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Autore: ronnieisnotonfire    07/06/2014    4 recensioni
Forse era così che doveva andare. Forse la sua vita doveva essere solo uno sprazzo di addii e lacrime dedicate a persone, solo una boccata di felicità ogni tanto per non morire, anche se lei voleva farlo. L'unica cosa che la teneva su quella terra come un'anima in pena era quel groviglio di stranezza e di illusioni che aveva dentro; ma Londi era un mutante, esseri tormentati dalla vita per avere ciò che altri non hanno, portatori di sofferenze che le persone normali non capivano, abituati ad uccidere, ma abbastanza umani da pentirsene per il resto della vita.
[AU xmen-mutant!5sos] (non è necessaria la conoscenza degli x-men per la lettura)
Genere: Azione, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"If we’re only ever looking back
We will drive ourselves insane
As the friendship goes resentment grows
We will walk our different ways

But those are the days
That bind us together, forever
And those little things
Define us forever, forever

All this bad blood here,
Won’t you let it dry?
It’s been cold for years,
Won’t you let it lie?"

Bad Blood -Bastille

Prologue



 
Tremava. Più che un tremito sembravno essere i soliti spasmi, erano continui e non riusciva a fermarli.
Se ne stava seduta sulla sedia nera, disegnava, disegnava, disegnava, nient’altro da due anni a questa parte.
A volte i ricordi la sommergevano come mare in tempesta. Il respiro andava e tornava, quasi fosse autonomo, chiudendo i polmoni in una morsa dolorosa; assieme a esso anche la lucidità e la consapevolezza facevano andata e ritorno da chissà dove.
Tutto ciò che faceva era stare a letto o, quando era più ispirata, confezionava immagini sui fogli, intere risme. Si impegnava particolarmente a pensare ai colori giusti da usare o a quale durezza di matita fosse adatta per la sfumatura voluta, si impegnava ad eliminare i frammenti della distruzione che aveva portato con sé.
 
Come ogni giorno si era svegliata, aveva preso una delle tante maglie extralarge con i pantaloni e la felpa per nulla coordinati, ma, tanto, chi la vedeva se non il team di guardie che stava oltre quella parete a riflettente?
Non si vedeva in faccia da circa 6 mesi. Non poteva tenerli, gli specchi, o vetro in genere, se non altamente resistenti, se li avesse rotti chissà che ci avrebbe fatto; inoltre, per il suo benessere mentale, era impedito da ogni superficie opaca vedere il proprio riflesso. 
Aveva la visita psicoterapeutica almeno una volta al giorno, grande traguardo, dato che quando era entrata nell'istituo le era stata fissata di mattino, a pranzo, nel pomeriggio, a cena e prima di andare a letto.
Non poteva uscire dalla sua prigione, neanche corrompendoli con tutto l’oro del mondo, non vedeva altro che le pareti bianche riempite da alcuni segni del panico, con qualche disegno ben riuscito appeso in modo quasi sbadato alla parete. La sua stanza era insonorizzata con un’acuta scelta di suoni udibili attraverso le pareti; inoltre non era possibile usare alcun potere, qualunque mutante esterno o interno alla stanza sarebbe stato privato della possibilità di attaccare qualsiasi essere umano presente lì dentro, quelle quattro pareti erano un punto inacessibile del mondo.

Quando stava nel letto al centro della stanza di solito viaggiava con la testa e ricapitava sempre sul pensiero che non avrebbe dovuto tenere serrato in una gabbia in qualche meandro irraggiungibile, così si ritrovava in balia di un attacco di panico che la usurava, la sfiniva e la elettrificata, con fulmini e scariche elettriche che le trapassavano il sangue, arrivando agli organi fino a rovinarli; eppure lei non moriva, non sotto a quel potere.
Non appena cadeva con i muscoli che si contorcevano senza il suo permesso tutta l’equipe di psicoterapeuti entrava, cercando dapprima di calmarla naturalmente, oppure, in caso la ragazza non riuscisse a fermare la crisi in corso, sarebbero ricorsi alle siringhe di calmante.

Lei era una bomba, pronta a esplodere in faccia a qualcuno.

