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Autore: RandomWriter    25/05/2014    6 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Erin e Iris organizzano una serata al cinema per la serata successiva. Una volta arrivata in classe, Kim prende le difese di Erin durante un battibecco con Ambra. A seguito di un equivoco con l’insegnante di storia, la protagonista viene sbattuta fuori dall’aula e incontrerà prima Armin e poi Nathaniel. Quest’ultimo le anticipa di aver organizzato una gita di lì a due settimane, in cui parteciperanno insieme.
È il primo giorno di punizione per Erin ed Ambra e la prima si trova affidata ad un vecchietto un po’ rintronato che sarà la causa di un incontro imbarazzante con Castiel.
Addormentatasi in biblioteca, Erin si risveglia due ore dopo quando l’edificio è vuoto. Vagando per i corridoi alla ricerca di una via d’uscita, scopre che c’è qualcuno nell’aula di musica e scopre all’interno Lysandre.
Capitolo 10:
MUSICISTI CLANDESTINI
 
Il viso di Lysandre passò dal lieve sbigottimento ad un’accogliente sorriso:
“vedo che è una tua abitudine intrattenerti a scuola dopo le lezioni” commentò compiaciuto. Si allontanò dalla finestra facendo scivolare le dita affusolate sul marmo freddo del davanzale. I suoi movimenti così teatrali e raffinati ricordavano Rosalya.
“potrei dire lo stesso di te” sorrise Erin entrando nella stanza.
“oh ma oggi è un giorno particolare” la informò il ragazzo con un tono sibillino che incuriosì la ragazza “comunque… se non so indiscreto, come mai sei rimasta qui fino a quest’ora?”
“mi sono addormentata in biblioteca leggendo un libro” ammise Erin grattandosi la nuca in imbarazzo.
“che libro?”
“cime tempestose”
Lysandre si barricò in un silenzio che Erin interpretò come un tentativo di ricordare il nome dell’autore
“è un libro di-“ tentò di aiutarlo ma il ragazzo la precedette:
“Emily Brontë, lo so. È molto bello anche se personalmente preferisco i toni più melodrammatici di Jane Eyre”
Erin rimase impressionata da quel commento. Non aveva mai sentito prima un ragazzo che leggeva le opere delle sorelle Brontë e che aveva una sensibilità romantica tale  da poterle apprezzare.
“visto che sei un’esperta di oggetti smarriti, non è che potresti aiutarmi a trovare il mio block notes?” esclamò Lysandre d’un tratto guardandosi attorno con aria smarrita. Anche se Erin non lo sapeva, quell’espressione gliel’avrebbe vista stampata in viso ogni volta che si incontravano e non c’era verso che il ragazzo riuscisse a colmare quel senso perpetuo di disorientamento che lo contraddistingueva.
“intendi quello che avevi quando ci siamo visti l’altra volta?”
“proprio quello. Hai trovato un pallone nascosto sul tetto, non ti sarà difficile trovare un quaderno, anche perché non credo che sia uscito da questa stanza” la incoraggiò il ragazzo accomodandosi sopra uno sgabello posto dietro una tastiera.
Sentendosi un po’ ridicola, Erin attivò la “modalità segugio” e cominciò a spostare fogli e scatoloni alla ricerca dell’oggetto scomparso. Mentre era impegnata nella sua missione, gli chiese:
“scusa Lysandre, ma non mi hai ancora detto cosa ci fai qui. Quella pianola è un indizio che dovrebbe suggerirmelo?”
Lysandre sorrise:
“in effetti faccio musica”
“mi farebbe piacere sentire qualcosa allora” ammise Erin controllando sopra una mensola.
“come ringraziamento per il tuo aiuto si può fare” riconobbe guardando un punto imprecisato del soffitto. Erin dovette trattenersi dal ridere per quei gesti così caricaturali; trovava assurdo che il ragazzo non la aiutasse nella ricerca del quaderno dal momento che non era stata lei a perderlo, ma d’altro canto aveva la sensazione che non le sarebbe stato di grande aiuto.
“ma se sei uno studente di questa scuola, perché non ti ho mai visto in giro?”
“beh, passo gran parte del mio tempo in classe”
“ah capisco. Beh, se vuoi qualche volta possiamo pranzare insieme…se sei da solo…”
“a volte capita” ammise Lysandre perso a contemplare il vuoto. In quel momento, con quell’aria un po’ svampita, le fece venire in mente la timida Violet e per questo non poteva non provarne simpatia.
“comunque qua il quaderno non c’è. Vado a controllare nel club che frequenti, se mi dici qual è” si propose Erin avvicinandosi alla porta. Prima che Lysandre facesse in tempo a darle una risposta, la maniglia si abbassò ed entrò Castiel.
“e tu che ci fai qui?” sbottò sorpreso. Lui ed Erin erano l’una di fronte all’altro e il ragazzo la sovrastava di trenta centimetri, tanto che la ragazza fu costretta ad alzare la testa per poterlo guardare negli occhi.
“ehi! Si dal caso che sia anche la mia scuola!” ribattè Erin non meno sorpresa del compagno di classe.
“ma perché mi sei sempre tra i piedi? Prima in bagno, poi qui! Sei una stalker pervertita!”
