I
love you.
La mattina
dopo, ricevetti una nuova lettera, sempre da Emmaline.
Sistematicamente, finì
insieme alle altre sul ripiano dietro al cigno di vetro senza nemmeno
essere
aperta. Non ero pronta, continuavo a ripetermi. Ma lo sarei mai stata?
Mentre mi
stavo vestendo, ricevetti un messaggio da Luke: “Ciao
piccola, come stai?”
sorrisi e digitai in fretta un: “Bene, tu?
<3”
“Benissimo
<3 preparati, oggi usciamo :)”
“Non
lo
facciamo ogni giorno??”
“Sì,
ma
stavolta siamo solo noi due <3”
A quelle
parole, il mio cuore accelerò. Mi piaceva l’idea
di passare del tempo da sola
con lui. “Un indizio? <3”
“C’entra
la casa degli specchi <3”
“Il
Luna
Park?!”
“Esatto
piccola ;)”
Esultai,
preparandomi in fretta. Adoravo quel posto. Presi una borsa a tracolla
minuscola e ci misi dentro giusto il portafoglio e il cellulare,
più altri beni
di prima necessità. A volte mi spaventava il fatto che in
quella borsa così
piccola potessero entrare più cose che in quella grande, ma
questo era uno dei
tanti super poteri del genere femminile.
Suonarono
al campanello e io corsi di sotto. “Coco, è
Luke!” urlò Carol per farsi
sentire. Non fece in tempo ad aprire la porta, che io ero
già fuori, fra le
braccia di Luke. “Pinguino!” esclamai. Luke si mise
a ridere. “Da dove viene
questo soprannome?” mi chiese. “Non lo so, ma mi
piaceva” feci io con noncuranza.
Lui rise di nuovo. “Ok, ok” concesse poi.
“Andiamo, piccola?” chiese. Io
annuii, ma non accennai a staccarmi da lui. Lui ridacchiò.
“Vuoi la guerra!” dedusse
poi. Mise un braccio sotto le mie gambe e mi sollevò a
principessa, facendomi
ridere. “Luke, mettimi giù!” feci.
“No!” rispose lui. Mi portò verso la
macchina di Ashton – che avevamo preso in ostaggio per
l’occasione – e mi
sistemò sul sedile, dandomi un bacio a stampo sulle labbra.
Era così tenero,
quando faceva così!
“Coco,
mi
lasci?” chiese. Io scossi la testa, saldamente aggrappata al
suo collo. “Koala,
dobbiamo andare!” esclamò. Io ridacchiai, decisa a
non lasciarlo. “Piccola?”
“Sì?”
“Se
non mi
lasci, non si va al Luna Park” mi disse con un sorriso furbo.
Io lo lasciai
subito, sistemandomi sul sedile. Lui scoppiò a ridere.
“Su, su, su!” esclamai,
elettrizzata. Lui ci mise apposta un sacco di tempo prima di partire,
tanto che
io misi su un broncio offeso che lo fece sorridere. “Coco, mi
guardi?” mi
chiese. Io scossi la testa e lui mi slacciò la cintura di
sicurezza, per poi attirarmi
sulle sue ginocchia. Iniziò a lasciarmi piccoli baci sul
collo, che mi fecero
sciogliere. Accidenti, ero troppo vulnerabile. Non poteva farmi
capitolare con
un semplice bacio, non andava bene! “Coco?” mi
chiamò di nuovo, dolcemente.
Decisi di ignorare quei piccoli brividi che partivano lungo la mia
schiena ad
ogni sua parola: ero offesa – o almeno tecnicamente
– e per una volta volevo
rimanerlo. Era più che altro una sfida con me stessa, che
durò poco: lui
infatti, voltò il mio viso con un dito e mi diede un lungo
bacio a stampo. “Ora
mi parli?” chiese. “Solo quando arriveremo al Luna
Park” feci io. “Hai parlato.”
“Ma
non
vale! Era per avvertirti!”
