Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
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Autore: AliceWonderland    26/05/2014    3 recensioni
[Cap.01] Il giovane Arclight si mise a sedere fra le coperte, stropicciandosi gli occhi ancora assonnato, mentre Kaito lo osservava di sottecchi col petto ancora oppresso dalle palpitazioni; svegliarsi e ritrovare accanto a sé il giovane assistente di suo padre, seminudo fra le coperte, i lunghissimi capelli dai riflessi argentei che gli scendevano lungo le spalle coprendone in parte le nudità, per un attimo aveva fatto sussultare il suo cuore.
[Cap.02] Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare i canti della fauna notturna di quelle campagne e a godersi quel silenzioso spettacolo di astri che la notte offriva loro, fino a quando una voce sommessa non distrasse Christopher dalla sua contemplazione.
-…Sono davvero un egoista, Chris?-.
[Cap.03] Christopher si portò le mani alla testa, confuso.
Un sorrisetto si dipinse sulle labbra sottili del bambino.
-Il mio nome è Tron- disse, per poi portarsi le mani piccole e guantate sul petto, come a dimostrare la propria consistenza –Ma prima di prendere questo aspetto avevo un altro nome, una vita invidiabile, una famiglia ed un lavoro affiancato ad un collega che credevo essere mio amico. Al tempo mi chiamavo Byron Arclight-.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Kaito Tenjo/Kite Tenjo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



_Gelida pioggia mista a lacrime_



Da più di un mese, Christopher Arclight lavorava con sempre maggiore impegno, chiuso nel suo ufficio.
Immerso nella semioscurità della stanza, nonostante l’ora tarda, il ragazzo era ancora all’opera, stanco, ma concentrato e determinato come ogni sera.
Cercava. Cercava suo padre.
Cercava sue tracce analizzando i file e i dati che il Dr. Faker si era premurato di consegnargli al ritorno dalla spedizione di qualche anno prima, in modo che il giovane potesse venire a capo di una soluzione, esaminando interminabili e complesse sequenze numeriche, elaborati calcoli, coordinate e filmati.
Christopher Arclight aveva ereditato dal padre Byron un vivace spirito d’osservazione ed una fine e agile intelligenza, che l’avevano portato a distinguersi tra i colleghi più anziani del centro di studi e ricerca; eppure, col trascorrere degli anni e conscio di aver acquisito nuove competenze nel corso del suo tirocinio, il primogenito di Byron Arclight si domandava sempre più spesso per quale ragione quelle abilità non l’avessero ancora condotto ad una svolta nel progetto di cui si era fatto carico dal giorno dell’incidente che strappò il padre e l’esploratore Kazuma Tsukumo alla spedizione.
Aveva diversi dati a sua disposizione, tra questi ci sarebbe dovuta essere per forza una pista da seguire, tuttavia, più i suoi occhi scorrevano quei filmati e quelle coordinate, più in Christopher si faceva strada la sensazione che qualcosa mancasse, che alcune sequenze non avessero alcun collegamento con quelle che le precedevano…
Sospirando, distolse l’attenzione dal monitor del pc e si massaggiò le tempie, avvertendo i postumi di un lieve mal di testa.
Impossibile che anche solo una minima parte di dati e file riguardanti quel viaggio presentassero dei vuoti o fossero stati redatti con superficialità e svogliatezza. Era stato il Dr. Faker in persona ad aggiornarli ora per ora, e Chris, conoscendo la scrupolosità e la pignoleria del suo datore di lavoro, abbandonò presto quell’idea.
Si stiracchiò, concedendosi una tazza di tè bollente, e, fermandosi accanto all’ampia finestra dell’ufficio, osservò il cielo della sera farsi livido e coprirsi di un’immensa trapunta di nubi.
A pochi quartieri di distanza dal centro di studi, si ergeva in tutta la sua maestosità la torre luminosa di Heartland City, che risplendeva e sfidava con le sue luci vivaci e allegre i lampi e i tuoni in lontananza.
