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Autore: RandomWriter    23/05/2014    4 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Erin e Nathaniel pranzano insieme e la ragazza scopre che lui e Castiel sono stati ottimi amici in passato senza riuscire però ad avere ulteriori dettagli. Dopo aver trovato il messaggio provocatorio che Erin le ha lasciato sull’armadietto, Ambra la trascina dalla preside affinchè venga punita. La donna però, esasperata dai loro battibecchi, punisce entrambe assegnando loro una settimana di pulizie della scuola.
Uscendo, Erin incontra Alexy, Rosalya ed Iris con i quali inizia a chiacchierare finchè arriva Castiel. Tra lui, Rosalya ed Alexy è successo qualcosa in passato che ha incrinato i loro rapporti ma grazie all’allegria di Erin, il clima si alleggerisce della tensione.

 
Capitolo 9:
IL PRIMO GIORNO DI PUNIZIONE


“venerdì”.
Quella semplice parola riecheggiava nella mente di Iris come una sorta di mantra che la portava alla pace dei sensi. Anche quella settimana scolastica stava finendo e il weekend era alle porte. La giornata non poteva iniziare meglio.
Come ogni mattina, si alzò con calma dal letto e si diresse sbadigliando verso il bagno. Si stava lasciando alle spalle una settimana carica di novità grazie all’arrivo di Erin, una ragazza con cui aveva subito stretto amicizia. Iris ripercorse mentalmente gli eventi che avevano caratterizzato gli ultimi quattro giorni: Erin era arrivata lunedì e si impegnata alla ricerca di un pallone che valeva come ammissione al club di basket in cui era entrata ufficialmente martedì. Il mercoledì successivo Ambra le aveva giocato lo scherzo della fototessera ma Erin ci aveva messo poco a vendicarsi: appena il giorno prima, giovedì, le aveva sottratto le sue amate extension mettendo al corrente tutta la scuola dell’imbarazzante segreto della bionda.
Da quando quella ragazza aveva messo piedi al Dolce Amoris, le cose per Iris erano cambiate: sentiva di aver finalmente trovato l’amica che aveva sempre sognato di incontrare. Inoltre al suo occhio attento, non erano sfuggiti dei piccoli cambiamenti che l’arrivo di Erin aveva portato con sé: aveva parlato con Castiel, (cosa mai successa prima nonostante fossero compagni di classe da più di un mese), aveva conosciuto l’inavvicinabile Rosalya e aveva scambiato qualche parola in più anche con il segretario delegato degli studenti: Nathaniel.
Era come se Erin sprigionasse un’energia positiva che aveva contagiato tutti.
L’indomani al cinema proiettavano una commedia che da tempo voleva andare a vedere ed era l’occasione giusta per un’uscita tra amiche. Oltre ad Erin, avrebbe chiesto anche a Violet, anche se Iris non nutriva molte speranze a riguardo. La ragazza avrebbe con ogni probabilità declinato l’offerta ringraziandola. Violet aveva gusti un po’ particolari quel genere di uscite serali non le erano particolarmente gradite.
Iris si passò la crema idratante con movimenti circolari e poi si guardò allo specchio. Sarà stata la prospettiva della serata successiva, sarà stata la gioia che fosse venerdì, il suo viso quella mattina era particolarmente raggiante.
 
L’autobus aveva appena svoltato l’angolo così Iris si approssimò al marciapiede per far intendere all’autista che voleva salire. Vide Erin che la salutava dal finestrino con allegria.
Una volta salita, le due si salutarono e Iris non tardò a riferirle il suo progetto per il giorno successivo.
“lo sai che domani sera esce quel film con Sandra Bullock di cui ti parlavo l’altro giorno?”
“si mi ricordo. Ci andiamo?” propose immediatamente Erin.
Iris sorrise per essere stata battuta sul tempo. Il programma per l’indomani era deciso.
 
