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Autore: clif    03/06/2014    2 recensioni
Carol Smith, una povera bambina orfana che viene maltrattata e denigrata dai suoi coetanei a causa del suo carattere chiuso e per lo strano colore dei suoi capelli. un giorno però avrà l'opportunità di abbandonare tutto ciò e a dargli questa possibilità saranno due misteriosi individui mandati da una grande casa farmaceutica. l'intera saga di Resident Evil riscritta dal suo punto di vista. Carol riuscirà a scoprire le sue misteriose origini e a sopravvivere all'incubo delle armi biologiche?
tratto dal primo capitolo della storia:
ormai non rimaneva molto tempo dovevo assolutamente
trovare il mio obbiettivo ed andarmene da lì. Supero ad una velocità sovrumana
tutti gli ostacoli e mostri che incontro sul mio cammino fino ad arrivare davanti al
porto. Eccomi qui! Sono arrivata finalmente –GGGRRRROOOOWWWWLLLL!!!- Ho
parlato troppo presto, mi volto e trovo davanti a me ancora quel fastidioso essere.
–Ora basta! Mettiamo fine a questa storia!- ringhio minacciosa andandogli incontro.
(raiting temporaneo, a seconda del vostro giudizio deciderò se cambiarlo o no)
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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23 Settembre 1998:Carrolls street, Raccon city, stati uniti

Salii a grande velocità le scale e attraversai l’uscita segreta del laboratorio. Intorno

a me il paesaggio era tranquillo, persone che prendevano un gelato al chiosco o

uomini in macchine che percorrevano le strade, non ancora affollate, per andare al

lavoro: non potevano immaginare che tra poco, da sottoterra, sarebbe giunto un

vero inferno. Mi riscossi dai miei pensieri e tirai fuori le chiavi che tenevo nella

tasca dei pantaloni e mi diressi verso la moto parcheggiata lì accanto. Era stato

Wesker a comprarmela per il mio quattordicesimo compleanno, presi il casco

(quello da agente dell’Umbrella l’avevo lasciato nel laboratorio) e mi diressi a folle

velocità alla scuola elementare dove studiava Sherry.


23 Settembre 1998:scuola elementare, Raccon city, stati uniti

In meno di cinque minuti ero arrivata a destinazione. La scuola elementare di

Raccon city era un edificio molto grande, i muri erano di colore beje, e d era

circondato da un prato verde, grande e ben curato. Parcheggiai la moto accanto al

cancello, per qualsiasi evenienza, e suonai al citofono posto li vicino. –Chi è?-

Domandò una voce metallica –Salve, sono venuta qui per una vostra alunna, è

urgente- Probabilmente confusa, la persona dall’altra parte aprì il cancello e mi

permise di entrare. Attraversai a grandi falcate il vialetto di marmo circondato

dalle siepi, erano molto belle, mi sarei fermata ad ammirarle se la situazione non

fosse stata così grave. Aprii il portone e mi diressi verso la segreteria dove due

bidelli erano intenti a chiacchierare. La situazione era grave, ma questo non mi

impediva di incazzarmi: quei due appena si erano girati si erano messi a fissarmi le

tette. –Scusate?- domandai io irritata –S…Si?- chiesero loro in imbarazzo –Sono

venuta qui per Sherry Birkin- Dissi io senza giri di parole –Mi dispiace ma soltanto

un genitore può prenderla per farla uscire in anticipo- Rispose uno dei due –Dovrei

avere una delega speciale, controllate pure- Dissi indicando il loro archivio. Persi

minuti preziosi ad aspettare che trovassero quella benedetta delega ma finalmente,

dopo un po’, era finalmente saltata fuori. –Ha ragione signorina, ci dispiace,

andiamo subito a chiamare Sherry- Concluse in fretta l’altro uomo, incamminandosi

per i corridoi pieno di imbarazzo. Mi sedetti un attimo su una sedia, per aspettare,

e appoggiai la testa sulle ginocchia, non avevo dormito quasi per niente quella

notte e, vista la situazione, dedussi che le notti in bianco non sarebbero finite tanto

presto. –Mi scusi, lei è?- Mi domandò una voce facendomi riprendere, non mi ero

accorta che qualcuno si fosse avvicinato. Mi voltai a trovai alla mia sinistra una

donna sulla cinquantina con i capelli raccolti a in una coda e degli occhiali a

mezzaluna poggiati sul naso. –Non sapevo dell’arrivo di una nuova studentessa- A

quell’affermazione mi irritai leggermente: vabbè che avevo si e non 16 anni, ma da

qui a scambiarmi per una bambina delle elementari ce ne corre. –Veramente sono

venuta qui solo per prendere Sherry Bir…- Non mi diede neanche il tempo di finire

