Forgotten.
Eravamo a casa,
sedute sul divano, l'una di fronte all'altra. Dopo un primo momento al
parco,
eravamo calate nell'imbarazzo più totale. "Vuoi qualcosa da
bere?"
chiesi improvvisamente. Lei annuì. "Il solito?" feci di
nuovo. Lei,
stavolta, sorrise. Significava che mi ricordavo ancora di cosa le
piacesse, non
l'avevo dimenticata. Fra noi erano sempre stato piccoli gesti con
grandi
significati. Andai in cucina e presi il bollitore, mettendoci in
infusione il
tè che sapevo piacere ad Emmaline. Dieci minuti dopo,
tornai, con due tazze
fumanti. "Tè alla menta con due cucchiaini di zucchero.
Ricordo
bene?" chiesi. Lei annuì. "Tu invece sei ancora per la
camomilla con
un cucchiaio di zucchero?" chiese titubante. Aveva paura di sbagliare,
lo
sapevo, era tangibile nelle sue iridi azzurre e lucide, nella sua
espressione
contrita e indecisa e nelle pupille che schizzavano da una parte
all'altra
della stanza. La voce incerta era solo la conferma alle mie ipotesi. Mi
venne
in mente la prima volta che avevo visto Luke, in quel momento era
simile al suo
essere spaesato. Mi nacque un piccolo sorriso a ripensarci.
“Che
cosa è
successo durante questi anni?” chiese Emmaline. Io esitai,
cercando di scremare
le informazioni. “Qualche giorno fa Cristine e Daniel si sono
sposati” dissi
poi. La vidi immobile, la tazza a mezz’aria, la bocca
leggermente aperta.
“Sono… sono felice per loro”
balbettò. Io sentii una morsa alla bocca dello
stomaco, quasi stessi per vomitare.
“Emma…”
“Non
preoccuparti,
non è colpa tua. Non mi avrebbero mai fatto uscire,
soprattutto per andare in
Francia” fece lei in fretta. “Se vuoi, puoi
vederli” risposi. “E come?”
“Sono
qui, in luna
di miele.” A queste parole, Emmaline sembrò
rischiararsi leggermente. “Se le
cose sono così, vado a trovarli domani. Spero che non venga
loro un infarto.
Sai no, il fantasma di Emmaline che sbuca dal passato” fece
con tono scherzoso.
Io ridacchiai, squadrando mia sorella. Sembrava molto più
formale rispetto ad
altre volte, e allo stesso tempo elegante: portava una camicia bianca
con
pantaloni attillati neri e tacchi alti.
Io, con quei
tacchi, non sarei nemmeno rimasta in piedi.
“Poi,
che altro mi
dici? Di Manuela e Carol, ad esempio?”
m’incalzò Emmaline. Io feci per parlare,
ma fui interrotta dalla porta di casa che veniva aperta, rivelando
appunto le
due, con Madison e i ragazzi. “Coco, sei in casa?”
chiese Manuela prima di
voltarsi e vederci. Impallidì. Carol, invece,
imprecò dalla sorpresa. Luke era
basito, gli altri solo confusi. Emmaline si ritrasse in quella che era
la sua posizione
difensiva: con le spalle leggermente portate in avanti. Come me. Dopo
anni e
anni, capivo al primo colpo gli atteggiamenti di chiunque. Come in
prima liceo.
Eravamo
Giorgia ed io, in classe. Io
davo le spalle alla porta, lei di fronte a me. Ad un certo punto, lei
piegò la
testa, guardò prima alle mie spalle, poi me, poi di nuovo
alle mie spalle, e sorrise
incantata. “È passato lui!” dissi
subito. “Si nota tanto?” mi chiese ridacchiando.
Io annuii. “Fai sempre così” risposi
sorridendo. “No ragazzi, io sono messa
troppo male!” commentò Giorgia, facendomi ridere.
“Ciao
ragazzi” dissi
io subito, notando la tensione nella stanza. “Emma, ma
che… che ci fai qui?!”
chiese invece Manuela. “È complicato”
fece mia sorella, alzandosi e posando la
tazza. Carol e Manuela, dopo un primo momento di stupore,
l’abbracciarono,
ancora scosse, e Emmaline rispose con un lieve sorriso. Poi
guardò gli altri e
si voltò verso di me. “Chi sono? Li
conosco?” chiese a bassa voce. Io scossi la
testa e lei sospirò di sollievo. Luke si fece avanti.
“Ti ho già visto” fece
solo Emmaline, stringendo la mano che lui le porgeva.
“Sì, ci siamo incrociati
per strada poco tempo fa. Piacere, sono Luke, il ragazzo di
Coco” disse con un
gran sorriso. Emmaline sgranò gli occhi e io arrossii.
“Dopo mi devi spiegare
molte cose” mi sussurrò lei.
Quando si
presentarono anche Ashton e Michael, dicendo di essere a loro volta i
ragazzi
di Carol e Manuela, Emmaline rimase spiazzata. “Sono rimasta
troppo indietro” mormorò
sconfortata. Calum e Madison si presentarono per ultimi.
