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Autore: young_blood    05/06/2014    1 recensioni
- Ci dica che possiamo tornare indietro- disse Paper, seria.
- Vi dico solo che potete andare avanti.-
La vecchia signora scomparve e la casa si scompose come un fiore fatto della stessa sostanza di un castello di carte.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
Fragile bones

 
“Dear lord when I get to heaven,
please let me bring my man.
When he comes tell me that you’ll let me.
Father tell me if you can..
Will you still love me when I’m no longer young and beautiful?
Will you still love me when I got nothing but my aching soul?
I know you will”.
{Young and beautiful, Lana Del Rey}
 
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<< Stai partendo? >> chiese Noah, vedendola preparare l’ultima valigia. Paper si voltò di scatto, spaventata. << Perdonami, non era mia intenzione entrare in questo modo nella tua stanza. >>
Paper annuì, sospirando.
<< Sì. Sto partendo. >> rispose asciutta.
<< Erin mi ha detto che hai anticipato la partenza a causa sua. Vi siete salutate? >>
<< Vuoi dire se le ho detto addio? >> chiese, lievemente acida. << No, io mi fido di Erin. So che tornerà sana e salva. Se vuole affrontare una guerra, che lo faccia. Io non posso rimanere. >>
<< Non dirlo. >> replicò Noah, appoggiato allo stipite della porta.
Paper si voltò.
<< Non dire cosa? >> chiese stanca, passandosi una mano sulla fronte.
<< Non dire che non sei forte. >>
Paper sembrava furiosa.
<< Cosa ne sai di me, Noah? Intendo dire, cosa ne sai davvero di me? Perché da quando sono arrivata, non hai fatto altro che squadrarmi da capo a piedi e giudicarmi. Io so che ti penti di molti errori del tuo passato e non voglio di certo farti la morale, ma tu puoi farla a me? Perché io continuo a non capire come dannazione, dannazione Noah, tu faccia a conoscermi, quando a me sembra di non sapere nemmeno chi mi sta davanti in questo momento! >> urlò, allargando le braccia, con gli occhi lucidi. Noah deglutì, limitandosi a non rispondere, evitando di guardarla. Paper scrollò le spalle, calmandosi. << Quindi sì, parto. Quindi sì, se vuoi, io ti dico addio adesso. Quindi sì, mi piacevano i tuoi occhi e mi piacevi tu. >> disse, prima di prendere il borsone e ed il bagaglio. Uscì dalla stanza sfiorandogli la spalla, senza voltarsi indietro. Noah tirò un pugno bello forte allo stipite della porta, furioso.
 
<< Perché non l’hai fermata? >> chiese Robin, avvicinandosi a lei con le mani in tasca. Erin si voltò per guardarlo, poi tornò ad osservare Paper che camminava veloce verso la cancellata. Sospirò, abbassando le spalle.
<< Perché non potevo. Lei ha rispettato la mia scelta, come io ho rispettato la sua. Non potevo costringerla. >>
<< Ma avresti voluto dirle qualcos’altro, non è vero? >>
Erin abbassò lo sguardo, deglutendo. Sì, avrebbe voluto chiederle di rimanere con lei, per rifarsi una nuova vita, per essere la persona che avrebbe voluto diventare nel loro mondo. Ma come avrebbe potuto? Paper le aveva rinfacciato di voler rimanere per Robin, ma non era così. Conosceva Robin da troppo poco tempo per poter dire di essersi innamorata di lui o roba simile. Non era superficiale fino a quel punto. Sentiva come un peso sul cuore, come un’ancora che la pungeva sempre di più, intimandole di rimanere. Perché? Era questo il problema, lei aveva scelto di rimanere, però non ne aveva ancora capito completamente il motivo. Paper avrebbe salutato i suoi genitori da parte sua. Si chiese cosa ci spinge a prendere le decisioni che scegliamo di prendere. Si chiese se fosse giusto lasciarla andare via in quel modo. Si chiese cosa ci fosse ancora da dire, se non tutto quello che non avrebbero più potuto dirsi, perché diciamocelo francamente, la lontananza uccide i rapporti. E loro si sarebbero uccise a vicenda. Quando Paper le aveva detto che se ne sarebbe andata a breve, ad Erin era uscito un semplice e strozzato Non andare.
Erin si strinse nelle spalle, massaggiandosi le braccia.
<< Sì. Sì, avrei voluto. >> rispose.
Un secondo dopo vide una figura passare rapida accanto a Robin e poi prendere a correre verso il cancello. Sentì una goccia caderle sulla fronte e rigarle il naso. Stava per mettersi a piovere. Assottigliò gli occhi e vide il cancello aprirsi e la figura prendere Paper per un polso, facendole cadere di mano le valigie. Erin alzò le sopracciglia, confusa e sorpresa. Robin parlò prima di lei.
<< Ma quello era Noah? >>
 