Christopher alzò lo sguardo sull’imponente costruzione, simbolo della città, scorgendone all’apice una sagoma immobile: uno degli occupanti di quegli appartamenti privati che godevano dello splendido panorama del luna park vicino, e dell’intera visuale della città, entro e fuori le mura…
Kaito si trovava nella stanza di Haruto, e, per diversi istanti, l’occidentale restò immobile ad osservarlo con aria melanconica dalla finestrella del suo studio.
In quelle ultime settimane non avevano potuto trascorrere molto tempo insieme; sempre più spesso Chris rinunciava alle pause per portarsi avanti con le ricerche, benché la mancanza del giovane Tenjo, talvolta, si facesse prepotente, ma sapeva che Kaito, già così maturo, avrebbe compreso e pazientato, continuando a sostenerlo e ad essergli di supporto.
Un lampo illuminò il viso del tirocinante, che tornò a sedersi alla scrivania, pronto a riprendere il suo lavoro, mentre dalle sue labbra sfuggiva un tenero augurio di buonanotte rivolto al suo compagno.
-Che scenetta idilliaca-;
-Chi è?- esclamò Christopher, alzandosi e guardandosi alle spalle, in direzione della soglia. La porta era chiusa e l’ingresso libero, immerso nella semioscurità.
-Un gran bel lavoro, non c’è che dire-.
Quando il ragazzo si voltò nuovamente verso il pc, al suo fianco scorse una sagoma di bassa statura sbirciare incuriosita grafici e analisi rimasti in sospeso sul monitor luminoso.
-E tu chi sei?- gli chiese il giovane Arclight, sussultando; una grande maschera dal grottesco sorriso gli impediva di scorgere parte del volto del nuovo venuto, il quale teneva le gambe ben unite e le mani intrecciate dietro la schiena, in una posa che risultava assai innaturale su di un bambino.
-Sei cresciuto e maturato molto, Christopher- disse questi con voce flautata, mentre l’iride dorata si spostava su di lui -Pensi di dovere molto alle persone che si trovano qui, ho ragione?-.
Christopher corrugò la fronte, nervoso, provando una sgradevole sensazione di soggezione di fronte a quell’individuo; era come se quella voce suadente e quello sguardo magnetico lo tenessero inchiodato al suo posto, impedendogli di prendere qualsiasi iniziativa; il giovane avrebbe dato qualunque cosa pur di trovarsi altrove, lontano da quell’individuo mascherato che sembrava, invece, conoscerlo molto bene.
-Mi conosci?- gli domandò, cercando di mantenere la calma dinanzi a quel sogghigno.
-E tu conosci bene me, Christopher Arclight- asserì la figura.
Il ragazzo scosse il capo, pronto a negare, ma la strana aura che emanava il bambino lo costrinse a desistere…
-Puoi dire lo stesso di Faker? Puoi dire di conoscerlo davvero?- proseguì questo, la voce fattasi improvvisamente bassa e aspra –Di conoscere la sua indole avida, spietata e corrotta?-;
-Che cosa significa… Perché parli così del Dottore? Dimmi chi sei!-;
-A suo tempo- una mano piccola e guantata si tese verso di lui -Prima desidero che tu venga a conoscenza della sua vera natura. Valuterai tu stesso con chi allearti. Le cose, d’ora in poi, cambieranno-.
-Allearsi? No, io non…!-.
Christopher indietreggiò di qualche passo, guardingo, pronto ad allontanarsi da quel posto al minimo segnale di pericolo; non aveva nessuna intenzione di prestare ascolto a quel personaggio così indecifrabile e misterioso.
Un fascio di luce accecante si sprigionò dal fanciullo, inondando la stanza; dal pavimento, proprio sotto i suoi piedi, il giovane studente vide affiorare una strana spirale, un lucente stemma che lo costrinse a coprirsi il viso, tanto quella luce offendeva la vista. Restò immobile, lanciando un grido, impotente dinanzi a quei bagliori che avevano cominciato a danzare intorno a lui, e, quando pochi istanti dopo, vide quello scintillio diradarsi, abbassò lentamente le mani, sconcertato. Il suo studio era svanito.
