come la fame!
- Oh, povero povero caro - disse apprensiva Giselle annuendo con il capo.
- Eh già... allora noi pensavamo di fargli passare una bella nottata con una bella donna! Vero Frank?
- Verisshimo combagno - disse l'uomo rizzandosi a fatica. Si guardò inebetito intorno, prima di lanciarsi su Razael. Lei rimase immobile, e fece per scansarsi, quando lui inciampò in una pietra e cadde rovinosamente a terra. I suoi compari immediatamente lo ritirarono su di peso, ridendo come matti.
- Ma sono questi i clienti tipo? - sussurrò leggermente disgustata Razael a Giselle. Questa le diede un'amichevole spintone.
- Facci l'abitudine tesoro. Solitamente stanno un po' più dritti. Ma non preoccuparti, sono sempre impinguati di soldi! Ragazzi, seguiteci suvvia! - il gruppetto si diresse verso la casa di piaceri, dove vennero accolti da Madam Butterfly.
- Buonasera cari  -disse con voce mielosa uscendo dal suo bancone - permettetemi di darvi il benvenuto nella mia umile casa. Spero che le mie ragazze vi siano di compagnia! Vi guideranno alle stanze, prego! - disse gentilmente scostando una cortina che rivelava un corridoio inondato da una luce soffusa. Giselle si fermò di fronte alla sua stanza.
- Allora tesorucci - disse con fare civettuolo - chi vuole venire a farmi compagnia? - i due uomini abbandonarono l'ubriaco per terra, e cominciarono a litigare su chi dovesse andare con Giselle. Si placarono solo quando una prostituta comparve placando i loro animi e facendoli tornare tranquilli. Uno di loro seguì la nuova ragazza, mentre l'altro entrò nella stanza di Giselle seguito dalla suddetta. Nel corridoio improvvisamente calò il silenzio. Razael sarebbe voluta scoppiare a piangere.
- E ora cosa facciooo? - disse fra se e se trattenendo un singhiozzo e mettendosi le mani fra i capelli. Non aveva la minima idea di dove andare, non ricordava quale fosse la sua stanza e l'ubriaco da terra guardava felice sotto la sua gonna. Razael fece un respiro profondo.
- Calma, calma. Tutto ciò che devo fare è girare trascinandomi dietro questo imbecille fino a quando non mi sembra di riconoscere la mia porta. Massì, sembra semplice!- battè la mano destra, chiusa a pugno, sul palmo sinistro, convinta di ciò che diceva. Si riscosse quando sentì una manina sudata e lercia percorrerle la gamba candida. - giù le mani tu! - sbraitò tirando un calcio alla mano dell'ubriaco.  Quello mugolò contrariato, ma non riuscì a disobbedire al tono imperioso della donna. Razael sbuffò, e decise di trascinarlo in qualche stanza. Sperando di entrare in quella giusta e non sorprendere persone in atteggiamenti ambigui. Ma nemmeno tanto ambigui alla fine. Prese l'ubriaco per una caviglia e, curandosi di usare meno delicatezza possibile cominciò a portare l'uomo in giro per il palazzo, soffermandosi vicino a ogni porta che riteneva simile alla sua. Se, accostandovi l'orecchio, vi sentiva dei rumori poco ambigui continuava a cercare una stanza silenziosa. Infine, forse aiutata da qualche forza interceleste, aveva raggiunto una stanza silenziosa, con una scalcinata porta rossa arrugginita. L'aprì e trascinò dentro l'uomo, poi chiuse distrattamente la porta. Scordandosi la testa del cliente in mezzo. Vide la porta rimbalzare e qualcosa mugolare di dolore. Si portò le mani alla bocca, osservando la testa dell'uomo incastrata fra la porta e lo stipite. L'afferrò per le spalle e lo trascinò a fatica dentro, mentre questo, già rimbambito per la sbornia, si guardava attorno intontito.
- Mi dispiace - mormorò lasciando cadere l'uomo a terra, che sbattè nuovamente la testa. Chiuse la porta, poi si girò verso l'uomo.
- Cosa sai? - disse schiarendosi la voce e assumendo un'atteggiamento ostico.
- Che giorno è? - mugolò l'uomo muovendosi appena sul pavimento. Razael si avvicinò, posando un piede sul petto dell'uomo e pressandolo affinchè non si muovesse.
- Ho detto: cosa sai? Chi sono i tuoi superiori? - l'ubriaco non rispose, allungando in compenso le mani verso le belle gambe della donna. Razael era enormemente infastidita da tutta quella manfrina. C'era una sola cosa da fare. Uscì dalla stanza, dirigendosi al piano inferiore. Arrivò al bancone di Madam Butterfly, che la guardò sorpreso.
- Ci sono problemi tesoro? - chiese guardandola comprensivo.
- Il mio cliente si è addormentato... meno male che non ha vomitato! - disse esternando tutta l'irritazione che quel porco le aveva causato. - Non posso lavorare così!
- Oh tesoro capisco... guarda, abbiamo un cliente abituale che sta aspettando. Gli piacciono le donne giovani, che ne dici di andare tu?
- é un cliente abituale dite? - disse lei con un campanello d'allarme nella testa. Se era abituale, c'erano buone possibilità che fosse uno dei componenti della famiglia.
- Tesoro non preoccuparti, sarai sicuramente all'altezza - disse lui interpretando lo sguardo serio della ragazza.
- Eh...? No cioè, io.... uh... si, ce la farò sicuramente! - disse lei dispiacendosi per la sua dignità ormai in frantumi, cercando di mostrarsi estremamente carica.
- Ottimo! Questo è lo spirito giusto! Ecco, queste sono le chiavi. Prende sempre la nostra stanza speciale - disse lui/lei facendole l'occhiolino e schiaffandole in mano un paio di chiavi dorate con un portachiavi di legno con su inciso il numero della stanza. - ultimo piano, stanza 56. Avanti fiorellino, non essere timida! - la sospinse delicatamente verso il corridoio, incitandola a muoversi. Razael sorrise fino a quando fu nel raggio visivo di Madam Butterfly. Non appena la donna si trovò nel corridoio, la sua espressione determinata cambiò in un'espressione molto seria. S'incamminò senza esitazione verso la sua destinazione, le chiavi in mano che tintinnavano cristalline. Arrivata infine alla fatidica stanza 56, si fermò davanti alla porta. Si guardò attorno, poi infilò una mano nel vestito, cercando il pugnale che aveva nascosto nel solco fra i seni. Trovò l'arma, tiepida per il lungo contatto con la pelle, e l'estrasse dalla guaina. Portò la mano armata dietro la schiena, poi infilò una chiave nella porta, e l'aprì. Entrò, notando immediatamente l'atmosfera lugubre. Una figura le dava le spalle, ancora avvolta nel giubbotto nero, visibile grazie a un paio di candele appoggiate su un tavolo lì vicino. Si diresse verso l'uomo, i tacchi che scandivano il passo. L'uomo si girò appena per guardarla, e lì lei decise di passare all'attacco. Scartò in avanti arrivandogli addosso, mostrando il pugnale e puntandolo ala gola. Caddero a terra per lo slancio del balzo della donna.
- Non muoverti o sei morto! - esclamò Razael pungolando il collo dell'uomo con la punta del coltello. Questo, che ancora era di spalle alla donna, con un colpo di reni riuscì a liberarsi, e fu lui a balzare sopra alla donna. Estrasse dal giubbotto dei coltelli, quando si fermò. Ormai i due erano faccia a faccia. La bocca di Razael formò una "o", seguita immediatamente da quella dell'uomo.
- Razael...?
- Sebastian???



