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Autore: MAMMAESME    25/05/2014    2 recensioni
La storia originale si interrompe poco prima della partenza dei fratelli Salvatore per nascondere il corpo mummificato di Klaus. Quello che avviene dopo è un miscuglio di “What if”, di scene trasposte e di personaggi noti … meno noti e inventati. Gli occhi che ci guideranno, la voce che racconterà non poteva essere che la SUA: una visione soggettiva, emotiva ed emozionante … almeno spero.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 24
…PAURA...
11 novembre

Ero ancora completamente immerso in lei.

Seduto sul letto, appoggiato alla testata, accarezzavo i capelli di Elena, che giaceva con la testa posata contro il mio petto.
Regnava un silenzio carico di sospesi che non volevano diventare parole.
Fluttuavo in quella pace precaria, nel languore che si prova dopo una notte d’amore, consapevole della tempesta che stava per travolgerci.
Un raggio di sole squarciò le tende, prima di essere catturato da una densa nuvola nera: era l’alba di un nuovo giorno … l’inizio di un giorno senza fine, con presagi di morte a farci da sveglia. Ancora poche fugaci ore e le nostre esistenze avrebbero preso una svolta decisiva … vita o morte … come sempre.
Guardai Elena ancora assonnata … ascoltai il suo respiro, rimanendo intrappolato tra le ciglia del suo sguardo che muto mi chiamava.
Immobili, ci rifiutavamo di compiere gesti che avrebbero dato il via al cronometro, al conto alla rovescia che ci avrebbe condotti verso sera.
Muti, vibravamo per non scinderci, nello sforzo di rimanere in simbiosi, di dilatarci per fagocitarci ancora.
Avevo affondato le mie radici nella sua carne, e la carne si era legata all’anima.
Mi ero nutrito del suo nettare, mi ero avventato sul nostro amore, mi ero sfamato della sua passione e avevo cercato rifugio sotto la sua pelle … impazzito … per non impazzire … e non volevo uscire da lei … essere altro da lei.
Sentii una sensazione quasi dimenticata, una sensazione che avevo provato una volta sola nella mia lunga vita e che mi ero ripromesso di non provare mai più … quella sensazione che mi aveva legato per settimane al letto di mia madre, implorando il cielo che non me la portasse via … la stessa sensazione che mi aveva paralizzato davanti al suo corpo inanimato.
Paura.
Avevo paura.
Paura di non farcela …
Paura di dover affrontare ancora quel dolore, quel vuoto, quella disperazione che mi aveva già spezzato, reso affamato d’amore e di piena e incondizionata accettazione.
Solo ma madre mi aveva amato così …
Solo Elena dopo di lei.
Nessuna dopo Elena.
Avvolsi una ciocca della sua chioma morbida attorno alle dita, quasi ad ancorarmi a quel letto, a quel corpo.
Nel silenzio della stanza, mentre fuori si stava preparando l’inferno per quegli dei rinchiusi in un olimpo di follia, io giocavo con i suoi capelli, focalizzando lo sguardo sul presente, cercando di non far entrare in quell’istante i ricatti, le manipolazioni e i giochi di potere di Klaus.
Quella notte sarebbe soffiato furioso un vento di cambiamento ed io volevo solo godere del caldo alito di ogni respiro.
Ero consapevole di dover fare quello che doveva essere fatto, ma mi ostinavo a preservare quello spazio libero da dubbi e conflitti.
Fare quello che avevamo progettato era essenziale, vitale … a prescindere dalle sensazioni, da quell’avvertire qualcosa di sinistro … dalla paura che mi attanagliava le viscere.
La paura di non essere abbastanza scaltro … abbastanza abile … abbastanza … mi faceva sentire azzoppato, monco … inutile.
Dovevo scrollarmi di dosso la mia inadeguatezza ed essere all’altezza della situazione, dovevo … avrei dovuto …