“ti sei già messa dei vestiti vecchi per le pulizie del pomeriggio?”
Erin non aveva neanche fatto a tempo a poggiare lo zaino sul banco che Ambra subito aveva trovato un pretesto per stuzzicarla. Quel giorno cominciava ufficialmente la settimana di pulizia, punizione inflitta dalla preside alle due ragazze. Erin inspirò preparandosi a ribattere, ma Kim la anticipò:
“insultare gli altri è l’unico modo che hai per parlare con qualcuno Ambra?”
La bionda si voltò di scatto verso la mora:
“fatti gli affari tuoi Kim. Non stavo parlando con te”
“se è per questo sei talmente sola che non parli mai con nessuno, a parte Charlotte e Lin” replicò asciutta Kim.
Le sue parole, cariche di disprezzo, riecheggiarono in una classe silenziosa e interessata al loro battibecco.
Ambra sgranò gli occhi per l’umiliazione che le era stata inflitta. Allargò le narici e ispirò profondamente preparandosi al contrattacco:
“ragazze dateci un taglio!” intervenne Iris, avvicinandosi a Kim “sta arrivando la prof”.
Nonostante il carattere pacifico e tranquillo, Iris sapeva quando imporsi per ristabilire l’ordine, capacità che le aveva valso la nomina di presidentessa del club di giardinaggio.
Erin aveva assistito a quel breve scambio di battute senza battere ciglio. Era rimasta basita dopo l’intervento di Kim: se non aveva frainteso la situazione, la ragazza aveva preso le sue difese ed Erin non potè fare a meno di pensare che fosse una forma di gratitudine per il salvataggio in piscina.
seduti”ordinò la professoressa Fraun posando il libro di storia sulla cattedra.
La donna scrutò l’aula e puntò il suo sguardo verso il fondo della classe dove il vuoto lasciato da Castiel era evidente:
“cominciamo l’appello” sospirò senza commentare ciò che aveva notato. Castiel Balck stava seriamente compromettendo il suo percorso scolastico per la seconda volta. Quell’assenteismo era una chiara provocazione nei suoi confronti in quanto insegnante di una materia che il ragazzo giudicava inutile.
Aprì il registro.
“Adams”
“presente” replicò Kelly, seduta accanto a Kim.
“Alvarez”
“presente”
“Barton”
“presente”
“Blac-“
“presente”
Senza lasciare il tempo all’insegnante di finire di pronunciare il suo cognome, Castiel, con un tempismo impeccabile, aveva fatto il suo ingresso in aula.
La Fraun si limitò a commentare con ironia:
“alla buon’ora” e proseguì con l’appello. In cuor suo però era contenta che lo studente si fosse presentato. Era la seconda volta dall’inizio dell’anno che si presentava in aula e sperava che non tornasse alle vecchie abitudini.
Erin ovviamente aveva occupato il posto vicino alla finestra e aveva lasciato a Castiel quello più esterno.
Il ragazzo appoggiò pesantemente la borsa sul banco e si accomodò sulla sedia.
“ciao” lo salutò educatamente Erin senza però ricevere nessuna risposta e proseguì solo quando fu sicura che il ragazzo la stesse ascoltando.
“quando cominciamo a fare quel lavoro di scienze sul fumo?”
Per tutta la settimana si era angosciata all’idea di dove collaborare con quello scansafatiche del suo compagno di banco per un progetto affidato loro dalla professoressa Joplin il lunedì in cui Erin era arrivata in quella scuola. Aveva rimandato continuamente l’argomento ma era arrivato il momento di cominciarlo.
“cominciamo?” ripetè Castiel. La sua espressione di infantile stupore lasciò perplessa Erin mentre il ragazzo esponeva le sue ragioni:
“io pensavo che ti saresti arrangiata tu. Metti anche il mio nome, e poi morta là” replicò con candore.
La ragazza strabuzzò gli occhi per quella risposta e per la naturalezza con cui era stata pronunciata. Era davvero convinto che fosse più che normale fare come aveva detto lui.
“mi stai prendendo in giro?” scandì Erin con scetticismo.
Castiel la guardò con un’espressione neutra e, avvicinandosi, le sussurrò:
“fidati, il mio contributo sarebbe più di impiccio che utile”
“non mi accollo tutto il lavoro per poi farti prendere il merito, mica sono stupida!” protestò la sua compagna di banco.
“Ambra l’avrebbe fatto” puntualizzò Castiel, convinto per qualche motivo che fosse un’osservazione a suo favore.
“infatti se non l’hai notato, non ho una grande stima di lei”
“signorina Travis! È la terza volta che la chiamo!”
“eh? Sì, ok… mi dica” farfugliò Erin sostando la sua attenzione verso l’insegnante:
“no mi dica lei! La stavo forse disturbando?” chiese con un tono di ironica gentilezza “Risponda all’appello!” le ordinò subito dopo alzando la voce.
“ah si…vabbè… ci sono” replicò Erin chiedendosi l’utilità di quella parole. Che senso aveva ormai rispondere all’appello?
Castiel sghignazzò.
“non si risponde “ci sono” “ la rimproverò la Fraun, facendole il verso “si dice -presente!-”aggiunse alterandosi sempre di più.
presente” ripetè Erin con poca convinzione, sentendosi un’idiota mentre i compagni a mala pena trattenevano un sorriso di scherno verso la Fraun.
“FA LA SPIRITOSA ADESSO?” sbottò frustrata la donna incapace di controllarsi.
Erin era completamente disorientata. Che caspita doveva fare allora?
“senta signorina Travis, vada a farsi un giro fuori e torni quando le sarà passata la voglia di fare la spiritosa!”
“m-ma…”
“FUORI!” urlò l’insegnante.
Mentre si alzava, Erin sentiva gli occhi della classe su di lei, così cercò gli unici da cui poteva trovare consolazione: Iris aveva un angolo della bocca piegato verso il basso, in una smorfia di dispiacere.  
 