-Ascolta tu stesso, Christopher-.
Guardò sbalordito il bambino levitare a testa in giù, a pochi passi da lui, per poi voltarsi ed esplorare con le iridi cobalto il circondario. Si trovavano davanti alla porta dell’ufficio di Faker, situato al centro degli edifici di sperimentazione.
Il misterioso personaggio levò l’indice contro la porta di metallo, che si aprì leggermente, e subito, dalla stanza, strisciò fuori un sottile rigagnolo di luce accompagnato da voci a Chris familiari.

-… il comitato celebrativo e gli sponsor per il prossimo torneo in città sono già stati informati delle modalità di svolgimento e del nuovo regolamento proposto dalla commissione mondiale, e diversi candidati hanno già presentato domanda d’iscrizione; avremo presto un duellante degno di rappresentarci ai prossimi campionati intercontinentali. La città trarrebbe un enorme vantaggio sotto molti aspetti, se il futuro campione dell’Asia provenisse proprio da Heartland City, non pensa, Dottore?-.
Il Dr. Faker, sempre molto impegnato, continuò a visionare lunghe sequele di dati che comparivano dinanzi a lui sui monitor luminosi sparsi per la stanza, senza prestare troppa attenzione all’uomo che gli stava davanti pieno di un gioviale entusiasmo di pura facciata.
-Se sei venuto qui solo per riferirmi inutili chiacchiere, sappi che non ho tempo da perdere per ascoltarti. Sei tu l’organizzatore. Agisci come meglio credi, hai carta bianca, purché tu non perda di vista il vero obbiettivo, Heartland-.
-Ma certo, certo!- annuì scioccamente il sindaco dalla mise impeccabile, che rispondeva a quel nome -Ovviamente, ci siamo assicurati che alla maggior parte dei partecipanti corrispondessero le peculiarità da lei espressamente richieste. Troveremo ciò che sta cercando, non dubiti- un sogghigno a mezzaluna comparve sul suo volto -E… suo figlio Kaito parteciperà?-;
-Per lui ho altri progetti- replicò sbrigativo lo studioso -Gli allenamenti da lui intrapresi in questi ultimi anni hanno mostrato risultati stupefacenti; sotto la guida esperta di Christopher, Kaito si è saputo dimostrare un duellante ricettivo, in grado di sviluppare strategie eccezionali; anche se sotto pressione, ha il massimo controllo di sé. Pertanto è mio desiderio che prosegua l’apprendistato nella squadra speciale di Cacciatori di Numeri. Quando verrà il momento tutto dovrà essere pronto. Kaito sarà la punta di diamante del progetto-.
Lo sguardo vivace del signor Heartland si posò su alcuni fascicoli sparsi sulla scrivania di Faker. Ne sollevò un plico, ed il suo sorriso sornione si accentuò.
-Ah, il giovane Christopher Arclight, il primogenito di Byron- asserì viscidamente -Ha intenzione di arruolare anche lui nella squadra speciale?-;
-Non dire idiozie- sibilò Faker fissandolo di sottecchi -Se Christopher dovesse venire a conoscenza del’esistenza dei Numeri e della loro utilità, arriverebbe a capire troppe cose riguardo la fine di Byron e di Kazuma-;
-Peccato. Si sarebbe rivelato un ottimo elemento per la squadra, ma d’altronde... Sta ancora proseguendo le ricerche su quei dati contraffatti? E’ proprio come suo padre: molto intelligente, ma ingenuo. Caratteristiche che non vanno a braccetto in questo ambiente, purtroppo-.
Il fondatore della città interruppe il suo lavoro ai monitor e volse il viso rugoso e stizzito sul suo sottoposto: -Stai parlando troppo, Heartland-;
-Ops, chiedo scusa…!-.

Dietro la porta, Christopher percepì le voci dei due superiori scemare, e la vista annebbiarglisi.
Ciò che aveva appena udito l’aveva lasciato a bocca aperta, sgomento, carico di un misto di dolore e delusione che gli infiammarono in petto.