Si morse il labbro inferiore, non sapendo bene cosa dire. Aveva solo agito d’impulso, era scappato dal castello, correndo verso di lei. Voleva solamente fermarla, convincerla in qualche modo a rimanere, ma una parte di lui continuava a reprimere i suoi sentimenti. Si sentì perso, con le gambe completamente immobili e gli occhi che cercavano quelli di Paper, scattando da una parte all’altra.
Mi piacevano i tuoi occhi e mi piacevi tu.
<< Vuoi dirmi qualcosa? Vuoi dirmi le solite idiozie come ti prego, non partire, resta con me o sei una bomba sexy, non posso vivere senza di te, tesoro. >> disse, ironica. In un’altra circostanza, Noah avrebbe riso.
<< No, io volevo solo… >>
<< Cosa? Cosa, Noah? Perché se non me lo dici adesso, ti giuro che io prendo le valigie e me ne vado. >> replicò Paper. A Noah sembrò che avesse gli occhi lucidi. Lui stette per parlare e lei alzò lievemente il capo, come per fargli capire che l’avrebbe ascoltato, che voleva sentire davvero quello che lui aveva da dirle, ma poi lui richiuse la bocca, in silenzio. Paper abbassò lo sguardo, delusa, con un sorriso amaro. << È perfettamente okay, Noah. Va bene così. >>
<< No, non va bene. >> disse, scuotendo la testa. << Non va bene. >>
<< Non posso aspettare che ti sblocchi per sempre. >> replicò Paper, sfiorandogli il viso con un dito. << Dimmi che mi capisci. >>
Noah si sentì cadere. In qualche modo, lui riusciva a capirla. Si morse il labbro inferiore così forte, da riuscire a sentire il sapore metallico del sangue in bocca. Aprì e chiuse gli occhi quasi a rallentatore, mentre Paper riprendeva la valigia e si voltava.
E poi cominciò tutto insieme. Piovve. Il temporale. Li infradiciò da capo a piedi. Sentirono il rombo dei tuoni, una luce fortissima esplodere nel cielo. Paper si girò per guardarlo. Aveva la maglietta zuppa d’acqua, i pantaloncini bagnati, le scarpe fradice. Lui non era da meno, con i capelli appiccicati alla fronte e la maglia attaccata alla schiena.
<< Resta. >> disse solo, senza pensarci. Paper scosse la testa, come per cercare di convincersi che quella fosse la scelta giusta da compiere. << Resta ancora un po’, ti prego. >>
<< Possono accompagnarmi le tue guardie e poi tornare indietro. I miei genitori mi stanno aspettando. >>
<< Paper… >>
<< Loro mi stanno cercando. >> disse, passandosi le mani nei capelli bagnati. << Saranno così preoccupati… >>
<< Paper, no… >>
<< Sono spaventati, sono… loro sono… >> cominciò a dire, mentre Noah le prendeva delicatamente i polsi, avvicinandosi sempre di più a lei.
<< Sei tu ad essere spaventata. Sei tu che li stai cercando. Sei tu che li stai aspettando. >> replicò, con voce dolce. Paper aveva il trucco che continuava a colarle sulle guance e che la faceva sembrare più giovane di quello che era. Noah si sporse per darle un lieve bacio sulla fronte e lei tremò al contatto con le sue labbra. Non era sicuro che fosse solo per il freddo.
<< Principe! Principe Noah! >> lo chiamò una guardia, andando verso di loro. << Signore, dobbiamo tornare al castello. >>
Noah si staccò piano da Paper, lasciandola con delicatezza. Riprese le sue valigie, mentre lei continuava a guardarlo.
<< Sì, andiamo. >>
La guardia li scortò al castello in fretta, mentre la pioggia continuava a cadere incessantemente sulle loro teste come una mannaia. Superarono le pozzanghere e raggiunsero il castello con un paio di cavalli. Paper si strinse a Noah, posando la testa sulla sua schiena bagnata, chiudendo gli occhi. Sentì il battito del suo cuore perforarle le orecchie.
 
