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Autore: Taila    07/08/2008    1 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di ritorno con il terzo capitolo. Qui vedremo cosa fa Allanon mentre Cho Black è inseguita dagli Incubi nella parte settentrionale di Paranor. Voglio ringraziare Stefania (Stefy_81): hai colto benissimo le miei intenzioni per ‘come un falco’, quello che c’è stato tra Jair e Jax non avrebbe mai potuto ripetersi oltre quella notte, anche se Jax fosse sopravvissuto (ricordi bene: è morto combattendo contro il mostro che aveva sempre sognato), forse sembra spezzata perché l’ho scritta in due momenti diversi perché non sapevo come descrivere la scena del loro rapporto, non volevo essere grafica e nemmeno scadere nel volgare. Ti ringrazio anche per il commento lasciato al primo capitolo di ‘Sorgon’: sono contenta di essere riuscita ad avvicinarmi almeno un pochino al maestro, e sono contenta che ti sia piaciuta Cho Black; confesso che per quanto riguarda il suo scetticismo mi sono ispirata a Brin: ricordi quando Allanon le dice di usare la canzone magica per dividere due alberi intrecciati e lei li distrugge? Allanon è il mio problema più grande perché ho sempre paura di non riuscire a rispecchiare il suo carattere originale, quindi sono sollevata nel sapere che tu abbia trovato il mio nella parte.
E spero di averti incuriosita ancora un altro po’ sul potere di Cho dopo questi altri due capitoli… per quanto riguarda l’origine fatata della famiglia Black… si, mi è venuta una certa ideuzza…
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto i primi due capitoli e leggeranno questo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura, alla prossima ^.^



Capitolo 3.


Allanon scendeva l’ampio scalone diretto alla biblioteca, lentamente, in maniera quasi solenne, come una sorta di immersione in quel luogo carico di ricordi che era diventato casa sua dopo la morte di Bremen.
Bremen. L’uomo che gli aveva teso la mano nel baratro in cui era caduto, che lo aveva tirato fuori e gli aveva fornito una nuova strada, un nuovo scopo per cui vivere e morire. Lo aveva reso il difensore delle Quattro Terre. Prima di morire Bremen lo aveva incaricato di vigilare su quel mondo giovane e fragile, costantemente preda delle ambizione di essere potenti e deviati, che vedevano come massima aspirazione delle loro vite, quella di dominare quelle terre. Poco prima di venire portato via dall’ombra di Galaphile al Perno dell’Ade, Bremen gli aveva rivelato che la minaccia del Signore degli Inganni non era stata completamente estinta, che Jerle Shannara nel momento decisivo aveva dubitato sull’effettivo potere della sua spada e questo aveva offerto una via di scampo al suo avversario; ferito ed indebolito Brona era scappato lasciando dietro di se solo uno sbuffo di fumo nero, i Messaggeri del Teschio erano scomparsi come nebbia al sole ed aveva perso il totale controllo su gnomi e troll che formavano il grosso del suo sterminato esercito. Ora Brona era tornato a rintanarsi al nord, a leccarsi le ferite ed a recuperare le forze, avrebbero avuto ancora qualche anno di pace prima del suo ritorno. Era questo quello che aveva pensato prima di abbandonarsi al Sonno del Druido, un sonno magico che consentiva di ringiovanire e quindi di vivere più a lungo di tutte le altre creature viventi; ma anche quell’espediente non sarebbe servito a tenere la morte lontana per sempre, a lungo andare non avrebbe più fatto effetto, togliendo anche gli effetti collaterali che portava su un organismo creato per vivere una vita breve. Allanon non si aspettava di certo di venire svegliato dopo appena cent’anni da suo padre. Bremen gli aveva inviato dei sogni premonitori per mostrargli il pericolo che stavano per correre le Quattro Terre, incubi terrificanti in cui aveva visto quel mondo messo a ferro e fuoco dall’esercito di Sorgon e la razza umana usata come bestiame dagli Incubi. Della dolcezza delle foreste rigogliosi che contendevano terreno alle alte montagne dall’aspetto arcigno, delle pianure che si aprivano a perdita d’occhio e della fertile campagna ricca di frutti non restava niente, solo un immenso arido deserto. Sorgon, a differenza di Brona, non voleva solo dominare le Quattro