Serie TV > White Collar
Segui la storia  |       
Autore: Kaira    23/05/2014    0 recensioni
Un furto di pezzi pregiati, un nuovo ladro in città, un caso per la White Collar. Una vecchia conoscenza fa ritorno a New York, non è sola e le cose per Neal potrebbero non essere semplici. L’amicizia tra Neal e Peter sopravvivrà alle nuove informazioni?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neal Caffrey, Nuovo Personaggio, Peter Burke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tredicesimo capitolo. Una nuova vita

 

Cinque anni dopo l’incidente

 

Era assurdo che fossero li, Peter non riusciva a crederci.
Circa due anni e mezzo dopo il loro trasferimento a Washington Elizabeth si era ammalata, l’assicurazione non copriva le spese per alcune cure sperimentali e un misterioso benefattore aveva pagato tutte le parcelle. Peter non aveva fatto domande, grazie a quei soldi aveva potuto offrire alla moglie le migliori cure esistenti e questo gli era bastato. Superato il periodo critico e visto che Elizabeth migliorava di giorno in giorno, Peter aveva iniziato ad indagare discretamente, senza coinvolgere nessuno, una sua ricerca personale nel poco tempo che gli rimaneva tra il lavoro e le ore passate a tenere compagnia alla moglie.
Nel giro di un anno Elizabeth si era ristabilita completamente e la sua ricerca aveva iniziato a dare i primi frutti.
Poi una sera era arrivata la cartolina. Era la copia di un disegno ad acquarello, sul retro nessun mittente e nessuna firma, solo la scritta: Lascia perdere ti prego.
All’inizio Peter aveva tergiversato, non sapeva se parlarne o meno alla moglie, alla fine aveva deciso di raccontarle tutto. Elizabeth aveva guardato la cartolina e la felicità le aveva illuminato il volto e gli occhi, un sorriso che Peter non vedeva più da tempo. Poi la donna si era alzata, era salita in camera e ne era ridiscesa con una cartella tra le mani. Peter ne conosceva il contenuto: i disegni che Ariel aveva fatto durante il suo soggiorno da loro. Elizabeth non se ne era voluta separare. La donna si era seduta accanto a Peter sul divano, aveva aperto la cartella e ne aveva preso il primo disegno, lo aveva passato al marito. Peter aveva capito subito dove volesse arrivare, il disegno che aveva in mano, l’incompiuto, era quello rimasto sul cavalletto il giorno dell’incidente ed era lo stesso raffigurato nella cartolina, solo due persone sapevano di quel disegno e in teoria dovevano essere entrambe morte da cinque anni.

 

Ora i coniugi Burke erano li, avevano affittato un bungalow da una famiglia locale e per tutti si stavano godendo il viaggio per il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio, una coppia felice che festeggiava la possibilità di stare ancora insieme.
Erano arrivati da cinque giorni. Peter ed Elizabeth avevano deciso di visitare tutta la zona, quel pomeriggio avevano optato per una spiaggia piuttosto isolata, molto bella, ma difficile da raggiungere. I due avevano dovuto lasciare la macchina a qualche miglio di distanza e fare l’ultimo tratto a piedi. Ora si stavano godendo l’ombra delle palme seduti sugli asciugamani distesi sulla sabbia morbida. Elizabeth sorrideva mentre spalmava al marito la crema solare sulla schiena.
Fu in quel momento che Peter li vide, un ragazzo ed una ragazza sui sedici o diciassette anni, i due spuntarono da dietro un duna. La ragazza indossava una tunica leggera verde ed un ampio capello di paglia, il ragazzo era in costume, i capelli scuri bagnati e gli occhiali da sole, stavano venendo verso di loro, ma non potevano vederli per via della vegetazione.
Elizabeth sentì il marito irrigidirsi sotto il suo tocco “Che c’è tesoro?” gli chiese sorpresa.
Peter non rispose, prese il mento della moglie con una mano e le guidò lo sguardo verso la direzione da cui stavano arrivando i due giovani. In pieno sole, con i capelli scuriti dall’acqua e gli occhi invisibili dietro le lenti a specchio, il ragazzo era esattamente come Peter si sarebbe immaginato fosse stato Neal a diciassette anni.
Elizabeth era balzata in piedi e si era lanciata verso i due, Peter non aveva fatto in tempo a fermarla. Avevano parlato spesso di come si sarebbero comportati se li avessero trovati davvero, era diventato il loro gioco, la loro missione in un certo senso.