***
 
<< Una festa? >> chiese Paper, alzando un sopracciglio, mentre piegava una maglietta profumata di fresco.
<< Sì, una festa! Oggi compie gli anni una sua amica e così lui le organizza una festa strepitosa! >> rispose Erin, levandosi il pigiama ed indossando una canotta lunga.
<< Una sua amica? >> domandò, con una leggera nota di gelosia riflessa nella voce.
<< Ha detto chiaramente amica. >> replicò Erin accavallando le gambe, seduta sul letto, sorridendo.
<< E dovrei credergli? >>
<< Secondo me, sì. Mi è parso sincero. >>
<< Capisco. >> disse lentamente, sistemando alcune magliette all’interno dell’armadio.
<< Smetti di svuotare le valigie e vieni a fare spese con me. >>
<< Ti offendi se ti dico che non mi va? >>
<< Paper, avanti, vivi un po’! Non ti va mai di fare niente! >> esclamò Erin, saltando già dal letto.
<< Facciamo così: hai carta bianca, puoi comprarmi quello che vuoi, basta che non sia un abito troppo scollato. >>
Erin sorrise malandrina.
<< Non te ne pentirai. >>
<< Credo di sì, invece. >> ribatté.
Erin prese la borsetta ed uscì dalla stanza, canticchiando. Noah aveva dato loro dei soldi per comprarsi quello che volevano. Erin aveva avuto modo di dare un’occhiata alle bancarelle, la mattina prima e di vedere che vendevano vestiti molto simili ai loro, anche se rimaneva sempre qualcosa di appartenente a quell’epoca per i più conservatori. Vide su di un manichino un abito rosso ciliegia, arricciato sul davanti, con le spalline. Corse subito a comprarlo, prima che qualche altra ragazza avesse la sua stessa idea. Sapeva di certo che Noah e Robin avrebbero indossato una giacca, una maglietta ed un paio di pantaloni non troppo eleganti, quindi quel vestito era fatto apposta per la serata. E poi, aveva visto l’amica di Noah, non sapeva vestirsi minimamente, era già tanto se si sarebbe messa in tiro. Addosso a Paper avrebbe visto bene un abito azzurro, un po’ corto per una volta, magari anche senza spalline, con un bel fiore sul davanti all’altezza del bacino. Si diresse verso una bottega lì vicino, a passo spedito.
Paper prese a camminare per il castello senza una meta precisa. Non sapeva cosa si aspettava di trovare o di sapere, restando lì, ma attendeva un miracolo, un segno dal cielo per farle capire cosa doveva fare. Arrivò sino all’arena di combattimento e vide Noah e Robin intenti a combattere l’uno contro l’altro, senza esclusione di colpi. Notò che Noah era molto bravo, anche se continuava a dire il contrario. Appoggiò i gomiti sul recinto di legno e li osservò per un po’. Robin era portato per l’attacco, mentre Noah per la difesa. In effetti, le loro capacità in battaglia somigliavano ai loro caratteri. Robin era il tipico ragazzo definito come “una testa calda”, sempre pronto a buttarsi nella mischia, mentre Noah era un tipo più riflessivo e dolce, sebbene avesse un animo più tormentato che misterioso. C’era qualcosa, come aveva dedotto Erin e sentito lei, in ognuno dei due, che non li faceva stare tranquilli. Era un segreto o forse due e lei voleva scoprirli a tutti i costi. Non per curiosità, ma solo per tentare di aiutarli. Aiutare Noah, soprattutto.
Non si era accorta che l’allenamento si era ormai volto alla fine. Oltrepassò il recinto ed entrò nell’arena, facendo un cenno di saluto verso Robin. Noah si girò e la vide, rivolgendole un mezzo sorriso.
<< Ehi. Siete stati magnifici. >>
<< Stai parlando del miglior spadaccino del regno, Paper. >> disse Robin, vantandosi. Noah lo spintonò.
<< E finiscila, non ci crede nessuno. >>
<< Allora perché mi avresti promosso a capo delle guardie, mio principe? >> lo canzonò.
<< Vuoi essere licenziato in tronco, caro il mio pallone gonfiato? >>
Robin gli fece la linguaccia.
<< Paper, ti porgo di nuovo le mie scuse per quello che ti ho fatto. >> disse Robin, facendo salire lo sguardo verso il taglio sul suo braccio. Paper se ne accorse e si abbassò d’istinto la manica, senza però riuscire a coprirlo abbastanza. Si sentiva a disagio. << E quando ho cercato di bloccarti in quella stanza, io… ho perso il controllo. Non ho mai voluto farti del male, volevo solo bloccarti per un secondo e farti capire che, anche se posso sembrare un tipo violento, in realtà non sono cattivo. >> disse Robin, stringendo l’asciugamano che stava usando per asciugarsi il sudore fra le mani. << Non accadrà più. Io difendo la gente, non la attacco. >>
<< Grazie. >> replicò, anche se le gambe erano pronte a scappare via e si sentì stranamente in colpa, per questo. Robin sorrise. Era più carino quando lo faceva.
<< Smetti di provarci con lei e vai subito a dare gli ordini per oggi. Forza! >> disse Noah, sfregandosi l’asciugamano nei capelli, cercando di allentare la tensione.
<< Agli ordini! Spero di vederti stasera, Paper. >>
<< Ovviamente. >>
<< Ci sarà anche Erin? >>
<< Certo, in prima fila! >>
<< Bene, bene... >> disse, grattandosi la nuca in un gesto nervoso, mentre le guance tornavano ad essere d’un rosa chiaro. << Ci vediamo. >>
Una volta che fu lontano, Paper si sentì fuoriposto. Voleva rimanere da sola con Noah, era vero, ma una volta che si era avverato il suo desiderio, non sapeva cosa dirgli.
 