Era una
situazione
strana e non sapevo come comportarmi. Luke se ne accorse e si
accostò a me,
stringendomi la mano dietro la schiena. “Che cosa
faccio?” chiesi a bassissima
voce, con tono quasi disperato, mentre Emmaline non mi guardava.
“Non ne ho
idea” mi disse chiaramente Luke. Lo guardai storto, in quel
momento non era
d’aiuto. “Scusatemi se sono così
insicura, ma non sono più capace a presentarmi
alle persone” disse Emmaline contrita. Eccola di nuovo,
quella sensazione di
morsa allo stomaco. Avevo la nausea. Strinsi la mano a Luke in modo
spasmodico,
quasi malato. “Se ti va, potremmo andare da Cristine e
Daniel. Saranno felici
di rivederti dopo tanto tempo!” disse Carol. Questo fu
ciò che mi fece
scoppiare. Dovetti correre in bagno, trattenendo un conato di vomito.
Quando
arrivai, mi chinai sul water. Penso di aver vomitato anche
l’anima, dopo tutti
gli organi. Mi sentivo svuotata, in ogni senso. Nella mia testa
echeggiavano
mille parole.
Dopo
tanto tempo.
Non
riesco a pensare che tu possa averla
ignorata…
Ti
prego.
Credo
che non ti importi più di me.
Ti
voglio bene.
Anche se non
erano
state dette con cattiveria, nella mia mente mi opprimevano accusatorie.
Suonavano come la condanna a morte di un detenuto. Sembravano gridare a
loro
volta: colpevole!
L’avevo
dimenticata, avevano ragione. Avevo voluto dimenticare mia sorella.
Ero un mostro.
E le voci
continuavano ad incolparmi. Riecheggiavano nella mia mente,
inesorabili,
ripetendosi all’infinito, rimbombando, sussurrate ma allo
stesso tempo
insopportabili.
Ti
ricordi?
Ho
paura che tu mi odi.
È
andata così, vero? Non è solo un’altra
delle mie visioni,
vero?
Ho
bisogno di te.
“Coralie!”
Un
attimo. L’ultima non era nella
mia testa, forse. “Coco, svegliati!” fece di nuovo
la voce estranea. Le altre
si ritirarono in un angolino della mia mente, come avvoltoi che se ne
vanno
dalla carcassa, disturbati da un predatore, e aspettano solo di
rimanere da
soli di nuovo per tornare al loro banchetto.
“Coco!” era lontana, ma stavolta
la riconobbi. Era Luke, ed era terrorizzato. Improvvisamente, qualcosa
di
gelido si infranse contro il mio viso. Annaspai, tossendo, e aprii gli
occhi.
Manuela era sopra di me, di fianco a Luke, e aveva un bicchiere vuoto
in mano.
Mi sfiorai la faccia e la trovai bagnata, quasi certamente mi aveva
rovesciato
un bicchiere d’acqua addosso. Ero svenuta? Non ricordavo.
“Coco!”
esclamò Luke, visibilmente
sollevato. “È colpa mia?” chiesi, con le
lacrime agli occhi. Mi guardarono
confusi. “Coco, cosa succede?” chiese Manuela
inginocchiandosi di fianco a me.
Io scoppiai a piangere, senza sapere perché.
“Coco?! Coco!” mi chiamò Luke,
mentre io scivolavo di nuovo nell’oblio.
Mi
svegliai in un letto
d’ospedale. Non capivo come ci ero finita, ma ero troppo
stanca per dire
qualcosa, così mi limitai ad ascoltare le parole del dottore
accanto a me. “È
stato solo un esaurimento nervoso. Il rivedere la sorella
l’ha traumatizzata, e
questo insieme a dello stress accumulato l’ha fatta
esplodere. Si riprenderà,
ma deve riposare per almeno due settimane. Fortunatamente non ha avuto
niente
di grave, il che è quasi miracoloso, notando
l’inclinazione della famiglia alle
malattie psichiche.” A quelle parole, una parte di me si
rilassò.
“Cosa
crede che sia stato a
scatenare il tutto? Perché ha parlato con me per quasi
un’ora, e mi sembrava
tutto normale.” Era la voce di Emmaline. “Mi avete
detto che ha vomitato, no?”
chiese il dottore. Non potei vedere cosa fece Emmaline, ma intuii che
stesse
annuendo. “Può darsi che qualcosa, magari delle
parole, abbiano alimentato i
suoi sensi di colpa, facendola sentire sempre peggio e facendola
crollare.”
“Se
avessi saputo queste cose,
avrei evitato di chiederle cosa fosse successo in questi
anni.”
“Sa,
signorina Lemaire, a volte
non è l’intera struttura ad essere importante.
Sono i bulloni che la tengono
insieme. Non penso che sia stato l’argomento a farle male,
bensì alcune piccole
parole, o frasi” spiegò il dottore. Non poteva
immaginare quanto avesse
ragione. Il silenzio che ne seguì mi fece immaginare
Emmaline che abbassava lo
sguardo. “Non è colpa tua” disse una
terza voce, sicura. Sentendola, mi irrigidii.
Luke.