“Il mondo non ruota mica intorno a te! Mi sono semplicemente appisolata e quando mi sono svegliata era tutto chiuso”
“vedo che conosci già Emily” li interruppe Lysandre rivolto verso  Castiel.
“e chi è?” chiese l’amico perplesso, mentre Erin guardava il ragazzo dai capelli bianchi con aria offesa. Era vero che anche lei quello stesso giorno aveva sbagliato il nome di Armin, ma sperava che Lysandre avesse memorizzato bene il suo.  
“sono io immagino” commentò Erin lanciando un’occhiata amareggiata al ragazzo “mi chiamo Erin, non Emily”
“mi sono confuso perché parlavamo del libro di Emily Bronte” si giustificò Lysandre.
“dì piuttosto che sei rincoglionito, vecchio” lo schernì Castiel “comunque sia, qua non puoi stare! Sloggia!” brontolò rivolgendosi ad Erin.
ma che fastidio vuoi che ci dia? Stare qua da solo con te mi mette una tristezza…” mormorò Lysandre mogio mogio, strappando una risata allegra ad Erin.
“prendi per il culo adesso?”
“ragiona Castiel. Mica possiamo mandarla a casa da sola a quest’ora” replicò conciliante.
“beh dipende. Dove vivi?” tagliò corto il rosso tornando a rivolgersi alla compagna di classe.
“nel quartiere dietro l’ex fabbrica di pneumatici”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata esaustiva.
“posto un po’ più raccomandabile no eh?” sospirò Castiel mentre Erin lo guardava speranzosa “ eh vabbè resta. Tanto tra un’ora ce ne andiamo”.
Lysandre si alzò per sgomberare un tavolo pieno di fogli ma, alzandosi, esclamò:
“oh, ecco dov’era il quaderno! C’ero seduto sopra!”
Castiel alzò gli occhi al cielo mentre Erin rideva sotto i baffi.
Una volta che il piano di lavoro fu liberato di carte e spartiti, Lysandre invitò Erin ad accomodarsi. La ragazza ne approfittò per tirare fuori i suoi appunti di biologia. Immaginava che ai due ragazzi non sarebbe piaciuto sentirsi fissare da lei, così optò per un’attività che non le avrebbe impedito di ascoltare la loro musica. Era davvero eccitata all’idea di sentirli suonare. Lysandre si era accomodato dietro alla tastiera, mentre Castiel aveva impugnato una chitarra elettrica appoggiata sul relativo supporto. Se l’era appoggiata sulle gambe e non dava cenno di volerla usare nell’immediato.
Con l’amico, confabulava commenti e osservazioni e solo dopo venti minuti cominciò a strimpellare qualche nota solitaria:
“se ci metti qua una pausa…” insistette ad un certo punto il rosso “…sbalzi tutta la ritmica”
“no perché poi passi ad una nota più breve in questo passaggio” ribattè con convinzione il tastierista.
“proviamo così te ne rendi conto da solo” replicò Castiel pazientemente.
Erin si stupì per quel tono così pacato che poco aveva a che fare con il ragazzo che conosceva da ormai una settimana. Sembrava quasi che la chitarra esercitasse un influsso calmante sul suo brutto carattere. Castiel aveva uno sguardo così concentrato e allo stesso tempo sereno che Erin si incantò a guardarlo.
Il chitarrista trasformò in musica le note che erano scritte sul pentagramma e la melodia che ne derivò era unica.
“si hai ragione tu” convenne Lysandre annullando la sua correzione.
“l’avete scritta insieme questa melodia?” li interruppe Erin.
“in realtà è tutta opera di Castiel. Non c’è verso che le mie proposte vadano bene”
“guarda che non sono un tiranno”
“no, sto dicendo che sei bravo. Riconosco che le tue idee sono migliori delle mie” commentò Lysandre con sincerità “hai talento. Te l’ho sempre detto no?” aggiunse. L’amico però sembrò ignorare quell’ammissione ed Erin scoprì un pregio che non immaginava potesse avere: la modestia.
I ragazzi continuarono così a parlottare e strimpellare qualche nota sporadica facendo da sottofondo agli esercizi di genetica di Erin.
Verso le otto, Lysandre disse:
“senti che ne dici se proviamo quella canzone dei Skillet prima di andarcene?”
Don’t wake me? Ok” acconsentì Castiel alzandosi in piedi.
Erin sentì un nodo alla gola. Adorava quel gruppo e conosceva a memoria i loro testi ma quella canzone era così…sua.
Le note si diffusero nella stanza come un profumo che lentamente occupa ogni angolo disponibile. Castiel muoveva le corde con una delicatezza che non riteneva possibile per uno come lui mentre le dita di Lysandre scivolavano elegantemente sui tasti della pianola. Dopo qualche nota, il ragazzo dai capelli chiari cominciò a cantare:
“♪  I went to bed I was thinking about you 
Ain't the same since I'm living without you 
All the memories are getting colder 
All the things that I wanna do over
  “
Con il suo timbro così particolare, Erin ebbe la sensazione che quella canzone fosse ancora più bella dell’originale. Si serrò le labbra perché la tentazione di canticchiarla era troppa.
Went to bed I was thinking about you 
I wanna talk and laugh like we used to 
When I see you in my dreams at night 
It's so real but it's in my mind 