Tutti i dati su cui lavorava da anni non erano altro che manomissioni degli originali, sicuramente andati distrutti per mano dello stesso Faker… Quante menzogne gli erano state raccontate, di quante illusioni era stato nutrito da quello scienziato che da anni considerava il suo punto di riferimento…
Incapace di parlare, tanta era l’amarezza che impediva alla sua mente di elaborare in maniera lucida i discorsi appena uditi, una lacrima solitaria scivolò lungo il suo viso diafano, e svanì, proprio come lui ed il suo bizzarro accompagnatore, che fecero ritorno nel piccolo ufficio.
La mente del giovane tirocinante divenne un vespaio di pensieri che a stento riuscì a domare; frustrazione, amarezza, rabbia, incredulità…
Che cosa tramava quell’uomo, e chi erano i cacciatori di Numeri? Perché il suo tutore gli aveva mentito per tanti anni su quei dati? In realtà Faker era sempre stato al corrente di cosa c’era dietro la scomparsa dei due colleghi, e probabilmente ne era stato addirittura l’artefice! Inoltre…
Volse lo sguardo zaffiro verso il bambino davanti a lui, rimasto a osservarlo chiuso in un rispettoso silenzio.
A Chris ancora non era chiaro il ruolo di quell’individuo comparso dal nulla, né la parte che aveva in tutta quella storia.
-So come ti senti-.
Come se fosse in grado di leggergli nel pensiero, l’ambigua figura tornò a parlare.
-Hai lavorato per anni al suo fianco, gli hai concesso la tua fiducia e sei stato tratto in inganno, proprio come accadde a me in passato. Quei file contengono solo la metà delle indicazioni che ti avrebbero condotto alla soluzione, e, nonostante tu abbia trovato tracce interessanti che avrebbero potuto essere sviluppate per farti avanzare nelle ricerche, presentandole al Dr. Faker, quei pochi dati da te ricavati con scrupolo sono sempre stati insufficienti per i computer al quale venivano sottoposti, o probabilmente venivano inseriti in maniera errata nei server per trarti in inganno e farti pensare ad un nuovo buco nell’acqua- spiegò il bambino, con tono grave.
Christopher si portò le mani alla testa, confuso.
Ciò che le parole di quel ragazzino stavano portando a galla erano davvero l’esatta ricostruzione dei fatti? Se solo pochi attimi prima non avesse assistito a quel dialogo tra Faker e il signor Heartland non ci avrebbe mai creduto, invece, nella sua mente, ogni fatto e ogni avvenimento stavano lentamente generando in lui orribili conferme.
-Hai detto…che in passato ingannò anche te? Dimmi chi sei- sibilò, riportando lo sguardo su di lui. Un sorrisetto si dipinse sulle labbra sottili del bambino.
-Il mio nome è Tron- disse, per poi portarsi le mani piccole e guantate sul petto, come a dimostrare la propria consistenza –Ma prima di prendere questo aspetto avevo un altro nome, una vita invidiabile, una famiglia ed un lavoro affiancato ad un collega che credevo essere mio amico. Al tempo mi chiamavo Byron Arclight-.
I rombi dei tuoni, fino a poco prima così lontani, eruppero nei cieli del centro città.
-Che cosa…?-.
Gli occhi blu di Christopher si dilatarono per lo stupore, la tensione gli si poteva leggere in volto.
Byron Arclight.
Quel nome echeggiò nella sua testa più e più volte. Era un sogno? Un incubo?
Non era possibile che quello fosse suo padre. Era sicuramente un imbroglio! Come poteva, Byron, essersi ridotto in quello stato? Che cosa gli era capitato?
L’iride dorata del bambino lo scrutò con grave solennità, e Christopher non fu più in grado di distogliere l’attenzione da lui, né di ribattere alle affermazioni appena mosse.
Di nuovo una strana luce affiorò da Tron, che intrappolò il suo sguardo in una fitta rete di quelli che sembravano frammenti di un trascorso che non gli apparteneva, e che andarono rivelandosi agli occhi del giovane.