Terre, voleva distruggerle, umiliarle, cancellarle, per poi riplasmarle secondo il suo volere. Voleva creare un nuovo mondo per sé e per i suoi sudditi, secondo i suoi voleri. Quando si era risvegliato era corso al Perno dell’Ade ed aveva evocato l’ombra di suo padre per chiedere spiegazioni. Bremen aveva proiettato nella sua mente immagini per spiegargli che tutto quello che aveva visto stava per accadere, che avevano poco tempo, che doveva trovare il Labirinto di Specchi e prendere lo Scrigno di Diamante Viola in cui imprigionare Sorgon fino alla fine dei tempi, che l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo nell’impresa era una ragazzina spaventata che si nascondeva dalle Streleheim per sfuggire a se stessa ed al suo potere, un potere immenso e pericoloso che aveva imparato a dominare solo in parte e che le faceva tanta paura. Cho Black era molto più potente di quello che suo padre gli aveva detto, era così potente da scorgere le trappole che aveva piazzato alla base della rupe ed eluderle e da riuscire a salire fin su la rocca; Allanon era certo che se avesse insistito un po’ di più Cho sarebbe stata in grado anche di penetrare all’interno di Paranor. Suo padre gli aveva predetto che un giorno avrebbe trovato un successore che possedeva una magia potentissima con cui avrebbe protetto le Quattro Terre dal male, che quel successore fosse proprio Cho Black? Era già arrivato per lui il momento di scegliere la persona che gli sarebbe succeduta come Druido ed avrebbe difeso con e come lui le Quattro Terre?
Eppure sentiva che sarebbe rimasto solo ancora a lungo…
Intanto era arrivato davanti la porta di spesso legno chiaro della biblioteca. Non aveva senso cercare di osservare al di la del ventaglio di possibilità che era stato aperto davanti a lui, non era concesso agli esseri umani di guardare il futuro, poteva solo aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Lui aveva un compito da portare a termine, solo a questo doveva pensare, tutto il resto sarebbe stato rivelato al momento debito. Sollevò la pallida mano adunca ed abbassò la maniglia di ottone. La porta si aprì docilmente ruotando sui cardini senza cigolare, come se fosse usata quotidianamente. Il forte odore di chiuso ed umido gli penetrò le narici, infiltrandosi fin dentro i polmoni. Era a casa. Quel luogo, più che Paranor stesso, Allanon riconosceva come casa sua, era in quella stanza dall’alto soffitto a volta a vela sorretto da finte colonne, con le pareti coperte completamente da scaffali di legno pieni di tomi polverosi, che aveva trascorso la parte migliore della sua giovinezza. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire la voce di Bremen mentre gli spiegava qualche regola alla base della magia. Quasi poteva rivedersi, un ragazzo magro e dinoccolato, seduto ad uno dei tavoli, curvo su uno dei tomi delle Storie dei Druidi, mentre suo padre sedeva poco distante da lui e lo osservava con sguardo dolce, la vecchiaia e la morte che reclamavano i diritti che avevano su di lui, in un’intima atmosfera familiare. Sentì un moto di commozione risalirgli la gola e si affrettò a scacciarlo, indirizzando la sua attenzione al motivo per cui era sceso fin li, per i ricordi ci sarebbe stato sempre tempo, dopo, una volta finito tutto. Si diresse verso una parete e la sfiorò con il palmo della mano destra aperta, mentre pronunciava a fior di labbra una formula magica, ed il muro si dissolse come se fosse stato costituito da nebbia. Davanti ad Allanon apparve la stanza che conteneva gli scaffali delle Storie, abilmente occultate da Bremen, con l’aiuto di Khale Rese, suo vecchio e fedele amico, e custode della biblioteca dei Druidi, per impedire che il Signore degli Inganni potesse impossessarsene una volta conquistata Paranor ed eliminati tutti i Druidi, che erano rimasti sordi ai suoi avvertimenti. Allanon ricordava ancora il profondo dolore che aveva inumidito gli occhi del vecchio mago quando gli aveva raccontato quella che considerava la sconfitta peggiore della sua vita, perché non era riuscito a convincere degli innocenti, si considerava ancora responsabile della loro morte, anche se era stato rifiutato e scacciato da loro, anche se era stata solo una loro scelta. Il Druido mosse un