Ecco che stava cantando la parte che più la colpiva di quella canzone. Solo lei sapeva quanto sentisse sue quelle parole.
Don’t wake me
We’re together just you and me
Don’t wake me
Cause we’re happy like we used to be
I due ragazzi erano concentrati: Lysandre guardava la tastiera senza distogliere lo sguardo mentre Castiel teneva il capo abbassato verso la sua chitarra. Sembravano aver dimenticato la presenza della loro unica spettatrice.
Ricordi sconnessi cominciarono ad affollare la mente di Erin: le lacrime di sua madre, le luci dell’ambulanza, zia Pam che l’abbracciava talmente forte dal farle male come se il dolore fisico di quella stretta annullasse quello strazio che le stava lacerando il cuore.
 
Niente sarebbe stato più come prima, nessuno le avrebbe restituito ciò che aveva perso quel giorno.
 
Senza rendersene conto, le labbra di Erin si dischiusero e sottovoce cominciò a cantare anche lei. Le palpebre erano talmente abbassate che gli occhi sembravano chiusi.
it’s like a movie playing over in my head
Don’t wanna look cause I know how it ends ♫”
Per la sorpresa, i due ragazzi mancarono un passaggio ma si ripresero immediatamente. Lysandre smise di cantare ma non di suonare. Guardò Castiel che, come lui, aveva un’espressione strana: un misto di stupore e interesse.
All the words that I said that I wouldn’t say
All the promises I made that I wouldn’t break
It’s last call, last song, last dance
‘Cause I can’t get you back, can’t get a second chance ”.
Erin sembrava non essersi accorta di nulla: cantava immersa nei suoi pensieri, dimenticandosi che in quel momento non era sola nella sua stanza. Sentiva la sua voce ma era concentrata sul significato delle parole, quasi fosse una narrazione che facesse da sottofondo ad immagini che solo lei poteva vedere.
I ragazzi erano rimasti colpiti da quella voce profonda e per certi versi languida che ricordava il timbro di Lana del Rey.
Per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, Castiel vedeva Erin sotto una luce diversa.
Era talmente affascinato da quella scena che non si accorse dello scintillio che scorreva come una goccia di pioggia rigando le guance della ragazza.
I know I’ve gotta let you go
I don’t wanna wake up ♫”
La canzone era finita.
 