In quel turbine di immagini, Chris scorse due corpi all’apice di una cima rocciosa precipitare nel vuoto, maledicendo il nome di Faker, e, quando voci disperate e risate sprezzanti smisero di risuonare nella testa del ragazzo, dinanzi a lui affiorarono nuovi scenari: paesaggi desolati, aridi e sconosciuti, ed un uomo che li attraversava a fatica, subendo ad ogni passo una lenta ma inesorabile metamorfosi.
Christopher poté avvertire i medesimi sentimenti di rabbia e voglia di rivalsa di Tron, che fece propri, e quando quel contatto fra i loro sguardi cessò, il ragazzo, ansante e privo di forze, cadde inginocchiato a terra.
Quel bambino… era davvero suo padre, ed era tornato dall’altra dimensione.
Con un sogghigno compiaciuto, Tron si fermò davanti al figlio; gli sollevò il viso magro e piacente, dalle iridi vacue, spente, e tornò a parlargli.
-Sono tuo padre, Christopher, ed è a me che devi ubbidienza e sostegno. Lascia questo posto, e aiutami a portare avanti la mia vendetta su Faker e sulla sua famiglia. E’ solo colpa loro se per anni tu e i tuoi fratelli avete dovuto patire sofferenza, solitudine e ingiustizie. Sono stati i Tenjo a portarmi via da voi. Ora, Chris, scegli da che parte schierarti-.
Una fievole barlume di lucidità attraversò lo sguardo del ragazzo, e dalle sue labbra, immediatamente, affiorò un sommesso sussurro: -Ma… Kaito non ha colpe…-;
-Kaito Tenjo è al corrente dei progetti del padre ed è pronto ad ubbidire ad ogni suo ordine- mentì Tron –Non te ne ha parlato, ho indovinato? Inoltre, lui voleva tanto imparare a duellare- aggiunse –Ma secondo te quale poteva essere il vero scopo celato dietro quel suo innocuo desiderio, se non quello di prepararsi ai progetti che il padre aveva in serbo per lui? Ti ha usato. È pur sempre il figlio di Faker… Non aspettarti che lui sia diverso-.
Il ragazzo gemette, annichilito. Quelle ultime parole infersero il colpo di grazia al suo cuore, ora trafitto da mille spine, e urlante di dolore.
-Ora sei convinto, Christopher?-.
Seppure a malincuore, dopo un breve istante di silenzio, il giovane annuì. Suo padre era tornato, gli aveva aperto gli occhi, e lui l’avrebbe seguito ovunque, pur di riavere al suo fianco la propria famiglia. Sì, il bene della sua famiglia veniva prima di ogni cosa.
Sulla sua fronte nivea affiorò una luce tenue e bluastra; con una risatina, Tron si allontanò, svanendo lentamente nell’oscurità dalla quale era comparso.
-Unisciti a me e ai tuoi fratelli, Christopher. Torna a casa con noi, e quando la nostra famiglia sarà finalmente riunita, ci prenderemo la rivincita su coloro che hanno tentato di distruggere la nostra felicità-.

Un fulmine cadde a poca distanza dalle mura di Heartland City ed il fracasso svegliò Kaito di soprassalto.
Le immagini di un brutto incubo, che fino a poco prima si erano rincorse davanti ai suoi occhi, svanirono senza lasciare tracce e ricordi nella mente del ragazzo; ansante, la fronte imperlata di sudore, si mise a sedere sul letto, allontanando da sé le coperte e avvicinandosi alla finestra della propria stanza, scrutando, inquieto, il circondario dall’alto della torre di Heartland.
Il cielo era violaceo, la sua volta era divenuta uno spesso blocco di nubi minacciose da cui si sprigionavano ad intermittenza lampi e tuoni, mentre una pioggia fitta e scrosciante si abbatteva sulle case, sui parchi e sulle strade.
Quando l’opprimente tachicardia che l’aveva colto nel sonno sembrò affievolirsi, Kaito mosse qualche passo per tornare a letto, ma qualcosa, all’esterno, attirò la sua attenzione.