“Hai
parlato di nuovo!” fece con un sorriso divertito. Io feci un
verso di
disapprovazione e mimai il chiudermi la bocca con una cerniera.
“Ok, ok,
andiamo” disse lui ridendo.
Arrivammo
al Luna Park dopo circa una ventina di minuti. Io mi fiondai subito
giù
dall’auto mentre era ancora in movimento per parcheggiare.
“Coco, non farlo
più!” esclamò Luke contrariato. Io non
risposi e iniziai a saltellare sul posto
appena vidi le montagne russe. Ero troppo eccitata, il Luna Park mi
faceva
questo brutto effetto. “Vuoi stare ferma?!” mi
chiese Luke ridendo. Io scossi
la testa. “Dove andiamo per prima cosa?” chiesi.
Lui seguì il mio sguardo. “Non
so perché ma il mio istinto mi dice che vorresti andare
sulle montagne russe” fece.
Io mi misi a ridere. “Istinto o sguardo?”
“Un
po’
entrambi.”
“Stai
imparando a leggere le persone pure tu, eh?”
“No,
riesco solo a leggere te” mi disse, circondandomi la vita con
un braccio. Io
appoggiai la testa alla sua spalla, crogiolandomi in quel momento di
coccola.
Ad un certo punto, vidi una cosa che mi fece trasalire. Presi dalla
borsa i
miei occhiali da vista – eh già, da lontano ero
una talpa – e li inforcai in
fretta. Luke mi guardò e trasalì.
“Quando te li sei messi?! Un attimo fa non ce
li avevi!” fece stupito. “Quelli non sono Manu e
Michael?!” chiesi io invece. Lui
seguì il mio sguardo e rimase a bocca aperta.
“Sì!” fece poi. Io non dissi
niente e lo trascinai più vicino alla coppia. I due erano su
una panchina,
abbracciati, che si scattavano una foto tenendo un enorme peluche di un
elefante
in mezzo a loro. Il peluche in questione reggeva un cuore rosso e
paffuto con
scritto I Love You.
“Quanto sono
teneri!” esclamai. Lui annuì, mentre ci
appostavamo dietro lo stand dello
zucchero filato. Un momento. Stand dello zucchero filato?! In un
istante, il
problema del nascondersi divenne superficiale: ero già in
fila. Luke mi guardò
stranito. “Coco.”
“Sì?”
“Non
dovevamo nasconderci?”
“Certo.”
“E
perché
sei allo stand dello zucchero filato?” mi chiese. Io sorrisi,
mentre l’uomo al
di là del carrello mi consegnava la mia nuvola di zucchero
filato. “È la mia
copertura!” esclamai, portandomi lo stecco davanti al viso.
“Così si può
camminare da nascosti!”
“E
come
fai a vedere loro?” mi chiese subito lui. Io tentennai.
“Questi sono solo
dettagli!” feci poi con sussiego. “Non ci avevi
pensato.”
“Nemmeno
un po’!” ammisi ridacchiando. Lui si mise a ridere
e mi rubò un pezzo di
zucchero filato. “Ladro!” lo accusai subito,
possessiva, facendolo ridere
ancora di più. “Dai, è tanto
buono!” fece con faccia da cucciolo. Aiuto, non
potevo resistere. Questo era giocare sporco, ma davvero sporco.
Dieci
minuti dopo, avevamo deciso di lasciare un attimo Manuela e Michael da
soli e
ci eravamo diretti verso le montagne russe, dopo aver finito lo
zucchero
filato. Il mio problema: quando le vedevo, avevo l’adrenalina
al massimo, poi
sopra mi prendevo un infarto ad ogni scossa, immaginando il vagone che
si
stacca dal binario e viene lanciato a terra. Quando salimmo, ero
nervosa, come
al solito. Luke lo notò e mi strinse la mano.
“Piccola, tutto bene?” mi chiese.