<< Non ho ucciso nessuno. Devi credermi. >>
<< Perché dovrei? >>
<< Perché so che ti fidi di me. >>
 
<< Paper, io volevo solo dirti che… >> cominciò Noah, guardandola. Poi abbassò lo sguardo. << Non importa. >>
<< No, mi interessa. >> disse, facendo un passo in avanti verso di lui. << Puoi parlarmi tranquillamente di tutto. >>
Noah prese un bel respiro, ma si voltò, per evitare di guardarla ancora in faccia.
<< Ci sono delle cose nel mio passato che ancora mi perseguitano. È di questo che stavo parlando l’altro giorno con Robin, quando ci hai sentiti. Però, questo non deve influire sull’immagine che tu hai di me. Quello che è passato è passato. >> disse, anche se la sua voce faceva intuire che non ci credesse veramente. << Non può tornare indietro. >>
Paper gli si avvicinò.
<< Se non hai ucciso nessuno, perché volevi l’assoluzione del prete? >> chiese a bruciapelo. Noah la guardò, allarmato.
<< Come fai a saperlo? >>
<< Non importa come, voglio solo sapere perché continui a mentirmi. >>
Noah si passò una mano nei capelli, mordendosi con violenza il labbro inferiore. Era stata Erin a dirglielo, era ovvio. Le dita strinsero l’asciugamano, impulsive.
<< Perché mi sento in colpa. >> rispose solamente, guardandola fisso negli occhi. Non aveva mai notato quanto fosse luminoso l’azzurro degli occhi di Paper. Scosse la testa, poi si allontanò. << A stasera. >>
<< A stasera. >> replicò Paper, pensando che non aveva risposto alla sua ultima domanda.
 