Tra un attimo … ancora un momento …

Elena si mosse per prima, percependo i miei tormenti e la mia innaturale staticità. Senza dire nulla, mi mise la mano sul cuore e, accanto alle sue dita leggere, posò un bacio sulla mia pelle, senza staccare gli occhi di miei.
Mi resi conto, ancora una volta, ancora di più, che era inutile rimpiangere quello che non avevamo avuto.
Dovevo concentrarmi su quello che avevamo adesso … dovevo concentrarmi sul futuro.
Era inutile che mi lamentassi per quel che non potevo recuperare: dovevo concentrarmi su quello che potevo salvare, e con esso, focalizzarmi su quanto potevo ancora costruire.
Anche per quella sera … anche per quella notte … non dovevo pensare per rimanenze, ma sul come sfruttare al meglio quello che avevo a disposizione, su chi e su cosa potevo contare, non come un ripiego ma come preziosa risorsa.
Avevo Elena … avevo il mio coraggio amplificato dalla disperazione, dalla determinazione … avevo un’idea, in piano, e forse qualche complice.
Mi era stata data una mano di carte: dovevo giocare al meglio, bleffare se fosse stato necessario e puntare alla posta in palio.
Avevo ancora qualche ora da passare con lei.
E con quest’ultimo pensiero, la presi e la trascinai sopra di me, per non perdermi nulla di quello che c’era … per non sprecare un attimo di più in compagnia della mia peggior nemica: la paura.