Aguzzò la vista, cercando di identificare la figura avvolta in un impermeabile nero notte che si stava allontanando lungo il viale alberato, e subito pensò ad uno dei dipendenti dei laboratori vicini; tuttavia, quando un lampo illuminò il circondario, poté chiaramente riconoscere quella persona alta e slanciata, e i suoi lunghi capelli argentei frustati dal vento…
Accigliato, si vestì in tutta fretta, ed uscendo di corsa dalla sua stanza, per poco non si scontrò contro Orbital che gli stava venendo incontro tutto agitato.
-Kaito-sama! C’è stato un cortocircuito…! Kaito-sama, dove stai andando?- gli chiese il robot, fermandosi e guardando il ragazzo allontanarsi di corsa.
-Orbital, raggiungi Haruto e assicurati che stia bene- gli ordinò -Torno subito-;
-M-ma…! Kaito-sama!-.
Qualcosa non andava.
Kaito corse a perdifiato per le scale, attraversò i quartieri del centro di sperimentazione e si lanciò lungo il viale principale, riuscendo a scorgere l’occidentale solo dopo diversi minuti di corsa, quando, oramai, questo aveva varcato le mura del centro città.
-Chris!-.
Raggiunto da quel richiamo, il ragazzo proseguì imperturbabile il suo cammino, senza rispondere, né voltarsi o rallentare il passo.
-Chris, aspetta!- provò a chiamarlo ancora Kaito, quando fu a pochi passi da lui -Aspetta! Dove… Dove stai andando?- gli domandò, posandogli una mano sul braccio e costringendolo a fermarsi.

A quel contatto, Christopher trasalì; una profonda indignazione attraversò come una scarica il suo corpo, che allontanò brutalmente Kaito con una spinta, facendolo cadere a terra, sull’asfalto bagnato.
Gli occhi del ragazzino si dilatarono colmi di stupore quando il giovane Arclight, sotto i lampi che ne illuminavano i tratti tesi del viso, lo caricò di uno sguardo astioso e feroce, che lo rese incapace di reagire, di proferire parola.
Kaito sarà la punta di diamante del progetto… Se Christopher dovesse venire a conoscenza del’esistenza dei Numeri e della loro utilità arriverebbe a capire troppe cose riguardo la fine di Byron e di Kazuma…Ti ha usato. È pur sempre il figlio di Faker… Non aspettarti che lui sia diverso...
Quelle voci riecheggiarono con prepotenza nella testa dell’occidentale, facendolo impazzire dal dolore. Christopher amava Kaito, lo amava più della sua stessa vita, ogni sforzo che aveva compiuto per ritrovare il padre Byron, ogni sacrificio che si era imposto, mese dopo mese, anno dopo anno, l’aveva fatto per riportare ogni cosa alla normalità, come un tempo, promettendo a Kaito che presto avrebbero potuto finalmente iniziare una nuova vita insieme. Chris si sarebbe finalmente potuto dedicare anima e corpo a lui, invece…
Un bugiardo. Nient’altro che una famiglia di ipocriti, e di cui la persona per cui aveva sempre provato un sincero sentimento d’affetto faceva parte.
Ogni promessa, ogni sogno, ogni progetto si era infranto. Non poteva più tornare indietro, e, a conti fatti, nemmeno ci sarebbe riuscito. Troppo dolore, troppa rabbia scaturivano dal suo cuore ogni qual volta, nella sua testa, tornavano a farsi strada le voci di Faker, Heartland e Tron.
I due giovani stettero entrambi in silenzio, sotto la pioggia battente che non accennava a voler abbandonare la città.
Christopher sembrò in un primo momento intenzionato a dirgli qualcosa, ma all’ultimo desistette, stringendo i denti e allontanando lo sguardo dal ragazzino davanti a lui, lottando contro se stesso per fare sì che il suo cuore potesse trovare presto la forza di recidere del tutto i sentimenti d’affetto che per anni l’avevano legato al figlio di Faker.
Kaito, scioccato, non riuscì a fare nient’altro che guardarlo allontanarsi da lui, fino a vederlo svanire sotto il fitto acquazzone.
-Chris…-.

-Voglio vedere mio padre! Subito, Heartland!-.
