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Autore: Yumeji    02/06/2014    2 recensioni
Gli unici angeli che si possono ammirare sulla terra sono demoni a cui non sono ancora state strappate le ali.
Al mondo esistono un infinità di persone che potrebbero cambiarlo, alcune di esse riuscirebbero persino a distruggerlo se solo volessero. Il suo compito era di trovare e sterminare quelle persone. Non era un vero lavoro, anzi, traeva un sadico piacere nel strappare la vita a quei miseri esseri umani, non che lui differisse molto da essi in realtà... Ora che era giunto a Ikebukuro, una dolce culla per quelle essenze corrotte e dallo splendido potenziale distruttivo, avrebbe potuto allestire un vasto banchetto, doveva solo decidere da dove cominciare.
Trama: Un giorno qualsiasi, un certo numero di abitanti di Ikebukuro viene colpito da un malessere sconosciuto. Persino Shizuo, il cui corpo non mostra alcun sintomo, si sente strano, pensieri e desideri inquietanti gli attraversano la mente, ma ciò che lo spaventa di più è il fatto che sia Izaya il protagonista di tutte quelle sue fantasie perverse.
Sta accadendo qualcosa, non solo all'intera Ikebukuro, ma anche all'interno del biondo Heiwajima.
Il suo corpo, era come se non gli appartenesse più.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shizuo Heiwajima, Un po' tutti | Coppie: Celty/Shinra, Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Fa.. fatelo smettere!- gridò Ryugamine gettandosi a terra, le mani contro le orecchie, a tapparle con una forza tale che, a guardalo, Kida temette potesse arrivare a spappolarsi il cranio.
- Uhg..!- anche Izaya cadde, un leggero mugolio di dolore gli sfuggì dalle labbra mentre la mano con cui si era sorretto scivolava lentamente sulla corteccia dell’albero, suo unico appoggio; la gemella invece rimaneva accostata al viso a chiudere, come lo steso Mikado, il padiglione auricolare.
- Che combini pulce?- fu sul punto di prenderlo a calci Shizuo, ma gli bastò uno sguardo per fermarsi, il volto dell’altro era improvvisamente pallido, sudato, sofferente. Non era uno dei suoi soliti giochetti.
- V-vi prego, basta!!- continuò ad urlare Ryugamine come se fosse impazzito e presto altre voci, molte, si unirono a lui.
Erano grida di dolore.
- Ma che caz…?- si guardò introno l’Heiwajima accorgendosi che non erano solo quei due a comportarsi in modo strano, un misterioso malessere sembrava aver colpito almeno ¼ dei passanti che al momento stavano visitando il parco pubblico di Ikebukuro.
Da una parte, una ragazza gridava a squarcia gola rotolandosi a terra, strappandosi i capelli, era talmente straziante da sembrare che la stessero bruciando viva; dall’altra, c’era un uomo possente, sulla quarantina, anche lui riverso a terra, non urlava ma si mordeva le labbra per trattenersi, probabilmente tanto fiero del proprio stoicismo da non importargli se era arrivato a farle sanguinare.
E poi ancora: la fioraia all’angolo, un ciclista, l’uomo dei ritratti, un bambino che giocava a pallone.
Tante, troppe persone gridavano in preda alla sofferenza.
- Si… si stanno tutti tappando le orecchie - balbettò Kida bianco come un fantasma, la voce spaventata, Shizuo non poteva dargli torto, di fronte ad una scena simile persino lui aveva sentito dei brividi di gelo percorrergli tutto il corpo. Cosa stava accadendo?
L’Heiwajima e Masaomi non erano gli unici spettatori di quello spettacolo, ve ne erano altri, forse amici o parenti di quelli riversi a terra, che non sembravano mostrare gli stessi sintomi degli afflitti.
- Ohi, Izaya! - non sapendo come comportarsi, confuso ed inquieto in una simile situazione, il mostro di Ikebukuro si rivolse a colui che, normalmente, era all’origine di tutti i mali.
- No… I-io non…- provò a difendersi l’Orihara, poteva ben immaginare quali accuse gli stesse rivolgendo il suo antagonista, ma la voce gli morì in gola, soffocata da un conato di vomito che gli fece rimettere tutto il contenuto dello stomaco sul marciapiedi del parco comunale.
Istintivamente, quando lo vide tremare, oscillare pericolosamente su se stesso dopo essersi svuotato di quell’unico pasto consumato quel giorno, Shizuo si affrettò ad afferrare il corvino, prendendolo per i capelli, evitandogli cosi di svenire sopra il suo stesso vomito. Per una volta, forse l’Orihara non centrava con tutto quel casino che stava capitando. Forse. Gli concesse il beneficio del dubbio l’ex-barista, ritrovandosi a chinarsi sul proprio peggior nemico per assicurarsi che respirasse. Almeno, dopo una scena simile, era certo che non fingesse. Piuttosto di farsi vedere in uno stato tanto miserabile e vergognoso l’informatore si sarebbe inventato una qualche alternativa.