Le notti erano pieni di sudore, di urli graffianti, di corse statiche all’interno del letto, di mente che volava ancora a due anni prima.
Cosa la scombussolata vi chiederete? I suoi sogni o meglio, il passato. In essi (o meglio, quasi sempre lo stesso) urlava a lui di andarsene, di scappare, lo avrebbero ucciso, lo avrebbe ucciso. Non si dava pace, lo avrebbe dovuto salvare, ma, ogni volta si bloccava nel momento in cui la scarica lo oltrepassava facendolo cadere al suolo.
Poi si risvegliava, come routine prendeva il foglio e segnava a che numero di volte era arrivata a fare quell’incubo. Era un numero vicino a 640, fronte e retro di un foglio.
Era diventata una pazza, però una miniscola percentuale di lei era sana e cercva di lottare per scappare da quell'oscurità malsana; non passava nemmeno un giorno senza chiedersi il senso della sua continua residenza all’interno dell’istituto di sanità mentale, con quello che stavano facendo avrebbero potuto comunque mandarla a morire da qualche altra parte, non all’interno di quella camera che impersonale, come la sua voce, ormai apatica e senza presenza di alcun minimo segno di sentimento umano.
L'unica persona che vedeva era la psicoterapista che la seguiva, oppure qualche veloce immagine degli infermieri mentre la sedavano.

A volte, come quel giorno, dopo essersi vestita, prendeva dalla risma di fogli il disegno del suo volto, del volto dell'uomo che amava, l’unico ritratto che era riuscita a nascondere dagli psicoterapisti che altrimenti glielo avrebbero rubato per esaminare e fare teorie sulla sua mente da animale da laboratorio;stringeva al petto quel ritratto, così forte che sembrava volerlo far diventare una parte di lei, anche se lui lo era già. Ripensava a lui, così forte, ma comunque meno potenzialmente distruttivo di lei.
Si sentiva le braccia troppo vuote e pasanti, la testa troppo piena di malattia.

-Londi è ora della seduta.- la richiamò dolcemente la dottoressa Mendez, l’unica con cui parlava, l’unica di cui si fidava.
La dottoressa sorrise a quella giovane, appena 18enne, le faceva quasi pena; era stata rinchiusa in quell' istituto due anni prima, completamente sconvolta, con graffi ovunque sul viso, mezza pelle scorticata, lo sguardo di qualcuno che non dorme da 10 notti. L’aveva subito affascinata la chioma di capelli blu, blu elettrico, con sfumature azzurre e gli occhi lilla bisognosi di aiuto. Quando Londi arrivò dissero alla dottoressa che la ragazza aveva perso molto peso, che normalmente possedeva un corporatura formosa, ma dopo l’accaduto si rifiutava di mangiare, di dormire, di parlare senza emettere versi, di attaccare tutti come un animale con la rabbia.

Dopo due anni aveva recuperato tutto il peso, le guance erano rimpolpate, dando di nuovo una vita a quelle lentiggini sparse vicino al naso, cosa che la accomunava alla gemella che ormai era solo un ricordo.
-Allora, Londi, come va? Devi mostrarmi il foglio?- chiese gentilmente la donna, come se stesse parlando con una bambina. Notò il numero seicentoquarantadue .
-Un nuovo sogno, ti andrebbe di dirmi com’era stavolta?- la ragazza continuò a cercare il nulla tra le risme infinite dei fogli senza dare una risposta alla dottoressa. –Puoi parlare, sai che li caccio tutti quando c’è la seduta. Non devi avere paura, nessuno ti esami … - la ragazza la interruppe bruscamente alzandosi e smuovendo la già precaria "pettinatura" (o groviglio di capelli).
-Non sono gli altri dottori o le guardie il problema, stanotte i sogni sembravano strani, tutto era sotto una nuova prospettiva, come se la scena fosse stata manipolata.- si bloccò sospirando. -Non erano i soliti, sembrava che qualcuno ci giocasse.- la sua voce era roca, date le poche volte durante il giorno in cui parlava. Improvvisamente sembrò felice, come un fulmine a ciel sereno. Le malattie.Ma la buona notizia è che mi hanno diminuito a 5 le pastiglie da prendere durante il giorno, prima quante erano? Penso di essere partita da 10, per poco non mi si sfondava lo stomaco, almeno era inclusa quella per la protezione della ... come si chiama? Mucolica? Musona? Mucosa?- sorrise amara e poi rise senza sentimento per la propria stupidità; le ciocche sfumate di blu contrastavano con la pelle candida, gli occhi tetri, con alcune borse sotto a essi, le lentiggini da cornice a quel quadro. –Magari tornerò normale.- guardò fuori dalla piccola e indistruttibile finestra con occhi languidi.
-Londi, dobbiamo parlarne: potresti tornare operativa negli X-Men in quasi un anno o meno, lo sai? Stai facendo molti progressi, riusciresti ad andartene dato il successo del tuo percorso in questi due anni. L’unico problema sarà che tu necessiti di aiuto, non puoi andartene da qui sola, dovremo farti sudare tutto il dolore fuori dal corpo. Ricordati però che i sogni sono dei giochi con cui la mente ci intrattiene, non disperare, combattili.- per la prima volta in due anni di terapia la dottoressa Mendez permise il primo vero contatto fisico tra loro toccando il ginocchio a Londi; la ragazza si voltò verso la mano, cercando una smorfia riconoscente, ma non trovandola all’interno del proprio repertorio. –Ora devo sbrigare qualche faccenda e poi ho un paziente, torno stasera. Passa una buona giornata Londi.- la ragazza sussurrò un “anche lei” mentre la dottoressa uscì dalla porta automatica.
Londi rimase bloccata a osservare il letto sfatto, con l’unica voglia di starci dentro tutto il giorno. Si alzò e si lasciò cadere tra coperte bianche, invase da pensieri neri smossi da quelle semplici parole.
 