Io annuii, poco convinta. “Hai paura?” mi chiese
poi, capendo il mio stato
d’animo. “Va tutto bene, poi mi passa” lo
rassicurai. Lui mi circondò
nuovamente la vita, come se non riuscisse a lasciarmi per nemmeno un
secondo, e
io gliene fui grata. Quando il vagone partì con uno
strattone,
involontariamente sussultai. Lui ridacchiò e mi diede un
bacio sulle labbra,
sussurrando un: “tranquilla” a mezza voce.
Risultato?
Quando ci fermammo, io feci un salto per aria, entusiasta ed
elettrizzata, con
l’adrenalina che mi scorreva a fiotti nelle vene e mi
inebriava il cervello.
“Rifacciamolo!” urlai. Luke mi prese la mano e mi
trascinò via, pallido come un
fantasma e rigido. “Non ci penso nemmeno!” mi
disse. Io scoppiai a ridere. “Hai
paura?” chiesi, imitando il suo tono di prima. Lui
annuì in fretta e io lo
abbracciai. Mi piaceva stare fra le sue braccia. Era una mia
impressione,
sicuramente, ma mi sembrava che il mio corpo fosse fatto apposta per
perdersi
nella sua stretta. Era una sensazione stupenda, sentirsi
così protetta, che non
credevo di poter mai provare.
“Coco,
voltati molto lentamente” mi disse lui, dal suo tono capivo
che stava
sorridendo. Io obbedii e la scena mi fece esclamare un:
“Aw!” intenerito:
Michael e Manuela erano seduti su un muretto, a baciarsi dolcemente, il
peluche
abbandonato di lato. Erano così dolci, si vedeva che erano
innamorati. Ad un
certo punto, scesero dal muretto e andarono verso la ruota panoramica.
Michael
teneva un braccio attorno alle spalle di Manuela, lei invece avvolgeva
il suo
attorno alla vita di lui, appoggiandosi con la testa alla sua spalla.
“In
quella posa si vede proprio quanto sono innamorati”
commentò Luke. Io sentii un
tuffo al cuore alle sue parole.
Forse non
se ne era reso conto.
Ma noi
eravamo esattamente nella stessa posizione.
“Dove
andiamo?” chiesi io. Per un po’, avevamo deciso di
lasciare un pizzico di
privacy a Michael e Manuela, per dedicarci al Luna Park.
“Prima hai scelto te,
adesso tocca a me” decise Luke. Io acconsentii e lui mi
portò fino ad una di
quelle giostre che girano così veloce che si fa fatica a
rimanere attaccati al
sedile. “Bellissimo!” esclamai io, ancora esaltata.
Quando ci
salimmo, lui mi fece mettere verso l’interno.
“Così non ti schiaccio” mi
spiegò.
“Però ti schiaccerei io” gli feci
notare. “Una volta, al tuo posto, c’erano
Ashton, Michel e Calum, e non sono morto. Quindi, posso reggere
qualsiasi peso”
mi disse ridacchiando. Io dovetti acconsentire: arrivò il
controllore che
chiuse il nostro vagoncino.
Mentre la
giostra andava, io mi dovetti sforzare per tenermi aggrappata alla
sbarra di
fianco a me. Mi veniva da ridere, sentivo i piedi che lottavano per non
staccarsi da dove li avevo puntellati e tutto il mio corpo sembrava
voler
schizzare fuori dal vagoncino. Luke non era messo meglio, ma almeno si
poteva
appoggiare al bordo. Ad un certo punto, mi voltai verso di lui e lo
vidi con un
sorriso diabolico dipinto sul viso. “Cosa vuoi
fare?” chiesi allarmata. Lui, in
tutta risposta, iniziò a farmi il solletico.
“Luke!” urlai, divincolandomi in
preda alle risate. Dopo pochi secondi, mi arresi e abbandonai la presa
sulla
sbarra. Finii di peso su di lui, che fu pronto a sorreggermi. Lo vidi
sorridere, soddisfatto di aver raggiunto il suo obiettivo, mentre mi
stringeva
forte.
Poteva
sembrare stupido, ma così, non avevo più paura di
cadere.
Circa tre
ore dopo, tornammo a casa. Trovammo i ragazzi già
lì, compresi Michael e
Manuela. “Dov’eravate?” ci chiesero.