Castiel appoggiò delicatamente le cinque dita sulle corde per fermarne la vibrazione mentre le mani di Lysandre abbandonarono la tastiera su cui avevano danzato negli ultimi tre minuti.
Erin era in uno stato catartico: teneva ancora il capo abbassato e sembrava essersi dimenticata dove fosse. Lysandre si vide costretto a chiamarla per attirare la sua attenzione. Lei sollevò lentamente la testa e fissò i due ragazzi in modo inespressivo, come se loro non potessero vederla:
“stavi cantando” mormorò ancora perplesso Castiel. Solo in quel momento si accorse delle lacrime che le rigavano il viso.
“stai piangendo” osservò per l’appunto Lysandre.
Erin si portò meccanicamente una mano in viso e percepì solo allora quel contatto umido così spiacevole.
Non in pubblico. Si era ripromessa più volte che nessuno l’avrebbe vista piangere.
“non è niente” sussurrò con voce incrinata e senza osare guardare i due ragazzi, si alzò in piedi e cominciò a riporre in borsa, alla rinfusa, i libri e gli appunti.
I ragazzi la fissavano senza capire. Lysandre intercettò l’occhiata dell’amico che però era tanto confuso quanto lui. Per una volta il rosso era rimasto senza parole.
“devo andare” spiegò laconica la ragazza portando la mano sulla maniglia della porta.
“a-aspetta Erin!”
Il fatto che proprio lui, Castiel, l’avesse chiamata per nome, la sorprese tanto da bloccarla. Paradossalmente, in cinque giorni, era la prima volta che lo faceva.
“noi abbiamo finito qua” mormorò il ragazzo “e poi senza le chiavi, non puoi uscire”
“giusto” convenne Lysandre “dacci un minuto per mettere via la roba e usciamo insieme”
Erin annuì in silenzio e aspettò i due musicisti fuori dall’aula. Non sentì nessun commento provenire dall’interno, ma solo il rumore di zip che venivano richiuse e di oggetti appoggiati contro superfici dure.
Rimase lì in piedi, incapace di trovare l’energia per reagire. Ogni volta che quei ricordi si impadronivano di lei, non poteva fare a meno di lasciarsi dominare da essi.  
I due ragazzi uscirono in silenzio e Lysandre fu il primo a parlare:
“ovviamente Erin quello che hai visto stasera deve rimanere tra di noi. Sarebbe un bel guaio se la preside lo venisse a sapere”
Erin annuì passiva e seguì i due verso la porta vicino alla biblioteca.
Castiel estrasse un mazzo di chiavi e lo inserì nella serratura.
Nessuno dei presenti sembrava intenzionato a commentare quanto era appena accaduto.
Una volta all’esterno, Lysandre controllò l’ora:
“visto che sei di strada, accompagna tu Erin a casa” propose all’amico.
“ci vediamo lunedì” lo salutò il rosso sistemandosi la chitarra sulla spalla.
“non vieni domani sera al Black Drop?”
“no, ho altro da fare”
Deluso ma non sorpreso per il fare sbrigativo dell’amico, Lysandre rivolse la sua attenzione ad Erin.
“mi farebbe piacere se volessi venire alle prove anche venerdì prossimo”
Prima che la ragazza avesse il tempo di replicare, Castiel si intromise:
“cosa? Sin da quando è cominciata questa storia abbiamo detto che non sarebbero stati ammessi spettatori!”
“questa regola l’avevo proposta io, ma devo ricordati che l’anno scorso ho fatto un’eccezione proprio per te” replicò asciutto Lysandre. Il rosso lo guardò con serietà. Sapeva perfettamente a cosa si riferiva e non era intenzionato a rinvangare l’argomento.
“quindi stavolta sono io a chiederti di lasciare che Erin venga, tanto ormai l’ha scoperto” concluse la sua arringa l’abile oratore venuto dal periodo vittoriano. 
“fate come volete” borbottò Castiel di malumore incrociando le braccia al petto.
Lysandre spostò il suo sguardo su Erin che a quel punto si sentì libera di parlare:
“verrei volentieri”
“mi fa piacere” e detto questo il ragazzo le prese delicatamente la mano e la sfiorò con le labbra. Erin rimase basita, era ancora troppo poco abituata ai suoi modi galanti. Castiel continuava a fissare entrambi con aria scocciata.
“che c’è? Vuoi un bacetto anche tu Castiel?” lo canzonò Lysandre.
Di tutta risposta l’amico gli voltò le spalle mostrandogli il medio e si diresse verso casa.
“è solo geloso di me, ma gliel’ho detto tante volte che non posso ricambiare il suo amore” confessò con fare teatrale Lysandre portandosi una mano sul cuore.
Erin sorrise ma non quanto il ragazzo avrebbe sperato. Avrebbe davvero voluto vederla andare a casa serena, ma c’erano troppe cose che non sapeva di lei.
Da parte di Castiel invece, che aveva un udito finissimo, arrivò un’imprecazione e poi aggiunse rivolto ad Erin:
“se non ti sbrighi ti lascio qui”
La ragazza ringraziò Lysandre e si affrettò a colmare la distanza che la separava dal rosso.
 