- È… è il suono - mormorò Izaya quando gli fu a portata d’orecchio, aveva ripreso abbastanza equilibrio perché l’altro non dovesse trattenerlo più, sembrava ancora però sul punto di perdere i sensi.
- Quale suono? - gli domandò,
- Co-me fai a non sentirlo?- e nello sguardo che rivolse al biondo, mescolata alla confusione, c’era pura sofferenza. Qualcosa che mai si era sognato di vedere su quel volto.
Shizuo non ebbe modo di chiedergli altro, un urlò più forte degli altri squarciò l’aria, seguito subito dopo da grida la cui disperazione sembrava aumentare con l’avanzare dei secondi, ormai non parevano più voci umane, ma di qualche animale finito vivo al macello.
Anche l’Orihara gridò e un sottile stiletto di ghiaccio penetrò nel petto di Shizuo, un muto panico avvolse lui, Kida e le altre persone incolumi presenti. Un inverosimile immobilità colpì tutti coloro che avrebbero potuto fare qualcosa, si paralizzarono mentre i loro conoscenti, parenti o fidanzati che fossero, agonizzavano. Li fissavano meravigliati, incapaci di fare nulla, non sapendo cosa dovessero fare.
- Ryugamine i tuoi capelli… sono - farfugliò Masaomi, lo sguardo oro spalancato, sconvolto,
- bianchi - sussurrò Shizuo, osservando come lo stesso fenomeno che aveva colpito lo studente fosse il medesimo che vedeva compiersi sulla pulce e il resto dei sofferenti.
I capelli di tutti loro stavano diventando bianchi o, meglio, le loro chiome stavano perdendo la naturale pigmentazione. Ma come era possibile?! Cosa diamine stava accadendo?
Con l’arrivo delle prime sirene delle ambulanze le urla di dolore si acquietarono, tacendo all’improvviso.
Decine di persone quel giorno rimasero a terra, simili alle vittime di un qualche atto terroristico, nonostante i loro corpi fossero totalmente privi di ferite. Erano tutte prive di sensi.

- Ohi!.. Ti chiami Kida, giusto?-
- Eh?.. Ah, si!- balbettò Masaomi in ginocchio a fianco a Mikado, svenuto, a fissarne incredulo la nuca, pochi minuti prima di un bel castano scuro.
- Senti, non credo che quel qualunque-cosa-fosse a cui abbiamo assistito rientri nel canoni del fatto normale e spiegabile - osservò Shizuo e il ragazzo non poté far a meno di annuire, trovandosi pienamente d’accordo, entrambi erano a conoscenza di troppi eventi fuori dal consueto per non riconoscerne uno quando gli capitava. - Bene, allora siamo d’accordo - fece mettendo in tasca il cellulare che aveva appena estratto, non aveva chiamato nessuno limitandosi a premere qualche tasto della tastiera, “ha inviato un messaggio?” - Celty sarà qui tra poco. Porterà Mikado da un medicastro senza licenza che per lo meno ha un padre che ne capisce di queste… ehm, cose - aveva pronunciate “cose” con una certa titubanza e sottile arrabbiatura, forse lo irritava non aver trovato un modo più adatto per definire la situazione.
- Va bene - acconsenti l’altro biondo, il ragazzino, sapendo quando Ryugamine si fidasse della motociclista senza testa e, di conseguenza, di coloro che avevano diretti contatti con lei.
- Ma ecco… He-heiwajima - aggiunse quando l’ex-barista, con un facilità disarmante, sollevò lo studente privo di sensi e se lo mise sulle spalle, “Sembra un sacco di patate” pensò nell’osservarlo un poco sconvolto, sentendosene poi fulminato dallo sguardo nascosto dietro le lenti blu degli occhiali da sole.
- Cosa?- probabilmente l’uomo non aveva l’intenzione di essere aggressivo, ma il suo tono alterato fece comunque sussultare Masaomi, il quale, visti i suoi trascorsi, aveva temuto di incrociare anche solo la strada con il mostro di Ikebukuro, figurarsi parlarci.
Deglutì per ritrovare un po’ di voce, e quel coraggio che sembrava essersi sciolto come un cubetto di ghiaccio con la calura estiva.
- Lo… lo lascia-mo qui?- gli chiese indicando la figura rimasta adagiata, inerme e a sua volta priva di coscienza, contro il tronco di un albero. Kida non sapeva da dove gli venisse tutta quella voglia di venir preso a pugni e ridotto in poltiglia, era consapevole a cosa comportasse accennare anche solo minimamente ad Izaya Orihara quando nei dintorni era presente Shizuo Heiwajima.
E lui, da bravo aspirante suicida, era arrivato a proporgli di aiutarlo? Si era cosi stancato di vivere? Si chiese il ragazzo sudando freddo, rendendosi conto che, se non fosse stato per la sua Saki, avrebbe abbandonato senza rimpianti quella piattola di informatore al suo destino lì, vicino ad una pozzanghera di vomito. Purtroppo la ragazza rimaneva ancora molto affezionata a quell’essere ripugnante, se non avesse fatto nulla per aiutarlo (e lei lo avesse scoperto), non gliel’avrebbe mai perdonata.