–Ah! Tu sei la sorella di Sherry?- Mi domandò lei con un sorriso –No, non sono la

sorella, sono un assistente del padre- A quelle parole parve adombrarsi un po’

-Oh, capisco. Non ho mai visto i genitori di Sherry venirla a prendere, ogni tanto

ho visto a madre ai ricevimenti dei genitori ma il padre mai- Da ciò che aveva

detto, dedussi che doveva essere una maestra di Sherry. Capii benissimo di ciò che

parlava, a causa del lavoro, William e Annette trascuravano parecchio la bambina:

forse era per questo che si era affezionata così tanto a me. Feci per aggiungere

altro ma venni interrotto da una voce acuta e famigliare –CAROL!- Mi girai appena

in tempo per essere stritolata in un abbraccio da un piccolo e gracile corpicino.

-Come sono felice di vederti! Come mai mi sei venuta a prendere?- Mi domandò la

bambina dopo avermi “liberato” dalla sua presa –Tua madre mi ha chiesto di venirti

a prendere per un motivo parecchio urgente- Le risposi cercando di non far

trapelare l’ansia che mia attanagliava –Devo firmare qualcosa?- Chiesi alla donna

accanto a me –No, non preoccuparti, ci penso io a giustificare l’assenza di Sherry.

Arrivederci- Mi salutò lei con una stretta di mano. Chissà: probabilmente non ci

saremo più riviste. –Andiamo Sherry, prima di partire devo fare una chiamata-

Uscimmo dal cancello e ci accostammo alla moto, lasciai un attimo Sherry lì e mi

allontanai per non farle sentire la telefonata. –Pronto?- -Pronto? Carol? Grazie al

cielo hai chiamato- Le sentii tirare un sospiro di sollievo –Non preoccuparti, tua

figlia sta bene, dimmi adesso cosa devo fare- Bisbigliai controllano la bambina con

la coda dell’occhio –Dovete assolutamente dirigervi a casa nostra e prendere un

medaglione: Sherry sa quale- -Non sarebbe meglio se gliela passassi un attimo?

Probabilmente si sentirebbe più tranquilla- Le chiesi. La sentii sospirare per poi

annuire, chiamai la piccola e le passai il cellulare. La conversazione fu veloce e

dopo un paio di minuti aveva già riattaccato: dovevamo fare in fretta. –Devo salire

lì?- Domandò lei preoccupata, indicando il mio mezzo. –Stai tranquilla, non andrò

veloce, tu però tieniti forte!- Le dissi con un sorriso. Aspettai che si fosse messa

comoda e sfrecciai lungo le strade, diretta verso l’abitazione dei Birkin.


23 Settembre 1998:casa Birkin, Raccon city, stati uniti

Percorsi, a velocità sostenuta, le strade della città. Sapevo benissimo che per ora

andava tutto bene, ma non potevo fare a meno, ogni volta che curvavo, di

guardarmi intorno circospetta, avevo come paura che all’improvviso sarebbe uscito

fuori un non-morto per aggredirci. Arrivammo, dopo un viaggio di quasi un ora, a

casa Birkin. –Eccoci arrivate!- Disse lei, scendendo dalla moto e togliendosi il

casco (Non avrei permesso che si facesse male, ero lì proprio per evitarlo). –Come

entriamo?- Domandai a quel punto io, rendendomi conto di non avere le chiavi di

casa –Non preoccuparti, mamma e papà nascondono le chiavi sempre dietro questo

vaso- Mi disse lei indicando una piccola piantina posta vicino all’ingresso. Presi le

chiavi e rapidamente aprii la porta. Nonostante la fretta, ebbi il tempo di dare un

occhiata alla casa: l’arredamento era molto carino, il colore dei muri era intonato

con quello dei vari mobili e soprammobili. –Dov’è il medaglione?- chiesi io

guardandomi intorno, nel tentativo di trovarlo riposto su qualche mobile –Dovrebbe

stare in camera di mamma, vado a prenderlo- Rispose lei dirigendosi per le scale.