“brutta megera in menopausa” borbottò tra sé e sé mentre passeggiava per i corridoi.
Miss Fraun aveva la fama di essere un po’ instabile e il suo comportamento assolutamente imprevedibile.
“dove vado adesso?” si chiese la ragazza guardandosi intorno sperduta.
Erano le 8.08 e quindi tutte le classi erano impegnate a lezione. In meno di un dieci minuti era riuscita a farsi sbattere fuori dall’aula: un record che forse nemmeno gente come Castiel o Trevor detenevano.
Prese il cellulare per scrivere un messaggio ad Iris, ma l’amica l’aveva preceduta:
“non preoccuparti, la Fraun è solo lunatica. Ci vediamo alle otto e mezza in bagno?”
Erin sorrise con gratitudine, pur sapendo che Iris non avrebbe potuto vederla.
Adesso doveva decidere come trascorrere i successivi venti minuti in attesa di incontrare l’amica. Non poteva continuare a vagare nei corridoi, prima o poi qualche professore l’avrebbe incrociata e chiesto spiegazioni. Pensò così di rifugiarsi all’esterno, dove lei, Iris e Violet erano solite pranzare.
Stava per svoltare l’angolo, quando sentì dei suoni digitali. Incuriosita, si affacciò con cautela.
Un ragazzo con i capelli neri, stava giocando con un Nintendo DS e sembrava molto preso, tanto da non accorgersi dell’intrusione. Erin lo fissò cercando di recuperare il ricordo del nome. Sapeva che era il fratello gemello di Alexy e che si erano presentati quando era andata alla ricerca del pallone.
“ciao Armed!” esclamò.
Il ragazzo alzò lo sguardo e vedendola replicò:
“ce l’hai come me?”
Erin tentennò poi scrutandolo aggiunse circospetta:
“ho sbagliato nome?”
“mi chiamo Armin” rise l’altro.
“scusami ma sono pessima con i nomi”
“e io con i visi a quanto pare perché non mi ricordo di te” replicò prontamente Armin lasciando di sasso la ragazza.
“ahah scherzavo! Mi ricordo di te, Irina”
“mi chiamo Erin” puntualizzò assumendo un’espressione scettica.
“oh non posso chiamarti Irina? È il nome del mio personaggi preferito in The light of the Shadow” spiegò Armin convinto in qualche modo della validità della sua giustificazione.
“è un film?”
“macchè film, è un videogioco della PSP3!” si arrabbiò il moro come se fosse stato offeso personalmente.
“ah ok, non me ne intendo molto sai…”
“me ne sono accorto!”
“non serve che ti offenda sta cosa” brontolò Erin.
Armin sospirò.
“sono rassegnato che voi ragazze e i videogame non andrete mai d’accordo”
“beh, non è detto. Ce ne sono di ragazze a cui piacciono”
“allora presentamene qualcuna Irina”
“non sono Irina, sono Erin”
Il ragazzo però ignorò la correzione.
“come mai all’aria aperta?”
“divergenze con la Fraun”
“la Fraun? Ce l’ho anche io. È girata voce che abbia fatto un esaurimento nervoso l’anno scorso tanto che quest’anno non erano manco certi che tornasse”
“non mi stupisce: è schizzata. Ma tu come mai sei qua?” chiese Erin con interesse.
“devo assolutamente finire questo livello! In classe il prof mi distraeva con le sue domande così non riuscivo a concentrarmi a dovere. Ah, a proposito, se te lo chiedono: io sono in infermeria” aggiunse con una tale serietà che Erin trattenne una risata.
Quando erano andati a comprare il costume, Alexy l’aveva avvertita che il gemello era un fissato dei videogame ma anche che, dietro quell’apparenza di affascinante nerd, si nascondeva un mago dei computer. La ragazza decise di non disturbarlo ulteriormente, così lo lasciò tranquillo ad ultimare la sua missione e si diresse verso il bagno. Erano le 8.25.
 