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- Cosa ci fai qui?
- Questo dovrei essere io a chiedertelo! - sbraitò Razael incrociando le braccia. Si erano rialzati, e ora si fronteggiavano uno con espressione divertita, l'altra estremamente disgustata.
- Sono qui per ricercare informazioni come te...
- Ah si? E lo fai abitualmente? - disse Razael senza riuscire ad evitare di guardare le numerose corde e oggetti dei quali non voleva conoscere gli impieghi tranquillamente appoggiati a un tavolino. Sebastian sospirò.
- Mi hai beccato. Sono maschio io. Ho i miei bisogni.
- E sfoghi i tuoi bisogni con le corde?
- Non solo quelle.
- Zittozittozittozittozitto! - sbraitò lei infiammandosi. - non voglio sapere le tue porcate! Insomma, siamo entrambi qui. Ma così non possiamo raccogliere informazioni!
- L'hai notato quindi. Sei proprio un'aquila.
- Cosa sai? - Sebastian sistemò la giacca, e si sedette con fare elegante sul letto.
- Io non mi faccio abbordare per strada come molti dei clienti. Mi dirigo immediatamente qui. Ho parlato con diverse tue colleghe - disse ghignando e godendosi la vena pulsante sulla tempia di Razael - ma nessuna di loro ha saputo dirmi molto. So per certo però che mai questi criminali entrano qui. Non so gli intrighi che Madam nasconde, ma sto provando a capire di più.
- Insomma siamo da capo a dodici - disse la donna massaggiandosi le tempie. Sebastian non sapeva nulla che lei già sapesse. - Come fanno dei semplici mafiosi a passare inosservati a un cane come te?
- Potrei porti la stessa domanda - disse Sebastian aggrottando leggermente le sopracciglia. Rimasero in silenzio, senza guardarsi.
- Dobbiamo muoverci in fretta. - disse a voce bassa Razael.
- Non abbiamo altra scelta.