Elizabeth raggiunse i due giovani, che la guardarono sorpresi.
“Ariel?” chiese la donna timidamente avvicinando una mano alla ragazza, senza toccarla. Anche Peter si era accostato e aveva visto chiaramente la sorpresa sui visi dei due ragazzi. Quello che doveva essere Nicholas appariva sconcertato. Peter sapeva che il ragazzo non aveva mai incontrato sua moglie, quindi Nicholas non aveva idea di chi fosse la donna che si era avvicinata, ma appena aveva scorto lui dietro di lei, si era ritratto, passando una mano intorno alla vita della sorella. Il tocco aveva risvegliato quella che doveva essere Ariel dal suo momentaneo stato di trance, la ragazza li aveva guardati un attimo intensamente, poi in un inglese stentato aveva detto “Scusare me, non so chi voi cercare, io Amanda” indicando sé stessa con la mano e sottolineando il tutto scuotendo la testa.
“No Ariel… Amanda” ripeté la ragazza fissando i Burke con luminosi occhi azzurri.
Elizabeth era senza parole, fu Peter ad intervenire: “Si certo, scusateci, uno scambio di persona” sorrise e scandendo lentamente le parole aggiunse: “Ariel era una nostra cara amica, tu le assomigli molto” detto questo si allontanò portando via la moglie.
Dopo qualche metro Peter si voltò verso i ragazzi ancora impietriti e in tono normale disse: “Va bene, ho lasciato perdere… nessuna indagine dell’FBI, nessun agente, nessuno… io e mia moglie siamo qui in vacanza per goderci questo bel mare.”
Dopo aver sorriso ai due ragazzi Peter si era girato e sempre trascinandosi dietro un’allibita Elizabeth era tornato alle loro cose, le aveva raccolte e si era messo in marcia lungo il sentiero che li avrebbe riportati alla macchina.
Quando la donna si era voltata verso la spiaggia i due giovani erano scomparsi e per un attimo Elizabeth pensò di esserseli sognati.

 

“Non ce la facevi proprio a rinunciare…” disse la voce dell’uomo seduto sulla sedia della piccola cucina del bungalow che i Burke avevano affittato per la loro vacanza.
Erano passati quattro giorni dall’incontro con i ragazzi in spiaggia e Peter aveva quasi perso le speranze. L’uomo si alzò dalla sedia e gli andò incontro, indossava dei pantaloni bianchi leggeri, una camicia azzurra molto chiara ed in testa aveva la solita fedora in versione panna. Peter non poteva credere ai suoi occhi, l’uomo in piedi davanti a lui era senza ombra di dubbio Neal Caffrey, cinque anni più vecchio dell’ultima volta che l’aveva visto e molto più abbronzato, ma comunque Neal.
Elizabeth non si trattenne, si avvicinò a Neal, lo abbracciò e lo schiaffeggiò per poi tornare ad abbracciarlo, aveva gli occhi rigati di lacrime.
“Me lo merito” disse Neal ricambiando l’abbraccio.
“Come hai potuto” piagnucolò Elizabeth sempre stringendolo forte a sé.
“Non sai quanto mi dispiace Elizabeth, se ci fosse stato un altro modo… io non volevo farvi soffrire” disse Neal chiudendo gli occhi e respirando il profumo dei capelli della donna.
Peter sbottò incredulo “Non volevi farci soffrire? Cosa diavolo pensavi che sarebbe successo?”
L’agente era arrabbiato con Neal per quello che gli aveva fatto passare, ma era anche felice che fossero vivi e orgoglioso di aver seguito le tracce nel modo giusto, di essere riuscito a ritrovarli, di non aver mai rinunciato. Quello che aveva detto in spiaggia era vero, non c’era nessuna indagine e non ci sarebbe mai stata, per il mondo Neal Caffrey e sua figlia erano morti e non era intenzione di Peter cambiare le cose.
“Non mi avrebbero mai lasciato andare Peter, questo lo sai anche tu… e anche una volta scontata la condanna, sarei stato comunque nel radar del Bureau per tutta la vita, non avrei mai potuto avvicinarmi ad Alex senza farla arrestare…” iniziò a spiegare Neal con la voce leggermente incrinata, stava fissando Peter negli occhi, gli leggeva in faccia il conflitto interiore che lo animava.
Elizabeth si staccò da Neal e fece un passo indietro, Peter e Neal si fissarono per quello che alla donna sembrò un tempo interminabile, poi il marito fece due passi e abbracciò l’amico stringendolo forte.
“Grazie” sussurro Neal ricambiando l’abbraccio “Grazie a te” disse Peter trattenendo a stento le lacrime “Credi non sappia chi ha pagato le parcelle dell’ospedale” aggiunse piano sussurrando nell’orecchio di Neal, l’ex-truffatore in risposta sorrise.