Una vola tornata nei corridoi, Erin aveva ancora cinque minuti prima dell’appuntamento in bagno con Iris. Pensò di passare davanti alla sala dei delegati, con la minima speranza che Nathaniel fosse lì anziché in classe.
Dal momento che gli dei quel giorno erano stati abbastanza inclementi con lei, decisero di accontentare questa sua debole speranza.
Il ragazzo stava per l’appunto chiudendosi la porta alle spalle, tenendo in mano una cartella blu.
“Erin! Che coincidenza” esclamò vedendola. Il viso di Nathaniel si era illuminato e quello di Erin di riflesso.
“Ciao! Come mai non sei a lezione?” indagò la ragazza incrociando le mani dietro la schiena e spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
Nathaniel aveva notato quel gesto in più occasioni e aveva dedotto con piacere che la ragazza lo facesse quando era di buon umore.
“ho appena finito di ultimare il programma per la gita delle quarte e delle quinte”
“sul serio?” chiese Erin incuriosita.
“oh yes”
“non puoi darmi qualche indizio?” lo pregò Erin con un sorriso invitante. Quel sorriso così contagioso e spontaneo lo spiazzava sempre.
Dopo una debole resistenza, il ragazzo si arrese:
“eh vabbè… solo perché sei tu. Staremo via tre giorni: si parte il 6 novembre e si torna l’8”
“ah quindi non è un’uscita in giornata! Figo! E la divisione delle classi? Non partiremo mica tutte insieme!?”
“dunque la tua classe è stata abbinata alla mia poiché siamo entrambi in sezione C”
“grande!” esultò Erin. Una gita con Iris e Nathaniel di lì ad un paio di settimane. Non stava già nella pelle. Stava per porre altre domande ma in quel momento li interruppe la preside:
“lei signorina Travis cosa fa fuori dall’aula?”.
Le ci erano voluti meno di due secondi per identificare la nuova studentessa che già aveva fatto parlare di sé studenti e insegnanti di mezza scuola. In appena quattro giorni dal suo arrivo, Erin Travis si era già accaparrata l’antipatia di Miss Fraun e del professor Condor che erano già stati in presidenza a manifestare la loro disapprovazione:
Abbiamo già Castiel Black, Trevor Smith, Kim Phoenix, Ambra Daniels… non c’erano classi meno problematiche dove inserire una simile piantagrane?” aveva protestato Mister Condor che era uno che non le mandava a dire.
La preside si era limitata a sospirare e a chiedere ai due insegnanti di dare il tempo alla ragazza di ambientarsi perché era convinta che non fosse una cattiva studentessa. Ma averla punita per indisciplina appena il giorno prima e averla appena beccata a bazzicare per i corridoi durante l’orario di lezione, non andava certo a suo favore.
“stavo andando in bagno…”si giustificò Erin con poca convinzione. La vecchia preside non era così vecchia per nulla e ormai era abituata alle bugie dei suoi studenti. Tuttavia a volte, recitava la parte della nonnina rincoglionita per evitare discussione. Fece così finta di credere alle parole della ragazza e non pretese ulteriori spiegazioni.
“allora ci vada. Nathaniel adesso serve a me” sentenziò la vecchietta entrando nella sala delegati.
Nathaniel alzò le spalle sorridendo alla sua interlocutrice e dopo averla salutata, raggiunse la preside.
 