Approfittai per chiamare la madre e farmi dare le nuove istruzioni. Cercai il

telefono (il cellulare lo stavo tenendo spento per paura di farlo scaricare) e,

controllando che Sherry fosse al piano di sopra, composi il numero di telefono di

Annette. –Pronto?! Carol, cos’è successo?! Perché non mi rispondevi?!- In quel

momento realizzai che spegnere il cellulare, forse, non era stata un idea tanto

brillante –Ho avuto un problema con il telefonino, ma Sherry sta bene, adesso sta

prendendo il medaglione: ora dove dobbiamo andare?- Domandai voltando la testa,

avevo sentito un rumore alle mie spalle e mi volli assicurare che Sherry fosse

scesa. –Dirigetevi il più in fretta possibile alla stazione di polizia e chiedete del

capo della polizia: Brian Irons. Lui è un nostro alleato, terrà Sherry al sicuro alla

centrale- Non ero del tutto convinta che questa fosse la soluzione migliore –Ma

sarà veramente sicuro lasciare Sherry lì?- Domandai cercando di non fare sentire

il discorso alla diretta interessata. –Le misure di sicurezza del laboratorio sono

riuscite a impedire la diffusione del G ma non hanno potuto fare nulla per bloccare

il virus T, nel giro di pochi giorni la città sarà un inferno: fidati, quello è il luogo più

sicuro per lei- A quel punto non potei far altro che annuire: la situazione era

tutt’altro che facile –Emh… Carol? Potresti passarmela?- Mi domandò esitante. Mi

voltai e senza dire niente passai la cornetta nella mani di Sherry. Mi allontanai un

attimo e mi misi a guardare il paesaggio fuori dalla finestra: tutto ciò che i miei

occhi stavano vedendo, nel giro di pochi giorni sarebbe stato invaso da orde di

zombie. Annette non aveva accennato a niente del genere, ma questa era l’unica

possibilità: ormai era inevitabile. –Fatto!- Esclamò Sherry riattaccando il telefono e

indossando il ciondolo. Solo in quel momento mi sorse una domanda: cosa c’era di

così importante in quel medaglione? Lo avrei chiesto ad Annette una volta arrivate

alla centrale di polizia. –Presto, andiamo!- La incitai io prendendola per mano e

dirigendomi verso la moto parcheggiata fuori. Mi accorsi, con enorme fastidio, che

le strade avevano iniziato a riempirsi di macchine: gente che andava al lavoro, o

genitori che intenti a portare i loro figli a scuola. Questo avrebbe rallentato di

molto la mia missione. Cercai di svincolare tra in mezzo al traffico ma, nonostante

fossi in moto, era particolarmente difficile farmi spazio tra tutti quei veicoli.

-Reggiti forte- Gridai a Sherry frenando bruscamente e facendo inversione

all’improvviso: avrei preso una strada più lunga ma sgombra.


23 Settembre 1998:Carrols street, Raccon city, stati uniti

Nel giro di mezz’ora (più veloce di cose non mi fu possibile) arrivammo all’incrocio

di Carrolls street. Ora dovevo prendere la Carlow e nel giro di pochi isolati

saremmo arrivate a destinazion… -Attenta!- Gridò Sherry. Ero così intenta a

pensare che non avevo visto un uomo in mezzo alla strada. Gli frenai ad un metro

di distanza: ancora poco e lo avrei investito. –Ma cosa ti dice il cervello?! Perché

hai attraversato così all’improvviso?!- Iniziai a gridargli contro, ma lui sembrava

del tutto assente, camminava in maniera lenta e oscillava le braccia come se fosse

ubriaco: in quel momento un orrendo pensiero si insinuò in me. Era terribilmente

bianco e sembrava semicosciente, barcollava, a stento si teneva in piedi e dalla

bocca uscivano solo dei lamenti privi di senso. –No… non è possibile…- Riuscii a

dire soltanto. Il virus era già fuoriuscito? Non poteva essere, era passata a

malapena mezza giornata dalla fuoriuscita del T. solo allora mi accorsi di come

fosse vestito: indossava un casco rosso e i suoi indumenti emanavano un terribile

puzzo di fogna. Ma certo! Doveva essere un operaio! E mentre era intento a

lavorare deve essere stato attaccato dai ratti infetti! Cosa dovevo fare a quel

punto? Sparargli o andarmene? Il non morto stava già oscillando nella mia

direzione. Gli avrei potuto infilare un proiettile in testa senza problemi, ma avevo

Sherry con me, feci così retromarcia e dopo aver raggiunto lo spazio sufficiente,

deviai la creatura e mi diressi verso la stazione di polizia.