***
 
<< Quella! >> esclamò Erin, saltellando. << Quella è la festeggiata! Vedi la ragazza in fondo con gli occhiali e la coda di cavallo? Quella ragazza si chiama Sarah ed è l’amica di Noah. >>
<< Ma quale?! >>
<< Paper, QUELLA! >> urlò Erin, indicando una ragazza lontana.
<< Di cosa state parlando? >> chiese una voce maschile alle loro spalle. Le due ragazze si girarono e videro Robin con una bottiglia di birra in mano.
<< Stavo facendo vedere a Paper chi è la festeggiata. >> rispose Erin normalmente, nascondendo la freddezza che avrebbe voluto usare nelle parole. Ogni volta che parlava con lui avrebbe voluto urlargli addosso, ma non ci riusciva mai.
<< Sì, Sarah. Lei e Noah sono molto amici. Voleva fare qualcosa di carino per lei. >>
<< Be’, è stato un gesto dolce. >> disse Paper. Erin la guardò e lei arrossì, imbarazzata.
<< Buona serata, allora. >> replicò, portando in alto la bottiglia. Erin gli rivolse un sorriso fuggevole, poi portò via l’amica per un braccio.
<< Non mi fido ancora di lui. Insomma, ti ha aggredita due volte e ho pensato seriamente che volesse attentare alla mia vita. Non sono sicura di potermi fidare ciecamente di lui. >> mormorò Erin.
<< Non hai ancora scoperto nulla? Erin, cascasse il mondo, io domani torno a casa. >>
<< No, ti prego! Dammi ancora dell’altro tempo! Ci tengo davvero. Non voglio andare via, senza aver scoperto tutto quello che potevo su di loro. >> esclamò.
<< Te ne ho concesso già troppo. >> 
Erin si morse l’interno della guancia, scomparendo nella folla. Paper notò che Noah era intento a parlare con Sarah ed altre ragazze. Una brunetta in particolare se lo stava mangiando con gli occhi. Paper storse il naso ed uscì dalla sala addobbata a festa, andando sul balcone. Si poteva vedere tutta Londra, da lì. Il cielo era trapunto di stelle e lei non poté fare a meno di sentire la mancanza dei suoi genitori. Erano passati solo tre giorni, ma erano stati così intensi, che erano volati via in modo pesante, come quando si cade in un sonno profondo ed al risveglio non si riesce più a capire dove ci si trova.
Erin diceva di non riuscire ancora a fidarsi di Robin, perché si comportava in modo strano e così anche Noah. Dopo quello che era successo nella sua stanza, nemmeno lei riusciva a non avere paura, eppure, c’era qualcosa nello sguardo di entrambi che non le tornava. Insomma o erano due grandi attori e due grandi bugiardi o semplicemente nascondevano qualcosa, certo, ma non erano cattivi. Però, lei era stanca. Non poteva passare tutta la vita in quel mondo, dimenticandosi dei suoi affetti, della scuola, dei suoi progetti, solo per capire quale sconvolgente segreto si celava nei cuori di due perfetti sconosciuti. Chiuse gli occhi, dandosi mentalmente della bugiarda. Erano davvero due sconosciuti di cui non le importava nulla o stava mentendo spudoratamente anche lei?
<< Ah, eccoti. >> disse una voce alle sue spalle. Paper si voltò, sussultando.
<< Ehi. Dovevi parlarmi? >> chiese.
<< Sì. >> rispose Robin, mettendo le mani in tasca ed avvicinandosi a lei di qualche passo. << Non voglio sembrarti un prepotente, ma devo chiederti di lasciare stare Noah. >>
Paper sentì una botta sorda al petto.
<< Cosa? >>
<< Dimenticati di lui o vi farete del male a vicenda. >>
<< Perché mi stai dicendo questo? >> chiese, cercando di apparire indifferente, sorridendo appena.
<< Perché si vede da lontano un miglio che ti piace. >> rispose. Paper deglutì. Era stata così stupida da farsi scoprire? << Ho visto il modo in cui lo guardi e poi, diciamocelo, non lo nascondi molto. E poi sì, gioco in casa, dato che Noah è praticamente mio fratello. Mi ha raccontato di oggi. Fidati di me, sarà meglio per tutti. >>
<< COME POSSO FIDARMI DI TE?! >> sbottò, infuriata. Non erano di certo affari suoi se a lei piaceva Noah o meno. << Mi hai quasi uccisa! Due volte! >>
<< Avevi detto che mi avevi perdonato. >> ribatté, duro. I suoi occhi mandavano dei bagliori argentei.
<< Come faccio a perdonarti?! Nessuno ha mai tentato di farmi fuori per ben due volte consecutive! Non passa tutto schioccando le dita, sai? >> gridò. Cercò di riprendersi, ansimando. << Non devi intrometterti in questa storia per proteggerlo, non hai motivo di avere paura di me >> disse dopo un po’, guardandolo. Forse Robin temeva che lei gliel’avrebbe portato via o che l’avrebbe messo nei guai, perché lei non apparteneva al loro mondo. Lo comprendeva benissimo. Al contrario, Robin le rivolse un sorrisetto, rigirandosi qualcosa fra le dita. Sembrava un anello.
<< Volevo solo chiederti cortesemente di non fargli del male, perché ha già sofferto abbastanza. Ma comincio a pensare che tu sia davvero stupida. >> disse, facendosi scivolare l’anello al dito medio della mano sinistra. Paper, sotto i raggi lunari, riconobbe un marchio. << Credi che io, capo delle guardie, appartenente alla famiglia dei Lancaster, una delle famiglie che ha fondato questo mondo, tema una fragile ragazzina dell’Altro Mondo? Ti facevo più furba, Paper. >> continuò, avanzando verso di lei, con uno sguardo demoniaco. Paper indietreggiò verso la ringhiera, con il cuore che le batteva all’impazzata. Sbatté con la schiena contro il muretto, tenendosi con le mani.
<< Non voglio fargli del male. Non gli farei mai del male. >> disse spaventata, deglutendo.
<< Lo so. È per questo che ti sto chiedendo di andartene. >> replicò, facendo scintillare qualcosa nella mano destra. Paper stette per gridare, ma lui le tappò la bocca. << Non ce n’è bisogno. Finirà presto. >>
Paper sentì gli occhi bruciare.
Era lo stemma dell’aquila. Lo stemma del castello dei Corwin.