“Al Luna Park.” Dicemmo con nonchalance.
Loro sgranarono gli occhi. “E voi?” feci con fare
innocente. “Ehm… al centro
commerciale!” disse Manuela in fretta. Io e Luke ci
trattenemmo dal ridere.
Luke si avvicinò al mio orecchio. “Non dire niente
dell’ananas!” mi sussurrò.
Io annuii: al Luka Park, avevamo comprato due spiedini di ananas
ricoperti di
cioccolato bianco e cioccolato al latte. Ne avevamo assaggiato un
pezzo, ma ci
si era sciolto in mano il cioccolato, quindi avevamo deciso di portarlo
a casa
e metterlo in frigo. Era comunque strepitoso.
Mentre
Luke andava in cucina, Ashton mi si avvicinò.
“Posso parlarti? In privato?” mi
chiese. Sembrava serio. Io annuii incerta e ci dirigemmo al piano di
sopra, in
camera mia. “Ti piace Luke, si vede. Ma devo chiederti una
cosa” iniziò lui. Io
acconsentii di nuovo, senza sapere cos’altro fare. Lui si
sedette di fianco a
me. “Sai, vero, che una volta entrata in questa storia, non
potrai più
uscirne?” mi chiese. “Quale storia,
scusa?”
“Una
volta
che conosci Luke, che diventi sua amica. Non puoi più
tornare indietro” mi
spiegò. Io ridacchiai. “Nel senso che, una volta
che ci faccio amicizia,
diventa una specie di vampiro succhia sangue che mi
prosciugherà?” chiesi. Lui
rise sotto i baffi. “No. Nel senso che, appena lo conosci,
non riesci più a
liberarti di lui. Diventi dipendente dell’affetto che ti
ispira. Diventi
dipendente da lui. Fidati, io non
riesco più a farne a meno” mi spiegò,
con un lieve sorriso. Io sorrisi a mia
volta e mi alzai. “Grazie del consiglio, Ash. Ma sono
già troppo dentro per uscirne,
anche se lo volessi” dissi solo.
“Coco,
andiamo?” mi chiese Luke. “Dove?” feci
io. Non era ancora stanco? Dopo più di
quattro ore passate in giro, il mio unico desiderio era di andare in
letargo
per il resto della giornata, ma lui doveva essere a pile nucleari. Non
avevo
altre spiegazioni.
“Niente
domande!” ribatté lui raggiante, prendendo la mia
mano e portandomi verso la
macchina. Salutammo gli altri e io mi strinsi ancora a lui. Sembrava bisognoso di contatto fisico, come se il
tenersi stretto a me lo facesse sentire sicuro.
Perfetto,
dato che era la stessa cosa che sentivo io.
Capii
subito dove stavamo andando appena mi resi conto che quella strada
l’avevo già
percorsa. Mi aprii in un sorriso enorme. “Hai capito dove
siamo?” mi chiese
Luke sorridendo impaziente. Io annuii al settimo cielo.
Anzi, non
ero ancora al settimo cielo. Prima avevo le scale del grattacielo da
fare.
Come avevo
capito, parcheggiò davanti al grattacielo dove ci aveva
portato Madison. “Tu
oggi vuoi farmi morire!” dissi, emozionata. Non potevo
aspettare per provare di
nuovo tutte quelle sensazioni. Lui ridacchiò e si strinse
ancora a me, mentre
aprivamo la porta dimessa del grattacielo, facendo attenzione ad
evitare i
vetri rotti e tutto il resto. Salimmo in fretta le scale, tanto che
quando
arrivammo alla fine avevamo il fiatone. “Prima o poi dovremo
vedere se
l’ascensore è ancora agibile” dissi fra
un sospiro e l’altro. Lui concordò,
mentre la vista mi catturava di nuovo. Era sempre uno spettacolo unico,
ogni
volta che guardavo notavo qualcosa che prima mi era sfuggito. Luke si
affacciò
dal muretto, come avevamo fatto l’altra volta, imitato da me.