- Uff… Vorrei approfittarne per abbandonarlo sui binari della metro, ma hai ragione - solo quando Shizuo non cominciò a pestarlo a sangue ma, anzi, gli rispose con un insolita calma, Kida si rese conto di aver trattenuto il fiato, - Sono sicuro che sappia qualcosa, anche se dubito che riusciremo a farlo parlare facilmente, è meglio portarlo con noi - rifletté ad alta voce, e il ragazzo si stupì che sapesse pensare cosi lucidamente trattandosi di QUEL Orihara.  

- A grandi linee ho compreso cos’è accaduto, ma ne parleremo meglio dopo - gli disse Celty, sventolandogli davanti alla faccia il display dell’apparecchio elettronico. Era impossibile tenere una telefonata tradizionale con la motociclista nera e Shizuo non aveva la pazienza di scrivere messaggi chilometrici, quindi, si era limitato a chiedere alla Dullahan di presentarsi lì, senza dirle nulla, spiegandole poi tutto a voce quando si era presentata. Kida pensò che dovevano avere proprio un buon rapporto se gli bastava cosi poco per avere un appuntamento con una simile leggenda metropolitana, si era presentata in meno di una diecina di minuti da ché l’aveva contattata. Era spuntata di fronte a loro in sella alla fedele motocicletta nera, splendida e spaventosa come un drago appena uscito da un libro di fiabe.
- Grazie, Celty… - fece lui e, per la prima volta, Kida lo vide sorridere, -Tu riesci a portare un solo passeggero, vero?- le domandò facendosi però subito pensieroso. Probabilmente si stava chiedendo chi tra Ryugamine e quel stramaledetto informatore avesse più esigenza di essere visitato da Shinra. - Occupati della pulce, io penserò a Mikado - ma, sopratutto, si chiedeva se era disposto a correre il rischio di farsi vedere in giro per mezza Ikebukuro con la propria nemesi sulle spalle. C’era il pericolo che qualcuno, notandoli, fraintendesse la situazione. Avrebbero potuto persino chiamare la polizia convinti che lo avesse ammazzato, e Shizuo non voleva altri problemi con la legge a causa di Izaya, gli era già bastata una volta.
Kida non protestò alla sua scelta, seppur preoccupato per le condizioni dell’amico, non desiderava certo aizzare la bestia sopita.
La Dullahan partì, avvolgendo l’informatore con la propria ombra, assicurandolo a se in modo che non perdesse l’equilibrio, essendo ancora svenuto.
Masaomi e Shizuo rimasero quindi nuovamente soli a percorre a piedi la via verso l’abitazione del medico. Per quanto accelerassero il passo allo studente pareva comunque che avanzassero troppo lentamente e si pentì di non aver detto nulla. E se ciò da cui era stato colpito Ryugamine si fosse trattato di un qualche virus che distruggeva il corpo della vittima, man mano, con il passare dei minuti?
Masaomi non ne sapeva nulla di malattie o medicina, ma il tempo con era forse essenziale? Non insistendo con l’ex-barista poteva aver condannato il proprio miglior amico? E per chi? Per uno scarafaggio che, chiunque l’avesse incontrato (escluso Saki e, forse, Simon), lo desiderava morto.
Un forte malessere colpì il ragazzo, serrandogli lo stomaco e bloccandogli in gola la saliva, impedendogli di deglutire. Aveva la nausea e un improvvisa bisogno di vomitare, era terrorizzato.
Solo perché Ryugamine non urlava più non significava che non stesse soffrendo, il fatto che fosse svenuto non era un bene, ma un grosso problema, in quel modo non poteva accertarsi delle sue reali condizioni.
- Se dovesse accadere qualcosa al tuo amico, ti do il permesso di vendicarti su di me- gli disse Shizuo, quasi ne avesse intuito i pensieri, continuava a dargli la schiena qualche passo avanti a lui e per un momento il ragazzo credete  di esserselo immaginato.
Davvero il mostro di Ikebukuro era disposto a fare una cosa simile?
- Ti faccio davvero paura, vero?- lo fece sussultare, parlando d’improvviso,
- Ehm…- si ritrovò a balbettare lui timoroso, sudando freddo e dandosi mentalmente dell’idiota, ora, anche se avesse negato, non gli avrebbe mai creduto.
- Tranquillo, non mi piace picchiare i mocciosi. Vedi solo di non far nulla per farmi arrabbiare -
Questo però non mi tranquillizza molto” pensò Kida nel pronunciare un timido - Okay -, sapeva da voci certe che bastava un non nulla per fargli saltare la mosca al naso.
Gli sembrava di camminare sui gusci d’uovo.





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Scusate il ritardo *inchino*
  
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