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Autore: sereve    06/06/2014    0 recensioni
Raf e Cry, una storia romantica in uno sfondo apocalittico, ma, come si sa, non si può decidere quando l'amore ti colpirà.
tratto dal ... capitolo: "Mi ritrovai davanti ad un paio di occhi grigi; quasi facevano paura da quanto erano chiari. Cercavo di muovermi ma ero come bloccata, ipnotizzata, quasi, da quello sguardo, che sembrava volermi leggere dentro. Vidi dietro di lui uno spostamento d’ombre e osservai, terrorizzata, il mostro che avanzava lentamente verso il ragazzo sconosciuto, puntando dritto al suo collo."
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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bonjouuur. vorrei ringraziare in questo capitolo la mia nuova super fan, Ily, che ha iniziato da poco a leggere la mia storia
sereve

Tom
Quel ricordo mi fece sorridere amaramente e anche un po’ colorare le guance per la sfrontatezza con cui parlava. Chissà se si rivolgeva anche alle altre sue amiche così; mi era andata bene, comunque: non ci eravamo spinti molto in là riguardo all’esplorazione tattile dei propri corpi.
Aprii la porta e lasciai entrare prima il ragazzo a cui avrei dovuto trovare un soprannome, o almeno cercare di sapere il suo nome, e accesi la luce, richiudendo contemporaneamente la porta con un calcio.
-allora, muoviamoci che sono stanca- mentii spudoratamente, ma dovevo vedere Lu al più presto e non volevo perdere molto tempo.
-prima di tutto, piacere, sono Tomas.
- Christine – “finalmente qualcuno con un nome normale!” pensai ridacchiando, per poi tornare subito seria. – ora, dimmi tutto.
-come sai, faccio parte del gruppo di Rafael. Siamo diventati tutti amici ad un corso di autodifesa e combattimento di arti marziali. Sai che all’inizio ci odiavamo? Comunque non è per questo che sono in questa stanza con te, adesso. Ora voglio parlare di te, Christine, e di cosa ti turba tanto oggi.
-si vede così tanto, vero?- chiesi atterrita.
-no, io riesco a capire bene le emozioni delle persone, a differenza di altri, ma con te è stato difficile fin dall’inizio. Ho notato il cambiamento da oggi agli altri giorni perché sei diventata improvvisamente fredda e distaccata.
-lo ero anche prima- osservai.
-si ma oggi si sentiva una specie di gelo provenire da te. Era una cosa impressionante e poi hai anche rotto il naso a Red.
Sentendo quel nome, sentii la rabbia ribollirmi dentro.
-guarda non lo nominare neanche quell’essere.
- mm, ok, ma cosa ha di importante questo giorno per te? Spiegamelo, io non ti giudico,sono qui per te.
-in quel momento sentii tutte le mie barriere traballare e cedere, quindi mi sedetti stancamente ai piedi del letto, invitandolo silenziosamente a seguirmi. Iniziai quindi a raccontare: -oggi era il compleanno di mia madre. Avrebbe compiuto quarantaquattro anni; era giovane sai? Non intendo nell’età, ma proprio di persona, di carattere, comportamento. Amava guardare con me e mia sorella i cartoni animati e ballare come una scema mentre puliva casa. Adorava l’arte; oggi ero nel suo studio, la casetta fuori dove ti ho intimato di andartene dalla finestra.
-vorrai dire dove mi hai urlato di andarmene, minacciandomi con un pennello che in quel momento sembrava un pugnale- la buttò sul ridere Tom.
-si come no!- mi unii a lui, sghignazzando- comunque, era una persona speciale, che mi ha insegnato tanto in questi anni.
-cosa le è successo?- chiese lui tornando serio.
Con un’espressione rattristata, continuai la mia storia:- il giorno che scoppiò l’apocalisse, ho seguito una striscia di sangue sulla neve che portava dietro casa mia, al confine con il bosco. Lì ho trovato mia sorella … chinata sopra di loro … pensavo che li volesse aiutare, non pensavo … -scoppiai a piangere, per l’ennesima volta quel giorno. Sembrava che non avessi mai abbastanza lacrime da versare, ma pensavo fosse normale.
-tenersi tutto dentro fa male, lo sai? Se hai pianto da sola è una cosa, ma ammettere tutta la storia per intero, anzi in questo caso una parte, fa molto meglio, no?