Notammo un punto
del bordo su cui era possibile sedersi senza rischiare di cadere. Luke
ci si
avvicinò subito, mentre io ero più titubante.
“Luke, soffro di vertigini” dissi
inquieta. “Eppure prima non avevi problemi” fece
notare lui, confuso. “È che
sapere di avere una ringhiera davanti mi calma. Invece lì
potrei prendermi un
infarto” risposi. Lui non obiettò e scese dal
muretto, per poi sedersi al
centro del tetto. “Vieni?” mi chiese. Io mi
avvicinai subito, sparendo fra le
sue braccia. Lui mi alzò il mento con un dito e mi
baciò teneramente, bacio che
io ricambiai subito, approfondendolo. Ci ritrovammo stesi a terra, ma
non
importava molto a nessuno dei due. Quando ci staccammo, il nostro
sguardo finì
sul cielo. Era ancora azzurro, ma le nuvole erano tinte di mille colori
caldi a
causa del Sole, che si stava lentamente tuffando dietro
l’orizzonte. Dire che
era bello era riduttivo.
“Coco?”
“Sì?”
“Ti
capita
mai di tenerti qualcosa dentro, qualcosa che vorresti gridare al mondo
ma hai
paura di sapere come potrebbe reagire?” mi chiese. Io
trasalii impercettibilmente,
prima di annuire. “E cosa fai, quando non riesci
più a tenerlo dentro?” mi
chiese di nuovo. Io feci spallucce. “Diventa inchiostro su un
foglio bianco” dissi
io. “Quante pagine hai scritto, così?”
“Tante.
Circa sette quaderni di sfoghi.”
“E
dopo ti
senti meglio?”
“Non
del
tutto… rimane sempre qualcosa, di cui non riesci a
liberarti” risposi. Luke
rimase in silenzio un attimo. “Che ne dici se adesso lo
urliamo al mondo?” mi
domandò poi. Io annuii e ci alzammo. Sapevo già
cosa volevo urlare: quanto mi
mancava mia sorella, quanto sentivo un pezzo di cuore sbriciolato da
quando non
mi aveva riconosciuta. Volevo gridare tutto questo, ma avevo bisogno di
trovare
le parole giuste. Alla fine, mi sporsi, presi fiato e urlai
semplicemente: “Mi
manchi, Emma!”
Luke mi
guardò e mi strinse una mano. “Questo volevo dirlo
da un po’. Ma non ne ho mai
trovato il coraggio.” Si sporse, fece per prendere
fiato… ma si bloccò.
Sembrava paralizzato.
“Oh,
al
diavolo questa idea!” sbottò poi, avvicinandosi a
me e baciandomi.
“Ti
amo,
Coco” soffiò sulle mie labbra quando si
staccò.
Io rimasi
immobile, col cuore che sembrava voler balzare fuori dal petto. Lui mi
guardò
titubante. “Ecco, non dovevo dir…”
Non fece
in tempo a finire. Io avevo già catturato di nuovo le sue
labbra, in un bacio
dolce. “Anche io ti amo” dissi solo. Lo sentii
sorridere nel bacio, mentre
ricambiava. Interruppe il nostro bacio e sussurrò:
“Ti amo – mi baciò sul naso
– ti amo – sulla guancia – ti amo
– sulla fronte – ti amo – sullo zigomo
– ti
amo – sulle labbra – e ti amo. Finalmente
l’ho detto.” Io sorrisi ancora,
mentre una piccola lacrima mi bagnava il viso.
Non poteva
essere vero.
Eppure, se
quello era un sogno, avrei ucciso chiunque avesse osato svegliarmi.
Mormorai
un nuovo: “Ti amo” sulle sue labbra, prima di
baciarlo di nuovo.
Finalmente,
mi ero liberata di quelle parole.
Finalmente,
mi sentivo davvero bene.
*Angolo autrice*
sorry per il capitolo orribile e in ritardo
ecco il peluche
ciao a tutti!!
Ranyadel