“finalmente! Penseranno che ho la diarrea!” brontolò Iris quando vide Erin entrare in bagno. La stava aspettando da oltre dieci minuti. A quella frase, l’amica era scoppiata a ridere:
“non c’è nulla da ridere! Dove eri finita?”
“ho incontrato prima Armin, hai presente?… è il fratello di Alexy... e poi Nathaniel qua fuori”
Il nome Nathaniel ebbe un effetto calmante istantaneo su Iris che si sciolse in un sorriso canzonatorio:
“e così hai incontrato Natty” indagò
“ho detto Nathaniel” puntualizzò Erin in imbarazzo.
“parlate tanto voi due eh?” la punzecchiò l’amica senza smettere di sorridere. Tra l’amica e il delegato stava nascendo qualcosa e non poteva fare a meno di trovare il tutto molto stuzzicante.
“dimmi della Fraun piuttosto… si è data una calmata?” esclamò Erin, anche per distogliere l’attenzione di Iris.
“sì, infatti avevo pensato che potevi rientrare con me, così avresti attirato meno l’attenzione di tutti”
Erin alzò il pollice in segno di approvazione e le fece l’occhiolino.
 
Quando le due amiche rientrarono in classe, calò il silenzio più completo. Tutti fissavano Erin che però si limitò a guardare di sbieco l’insegnante aspettandosi una sua reazione:
“Erin può rientrare?” intercedette Iris. Sapeva di essere una delle preferite della donna e giocò a favore di Erin, questa sua debolezza.
La Fraun annuì senza aggiungere altro ed Erin raggiunse il proprio banco.
Vide Castiel con il viso appoggiato sulla mano. Sembrava che il sonno si sarebbe impadronito di lui da un momento all’altro e l’equilibrio della sua testa era piuttosto precario.  
Stando bene attenta a non farsi notare dal resto dei presenti, Erin passandogli da dietro, gli tirò uno scappellotto che gli fece schiantare la fronte contro il banco.
Il tonfo fece sobbalzare tutti.
“MA PORCA TROIA!” imprecò Castiel per lo spavento.
“CHE SUCCEDE!?” strillò la Fraun esasperata.
Erin fece la gnorri e guardò fuori dalla finestra.
“mi sono addormentato” ammise Castiel come se la cosa fosse perfettamente normale e giustificabile.
Inutile dire che, dopo Erin, fu il secondo studente ad essere sbattuto fuori dall’aula nell’arco della giornata.
 
Dopo pranzo, Erin si diresse verso la sala presso cui si riuniva il personale delle pulizie.
Fino a poco prima, Iris e Violet l’avevano consolata, dicendole che la giornata sarebbe passata in fretta. Contro ogni aspettativa, Ambra era già là:
“ansiosa di cominciare?” la schernì Erin appoggiando la borsa sul tavolo.
“ti conviene prendere appunti oggi, perché questo sarà il tuo futuro lavoro sfigata” replicò Ambra.
Qualcosa di indefinito colpì Erin. Non si seppe spiegare il perché ma quelle parole le sembrarono intrise di un’amarezza di fondo che non aveva mai colto prima.
Ambra non la stava guardando con disprezzo o astio. Nei suo occhi leggeva un sentimento diverso ma non sapeva come descriverlo. Ripensò alle dure parole che Kim le aveva rivolto quella mattina, ma allontanò l’idea che fossero riuscite a scalfire l’animo che si nascondeva sotto tutti quegli strati di fondotinta e cattiveria.
 “almeno siete puntuali!” osservò la preside varcando la soglia. La donna era seguita da una signora sulla quarantina con capelli poco curati e da un vecchietto con un’andatura incerta.
“dunque Patty, sai già cosa devi fare con Ambra” disse rivolgendosi alla prima “Mi raccomando, assicurati che faccia il suo dovere altrimenti interverrò personalmente!”.
Patty aveva un viso scavato e denti ingialliti dal fumo. Fece cenno ad Ambra di seguirla e la bionda, disgustata, eseguì le sue istruzioni.
“invece Erin, tu lavorerai con Tom” le spiegò la preside presentandole il vecchietto decrepito “non ho niente da aggiungere, ci penserà lui a te…e adesso all’opera!”
 