In cucina Elena beveva, assorta, il suo caffè.
Aveva indossato un paio di jeans che aveva lasciato Cinthia e un morbido maglione blu, in cui aveva infilato le ginocchia per raggomitolarsi meglio sulla sedia.
-Tu non … mangi? – mi chiese, guardandosi inconsciamente il polso.
-No … il tuo sangue ha soddisfatto la mia sete: anche per quello sei ineguagliabile! –
Il ricordo del suo sapore ancora mi pizzicava la lingua e mi procurava brividi di piacere.
Ci guardavamo centellinando le parole.
Non potevamo far altro che aspettare.
Dalla finestra giungeva il canto di un vento leggero, che aveva spazzato via le nubi dell’alba.
Le tolsi la tazza dalle mani e gliele afferrai, facendola alzare. Ci dirigemmo verso la finestra ancora in frantumi: respirammo insieme la nebbia che si alzava dal terreno gelato, mentre la circondavo con le mie braccia perché non si raffreddasse.
Il vento tra i rami ormai spogli sembrava portare con sé voci e lamenti lontani.
Uno stridio di gomme sul selciato attirò la nostra attenzione: chi stava guidando nel viale d’entrata del pensionato?
Riconobbi il vecchio SUV di Matt.
Matt?
Avrebbe dovuto essere a New York con sua moglie … con le sue figlie … perché era qui?
L’auto si arrestò davanti alla porta d’entrata, frenando bruscamente; lo sportello si spalancò e vidi qualcuno scendere, qualcuno che non mi aspettavo di vedere: Meredith.
Elena ed io ci sciogliemmo dall’abbraccio e andammo ad aprirle la porta.
-Meredith … - gridammo all’unisono. – Cosa ci fai qui … oggi … adesso? –
-Anch’io sono contenta di vedervi! – rispose con un sorriso, facendosi largo tra di noi per entrare in casa.
Guardandoci stupiti e preoccupati, la seguimmo.
-Caffè?- disse annusando l’aria. - Potrei uccidere per una tazza di caffè! – esclamò, dirigendosi verso la cucina.
-Tra un po’ ti ucciderò io, se non mi dici perché sei qui! – le ringhiai.
-Qualcuno mi ha fatto una telefonata … senza usare il telefono! Ho ricevuto un messaggio da Bonnie: diceva che c’era bisogno di me … che forse questa notte avreste potuto aver bisogno di un medico che non si faccia troppe domande, che non si stupisca davanti ai “vostri” misteri. Ok? Bene: adesso le domande le faccio io: che cosa sta per accadere? Cosa accadrà questa notte? –
Era possibile che Bonnie avesse “chiamato” Meredith per soccorrere i pochi umani in ostaggio? Era solo questo il motivo che aveva spinto la strega a fare quella strana “telefonata”?
-Meredith, – continuò Elena, - qui sei in pericolo; perché non sei rimasta con Matt? Perché non sei rimasta al sicuro? –
- Perché se c’è bisogno di me, io non mi tiro indietro. Raccontatemi tutto e vediamo come potrei esservi utile. –
Elena cominciò a raccontare per sommi capi tutta la storia del rito e delle varie profezie. Alzandosi, si diresse verso il tavolo dove vi era posata la pergamena che conteneva l’ultima visione di Cassidy e la porse all’altra donna.
-E voi due come avreste pensato di fermare quel pazzo? Come pensate di cambiare un destino che sembrerebbe ormai segnato? – domandò la dottoressa, senza ombra d’ironia.
Fu sempre Elena a rispondere.
-L’idea è di inquinare il sangue in modo che il rito non si possa compiere, prendere Klaus alla sprovvista e cercare di ripetere l’incantesimo che gli bloccò il cuore venticinque anni fa. –
Elena si addentrò nei particolari del nostro piano, e più parlava più mi rendevo conto che era pura follia sperare che potesse funzionare.
-Quindi, se non ho capito male, vorreste mischiare il sangue di Damon nella coppa per impedire l’unione dei gemelli e tentare di bloccare il cuore di Mr “comando io”, mentre Bonnie fermerà quello di qualcun altro.- Il suo volto si illuminò, come raggiunto da una rivelazione. - Ecco perché mi ha chiamata: probabilmente vorrà che mi tenga pronta con un defibrillatore nel caso lei non riuscisse a rianimare la “vittima”. –
Ascoltavo le due donne parlare mentre i miei pensieri vagavano nel nulla. Avevamo lasciato il messaggio con definite le nostre intenzioni nel punto del bosco che ci aveva indicato Elijah, il quale doveva aver progettato l’altra parte della ribellione, l’altra metà della nostra speranza; il fatto che Meredith fosse lì in seguito ad una richiesta di Bonnie mi dava la certezza che la nostra lettera era arrivata a destinazione.
-Dunque, - continuò Meredith, - il sangue di Damon perché estraneo … ma credo che andreste ancora più sul sicuro se, insieme, mischiaste anche qualche goccia di sangue umano “puro” … l’unico a non essere presente … l’unico che non ha poteri. –
La teoria della dottoressa non faceva una piega: sangue umano, linfa vitale per noi vampiri, ma assolutamente estraneo ad ogni potere o maledizione. Geniale.
-Bene … come pensi portare il sangue di Damon … e il mio … all’altare? – chiese Meredith.
La guardammo … ci guardammo … e con un sospiro rassegnato Elena rispose:
-Pensavamo ad una fiala nascosta addosso a me … il punto è come e quando tirarla fuori per romperla nella coppa di nascosto. –
-Diciamo che questa è la parte debole del piano: ovviamente Elena avrà gli occhi di tutti puntati addosso e non le sarà facile eseguire la “manovra” … - intervenni.
-Esatto. Leggendo qui vedo che ti dovranno incidere il polso sinistro …-
-Sì … e credo che sarà Caitlin a farlo: data la sua devozione a Klaus e all’idea della cura universale, penso che sarà proprio lei ad officiare il rito, mentre tutte le altre streghe si preoccuperanno degli incantesimi … e Bonnie sarà con loro per non destare sospetti, per non mettere a rischio la vita di Jeremy, degli ostaggi. Bonnie aspetterà che il rito salti e, credo con l’aiuto di Elijah, tenterà l’altro incantesimo … -