Sarebbe morta per essere rimasta. Sarebbe morta per essere rimasta per Noah ed Erin. Avrebbe pagato le conseguenze di un gesto avventato. Sua madre le aveva sempre insegnato a stare lontana dagli sconosciuti. Pregò per un miracolo. L’ultimo miracolo. Sentì la punta del pugnale pungerle lo stomaco. Chiuse le palpebre talmente forte da farle male. Non aveva la minima speranza di salvarsi, lui era mille volte più forte di lei. Avrebbe solo voluto rivedere i suoi genitori, per l’ultima volta. Robin tirò indietro il pugnale per prendere meglio la mira… ma non sentì nulla.
Lui indietreggiò con gli occhi sgranati, lasciando il pugnale. Quando lo sentì cadere, Paper riaprì gli occhi. Corse subito a prenderlo, puntandogli contro con mani tremanti, senza sapere minimamente cosa fare.
<< Io… Mi dispiace, Paper. Non volevo, sul serio. Non volevo farti niente. >>
Paper deglutì, continuando a tenere il pugnale in mano. Se le avesse giocato un altro brutto tiro, l’avrebbe trafitto in un occhio, poco ma sicuro. Sentì il sangue riprendere a scorrere nelle sue vene come fuoco.
<< Non mi fido più. Non posso. >>
<< Paper, per favore, non raccontarlo a Noah. Se sa che ho avuto un altro scatto con te lui… >>
<< Ti bandirà dal castello? >>
Robin deglutì, in silenzio.
<< Lo vedi questo? >> chiese, riferendosi all’anello. << Indica che siamo sottomessi ai Corwin. Potrei essere esiliato per sempre come nemico della corona e Noah non potrebbe farci niente. Ti prego, non dirlo a nessuno. So che non mi merito la tua pietà, ma ti supplico, non dirgli niente. >> disse, congiungendo le mani. Paper sospirò, non sapendo cosa fare. Non voleva rischiare di essere uccisa di nuovo e non voleva che Erin ci andasse di mezzo, ma non riusciva a pensare a Noah senza Robin. Quei due erano come fratelli da… sempre. Non poteva fare questo a Noah. E Robin le sembrava sincero. Ma cos’aveva? Perché si comportava in quel modo?
Si avvicinò a lui e gli porse l’arma. Robin la guardò a lungo, poi riprese il pugnale. Le baciò delicatamente il dorso della mano, come facevano i cavalieri con le damigelle. Paper si sentì a disagio.
<< Non lo saprà. >>
<< Grazie, Paper. >>
Paper annuì, guardandosi le scarpe. Persino i suoi piedi sembravano diversi, quella sera, dentro ad un paio di decolleté color carne. Si inumidì le labbra, prima di parlare.
<< Va bene. >>
<< A domani. >>
<< Non so se mi vedrai, domani. >> disse, guardandolo in viso. << Vado via. >>
<< Ah. >> replicò, lievemente sorpreso. << Allora, addio. >>
<< Non si dice mai addio. Me l’ha insegnato Noah. >>
Robin le sorrise lievemente, poi sparì dietro la tenda. Paper si voltò per guardare il cielo un’ultima volta. Avrebbe continuato a volergli bene anche nell’altro mondo o si sarebbe dimenticata di lui per sempre? Era certa solo di questo: se non avesse voluto, non l’avrebbe mai lasciato andare. Non ne avrebbe fatto parola con Erin. Doveva proteggerla, ma se gliel’avesse raccontato, non avrebbe fatto altro che aumentare le sue paure. Sarebbe rimasta comunque e lei non si sarebbe mai perdonata di un suo possibile passo falso da parte di Erin per quello che era accaduto.
Mentre Paper era intenta a rimuginare ancora su quello che era successo con Robin, Erin stava ballando al centro della stanza, attorniata da un sacco di ragazzi. Per una volta si sentiva al centro dell’attenzione e non per aver fatto una brutta figura. Tuttavia, al termine delle danze, un unico ragazzo attirò la sua attenzione. Quegli occhi grigi non riusciva proprio a toglierseli dalla testa. Forse era a causa di quel motivo che voleva rimanere a tutti i costi. Si avvicinò ai due amici. Robin stava dicendo qualcosa nell’orecchio a Noah e pochi secondi dopo lo vide correre via, verso il balcone e poi di nuovo fuori, alla ricerca di qualcuno o qualcosa.
<< Robin. Ehi. >> esordì.
<< Ciao. Bella festa, eh? >> chiese, senza la minima gioia.
<< Sì. >>
<< Vuoi ancora allenarti con me? >> chiese, evitando di guardarla. << Dopo quello che è successo, io… >>
<< Non crederai ancora che io abbia paura di te? >> domandò, sorridendo in modo malandrino. << Sì, mi sono un po’ spaventata, ma voglio allenarmi. Magari dopodomani andiamo a caccia, che ne dici? >> propose.
<< Cosa? Non vai via? >>
<< Ehm… Non lo so. Perché? >>
<< Perché Paper parte domani. >>
<< Eh?! Non me l’aveva detto! >>
<< A dire il vero, è stata colpa mia. >>
<< Perché l’hai quasi uccisa? >> chiese. Robin le lanciò uno sguardo scontroso.
<< Non volevo ucciderla. Ho solo avuto uno scatto d’ira e la seconda volta avrei solo voluto fermarla. >>
<< Avanti, non raccontarmi idiozie, Robin. Si è capito che non sai controllarti. Anche mentre allenavi me ho creduto che volessi farmi del male sul serio. >>
<< Allora cambia insegnante, nanerottola. Non sai nemmeno tenere in mano una spada. >>
<< Cosa?! Questo è un colpo basso! Sai cosa ti dico? MUORI! >> urlò. << Tu sei solo un violento! Sei un inutile capo delle guardie raccomandato, solo perché il tuo migliore amico è il principe! Hai vinto contro di me, solo perché non sono stata abbastanza attenta! >> gridò a pieni polmoni, alzandosi sulle punte e stringendo i pugni.
<< Adesso basta. >> ordinò Robin, mentre le dita avvolgevano l’elsa del pugnale che si portava sempre dietro.
<< Tu non sei il mio padrone. >> scandì Erin, con occhi fiammeggianti.
<< E tu non sei mia madre. >> replicò Robin, avvicinando il suo viso a quello della ragazza. Si rese conto solo in quel momento, mentre gli occhi saettavano a destra e a manca per incontrare quelli verdi della ragazza, che attorno a loro si era creato un silenzio inumano.
Erin si ritrasse immediatamente e Robin tolse la mano dal coltello, spaventato. Erin lo notò ed aprì la bocca, stupita, ma lui corse via prima che potesse pronunciare qualsiasi parola.
 