Il sindaco della città squadrò perplesso il ragazzo da dietro gli occhiali, facendo spallucce e scuotendo il capo.
-Mi dispiace, giovane Kaito, il dottore è molto impegnato. Non ha proprio tempo di…-;
-E’ mio padre. Dovrà trovarlo, che lo voglia o no!- sibilò Kaito, superando l’uomo che, allarmato da quella furia, a stento riuscì a bloccare il primogenito del suo capo.
-Via, non essere precipitoso. Si può sapere che cosa…?-.
Una voce gracchiante e sdegnosa si fece largo alle loro spalle: -Che cosa sta succedendo?-.
Il Dr. Faker li raggiunse, portandosi le braccia al petto e aggrottando la fronte rugosa con aria di rimprovero. Il signor Heartland liberò immediatamente Kaito dalla stretta, muovendo un lieve inchino e zittendosi. -Kaito, che cosa ti prende, si può sapere?-.
-Voglio sapere…!- Kaito mosse un passo avanti e guardò suo padre negli occhi, come non aveva mai fatto prima in vita sua -Perché Chris se n’è andato? L’ho incontrato… non sembrava neanche lui! Era furioso, a stento mi ha guardato in faccia! Cos’è successo?!- esclamò –Dimmelo, per favore!-.
I due uomini si scambiarono un’occhiata indecifrabile.
-Non ho nulla a che vedere con la sua decisione. Se andarsene è stata una sua scelta non sarò di certo io a fermarlo- sentenziò infine Faker, sostenendo lo sguardo del figlio –Dimenticati di quel ragazzo. Non abbiamo tempo da perdere dietro ai suoi capricci-;
-Capricci? Che cosa vuoi dire?- chiese Kaito, confuso –Dev’essere per forza accaduto qualcosa! Christopher non si sarebbe mai comportato in quel modo…-;
-Finiscila, Kaito!- sibilò lo scienziato, torvo -Già che sei qui, piuttosto, devo informarti che ho trovato la maniera per curare Haruto- annunciò, lasciando il ragazzo di stucco –Ma per farlo avrò bisogno del tuo aiuto, e se sei determinato a voler salvare la vita di tuo fratello farai meglio a dimenticare ogni altra sciocchezza-.
Dunque era vero? Se lui avesse aiutato suo padre, Haruto sarebbe finalmente guarito. Una piccola speranza si riaccese nel cuore del ragazzo… -Non ho idea del perché Christopher se ne sia andato, ma al momento non mi interessa, e non dovrebbe interessare neanche a te. C’è poco tempo, figliolo- lo incalzò Faker, entrando nel laboratorio e mostrando al giovane una complessa apparecchiatura da cui si diramavano monitor e nugoli di fili e collegamenti –Voglio che tu collabori al progetto. Vuoi bene ad Haruto, te ne sei sempre preso cura, ed io ho deciso di darti questa possibilità. Questi macchinari ci aiuteranno. Ti prepareranno al meglio per la tua missione-.
Ancora meravigliato, risollevato dalle affermazioni ottimistiche che il padre stava rivolgendogli sulla possibile guarigione di Haruto, il ragazzo alzò le iridi ghiaccio su di lui.
Tuttavia, dimenticare Christopher…
Il suo petto si strinse in una morsa dolorosa. No, come avrebbe mai potuto mettere una pietra sopra al passato, dopo tutto quello che avevano passato insieme?
Kaito serrò i pugni e lottò per celare il suo dissenso. Suo padre non era a conoscenza dei sentimenti che provavano l’un per l’altro, parlava con leggerezza, e non poteva capire quanto peso avesse in realtà la sua richiesta.
Dimenticare. Dimenticare quegli sguardi complici, quell’amicizia coltivata per anni, quel tenero amore sbocciato nella tarda adolescenza, le risate, le lacrime, i tormenti, le paure che avevano condiviso e che avevano superato, che li avevano resi più forti e uniti…
Il cuore di Kaito si ribellò a quell’idea, ma la ragione tornò improvvisamente ad avere un suo peso, ed il giovane dovette piegarsi dinanzi alla dura realtà.