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Razael aspettò che Sebastian se ne andasse, per poi scendere a sua volta da Madam. Erano ormai le quattro di mattina, e i clienti cominciavano ad andarsene. Si ritrovò nella mensa, e osservò le ragazze stanche appoggiate ai tavoli, mentre mettevano qualcosa sotto i denti o fumavano. Vide Giselle ad un tavolo, intenta a chiacchierare con alcune ragazze. Quando la prostituta si girò e vide Razael, le fischiò ammirata.
- Perbacco Razy! Un cliente come quello di stanotte, ed è il tuo primo giorno! Complimenti eh! I miei insegnamenti ti sono stati utili?
- Oh certo! Non so come avrei fatto senza di te! - disse inchinando appena il capo per mostrare gratitudine. In realtà Razael e Sebastian si erano messi a giocare a carte, perchè se il maggiordomo se ne fosse andato via subito qualcuno si sarebbe potuto insospettire. Aveva deciso infine di atteggiarsi come se la cosa cominciasse a piacerle, dal momento che se avesse insistito a comportarsi come se la cosa la mettesse in imbarazzo alla lunga la sua copertura sarebbe saltata.
- Ecco vedi! Avevi bisogno solo di riabituarti al sesso - disse la donna accendendosi una sigaretta. - Vuoi fumare?
- No grazie, non ci sono abituata. - disse respongendo gentilmente l'offerta con un gesto delle mani.
La giornata passò tranquilla, dormirono fino al primo pomeriggio e passarono il pomeriggio a dedicarsi alla cura del corpo. Non erano sporche e volgari prostitute qualunque, erano squillo di classe. Razael vide come, una volta smessi i panni della donna di strada, quelle ragazze fossero in fondo uguali a lei. Ridevano, scherzavano, si scambiavano consigli sul trucco e i vestiti, negozi dove avevano acquistato una magnifica lingerie. Madam Butterfly per il giorno evitava il trucco, e organizzava la vita all'interno della casa. Mandava le serve a pulire le stanze, a fare la spesa e occuparsi delle prostitute se queste lo chiedevano. Anche le ragazze non stavano con le mani in mano. Si cucivano i vestiti eventualmente strappati da un chiodo che sporgeva o un cliente troppo irruento, aiutavano a mantenere pulita e ordinata la casa. Tiravano giù le tende impolverate, ritiravano i piatti dai tavoli, alcune cantavano per allietare l'atmosfera.
La governante dovette ammettere che, sebbene offrissero il loro corpo per soldi, quelle prostitute erano molto meglio di parecchie aristocratiche che svenivano se gli si spezzava un'unghia. Per loro la casa di piaceri era la loro vera casa, e come tale contribuivano a renderla vivibile. Era da molto tempo che non si sentiva davvero così tranquilla, senza Mey Rin Bard e Finny che distruggevano tutto, senza i continui sbeffeggiamenti di Sebastian e le urla isteriche di Elizabeth.
Arrivò la sera, e nuovamente scesero tutte in strada. Come al solito Razael seguì Giselle, avendo ormai capito che la donna era molto richiesta, ergo le possibilità di incontrare questi clienti tatuati erano alte. Passò un'ora senza che un'anima passasse per quella strada.
- Uff, che noia stasera - si lamentò una protituta dal volto rotondo. Razael stava per risponderle, quando un brivido la colse alla base della nuca. Si girò, gli occhi che vagavano inquieti per la strada deserta. Giselle la guardò sorpresa.
- CHe hai? - Razael prese un respiro profondo, rilassandosi.
- No niente, ho sentito un rumore.
- Sarà stato un gatto.
Sta arrivando qualcuno.
- Già, un gatto.










Angolo autrice:
stavolta no, non riesco a fare un'Angolo autrice scemo e allegro come al solito.
Ho continuato a rimandare la pubblicazione ora per questo, ora per quel motivo.
Questo mio immenso ritardo stavolta non ha scuse.
Ho passato un periodaccio, nel quale di aggiornare la storia non mi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello. é stata dura per me riuscire infine a trovare la forza di finire di scrivere questo capitolo; e a darmi la forza siete stati voi. L'idea di ragazzi e ragazze che seguono la mia storia, e aprono EFP magari sperando di vedere un aggiornamento, per mesi, per rimanere infine delusi. Ed è stato proprio questo pensiero, l'idea di deludere persone che amano la mia storia, che la seguono con affetto e si emozionano leggendola, ridono e inorridiscono. Il potere che una storia ha sulle persone è immenso, da non sottovalutare.
Con questo spirito filosofico dunque aggiorno con questo capitolo, scusandomi per l'inaccettabile ritardo e confidando che continuiate a seguire le avventure di Razael.
Vi ringrazio per la vostra pazienza infinita,
Phoenny


   
 
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