“prendiamo l’autobus” esclamò Castiel in quella che più che una proposta, risuonò come un ordine.
Arrivarono alla fermata in silenzio e il ragazzo controllò l’ora.
“arriverà tra dieci minuti”
“ok” fu la laconica risposta di Erin.
Castiel la scrutò senza farsi notare.
Da quando Erin aveva cantato quella canzone, aveva perso la sua allegria ed energia. Non gli era mai capitato di assistere ad una scena del genere, di vedere una persona così rapita dai propri pensieri. E poi la voce della ragazza era così… magnetica. Non riusciva a darsi una spiegazione ma del resto non se la sentiva ancora di chiederglielo. Erin era seduta sulla panchina e teneva lo sguardo fisso su un punto lontano, totalmente inespressiva. In cuor suo avrebbe voluto provare a consolarla, il suo orgoglio gli impediva di addolcirsi a tal punto. Optò così per la cosa che sapeva fare meglio: provocarla:
“non sei di gran compagnia stasera sai?” commentò nel silenzio della notte.
per una volta che sto zitta non lamentarti” replicò asciutta Erin.
Castiel sorrise divertito. Se non altro era riuscito ad ottenere una reazione.
Le parole che lei stessa aveva pronunciato sortirono un effetto analogo sulla ragazza: senza che riuscisse a trattenersi, sentì i muscoli delle guance contrarsi in un sorriso sghembo.
Castiel, dal canto suo, fece finta di non accorgersene e non aggiunse altro.
 