Benché quella ferita fosse ancora fresca, doveva restare lucido. Avrebbe lottato e fatto il possibile per far sì che quel dolore infertogli dal primogenito degli Arclight si rimarginasse quanto prima.
Se Chris si era comportato in quella maniera fredda e distaccata con lui, senza ritenerlo degno di venire a conoscenza dei motivi del suo strano comportamento, significava che tutto ciò a cui Kaito era sempre stato legato non era altro che una illusione.
Il cuore gli doleva, nel prendere quella decisione che l’avrebbe per sempre allontanato da una delle persone più importanti della sua vita, ma Haruto aveva bisogno di lui, e niente sarebbe stato più importante per Kaito, niente sarebbe mai venuto prima.
Non si sarebbe più fidato di nessuno, se non di se stesso. Avrebbe aiutato suo padre, si sarebbe sottoposto a qualunque sacrificio pur di rivedere il sorriso gioioso del fratello minore.
-E’ sia- asserì, mentre, alle loro spalle, un sorrisetto astuto compariva sul volto del signor Heartland -Che cosa devo fare?-.

Thomas e Michael erano seduti uno accanto all’altro su divano del salone; parlavano e battibeccavano, quando Christopher giunse a casa, incupito e bagnato fradicio, interrompendoli e attirando la loro attenzione.
-Nii-sama, sei tornato!- esclamò Michael, felice, andandogli incontro e stringendolo in un forte abbraccio che lasciò il ragazzo del tutto indifferente.
-Lui dov’è?- si limitò a domandargli a fior di labbra.
Il fratello minore fece un passo indietro e lo guardò, sorpreso dalla freddezza che questi ostentava nei loro confronti. Non c’erano dolcezza e benevolenza nei suoi occhi di zaffiro, che sembravano essere stati testimoni di qualcosa di terribile.
Thomas, rimasto seduto sul divano, accavallò le gambe e volse lo sguardo cremisi verso le scale alle loro spalle.
-Finalmente sei arrivato, Christopher. Anzi, no…- si corresse Tron, raggiungendoli -Five-.
Il ragazzo sgranò gli occhi blu.
Al seguito delle parole appena pronunciate dal bambino, anche i volti dei suoi due fratelli si incupirono, come a confermare che nulla sarebbe più stato come prima.
Nella stanza buia, Christopher si sfilò i vestiti fradici e fissò con aria assente quei nuovi abiti deposti sul letto.
Five…
Si portò le mani dietro la nuca, dopo aver rindossato la camicia e il lungo soprabito blu, e con un gesto rapido lasciò ricadere i lunghi capelli argentei lungo la schiena, mentre nelle sue iridi cobalto si specchiavano i fulmini che ancora cadevano copiosi sulla città.
Five era pronto.

FINE.

Disse l’Autrice:
Ben ritrovati al penultimo capitolo di questa micro raccolta di oneshot autoconclusive (s)collegate fra loro. (?)
Ebbene sì, eccoci giunti a quel fatidico flashback del passato di Chris e Kaito, che decretò la fine della loro *lancia virgolette per la sezione a mò di stellette ninja* “”””amiciziaH””””.
(Un minuto di silenzio per tutte le vittime colpite dalle virgolette appena lanciate dall’Autrice).
Qui l’atmosfera fluff si disperde in maniera molto brusca, e giunge a dare spazio al ‘celeberrimo’ passaggio dell’anime; ho scelto di inserirlo come “intermezzo” nella ff, per scandire la fine dei ‘buoni rapporti’ fra i due, per poi limitarmi a riempire parte dei vuoti di quel flashback, immaginando come sarebbero potute andare le cose.
Ho provato ad immaginare diverse scene, e quella che vi ho proposto, con la comparsa di Tron e del suo “mezzo lavaggio del cervello a Chris”, mi è parsa la più plausibile. Mi rimetto al vostro giudizio e vi do appuntamento al prossimo capitolo. L’ultimo!
Buona serata a tutti!

+AliceWonderland+
  
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