Mentre parlava, la voce di Elena si riempiva d’ansia: il piano, ripetuto a una terza persona, a poche ore dall’ora X, sembrava molto più complicato, per non dire impossibile.
-Allora bisogna proprio che tu riesca ad inquinare quella maledetta coppa … è l’unica speranza … - sottolineò Meredith.
-L’unica … e poi è tutto nelle mani di Bonnie, Elijah … Cinthia …- rispose Elena, sempre più sfiduciata.
-Ok … Credi che ti perquisiranno? A fondo, intendo.–
-No, credo piuttosto che Klaus tenterà di leggermi nella mente per capire se sto barando, ma per questo siamo protetti: Cinthia ha fatto in modo che la mia mente e quella di Damon non possano essere lette senza che ce ne rendiamo conto, in questo modo possiamo modificare i nostri ricordi e i pensieri. –
- Perfetto! -
-Perfetto cosa? – esclamai. – Niente mi sembra perfetto! Cos’hai in mente? –
-Un piccolo intervento chirurgico … piccolo ma efficace! – sorrise.
Elena impallidì.
-Lasciate che vada in ospedale a prendere un paio di strumenti … stai tranquilla, non sentirai male, non molto almeno … meno del morso che ti sei fatta dare da Damon sul collo … bisognerà mimetizzarlo … -
-Fermati un secondo! – mi misi davanti a lei per bloccarle il passaggio. – Intervento chirurgico? –
-Uff … fidarsi, ogni tanto? Ho pensato di inserire una piccola canula nel braccio di Elena che termini nel suo polso … una canula morbida, in modo che possa mimetizzarsi con una vena … le ultime scoperte mediche hanno … -
-Lascia perdere i trattati di medicina: una canula nel braccio di Elena? –
-Sì … e, fissata sotto l’ascella, una piccola sacca con il nostro sangue. Quando il polso di Elena verrà tagliato, oltre al suo sangue uscirà anche il nostro, perfettamente mimetizzato!-
-Ma … -
-Smettila Damon! – mi zittì Elena. –E’ un’ottima idea … perfetta direi! Non se ne accorgeranno, vero? –
-No se non ti perquisiranno sotto le maniche. Questi ultimi ritrovati per i trapianti di vene e arterie sono del tutto simili ai vasi sanguigni veri. Noi faremo in modo che l’ultimo tratto sia occluso, così il sangue non ti entrerà in circolo e non sarà perso. Solo l 'incisione farà iniziare il flusso e svuoterà la piccola sacca … -
Era un’idea fantastica, anche se ero molto preoccupato per Elena: avrebbe sofferto?
Sentii la sua voce precedere la mia.
-Vai Meredith … facciamo presto! –
L’idea di avere una speranza supplementare mi diede un attimo di respiro.
-Mantieni un profilo basso … non fari riconoscere … potrebbero esserci in giro spie … - mi raccomandai.
-Non ti preoccupare. Farò in modo che nessuno sospetti di me … sarò di ritorna tra circa un’ora … Elena, tu stai tranquilla: non mangiare nulla e cerca di rilassarti … non ti voglio agitata sotto i ferri … - sorrise.
Elena appoggiò pesantemente la schiena contro al divano e chiuse gli occhi.
Io accompagnai la dottoressa alla porte, andai a sedermi accanto a lei, e le afferrai la mano.
-Sei sicura di volerlo fare? – le domandai a bassa voce.
-Hai un’alternativa? –
-Ne avrei diverse, ma implicherebbero una nostra fuga, con annesso omicidio di massa. –
-Appunto … non hai un’alternativa … e, grazie al cielo, Meredith ce ne ha data una! –
Ero stanco di quest’altalena di speranze e delusioni, di dubbi e certezze.
Appoggiai la mia testa sulle sue gambe e lasciai che lei mi accarezzasse la testa.
Quelle dita tra i miei capelli, quel modo di giocare con le mie ciocche ribelli, mi riportava alla memoria il tocco di mia madre …
Perché continuavo a pensare a lei?
Avrei perso anche Elena come avevo perduto lei?
-Elena … ? –
-Sono qui. –
-Ho paura … -
-Lo so … -
-Non riuscirei a sopportarlo se ti accadesse qualcosa di definitivo … -
-Ho il tuo sangue in corpo … non mi succederà nulla … tu sarai lì con me … -
-Elena … non voglio lasciarti … non posso permetterti di andare dove non potrei raggiungerti. –
-Ce la faremo! –
-E se non … -
Rimase in silenzio.
Non aggiunse altro.
Continuò lentamente ad accarezzarmi la testa … la schiena … le spalle rigide.
La lasciai fare, e per qualche minuto mi concessi di essere fragile … di tornare bambino … e di far uscire un paio di lacrime che trattenevo da troppo tempo, imprigionate dietro sbarre di rabbia e determinazione.
Due lacrime … versarne di più sarebbe stato inutile … poi sarei tornato il cavaliere nero che combatte per … con …  la sua principessa guerriera.
Nei pochi giorni che avevamo condiviso, mi ero reso conto che Elena ed io eravamo capaci di stare in silenzio, vicini … immobili per minuti che sembravano dilatati … a respirarci … a svuotare la mente dai pensieri per riempirla di emozioni, sensazioni … sentimenti.
Insieme davamo un senso a una vita che non ne aveva alcuno, regalavamo un significato allo scorrere altrimenti vuoto del tempo.
Quella sera avremmo potuto attraversare la soglia del nulla, o costruire un futuro fatto di mille presenti.
Eravamo sospesi ad un passo dall’inferno … o dal paradiso …
Non m’importava dove saremmo finiti: io volevo solo viverle accanto … calpestare la sua stessa polvere, respirare la sua stessa aria.
Ed ecco, di nuovo, arrivare la mia peggior nemica, insidiosa come un cobra, velenosa come il suo morso, a togliermi il respiro
Strinsi le ginocchia di Elena e vi affondai il volto.