"Potresti tornare operativa negli X-Men..."

Passò il giorno così, rotolandosi tra le lenzuola che il sistema tecnologico della stanza rendeva buie, ma tutto era comunque meno oscuro della sua anima..
Combatteva i sogni schierata di fianco a una specie di dormiveglia.
Lo sognava, ma, stavolta, non la sua morte, vedeva lui, le sue rughette intorno agli occhi, quegli occhi in cui si era sempre abbandonata; nonostante fossero un ricordo si perdeva ancora senza dimenticarne nessun dettaglio. Sognava la mano calda che le passava sulle guance quando la baciava, sognò anche ciò che le disse prima di morire, prima di lasciarla definitivamente, privandola di ciò che la rendeva forte, lasciandola con una voragine senza speranza.

Londi cadeva e cadeva e cadeva e tornava sempre alla stessa gabbia del passato che avrebbe dovuto seppellire.


SPAZIO A RONNIE

MACCIAO BELLE LETTRICIIIIII (SE PER SBAGLIO ARRIVASTE FINO A QUI A LEGGERE lol). E' FINITA LA SCUOLA FINALMENTEEEEE!
Allora, inizio questa nuova storia senza troppe aspettative, però mi balenava nella mente da quando mi è partita 'sta fissa per gli x-men grazie al mio caro amico sky e quindi ho detto "ehi, scrivila, massimo la leggi solo tu" ed eccomi qui!
Bene, la presentazione di Londi è alquanto misteriosa sotto molti punti di vista, chi ha ucciso? Chi è lui? Qual'è il potere di Londi? Perché non si chiama Giuseppina? Perché non è una mucca che parla?
Vi ho dato un indizio mettendo in corsivo una cosa importante, da lì tutti capiranno il suo mutamento.
Diciamo che MORIVO DALLA VOGLIA di rendere i 5sos quei supereroi non quelli che la gente ama, i mutanti sono comunque maltrattati dalla gente, cioè i mutanti non sono considerati gli eroi come può essere Spider-man, ecco. 
Quindi la Ronnie prima di andare ringrazia due delle sue polentone (ne ha tante) preferite Mars (che sarà anche una delle protagoniste)mi da davvero tanto sostegno e la carissima Eva che mi aiuta dato il suo grande bagaglio culturale sulla Marvel! Grazie ragazze vvb troppo a both(?).
E niente se la storia vi ispira o volete fare qualche appunto dicendomi cose tipo "sta storia fa cagare il cazzo" o "ma anche no"; okay, seriamente, se volete dirmi quello che pensate leggo volentieri tutte le vostre dolci parole(o anche amare)!
Credo di riuscire ad aggiornare domani, spero siate impazienti(?)
Ronnie xx

 
   
 
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