Quel modo di fare così sbrigativo aveva un po’ disorientato Erin che si trovò costretta a seguire il vecchio Tom per i corridoi. La sua andatura lenta ed incerta richiesero cinque minuti per raggiungere il primo luogo di lavoro quando delle gambe sane avrebbero percorso della distanza nella metà del tempo.
La condusse ai bagni dell’ala est, soffermandosi davanti a quelli maschili. Tom le fece segno di portare il carrello con il materiale per la pulizia al suo interno.
“non vorrà mica che entri là dentro!?” protestò Erin allarmata.
“e perché no? È solo un bagno” gracchiò l’uomo prendendo una scopa e mettendogliela in mano.
“m-ma…. se entra qualcuno!?” precisò Erin. Da un’occhiata fugace aveva intravisto gli orinatoi appesi alla parete.
“e allora?”
Erin era rimasta senza parole. Era pur sempre una studentessa. Evidentemente l’imbarazzo di farle pulire i bagni maschili (cosa che una volta risaputa in giro sarebbe stata fonte di derisione nei suoi confronti) faceva parte della sua punizione.
“non capisco proprio perché dovrebbe turbarti tanto la cosa” ammise l’uomo con perplessità.
 “ma se entrasse qualcuno…” scandì Erin a denti stretti sempre più nervosa.
“e che sarà mai! Mi chiedo cosa dovresti vedere che tu non abbia già visto!” obiettò l’uomo facendo avvampare Erin, dall’alto del suo virginale candore. A prescindere da quale opinione il vecchio potesse avere sulla precocità sessuale dei giovani, Erin apparteneva a quell’esigua minoranza che ancora guardava al mondo con infantile ingenuità.
“su! Al lavoro! Sennò chiamo la preside” la minacciò il nonnetto spazientito da tutte quelle (a suo avviso immotivate) resistenze.
Vedendo che le sue parole avevano sortito l’effetto desiderato, si spostò verso i bagni femminili.
“vecchio pervertito!” pensò tra sé e sé la ragazza.
Sbirciò all’interno del bagno maschile assicurandosi che non vi fosse nessuno. Una volta accertatasi che la via fosse libera, prese dal carrello uno strappo di carta assorbente e con un pennarello usato per siglare i detergenti scrisse:
“PULIZIE IN CORSO. NON ENTRARE”
Appese il foglio alla porta del bagno e si chiuse dentro sperando che quel divieto fosse sufficiente a tenere lontano eventuali fruitori del locale.
Aprì le finestre nauseata dall’odore che ristagnava all’interno. Vide scritte oscene sulle pareti, pezzi di carta igienica non utilizzati sparsi per terra vicino ai water che, non osò guardare attentamente, avevano chiazze di colore scuro qua e là.  
Stava per iniziare a scopare per terra quando la porta si aprì.
Rimase di sasso con gli occhi sbarrati mentre l’intruso si dirigeva verso gli orinatoi. Dalla divisa da basket e dai capelli, riconoscere Castiel fu immediato.
Il ragazzo si era portato le mani all’altezza dell’inguine per abbassarsi i pantaloni quando colse con la coda dell’occhio una presenza. Focalizzò lo sguardo in quel punto e sbarrò gli occhi:
“E TU CHE CI FAI QUI?!”
L’imbarazzo d Erin era tale che non riusciva a replicare ma in quel momento fece irruzione Tom:
“oh scusami Edith, ho confuso i bagni dei maschi con quelli delle femmine! Ora capisco perché hai fatto tutte quelle storie!”
Erin lo guardò come se avesse davanti l’idiota numero uno del mondo.
“non preoccuparti Tom, alla fine è nel suo ambiente naturale” intervenne Castiel che nel frattempo si era ripreso dalla shock. Il ragazzo la guardava beffardo ed Erin non vedeva l’ora di abbandonare quella stanza:
“se non ti dispiace, adesso avrei da fare… ma se vuoi restare qui a guardare...” disse malizioso
Avvampando, Erin esclamò “sei un cafone!”.
Uscendo urtò un altro ragazzo, ma nella fretta non lo guardò nemmeno in faccia. Si rifugiò nel bagno delle femmine in attesa di sbollire la rabbia.
 
