7. Akemi
C’è
un’aria fresca, tipicamente
autunnale. Il sole sta tramontando e illumina di una luce calda le due
figure
sedute sulla panchina. Una è più grande, con
lunghi capelli castani. L’altra,
di poco più giovane, ha gli stessi lineamenti occidentali,
con i capelli più
chiari e corti dell’altra. Le circonda un’aria
confidenziale, tipica di due
amiche che non si vedono da lungo tempo.
- Allora?
La
più grande rompe il silenzio,
fissando l’altra con curiosità. Lei la guarda,
esasperata.
- Oh, Akemi. Non
sono mica come te, io.
Akemi fa una
smorfia di disappunto.
- Sorellina, tu
lavori troppo.
- Me lo dicevi
sempre. Cos’altro, poi?
L’altra
ride, osservandola.
- Trovati
un’amica e un fidanzato.
Le fa una
linguaccia, e sembra lei la
più piccola.
- Non
c’è niente di male, sai. Dovresti
vivere, Shiho. Non l’hai mai
fatto davvero.
-
Perché non posso. Ci sono sempre loro,
a un passo da me. Lo so anche se
non riesco a vederli.
Shiho abbassa lo
sguardo, fissando le
sue mani strette a pugno. L’altra sorride, cercando di
tirarla su.
- Una volta,
forse. Adesso, non è più
così. Hai qualcuno che ti vuole bene, che ti protegge. Forse
sbagliavo: tu ce
l’hai già, degli amici e un
fidanzato.
Riesce a
strapparle una smorfia
divertita.
- Non
è il mio fidanzato. È più
una guardia del corpo.
Confessa,
rasserenata.
- Conosco la
sensazione. Credimi, è lo
stesso.
Akemi si
illumina, solo alludendo a
una persona che non c’è.
In quella
piccola frase sono nascosti una miriade di sentimenti, quelli che
l’hanno
accompagnata nell’ultimo periodo della sua vita. Shiho si
rabbuia, nascondendo
negli occhi solo fantasmi di ricordi dolorosi.
- Akemi.. lui non ti ha salvata. Se mai ti ha condannata.
La sorella
sussulta, ma poi sorride,
comprensiva.
- Ti prego,
Shiho. Il mio destino era
segnato, e avrei fatto qualunque sacrificio se fosse servito a
riaverti. A
riavere la speranza di una nuova vita, con lui
e con te.
La bionda non
riesce a trattenere la
brillantezza nei suoi occhi.
- Mi manchi
molto.
- Anche tu. Ma
sono felice che tu sia
riuscita a scappare da loro, e che
abbia trovato proprio lui. Conan Edogawa sarà la tua salvezza.
L’altra
abbassa lo sguardo.
- O la mia condanna.
Akemi le stringe
una mano, fissandola
nei suoi intensi occhi verdi.
- Non importa,
sorellina. Sai perché?
Standogli accanto, vivrai.
Qualsiasi
emozione è meglio di una vita vuota e senza sentimenti.
Shiho non riesce
a nascondere una
smorfia amareggiata.
- Credo che non
mi sopporti. Sono
sempre così scorbutica con lui. Non riesco a ringraziarlo
apertamente.. eppure
gli devo così tanto.
- Credimi, lui
sa che il tuo mandarlo
a quel paese è il tuo modo di dirgli ‘grazie’.
Quanta pazienza che ha, quel povero tesoro. Sei
una testa dura.
- Ei!
Shiho ride,
continuando a tenerle la
mano. Akemi sa di aver vissuto dei giorni migliori dei suoi, ma spera
che la
tristezza che la sorella più piccola porta negli occhi possa
un giorno svanire
del tutto. Avrebbe fortemente voluto esserle accanto, ma il destino
aveva avuto
in serbo altro, per lei. Tuttavia è felice che il suo
sacrificio sia servito a
farle incontrare lui. Negli ultimi attimi della sua vita, sente quasi
di aver
affidato il destino di Shiho a
quello
di Conan.
- è
un bel tipo, Conan Edogawa. Somiglia molto
a quel detective del liceo.
- chi, Shinichi
Kudo?
Quelli furono
gli ultimi istanti che
trascorse con sua sorella. Guardandola in volto dopo averlo nominato,
scorge in
lei una vecchia luce, qualcosa che aveva intravisto solo allo specchio
durante
giorni ormai lontani. Qualcosa che non aveva mai reso così
splendente lo
sguardo della sua sorellina. Sorride, e in cuor suo sa.
Ormai non può più tornare indietro.
- Shiho, dimmi
una cosa. Perché non
hai rivelato nulla di lui all’organizzazione? Sapevi che
Shinichi Kudo non era
morto, ma hai dichiarato il contrario.
Shiho si fa di
nuovo seria, mentre
cerca in sé stessa le sensazioni di quell’attimo
in cui decise che avrebbe salvato
la vita di Shinichi Kudo.
- Loro
ti avevano uccisa, non meritavano più alcun aiuto da me. E
poi.. non so
spiegartelo. Sentivo dentro di me che avrei dovuto mentire. Che avrei
dovuto proteggerlo.
Akemi annuisce,
guardando il sole
svanire piano dietro la collina.
- Hai le tue
risposte, sorellina.
La guarda,
sapendo che l’illusione sta
finendo. Il tempo dei saluti è ormai arrivato. Avrebbe
voluto ascoltarla
ancora, quando si fosse resa conto
dell’inevitabilità di ciò che sentiva.
Magari
con un timido rossore sulle gote si sarebbe confidata, e lei le avrebbe
raccontato che è normale
amare
qualcuno, che bisogna farlo senza riserve. Ma quello era tutto
ciò che poteva
dirle.
- Akemi.. vorrei
tanto che tu fossi ancora
insieme a me.
Mormora Shiho.
L’altra sorride.
- Anche se non
mi vedi, io sono sempre insieme a
te. Non dimenticarlo
mai. Ti voglio bene, sorellina.
Ai apre gli
occhi, ritrovandosi alle
orecchie le cuffie del registratore del dottor Agasa. Si era
addormentata
ascoltando nuovamente quel vecchio nastro che sua madre le aveva
lasciato. Si
stropiccia gli occhi, realizzando di aver solamente
sognato Akemi. Niente era stato reale. Il suo sguardo ricade sul
cellulare poco
distante, e lo afferra quasi istintivamente.
Le 4:45.
Digita una sola
parola nella casella
di testo del messaggio, e lo invia.
Il destinatario
del messaggio sta
dormendo profondamente, quando il suono del suo cellulare lo sveglia
all’improvviso. Conan si alza di scatto totalmente confuso,
tenendosi la testa
ed afferrando l’arnese infernale. La luce del monitor gli
brucia gli occhi, ma
cerca di intravedere comunque il contenuto del messaggio. Il mittente
è Ai:
solo una tipa strana come lei poteva scrivergli –
probabilmente per insultarlo
– a notte fonda. Che
fosse stata coinvolta in un omicidio? Era più probabile che
volesse
semplicemente mettere a tacere il russare del dottor Agasa.
Conan apre il messaggio, infastidito. Ma non c’è
nessuna richiesta.
C’è una parola sola.
“Grazie”