23 Settembre 1998:centrale di polizia, Raccon city, stati uniti

Nel giro di dieci minuti eravamo arrivate  a destinazione. –Carol, chi era quello?-

Mi domandò lei. Sherry non era stupida, aveva capito che c’era qualcosa che non

andava –Non posso dirtelo, mi dispiace tesoro, però ora possiamo richiamare la

mamma, lei forse potrà spiegarti qualche cosa- Ceraci di rassicurarla, anche se

con scarsi risultati. Una volta entrati iniziai a guardarmi intorno, alla ricerca di

qualche agente che mi potesse dare informazioni –Salve, serve aiuto?- Domandò un

uomo di carnagione scura, appena sceso dalle scale –Si, mi servirebbe sapere dove

posso trovare il capo della polizia Brian Irons- Affermai con voce fredda: William

mi aveva sempre detto che nonostante l’età avevo un comportamento molto

maturo. Per un attimo sembrò sorpreso di questa richiesta ma subito mi fece segno

di seguirlo. Feci per dirigermi lungo le scale quando qualcuno mi afferrò un lembo

della giacca con la mano –Posso chiamare la mamma?- Mi domandò titubante

Sherry. Dopo aver visto il suo faccino triste, non ebbi il coraggio di negargli questa

richiesta, presi così il cellulare e dopo averlo acceso composi il numero di Annette.

Sarebbe stato meglio prima sentire come fosse la situazione la giù. –Pronto?!- Era

parecchio agitata –Sono Carol- La sentii tirare un sospiro di sollievo –Come va?

State bene?- Era preoccupata, si notava –Si stiamo bene, ora ci troviamo alla

stazione polizia ma Sherry voleva parlarti un attimo- Le riferii guardando la figlia

fare su e giù per le scale impaziente –Ok… passamela- -Ora te la passo, prima

però ti vorrei chiedere una cosa: cosa c’è di così importante nel ciondolo che ci hai

fatto prendere?- Attimo di silenzio –Dentro c’è una cosa che per me e mio marito è

molto importante, non abbiamo molto tempo passami Sherry e poi sbrigati a

raggiungermi: mia figlia lì sarà al sicuro- Ancora non ero del tutto convinta che

quello fosse un luogo sicuro ma senza aggiungere altro passai il cellulare a Sherry

e mi diressi dal commissario Irons. Il suo ufficio era situato al terzo piano

dell’enorme edificio, la porta era di marmo bianco, dopo aver bussato entrai e

dovetti ammettere che l’interno era anche meglio: sui muri erano appesi dei trofei

di ogni tipo, a terra vi era n tappeto persiano e vicino alla scrivania due colonne

con sopra dei busti qualche personaggio importante. –Ti manda il dottor Birkin

vero?- Il tono della sua voce era veramente irritante, ribadisco: lasciare qui Sherry

non mi sembrava affatto una buona idea. Gli spiegai a grandi linee, ed omettendo

alcune cose, la situazione mentre lui mi rispondeva  a monosillabi oppure

con degli accenni del capo. Questo tizio era uno schizzato: ma Annette era conscia

a chi stesse lasciando sua figlia? Lo conoscevo da appena un minuto e già mi ero

fatta un idea decisamente negativa del tipo di uomo che trovavo di fronte. Mi

risposi che era impossibile farsi un idea precisa di qualcuno in così poco tempo e

che i miei pensieri fossero tutti dettati dall’agitazione del momento, decisi così di

lasciar perdere e mi ridiressi all’ingresso dove avevo lasciato la mia protetta.

-Ecco fatto!- Mi disse lei ridandomi il cellulare, non potei fare a meno di sorridere

per il suo modo di fare: era così dolce, magari ci fosse stato qualcuno come lei

nell’orfanotrofio dove vivevo prima. –Tesoro, adesso io devo andare, tu fai la brava

e mi raccomando: stai attenta- Vidi il suo bellissimo sorriso sparirle dal volto

-Come “te ne vai”? No! Non puoi lasciarmi da sola!- Gli occhi le erano diventati

lucidi, stava per scoppiare a piangere ne ero sicura –Tesoro stai tranquilla, ora

vado ma poi ti vengo a riprendere- Le dissi –Me lo giuri?- Mi domandò porgendomi

il mignolo, mi tolsi il guanto in pelle e glielo strinsi con il mio –Te lo prometto-

Sembrò essersi rassicurata. Le diedi un bacio sulla guancia e mi diressi fuori da lì

per recuperare la moto e raggiungere Annette.


ATTENZIONE: GLI AVVENIMENTI DEI PROSSIMI CAPITOLI NON SEGUIRANNO LA TRAMA DEL RE2 
ORIGINALE MA SEGUIRANNO QUELLA DEL SUO REMAKE (DARKSIDE CHRONICLES) BUONA LETTURA

 
  
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