“Cosa ti faranno, Elena?”

Non volevo sentire ancora quella sensazione, non volevo diventarne schiavo, non volevo che mi indebolisse.
Non volevo avere paura, ma la bestia si stava insinuando nelle mie insicurezze, facendomi tremare le vene dei polsi.
Elena allungò le gambe e si lasciò scivolare sul tappeto, trascinandomi con lei.
Prese il mio volto tra le mani e mi costrinse a fissarla negli occhi, confine di un mondo da esplorare, di un’immensità sconfinata d’amore.
-Promettimi che, qualunque cosa mi accadrà tu … - sussurrò.
-Non ti prometto nulla … promettimi tu che … -
-Non posso prometterti nulla, ma tu …-
-Non facci promesse che non posso mantenere … non chiedermi l’impossibile, Elena … non chiedermi di vivere senza di te. –
-Allora baciami fino a quando arriverà Meredith … baciami e perditi in me ancora una volta.-
E così feci.
-o-o-o-

Il terreno era umido e il tramonto si era portato via l’unica fonte di tepore.
Klaus aveva mandato Kol a prenderci, insieme a due ibridi: lui ci precedeva sul sentiero, mentre i due lecchini erano alle nostre spalle.
Per fortuna Meredith non era stata rintracciata: sarebbe rimasta al limitare dl bosco in attesa dell’oscurità. Ci avrebbe raggiunti più tardi, quando tutti sarebbero stati concentrati sul rito, quando nessuno avrebbe guardato oltre l’altare.
Elena aveva ancor addosso lo stesso paio di jeans del mattino e lo stesso maglione che le nascondeva la piccola sacca di sangue  impiantatale da Meredith. Non aveva voluto cambiarsi, non avrebbe accolto la morte in abito da sera.
Una serie di lucciole “magiche” segnava la via verso il sito prescelto.
Kol lanciava battutine che non volevo ascoltare, sguardi sarcastici che non volevo vedere.
Non avrebbe potuto provocarmi con nulla: ero come anestetizzato, concentrato nel frenare la mia rabbia, la mia voglia di scappare, di lanciare una bomba su quel maledetto altare e andare lontano … via dall’odore di morte e di follia.
Avevo la mano di Elena stretta nella mia, le dita intrecciate in una calma apparente, in una rassegnazione fasulla.
Ci addentrammo nel bosco che sembrava fungere da corridoio, un’infinita navata che conduceva all’ara che avrebbe accolto  il sangue della mia donna … della mia vita.
I tronchi ai lati del sentiero sdrucciolevole erano macabre colonne che innalzavano guglie di rami spogli verso un cielo blu scuro, sempre più prossimo al nero.
Quando l’alone di diversi falò fece arrossire una radura ancora lontana, il fiato m’inciampò tra i denti.
Il canto delle streghe echeggiava, rimbalzando sulle pietre, accompagnato dallo scorrere del fiume sottostante.
Si stava preparando una messa: il suono di rosario blasfemo era nell’aria a richiamare poteri oscuri, a fungere da guida per l’angelo che sarebbe arrivato ad avvolgere, con le sue nere ali, l’anima dell’agnello sacrificale.
Volute di fumo giocavano a rincorrersi nel cielo, sempre più buio ad ogni minuto che passava; il crepitare del fuoco richiamava un calore devastante.
Un’ombra si stagliava su questo sfondo infernale: era in piedi su una roccia, un gradino naturale verso un’altra pietra, che a malapena intravvedevo, alle sue spalle.
Non vedevo il suo volto, ma ne riconobbi le fattezze, le spalle, il portamento arrogante anche da fermo.
Klaus ci stava aspettando per darci il suo personale benvenuto.
Elena smise di camminare e si voltò per scrutarmi negli occhi, quasi a leggermi dentro per trovare qual coraggio che avevamo costruito insieme, quella forza e quella convinzione che avevamo messo insieme, incollando i pezzi del nostro amore con brandelli di speranza e schegge di disperazione.
Senza lasciare i miei occhi, slegò la sua mano dalle mie dita e la pose sulla mia guancia, accennando un sorriso. Avvicinandosi, si alzò sulle punte dei piedi per sussurrarmi qualcosa nelle orecchie:
-Ci vediamo più tardi … su questa terra o altrove: non ti libererai di me tanto facilmente. –
-Ti aspetterò … o ti raggiungerò … su questo pianeta o altrove: non ti lascerò scappare tanto facilmente. –
Presi il suo viso con entrambe le mie mani e le nostre labbra si sfiorarono.
Sentii la sua bocca sciogliersi sulla mia e, anche in quel momento, l’attrazione inspiegabile e inconfutabile che avevo sentito fin dalla prima volta, annullò il tempo e lo spazio.
Fu la voce di Klaus a rompere la bolla in cui ci eravamo rifugiati.
-Benvenuta, mogliettina … pronta a donarmi il tuo cuore ancora una volta? -
























  
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