***
 
<< Mi sfogherò contro di te combattendo. >> disse Erin, sfoderando la spada. Robin sorrise.
<< Non vedo l’ora. >>
<< Prova ad uccidermi, se ci riesci. >>
Robin si slanciò in un attimo contro di lei, infuriato.
Come riusciva a fare finta di niente?
Se avessero potuto, le spade avrebbe emanato scintille di fuoco. Robin attaccò Erin, rabbioso, mentre lei si trovava sempre più in difficoltà e cominciava a capire che il fatto che l’avesse battuta, la volta prima, non era stato solo per un colpo di fortuna. Il sudore scendeva sulle tempie e lei cominciava a resistere sempre meno ai suoi affondi. Ad un certo punto crollò, cadendo a terra. La punta della lama di Robin era a pochi centimetri dal suo collo. Robin stava ansimando, indeciso sul da farsi. Erin serrò le palpebre.
Non farlo.
<< Alzati, non abbiamo ancora finito. >> disse il suo avversario, tornando al centro dell’arena.
Erin si alzò, titubante. Si spolverò i pantaloni, poi si ritrovò di fronte a lui.
<< Riesco a controllarmi. >> disse l’altro, aprendo e chiudendo una mano per sgranchirsi le dita.
<< Questa volta. >> ribatté Erin.
<< Stai cercando un pretesto per farmi arrabbiare? >>
<< So che mi stai nascondendo qualcosa. >>
<< Taci. Ricominciamo. >>
<< Dimmi cos’è! >>
<< Mantieni sempre la guardia! >> urlò Robin, scagliandosi contro di lei. Erin parò il colpo per un pelo e lo respinse.
Si passò una mano nei capelli, prendendo un bel respiro. Continuarono ad allenarsi per un altro po’, poi si fermarono quando videro Noah che si stava dirigendo verso di loro, con un’espressione più che irata.
 
<< Non andartene. >> disse, una volta che l’ebbe raggiunta. Paper lo guardò per un attimo, poi continuò a fare la valigia. << Paper, ti prego, rimani. Non so cosa ti abbia detto Robin, ma non riesco a lasciare che tu vada via. >>
<< Dimmi perché. >> replicò, bloccandosi a metà. << Ho bisogno di saperlo. >>
Il labbro inferiore gli tremò. Non sapeva cosa dirle. Paper scosse la testa, prima di prendere le ultime cose dall’armadio.
<< So che è un tuo diritto, ma io davvero non… posso. Comprendimi. >>
<< Io sono stata fin troppo comprensiva, con te, Noah. C’è qualcosa che continui a nascondermi e non voglio conoscere questo segreto per curiosità, ma solo perché così forse sarei in grado di aiutarti. Ma tu non me ne dai nemmeno l’occasione! >> gridò, gli occhi lucidi. << Mi dispiace, ma credo di meritarmi una ragione valida per rimanere. >>
<< Non voglio perderti. Ho già perso troppo. >>
<< Non basta. >>
Paper prese la borsa e la giacca ed uscì velocemente dalla stanza.
C’è l’altra nella tua testa, adesso.
Le gambe non accennavano a muoversi, ma il cuore continuava a battere freneticamente, sempre più rapido. La testa gli faceva male, aveva bevuto troppo, quella sera. Si affacciò alla finestra e si diede dello stupido, vedendo che Paper stava uscendo correndo per la strada. Pensò che non sarebbe mai riuscita a raggiungerla, pensò che quella era la giusta punizione per lui, per quello che non aveva fatto. Eppure, quando la sua fronte si poggiò sul vetro freddo della finestra e la vide scomparire nel buio, dalla sua bocca uscì un singhiozzo.       
No.
 