passo in avanti ed entrò in quell’ambiente umido e buio, impregnato dell’odore di carta vecchia, dove era conservata la storia dell’umanità dal primo Consiglio dei Druidi indetto dall’elfo Galaphile, incantesimi, invocazioni ed esorcismi, i pochi esperimenti della vecchia scienza che erano riusciti a salvare dall’oblio portato dalle Grandi Guerre che avevano sconvolto il vecchio mondo, tutto il sapere che i Druidi avevano raccolto e tramandato nel loro periodo di attività, e che, dopo il tradimento di Brona, avevano occultato per paura che la magia potesse corrompere un altro di loro. Si avvicinò alla libreria e prese il primo volume che gli capitò a portata di mano, stava per estrarlo, quando una particolare vibrazione dell’aria gli fece correre un brivido lungo la colonna vertebrale, avvertendolo che c’era qualcosa di poco amichevole in agguato. Un ghigno increspò le labbra di Allanon mentre estraeva il pesante tomo e lo portava ad uno dei tavoli della biblioteca dove si sedette ed iniziò a leggere come se nulla, tendendo, in realtà, una maglia di magia in tutto il castello, un sistema d’allarme che avrebbe sondato ogni angolo di Paranor svelando eventuali intrusi. Era molto lenta come magia, ci avrebbe impiegato molto per coprire completamente quel labirinto di scale e corridoi e stanze, ma era comunque quella che ritenne il più sicuro. Il tempo scorreva lento e viscoso mentre il Druido passava da un volume delle Storie all’altro, nascosti nel buio continuavano pazientemente a spiarlo, come se attendessero un segnale, sentiva i loro respiri ansanti vibrare debolmente da qualche parte nel buio. Alla fine comprese quello che volevano: stavano aspettando che scoprisse l’ubicazione del Labirinto di Specchi! E questo svelava anche la loro identità: erano Incubi al servizio di Sorgon! Il loro signore li aveva inviati li per poter impossessarsi dell’unico oggetto che avrebbe potuto rappresentare per lui un pericolo e quindi scongiurare la sua sconfitta una volta e per sempre. Allanon imprecò tra i denti mentre si rendeva conto della trappola in cui si era messo volontariamente: era circondato da Incubi, esseri demoniaci quasi invulnerabili, non era nemmeno sicuro che il suo fuoco magico potesse qualcosa contro di loro. L’unico modo per sbloccare quella situazione di stallo era far capire loro che aveva terminato la sua ricerca. Con un tonfo sordo chiuse il libro che aveva letto solo per metà ed un sorriso vittorioso si riusciva ad intravedere sotto la peluria dalla barba. Rimise il tomo al suo posto ed uscì dalla stanza ripristinando la magia protettiva: qualsiasi cosa sarebbe accaduto nessuno, ad eccezione di lui e dei suoi successori, avrebbe dovuto mettere le mani su tutto quel sapere che nelle mani sbagliate avrebbe portato solo morte e distruzione. Quando si volse si ritrovò circondato da ripugnanti esseri gibbosi e contorti, alcuni ricoperti da una peluria irta e stopposa, altri da scaglie che rilucevano sinistramente nella debole luce delle torce, tutti con gli occhi animanti da una luce perfida e malata, che gli ringhiavano mentre snudavano artigli e zanne. Volevano ucciderlo lentamente e tra atroci torture. Erano i primi Incubi che Allanon incontrava e poteva affermare che erano molto meno inquietanti i Messaggeri del Teschio che aveva visto da ragazzo. Quelli erano i primi nemici che affrontava da solo, erano un po’ come un test di prova in cui avrebbe dovuto mettere in pratica tutto quello che suo padre gli aveva insegnato. Per un istante provò il forte desiderio di averlo ancora al suo fianco, di poter avvertire ancora una volta la sua presenza rassicurante accanto a sé… Gli occhi dolci e severi di suo padre gli si affacciarono alla mente come se avesse ascoltato il suo richiamo e gli rammentarono quanto si fosse sacrificato per apprendere l’arte druidica e il perché lo avesse fatto, gli comunicarono, come ogni volta, che si fidava ciecamente di lui e delle sue capacità, per questo lo aveva scelto come suo successore. Allanon sorrise. Un essere piccolo e ricurvo, simile ad una grossa rana porpora, con un paio di balzi gli fu davanti, dondolò per qualche secondo gli occhi grigi per poi porli sul Druido che continuava a fissare impassibile gli esseri davanti a sé.