Una volta terminata la pulizia dei bagni, Tom la guidò alla pulizia delle aule della didattica:
“vieni Emily”
“mi chiamo Erin” replicò la ragazza rassegnata. Era la quarta volta che lo correggeva. Si era sentita chiamare Edith, Ester, Helene e ora Emily. Se non altro l’iniziale era sempre giusta.
Tom la condusse in 5^ C, la classe di Nathaniel.
Incuriosita Erin cercò di indovinare dove fosse seduto ma non c’era nessun indizio che lasciasse intuire quale posto occupasse.
Si mise d’impegno e pulì al meglio delle sue capacità quell’aula, spazzando ogni residuo di gomma e pulendo due volte il pavimento. Su alcuni banchi c’erano dei disegni e delle annotazioni a matita ed Erin si prodigò nell’eliminare al meglio ogni residuo.
mica siamo in un laboratorio” scherzò Tom vedendo l’impegno della ragazza.
Passarono poi ad altre aule finché non arrivarono le quattro e un quarto:
“adesso Evelyn vai in biblioteca. Lì devi solo spolverare la scrivania, scopare e passare lo straccio, poi puoi andartene a casa… a passare per terra la palestra mi arrangio io dopo che gli studenti se ne sono andati”.
Erin ringraziò Tom e si diresse verso il suo ultimo luogo di lavoro. Tutto sommato, incidente del bagno a parte, quel pomeriggio non era stato così stressante come temeva.
Le passò accanto Ambra che sghignazzando, la informò che il suo turno era già finito e stava già rincasando. Passando davanti alla sala del personale però, Erin sentì Patty lamentarsi dello scarso rendimento della bionda:
mai vista un’oca così. E pensare che dovrò sorbirmela per una settimana. Più che d’aiuto è d’intralcio, così l’ho mandata via prima. Pensa che ho dovuto spiegarle come passare lo straccio!” si stava lamentando la donna.
 
Arrivata in biblioteca, Erin si mise subito all’opera.
Spolverò il banco per la prenotazione dei libri e scopò anche sotto gli scaffali.
In realtà c’era ben poca polvere, ma la stanza era grande e ben fornita di libri. Mentre passava il pavimento, Erin si accorse di un libro dalla copertina di velluto: “Cime tempestose”.
Più e più volte si era ripromessa di leggerlo ma nonostante questo buon proposito, non l’aveva ancora fatto.
Prese il libro tra le mani e si accomodò su una poltroncina accanto ad una lampada da tavolo. Aveva ancora un quarto d’ora prima della fine della attività pomeridiane, a quel punto tanto valeva aspettare le cinque così avrebbe fatto la strada del ritorno assieme ad Iris.
 
Il cellulare lentamente scivolava dalla tasca, che era sempre più incapace di trattenerlo al sicuro dentro di sé. Alla fine vinse la gravità e l’oggetto atterrò sul suolo facendo sobbalzare la sua proprietaria.
Erin si svegliò di soprassalto, confusa e disorientata.
Si guardò attorno.
Era in una biblioteca.
La biblioteca della scuola.
Le ci vollero un paio di secondi per orientarsi e capire cosa ci faceva lì.
Ricordava di aver cominciato a lettura di “cime tempestose” ma evidentemente il sonno aveva avuto la meglio. 
Raccolse il telefono e guardò l’ora: erano quasi le sette. Come se ciò non bastasse, ben dieci messaggi su Whatsapp e quattro chiamate perse facevano capolino sullo schermo.
Lesse un messaggio alla volta, partendo dal più vecchio:

ORE 16.57 – DA IRIS: farò un po’ tardi con il club? Mi aspetti? :)
ORE 17.05 – DA IRIS: sei già tornata a casa?
ORE 17.15 – DA IRIS: vedo che non hai ancora visualizzato i messaggi. Cmq io torno a casa. Ci vediamo domani


Il fatto che non avesse messo nessuno smile, fece intuire ad Erin che l’amica si era un po’ irritata per averla aspettata inutilmente.

ORE 17.17 – DA ZIA: cosa vuoi per cena? Sto andando a fare la spesa
ORE 17.35 - DA ZIA: che ne dici di una bella paella? Ci sono le cozze e i gamberoni in offerta!!
ORE 17.57 – DA ZIA: stasera si mangia paella. Tra venti minuti sono a casa
ORE 18.35 – DA ZIA: si può sapere dove sei?? Pensavo di trovarti a casa!
ORE 18.54 – DA ZIA: Erin mi sto preoccupando. Dove sei??????
ORE 18.56 – DA ZIA: sei senza soldi forse?