 

“E l’incidente?” chiese Peter bevendo un sorso di birra.
L’agente e Neal erano seduti su di un morbido divano nel soggiorno della casa di Neal, anche Elizabeth era con loro. Da un’oretta buona Neal stava rispondendo alle loro domande, spiegando la nuova vita sua e della sua famiglia in quel paradiso senza estradizione. Le risposte dell’ex-truffatore erano piuttosto vaghe ed il discorso era rapidamente passato a tutti quelli che Neal aveva conosciuto a New York, l’ex-truffatore era curioso della nuova vita a Washington dei coniugi Burke.
“Dell’incidente meno ne sai e meglio è Peter” disse Neal sorridendo “comunque non è morto nessuno… è stato estremamente complicato da organizzare…”
“Ci credo” disse Elizabeth e aggiunse in tono triste “Non sai che giorni terribili sono stati… non so se ti perdonerò mai veramente per questo”
Neal le sorrise stringendole piano un braccio “Mi dispiace” disse sincero.
In quel momento una bambina entrò di corsa nella stanza urlando “Papà! Trovato!” e corse tra le braccia di Neal.
La piccolina aveva all’incirca tre anni, capelli e occhi castani, era incredibilmente abbronzata ed indossava un vestitino giallo svolazzante. Neal la accolse tra le braccia e la sollevò, la bambina rise felice e si accoccolò stringendosi al padre.
“Mi dispiace mi è sfuggita” disse una voce femminile dalla porta, la bambina nascose la faccia nel petto del padre. La donna entrò in salotto salutando in tono allegro “Peter, …Elizabeth … è piccolo il mondo”
Era vestita con una maglia bianca ed una gonna color sabbia ampia che le scendeva fino a coprire la punta dei sandali, morbide onde di capelli marroni le incorniciava il volto abbronzato.
“Ciao Alex!” disse Peter e la bambina lo guardò confusa.
“Anna” lo corresse Alex “Peter dovresti sapere che mi chiamo Anna, ogni tanto l’amico di papà è smemorato, cosa ci vuoi fare” disse la donna facendo l’occhiolino alla bambina tra le braccia di Neal.
L’uomo si alzò mettendo a terra la figlia, si avvicinò ad Alex e la strinse in un abbraccio dandole un bacio sulla guancia, poi si voltò verso i Burke e indicando la bambina disse: “Peter, Elizabeth, questa è Samanta, la piccola di casa Delacroix, ha quasi tre anni e tra quindici giorni faremo una grande festa di compleanno.”
Peter sapeva che ora Neal si faceva chiamare Matthew Delacroix, Alex cioè Anna Delacroix era sua moglie, mente i gemelli erano diventati Amanda ed Etienne. Samanta era semplicemente Samanta Delacroix, troppo piccola per avere idea del complicato passato che aveva portato i suoi genitori ad essere quelli che erano, chissà magari un giorno le avrebbero raccontato tutta la verità o forse solo una parte. Per ora Peter era felice di passare gli ultimi giorni della sua vacanza in compagnia di sua moglie, di un nuovo-vecchio amico, della sua famiglia e di un vicino di casa pelato fissato con le cospirazioni.

 

FINE

 

Spero la storia vi sia piaciuta, io mi sono divertita a scriverla. Grazie a chi a letto e doppio grazie a chi a anche commentato.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > White Collar / Vai alla pagina dell'autore: Kaira