- Umano, dicci dove è conservato lo Scrigno di Diamante Viola se vuoi una morte rapida ed indolore.- aveva gracchiato l’Incubo distorcendo la bocca in una smorfia arrogante.
Allanon a quelle parole abbassò lo sguardo verso quella creatura, che indietreggiò spaventata di fronte la gelida furia che li animava. Quegli occhi neri erano inquietanti schegge di vetro nero che sembravano poter perforare l’anima di chi osservavano fino a piantarsi nel suo cuore e farlo a brandelli. Per tutta risposta il Druido sollevò le mani tenendole a coppa, con i palmi verso l’alto, al cui interno, dopo un guizzo, iniziò a bruciare il fuoco magico. La fiamma blu brillava intensa, sfrigolando in decine di scintille arancione. Allanon unì le mani davanti al suo viso per qualche istante, quando le allontanò per riportarle ai lati del suo corpo, erano unite da un sottile arco di fuoco che vorticava e scintillava minaccioso. Il filo si tese fino a spezzarsi, esplodendo in una fiammata che investì la prima fila di Incubi. Vedendo la fine che avevano fatto i loro compagni gli altri Incubi ruggirono furiosamente, raspando con gli artigli sulla pietra lasciando profondi solchi, schioccando le fauci irte di zanne affilate ed acuminate. Una nuova fiammata blu sfavillò tra le mani del Druido. Davanti quella luce azzurrina gli Incubi divennero ancora più nervosi ed agitati, iniziarono ad avanzare verso di lui a piccoli passi, osservando guardinghi i movimenti delle sue mani. Temevano il fuoco magico ora che avevano visto alcuni di loro consumati da esso. Poi un Incubo a quattro zampe, una creatura a metà tra un lupo ed un essere umano, caricò sulle zampe posteriori e si slanciò su Allanon, questi si scansò appena prima dell’impatto e l’essere atterrò contro il muro, per un istante rimase attaccato alla parete verticale, sospeso a tra metà tra pavimento e soffitto, poi si diede un’altra spinta e si scagliò nuovamente contro il Druido, che sotto il suo peso cadde a terra. Allanon picchiò violentemente la schiena contro il pavimento di marmo e sibilò tra i denti per il dolore, ma non poteva distrarsi: le pesanti zampe dell’Incubo lo inchiodavano contro il pavimento senza possibilità di movimento, mentre cercava di tenere lontane quelle fauci dalla sua gola stringendogli le mani sul collo. Allanon stava usando tutta la sua forza ma quella del demone su di lui era disumana, incontenibili, talmente potente da poterlo piegare, e le sue braccia stavano cedendo velocemente, tanto che all’improvviso si ritrovò il muso dell’Incubo a pochi centimetri dal suo volto, tanto che una luce vittoriosa brillò nei suoi occhi. Raccogliendo le sue forze, Allanon lo spinse violentemente lontano da sé, fino a riuscire a mettersi semiseduto, quindi con un ringhio sordo fece esplodere dalle sue mani aggrappate alla pelliccia una fiammata blu che in pochi istanti divorò l’Incubo. Ansante il Druido si rimise in piedi, poggiandosi pesantemente contro il muro: la magia lo stava logorando, doveva chiudere quello scontro il più velocemente possibile, altrimenti non gli sarebbe rimasta energia sufficiente per svolgere l’incarico che gli aveva affidato suo padre. Digrignò i denti cercando di soffocare quel senso di furia ed impazienza che lo stava divorando: doveva rimanere lucido e razionale se non voleva soccombere. Stava per passare all’attacco quando la sua magia iniziò a vibrare violentemente, avvertendolo che c’erano altri intrusi a Paranor e che si erano concentrati tutti in uno dei corridoi della zona settentrionali. Fu solo allora che si ricordò di Cho Black e della sua richiesta di visitare Paranor. Quella sciocca mocciosa, sibilò tra i denti furibondo e preoccupato. Ora chiudere al più presto quella faccenda era diventato una necessità. Allanon chiuse gli occhi e si concentrò, evocando dalle profondità