-s – si.. comunque sono … - ebbi un attimo di esitazione, per poi omettere una parte di verità- svenuta prima che mi mordesse – “di nuovo” pensai- e al mio risveglio non c’era né Lu, né i corpi dei miei genitori. Non so chi mi abbia salvato ,ma lo considero un santo. Da lì in poi ho sempre vissuto qui da sola, cavandomela come meglio potevo; andavo fuori con un coltello da cucina di mia madre che però ho perso col primo incontro con Rafael. Cioè lui me lo ha rubato, e ora che ci penso, devo chiedergli di restituirmelo. Comunque, per queste quasi tre settimane ho vissuto così, e ora voi siete qui; il vostro capo vi ha ordinato di rapirmi, non dormo e non mangiò più.. di tanto. Avete sconvolto tutto il mio mondo, più di quanto non lo fosse già inizialmente. Se vengo con voi sarò solo un peso morto, sono lenta; certo so qualche trucchetto con gli zombie che vi potrei dare, ma poi sarei inutile. E non voglio essere abbandonata di nuovo dopo che mi sarò affezionata  a voi, volente o nolente.
Tomas mi guardò, rimanendo in silenzio, per poi avvicinarsi e abbracciarmi stretta.
-ti posso capire- disse dopo il mio immenso sproloquio, stringendomi comunque- ma fidati se ti dico che anche se sei inutile, e da come ti ha descritto Red dopo averti incontrato al parco e per strada dopo aver fatto una strage di zombie, e da come gli hai rotto il naso, che sei utile e che non ti abbandoneremo come i cani in autostrada. Ora, non ti sto paragonando a un cane, però …
Lo colpì piano alla spalla, ridendo sommessamente. Sciolse l’abbraccio e mi fece segno di scendere.
-è ora che tu conosca la pazza compagnia del R-Team!
Risi per il nome ridicolo e acconsentì con un cenno della testa. Lo feci uscire dalla stanza e la richiusi a chiave. Ci dirigemmo in silenzio nel salone, dove parlavano tutti amabilmente; appena facemmo il nostro ingresso, si zittirono tutti,quindi Tom iniziò a parlare.
-quei due personaggi laggiù vicino al camino li conosci già- disse, indicando Raf e Red - mentre loro sono due delle quattro fanciulle del gruppo, anzi cinque ora che ne fai parte!
-non ho mai detto che sono del vostro gruppo- mi ribellai flebilmente, mentre il ragazzo mi spingeva e mi buttava sul divano, proprio in mezzo alla rossa e alla moretta. Loro mi guardarono stupite, per poi sorridermi amabilmente.
-ciao! Io sono Alessandra e lei è Roxanne! Tu sei?- chiese la moretta. Quel giorno portava un paio di occhiali con una montatura sottile e grande,leggermente allungati sulla parte superiore, di color marrone scuro, quasi nero. Portava una maglia a maniche corte bianca, con sopra un golfino lungo viola e un paio di jeans aderenti, che mettevano in evidenzia le sue curve.
-piacere, Christine, ma potete chiamarmi Cry - mi presentai a mia volta, sorridendo a stento. Ero imbarazzata dalle occhiate che mi lanciavano, curiose di analizzarmi. Non ero irritata più di tanto, ma i miei sensi si erano amplificati in quel giorno; dovevo però reagire, non potevo starmene a letto, sotto le coperte a non fare nulla.
-allora, Cry, vivi sola oppure il tuo gruppo è uscito in ricognizione?-chiese la Roxanne. La osservai attentamente: le efelidi le ricoprivano gran parte della faccia, conferendole un aria quasi adorabile. Indossava una lunga maglia blu a maniche lunghe, che le arrivava fino a sopra le ginocchia; sotto aveva un paio di calze invernali e degli scarponi antiscivolo neri; probabilmente non si fidava del suo equilibrio in inverno.
Aprii la bocca per rispondere, quando Red mi precedette.
-non ha nessuno.
A quella frase, nella sala scese un silenzio glaciale; non sapevo che fare con lui, non capivo il perché del su comportamento. Come poteva essere così freddo? Ok che gli avevo spaccato il naso, ma il motivo era più che valido. Mi schiarii la gola e dissi, cercando di simulare un sorriso: -si, ha ragione, sono sola e se ora mi voleste scusare, vado di sopra, sono molto stanca. Avete già trovato le stanze? Vanno bene? Spero di sì, con permesso …
Mi incamminai di sopra, lanciando l’ultima occhiata verso i tre ragazzi, dove vidi Tomas che mi guardava come se si stesse scusando e Rafael inceneriva con lo sguardo Red. Sinceramente non me ne curai molto, ero troppo immersa nei miei pensieri. Forse scrivendo sarei riuscita a liberarmi un po’ la testa. Prima che riuscissi a raggiungere le scale, però, la vista si fece nera e svenni in mezzo al corridoio, provocando un suono sordo.
  
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