L’autobus arrivò e una volta saliti i due occuparono posti separati. A parte un lavoratore stanco e una vecchia con un cane, non c’erano altri passeggeri.
Una volta oltrepassata la fabbrica di pneumatici, Erin prenotò la fermata e Castiel si alzò in piedi.
non voglio farti allungare la strada. Io sono praticamente arrivata. La tua fermata qual è?”
“quella dopo”
“beh allora ci salutiamo qua” concluse Erin ma quando le porte si aprirono, il ragazzo scese con lei.
“m-ma ti allunghi la strada di almeno venti minuti!” obiettò Erin.
“no, a piedi posso fare una scorciatoia, non è così lontana casa mia da qua”
“ah ok”
“di preciso dove abiti?” indagò il ragazzo.
“qua vicino” rispose Erin vaga.
questo l’avevo capito. Ma il nome della via”
“kennedy”
“la kennedy? Mica è vicina, stupida!” sbottò il ragazzo.
A quell’insulto Erin scattò.
Non era stupida. Semplicemente non voleva disturbare il ragazzo più del necessario. Era lui lo stupido a non esserci ancora arrivato. Detestava assumere il ruolo della ragazza indifesa che necessita della protezione di un uomo.
“forse perché hai il passo di una tartaruga! Io vado. Ci vediamo lunedì” e alzò i tacchi ma Castiel la seguì.
“dì piuttosto che non mi vuoi tra i piedi”
ma non ero io la stalker?” replicò prontamente Erin.
“cammina va’” borbottò Castiel facendole segno di proseguire.
“non darmi ordini!” reagì Erin.
“se non acceleri, arriverò a casa alle due!”
“non ti ho chiesto io di accompagnarmi!”
“potresti almeno ringraziare allora!” sbottò il ragazzo lasciando Erin di sasso.
Fino a quel momento non se ne era resa conto, ma nonostante i modi scorbutici,  Castiel le stava facendo un favore. E poi, da quando erano rimasti soli, era riuscito a farla reagire e a farle dimenticare i suoi problemi.
Nessuno c’era ancora riuscito.
“grazie” mormorò.
Il ragazzo si voltò sorpreso dal tono della ragazza. Aveva pronunciato quella semplice parola con una tale intensità che arrossì leggermente e, affinché lei non se ne accorgesse, tornò a guardare dritto davanti a sé. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che una persona l’aveva ringraziato di cuore.
Riuscì solo a farfugliare un “figurati” e ricalò il silenzio tra di loro.
La seguì fino al portone d’ingresso del complesso di appartamenti. L’edificio era piuttosto vecchio e, per quanto ne sapeva Castiel, quella zona era poco raccomandabile.
“sono arrivata” commentò Erin volgendo lo sguardo verso l’alto. Il suo appartamento si trovava al terzo piano e notò le luci accese. Erano le otto e mezza ormai.
“te la fai sempre a piedi questa strada?” le chiese d’un tratto.
“e come dovrei farla? Del resto hai visto anche tu quanto dista la fermata”
“questa zona non mi piace”
“mica devi viverci tu” rise Erin “comunque se hai paura a tornare a casa, ti accompagno io”
“vedo che ti è tornata la voglia di scherzare” commentò soddisfatto.
Erin sorrise e si passò la mano sul naso facendo involontariamente una smorfia buffa.
“posso chiederti una cosa? E’ vero che tu e Nathaniel siete stati amici? Perché non mi sembra che ora andiate molto d’accordo”
Castiel fu colto alla sprovvista.
“come mai questa domanda?”
“è una curiosità che mi è venuta parlando con Nathaniel”
“allora vai a chiederlo a lui… anzi no” si corresse “fatti gli affari tuoi”
“lo chiederò a lui allora. Visto che è più gentile di te” replicò Erin facendogli la linguaccia.
Castiel sogghignò:
“se  è così, allora perché non gliel’hai già chiesto?”
“è-è che non c’è stato tempo”
Castiel lasciò cadere l’argomento e cogliendo in Erin un miglioramento dell’umore, le chiese:
 “si può sapere perché piangevi prima?”
Erin abbassò lo sguardo, evidentemente a disagio
“non mi va di parlarne”
“allora siamo in due stasera a non essere in vena di grandi confessioni” tagliò corto Castiel. Immaginava che la ragazza gli avrebbe dato una risposta del genere ma era un pretesto per farle distogliere l’attenzione dalla domanda che gli aveva posto.
Erin si voltò verso il cancello:
“grazie per la compagnia”
Il ragazzo minimizzò alzando le spalle.
“entra che prendi freddo. Siamo a ottobre, mica a luglio”
La ragazza sorrise per quella premura espressa così goffamente. Castiel infatti non la guardava nemmeno in viso e teneva le mani ficcate in fondo alle tasche dei jeans.
“intenti stare qui a presidiare il portone?” lo prese in giro la ragazza.
“me ne vado, me ne vado” borbottò il ragazzo voltandole le spalle.
“ci vediamo lunedì” gli gridò Erin.
Castiel si limitò ad un cenno con la mano, senza voltarsi a guardarla.
“potresti anche salutare come si deve una volta ogni tanto” scherzò la ragazza.
Di tutta risposta, il ragazzo si fermò, si girò di tre quarti e con un sorriso complice esclamò:
“buonanotte Erin” e tornò a camminare per la sua strada.
La ragazza rimase per qualche istante a fissare quella figura che si perdeva nel buio della notte, il cui giubbotto in pelle nera si mimetizzava sempre più con le tenebre.
Quella sera era successa una cosa che mai avrebbe immaginato: lei e Castiel erano diventati amici.
 
SPAZIO DELL’AUTRICE:
Spero di avervi sorpreso con questo capitolo pubblicato in tempo record, ad appena un paio di giorni di distanza dal nono (di solito ci metto una settimana). Il fatto è che tutto sommato si è trattato di un capitolo poco impegnativo, molto incentrato sui dialoghi tra i personaggi piuttosto che sulla descrizione degli eventi.
Era arrivato il momento di far fare un salto di qualità al rapporto Erin-Castiel. Anche se non rinunceranno a punzecchiarsi a vicenda, potremo dire che questo capitolo è l’inizio di una lunga amicizia. Spero che il caratteraccio di Castiel abbia recuperato qualche punto (me lo confermi sabrinacaione?)…
Per quanto riguarda il disegno, devo alienarmi da ogni eventuale merito poiché il disegno non è mio (infatti non porta la firma janisfree, il mio ex account su efp e attuale account su deviant art) ma della mangaka Kaho Miyasaka… io mi sono solo limitata a colorarlo.
Non ho altro da aggiungere. Visto che il capitolo si conclude con l’augurio di buonanotte da parte di Castiel spero che vi siate goduti la lettura sotto le coperte e vi auguro una buona notte anche io ^^)

 
ANTICIPAZIONI DEL CAPITOLO 11:
Dopo il cinema, Iris propone ad Erin di uscire a bere qualcosa. Chi incontreranno tra gli studenti del Dolce Amoris? Comparirà anche un affascinante surfista australiano che mostrerà un evidente interesse per una delle due ragazze… chi sarà la fortunata?
Alla prossima!

 
 
 
  
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