del suo potere altro fuoco magico, più potente di quello che aveva usato fino a quel momento. La sentì ribollire furiosamente sul fondo della sua anima e risalire velocemente verso l’esterno, un’ondata impossibile da arginare, che voleva solo esplodere all’esterno e spazzare via tutto quello che gli si opponeva. Riaprì gli occhi di scatto, tendendo con un rapido gesto le mani davanti a sé e dai palmi sprizzò un velo di polvere blu che a contatto con l’aria si incendiò dando fuoco agli Incubi. Fiamme blu cupo che bruciavano crepitando sinistramente, riflettendosi negli occhi neri del Druido, incupiti dalla stanchezza. Allanon si appoggiò solo un attimo con la schiena contro il muro per riprendere fiato, quella che aveva usato era uno dei modi più efficaci di usare il fuoco magico, ma allo stesso tempo era quello più sfinente, gli ci sarebbe voluto tempo per riprendersi completamente da quello scontro magico. Riaprì gli occhi staccandosi lentamente dalla parete: non era quello il momento delle elucubrazioni mentali, c’era una mocciosa da trovare e salvare. Lanciò un’ultima occhiata ai mucchi di cenere fumante che erano stati i suoi avversari e poi si slanciò in avanti, ordinando ai suoi muscoli di farlo correre più velocemente che potevano. Seguendo la maglia di magia che aveva intessuto all’interno del castello seppe esattamente dove Cho Black si trovava. Allanon sfrecciava per i corridoi tagliando all’interno delle stanze, scavalcando gli immensi scaloni, coprendo in pochi istanti scorciatoie quasi dimenticate, pregando di fare in tempo. Sentiva le forze venirgli meno, si sentiva prosciugare man mano, ed a denti stretti pregava suo padre di concedergli di arrivare in tempo. Cho Black era l’unica persona in tutte le Quattro Terre che avrebbe potuto affrontare e portare a termine quella missione, se fosse morta tutto sarebbe terminato ancora prima di iniziare e non poteva permetterselo. Si maledì per averle permesso di andarsene in giro per il castello senza prima essersi accertato che non ci fossero pericoli… ma chi poteva pensare che gli Incubi si erano infiltrati all’interno di Paranor e lo stavano aspettando tendendogli una trappola quasi mortale? Una vibrazione più forte dell’altra nella magia lo avvertì che stava accadendo qualcosa di terribile: per la prima volta dopo tanto tempo, Allanon provò nuovamente la paura di perdere qualcuno. E non capiva perché, Cho Black era solo uno strumento, un mezzo per raggiungere il suo scopo, non doveva affezionarsi a lei, non quando conosceva il destino che l’attendeva. Per questo si impose di correre ancora più velocemente, ignorando il dolore alle gambe ed i polmoni che bruciavano, spingendosi sempre più in avanti. Quando giunse al corridoio indicatogli dalla magia, si ritrovò inchiodato al pavimento dallo stupore: Bremen lo aveva messo in guardia dal potere della ragazza, ma mai avrebbe creduto che potesse essere così pericoloso. Sconvolto osservò Cho Black in piedi al centro del corridoio, in un lago formato dal suo stesso sangue, orrendi occhi di un nero cupo, spento, oleoso scattavano da un lato all’altro cercando freneticamente i suoi avversari, valutandone la forza, avvolta da una sconvolgente aura magica che aveva preso le sembianze di un paio di enormi mani che si libravano dalla sua schiena e si protendevano minacciosamente avanti, con gli artigli tesi, pronti a ghermire le sue prede. La sua confusione aumentò quando vide quelle mani chiudersi sugli Incubi, insinuandosi nelle loro teste, facendoli fremente ed arcuare in spasmi di un lacerante dolore inimmaginabile. Che terribile potere, si ritrovò a pensare quando li vide cadere senza vita uno dopo l’altro. Un potere simile non poteva, non doveva esistere al mondo! Era una forza inimmaginabile, contro cui niente sarebbe stato efficace, un