Rimasi
ad ascoltare i discorsi del
dottore fino a quando esso non se ne andò. Poi aprii gli
occhi. “Secondo me sei
sveglia da tempo!” mi disse subito Manuela ridacchiando, che
non mi ero accorta
essere nella stanza con noi. C’erano tutti, a dire il vero,
compresi Cristine e
Daniel. “Sì, in effetti sì”
risposi allo stesso modo. Luke sembrò accorgersi
solo in quel momento del fatto che sì, ero sveglia.
“Coco!” esclamò. Io mi
trattenni dal ridere, mentre Carol commentava al posto mio:
“Sei a scoppio
ritardato?” Luke gli fece una linguaccia. “Come ti
senti?” mi chiese poi. “Come
una a cui hanno frullato il cervello e nel frattempo martellato la
testa” risposi
spassionatamente. “Il dottore ha detto che potrebbe tornarti
la cefalea a
grappolo” mi avvertì Carol.
“Cosa?!” esclamai, disperata.
“Cos’è?” mi chiese
Ashton. “Un mal di testa atroce. Prima non vedo niente, poi
sento come se mi
stessero schiacciando la testa” risposi. “E in che
senso, tornare?”
“Nel
senso che qualche anno fa ne
soffrivo spesso, poi mi sembrava di esserne uscita. Ma a quanto pare un
esaurimento nervoso risveglia queste brutte abitudini del mio
corpo” risposi
amara. Quelle cefalee erano davvero terribili, spesso scoppiavo a
piangere dal
dolore. Mi spiegarono tutto quello che aveva detto loro il dottore,
mentre io
giocherellavo con il bordo del lenzuolo. “Quindi,
ricapitoliamo, mi rilasciano
stasera, ma devo avere due settimane di riposo completo?”
chiesi. Luke annuì.
“Com’è che non mi è venuta
prima, l’idea di farmi venire un esaurimento
nervoso?!” feci. Cristine alzò gli occhi al cielo.
“Sarai stupida, eh?” chiese.
Io annuii, con una faccia da completa fumata. “Sai che bella
cosa? Esaurimento
nervoso ogni volta che non ho più voglia di avere contatti
umani!” feci.
“Coralie Alyssa Lemaire, rimangiati tutto!” mi
ammonì Luke. “Ok, ok, scherzavo”
dissi. Rimanemmo un attimo in silenzio. “Ragazzi, forse
è meglio se vi lasciamo
da soli. Sapete, dobbiamo fare quella cosa, in quel posto
lì, per quella certa
persona” fece Calum. Madison lo guardò malissimo,
come a dire: “Ma sei serio?”.
“Calum voleva dire che adesso vi lasciamo da soli”
disse poi. “Certo, perché
per capirmi serve il Maddyzionario, Calum-mondo e
mondo-Calum!” la schernì il
ragazzo. Ci mettemmo a ridere. “Ok, però
seriamente, lasciamole un po’ d’aria”
fece Daniel. Tutti si alzarono e si incamminarono verso la porta. Vidi
Cristine
circondare il collo di Emmaline con un braccio e dire:
“Tesoro, mi devi
spiegare molte cose.” Sorrisi mesta, in fin dei conti era la
prima volta che si
vedevano dopo anni e anni. Io e Luke rimanemmo soli. “Vieni
qui?” chiesi con
tono da cucciola, indicandogli lo spazio vuoto accanto a me. Lui
sorrise e si
sedette al mio fianco, abbandonando la scomoda sedia di plastica
grigia. Mi
scoccò un bacio sulla punta del naso. “Lo sai che
stavano per ricoverare anche
me? Mi sono preso come minimo dieci infarti” mi disse. Io
sporsi il labbro
all’infuori. “Mi dispiace” dissi,
affranta. “Ehi, piccola, non è colpa tua.
Tranquilla” mi rassicurò, abbracciandomi. Io mi
abbandonai nella sua stretta,
accorgendomi solo in quel momento di quanto ne avessi bisogno.
“Luke?”
“Sì,
amore?”
“Posso
piangere?” chiesi. Lui si
staccò un attimo dall’abbraccio e mi
guardò sorpreso. “Perché?” mi
chiese poi.
“Posso?” insistei. Lui esitò un attimo,
prima di annuire. “Va bene, piccola” mi
disse solo, stringendomi di nuovo. Io resistetti ancora un paio di
secondi, poi
iniziai a singhiozzare. Lui mi cullò piano, carezzandomi la
schiena. “Shh” sussurrò
ad un soffio dal mio orecchio. “Grazie di essere
qui” risposi io. Lui mi
asciugò una lacrima con un piccolo bacio.
“Coco?”
“Sì?”
“Posso
dirti una cosa?” mi chiese.
Io tirai su col naso e lo guardai interrogativo. “Ti
amo” sussurrò lui prima di
baciarmi. Io singhiozzai un’ultima volta. “Ti amo
anche io” risposi. Non cercai
di baciarlo di nuovo, semplicemente affogai fra le sue braccia. Avevo
bisogno
di lui, in quel momento soprattutto.
Lo
amavo con tutta ma stessa.