Ovviamente le chiamate perse erano una di Iris e le altre tre della zia. Dando la priorità al legame di sangue, Erin chiamò Pam. La risposta all’altro capo del filo fu immediata:
“Erin, si può sapere dove sei?!?”
La nipote già aveva pensato ad una scusa valida per prendere tempo nell’attesa di capire come uscire dalla scuola che ora la teneva prigioniera.
 “scusami, è che Iris mi ha invitata a cena a casa sua e ho dimenticato di avvertirti. Ho lasciato il telefono in camera sua e adesso che l’ho ripreso in mano ho visto i messaggi e le chiamate”
“mi sono proprio spaventata! Non farlo mai più!” si lamentò Pam facendo sentire ancora più in colpa Erin.
“lo so, scusa…”
Pam sospirò. Ora che la preoccupazione se n’era andata, era felice di sapere che Erin si sarebbe fermata dalla sua amica. In meno di una settimana aveva già fatto amicizia.
“mi dispiace per la tua paella… magari invita Jason a cena” le suggerì Erin maliziosa. Il loro vicino, innamorato di Pam, sarebbe morto dalla gioia per una simile proposta.
“non ho neanche cominciato tanto ero preoccupata” replicò asciutta la zia. Quando la nipote si divertiva a tormentarla parlandole di Jason, Pam si irritava e diventava acida.
“ok ok scusa ancora… scusami ma mi stanno chiamando…. Allora ci vediamo verso le nove… e mezza.. ” aggiunse Erin prendendola larga.
“d’accordo. Divertiti”
 
Erin uscì dalla biblioteca. Erano le sette di sera del 24 ottobre e le poche fonti di illuminazione naturale rendevano la scuola particolarmente buia e tetra.
Quel silenzio così irreale penetrava nelle ossa della ragazza, che pur non credendo a fantasmi e fenomeni paranormali, si guardava attorno circospetta, temendo un agguato nell’ombra.
Il suo obiettivo era dirigersi sul retro della scuola dove poteva tentare di scavalcare il cancello posteriore senza attirare l’attenzione dei passanti.
Passò davanti al teatro e raggiunse l’aula di musica.
Sentì una sorta di lamento soffocato che le fece venire la pelle d’oca.
Rimase immobile, tremando come una foglia.
♪ ♫ “mhmmm… there was a wonderful sunset that day  ♪ ♫
Riconobbe all’istante quella voce.
Aprì con veemenza la porta del club di musica, sorridendo sollevata.
In piedi accanto alla finestra, Lysandre aveva interrotto la sua canzone e la stava fissando. Nonostante l’irruzione improvvisa di Erin, non aveva dato segni di evidente sorpresa ma solo di un leggero stupore.
Proprio come dicevano le parole della canzone che stava cantando, il giorno in cui si erano conosciuti, c’era un meraviglioso tramonto il cui ricordo era rimasto indelebile nella mente di Erin.
 
SPAZIO DELL'AUTRICE:
Con un giorno di anticipo rispetto a quanto avevo previsto, ecco pubblicato il nono capitolo. Niente disegno questa volta perché non mi sentivo ispirata :-(
Mi rendo conto, senza volerlo, che i capitoli stanno diventando sempre più lunghi… tanto di cappello a chi riesce a leggerli tutti fino alla fine :-).
Dopo una fugace apparizione nel capitolo 4, finalmente anche Lysandre  è tornato in scena (in quello stesso capitolo in realtà Erin aveva anche conosciuto Armin ma la cosa era passata inosservata).
Visto che chi legge questa ff conosce il gioco a cui è ispirata, può facilmente intuire cosa ci faccia a scuola dopo la fine delle lezioni.
Nathaniel ha finito di organizzare la gita (il furbetto ha usato la scusa delle sezioni per andare in gita con Erin?) e questo significa che c’è del materiale per i prossimi capitoli…
Dell’incidente in bagno che dite? Quando andavo alle elementari, per una ragazza mettere piede nei bagni dei maschi era l’equivalente ad una dichiarazione di cambio di sesso -.-‘’ .
Beh, non ho altro da aggiungere, se siete arrivati fin qua in fondo, non posso che ringraziarvi :-)

 
Anticipazioni del capitolo 10:
Cosa ci fa Lysandre nella scuola a quell’ora? Ed Erin come farà a tornare a casa? …
...APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA!! {。^◕‿◕^。}

 
  
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