potere selvaggio ed indomabile che non poteva essere controllato, solo scatenato. Quando Cho volse i suoi neri occhi inferociti verso l’Incubo che aveva assunto le sue sembianze, Allanon immaginò cosa sarebbe potuto accadere se quella ragazzina avesse perso il controllo del suo potere e la magia avrebbe preso il sopravvento: sarebbe iniziata l’era più oscura che quel mondo aveva conosciuto, un’era di terrore dove la morte avrebbe banchettato allegramente con le vite che Cho avrebbe strappato con il suo potere, fino a che la terra non sarebbe diventata un immenso deserto privo di qualsiasi forma di vita. E per la prima volta si chiese anche se avesse fatto la cosa giusta a trascinarla fuori dalle Streleheim…
Poi tutto come era iniziato così era terminato, la magia aveva abbandonato improvvisamente Cho, non più capace di sostenerla, e l’aveva lasciata a terra come un burattino dai fili tagliati, svuotata di tutto. Allanon sospirò sollevato: sarebbe stato difficile anche per lui avere ragione di quella ragazzina in preda alla sua furia omicida, ridotto in quelle condizioni! Vide il falso se stesso avvicinarsi a lei snudando lunghi artigli e ghignando vittorioso, assaporando già la vita che avrebbe reciso a momenti. Quando vide quegli artigli affilati come falci fendere l’aria con l’intento di decapitarla, Allanon si fece avanti bloccando il polso dell’altro in una presa salda. Quando l’Incubo si volse per vedere chi aveva osato intromettersi, sentì il sangue sciogliersi nelle vene: non riusciva a credere di avere davanti il Druido! Nessun essere umano avrebbe mai potuto sopravvivere ad un Branco Nero, nemmeno un Druido, come ci era riuscito?
Sorrise divertito mentre si liberava dalla stretta dell’altro: evidentemente li avevano sottovalutati entrambi! Allanon si frappose tra Cho e l’essere demoniaco che aveva preso il suo aspetto, pronto ad un nuovo scontro, ma, improvvisamente, le mura di Paranor cominciarono a tremare dalle fondamenta, come se un gigante sepolto sotto di esso si fosse ridestato all’improvviso scrollandosi il sonno di dosso. Il Druido impiegò pochi istanti per capire cosa stesse succedendo: la magia liberata da Cho era stata così potente da aver destato gli Antichi Poteri che Bremen aveva posto a difesa al castello cent’anni prima, un potere magico davanti al quale era fuggito anche il potente Signore degli Inganni quando aveva preso il castello. Dovevano scappare da li al più presto, se non volevano incorrere in un brutto destino. Anche l’Incubo dovette avere un sentore di quello stava accadendo perché si inchinò scherzosamente prima di sparire in uno sbuffo di fumo, lasciandoli con un poco amichevole “Ci rivedremo!”. Allora il Druido, seppur sorpreso da quella fuga, rivolse la sua attenzione alla ragazza ancora inginocchiata alle sue spalle, le braccia abbandonate contro il corpo finito e la pozza formata dal suo sangue si allargava sempre più. Qualcosa dentro di lui vibrò quando incrociò i suoi occhi spenti e pallidi, di un colore indistinto, malato, come se avessero dimenticato il loro colore verde scuro. Allanon fu riscosso dalla sua magia che lo avvertiva che il pericolo si faceva sempre più vicino. L’uomo si avvicinò a Cho e la sollevò per un braccio, nella speranza che riuscisse a restare in piedi, ma le gambe le cedettero di colpo facendola cadere pesantemente in avanti; grazie a quel colpo le ferite avevano preso a sanguinare maggiormente. Allanon osservò quel corpo disarticolato che penzolava dal suo braccio: c’era una sola cosa da fare se non volevano morire entrambi! Con un gesto veloce la sollevò tra le braccia, stringendola contro di sé, stupendosi per un attimo di quanto fosse leggera, iniziando a correre la sua folle corsa per uscire dal castello.

  
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