<< Sei un IDIOTA! >> urlò Noah, spintonando Robin.
<< EHI! Cos’è successo?! >>
<< Mi chiedi che cos’è successo?! Be’, è successo che tu non sai comandare bene le tue guardie! >>
<< Perché?! >>
<< Perché DAN È EVASO! >> gridò. Erin ebbe un colpo al cuore. Avevano già discusso sulla presunta apparizione di Dan ed avevano trovato un’opinione concordante, ovvero che l’entità avesse spie dappertutto e che avesse mandato quel fantasma solo per spaventarli. Come aveva fatto a scappare? Prima Paper, adesso lui… Cos’altro sarebbe dovuto andare storto, quel giorno?
La mancanza dell’amica le aveva fatto nascere un buco nero al centro dello stomaco. Non aveva nemmeno avuto l’occasione di salutarla... Non sapeva neanche cos’era accaduto la sera prima per farla andare via in quel modo. E poi, quello che meno la convinceva, era il comportamento furioso di Noah. Era completamente fuori di sé e guardandolo bene, riuscì persino ad intravedere il rossore nel bianco dei suoi occhi. Era solo stanco o aveva pianto tutta la notte? 
<< Calmatevi, ragazzi. >> disse, frapponendosi tra i due. << Rimetteremo tutto a posto. >>
Noah si girò, scompigliandosi i capelli in un gesto d’ira. Urlò, con un tono di voce che Erin non aveva mai sentito prima. Sembrava frustrazione. Se quella fosse stata una musica e lei avesse abbassato il volume fino a zero, avrebbe comunque sentito l’eco del suo dolore trapanarle i timpani.
Anche se non lo vuoi ammettere, so che è perché ti manca lei.
<< Noah… >> cominciò Robin, mettendogli una mano sulla spalla. << Non è per questo che sei arrabbiato con me, vero? >>
<< L’HO LASCIATA ANDARE! L’ho lasciata andare senza fare niente! Non ho mosso un dito, per lei! E non sono nemmeno capace di tenere un criminale in cella! >>
<< Lascia perdere Dan, di chi stai parlando? >>
<< Di Paper, è evidente. >> disse Erin. Per lei era così ovvio. Lo sguardo di Noah era vuoto e distante. << Stai parlando di lei, giusto? >>
Chi delle due è nella tua testa, adesso?
<< Sì. >>
Erin vide una figura riflessa nei suoi occhi e la bocca semi aperta per lo stupore. Robin si voltò e così anche lei.
<< Paper! >>
La ragazza sorrise, mentre gli occhi le si inumidivano.
<< Sono tornata. >>





Angolo autrici:
D'accordo, lo sappiamo, siamo in ritardo come al solito. Ci dspiace moltissimo, ma abbiamo avuto davvero un sacco di cose da fare e... Basta scuse. Passiamo al capitolo, che è meglio.
Robin è sempre più impulsivo e la situazione sta peggiorando a vista d'occhio, ma siete riusciti a capire perché si comporta in questo modo? In IMA i riferimenti sono sottili, ci sono tracce dappertutto, ma molto difficili da capire subito. No, state tranquilli, non abbiamo ancora svelato il motivo. In realtà si scoprirà molto più avanti, ma lasciamo stare xD
Le ragazze continuano a voler rimanere, ma in qualche modo, non si fidano più di Noah e Robin come all'inizio. I segreti fra di loro stanno distruggendo questo quasi - rapporto fra i quattro, ma manca davvero pochissimo ed uno dei tanti verrà svelato.
E poi il finale? Ve lo aspettavate? Le cose stanno cominciando a movimentarsi.
E nel frattempo, l'ombra dell'entità continua ad avanzare.
Ci piacerebbe davvero sapere una vostra opinione sulla storia e sui personaggi! Ce n'è uno che vi ha colpito di più? Cosa ne pensate?
Alla prossima! Speriamo presto... xD
E. & B.

 


 
   
 
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