Torino,
2013.
Il treno per Milano era un'altavelocità di quelle
inaugurate su buona parte del territorio nazionale qualche anno prima
con tanto di viaggio di prova del Premier del tempo.
Viola sedeva
accanto al finestrino con il foulard abbinato alla maglietta chiara e
la mascherina bianca che pareva proprio urlare al mondo la sua
condizione di malata.
Fortunatamente aveva accanto a lei
Vittorio, che tutto pareva meno che il compassionevole accompagnatore
di una ragazza ammalata.
Ridevano e scherzavano, ed entrambi si
chiesero se, per caso, qualcuno non li avesse scambiati per una
coppia tanto stavano bene assieme.
Per entrambi, malgrado
avessero rispettivamente ventitré e ventisette anni, era la
prima
volta nel capoluogo lombardo, e pur non avendo moltissimo tempo a
disposizione, sarebbero arrivati poco prima di pranzo per poi vedersi
con Ivan alle cinque e ripartire, sempre assieme al ragazzo ma questa
volta in macchina, verso le otto, erano intenzionati a vedere
qualcosa.
Infatti, appena arrivati, trovarono il modo per andare
fino in Piazza del Duomo, visitare la famosa Cattedrale, e poi
cercare un posto dove mangiare un boccone un po' perché
affamati e
un po' perché Viola doveva prendere alcuni farmaci a stomaco
pieno.
Era
una bella giornata di Marzo ma malgrado questo non si moriva di caldo
neanche nelle prime ore del pomeriggio, anzi; un venticello fresco e
parecchia ombra li accompagnarono fino al Castello Sforzesco mentre
si facevano quasi le tre.
- Magari una volta, quando starò bene,
potrei tornare qui e visitare la città con più
calma e meno
preoccupazioni. O potremmo farlo assieme.- Aveva detto Viola al
fratello.
Lui aveva sorriso. - Ma sì, perché no?- Le aveva
risposto sorridendo.
Dentro di se era stato ancora più felice,
perché sentirla parlare di ciò che avrebbe potuto
fare una volta
guarita lo faceva sperare nel meglio.
Si ricordava la prima volta
che era stata ammalata, quando all'inizio i medici dubitavano
addirittura di una possibilità di guarigione.
Lei lo sapeva, fin
da subito aveva spiegato che, essendo maggiorenne, voleva essere
informata di tutto, anche delle cose peggiori.
- Sia ben chiaro
che ho alcune cose da fare, prima di morire.- Aveva detto.- Quindi,
se per colpa di questa malattia o di altro la mia fine è
vicina
intendo saperlo, non voglio nessun tipo di menzogna sulle mie
condizioni, neanche se lo fate con il desiderio di non farmi
soffrire, vi prego.- Queste le sue parole pochi giorni dopo aver
saputo cosa stesse accadendo al suo corpo, e nessuno, amici,
familiari o medici, aveva infranto la promessa fatta alla
ragazza.
Malgrado quello, però, sempre fin dall'inizio Viola
aveva manifestato un forte ottimismo, continuando a fare progetti per
il futuro, immediato o meno che fosse.
Vittorio aveva sempre
pensato che anche quel suo modo di fare fosse stato una parte della
terapia, e proprio per quello sentendola felice anche in quel
momento, quando la malattia, ancora più forte, era tornata
nella sua
vita, lo rendeva contento.
L'ora dell'incontro con Ivan e con gli
altri medici arrivò presto, e senza neanche rendersene conto
il
ragazzo si ritrovò nell'atrio di un ospedale assieme alla
sorella
minore.
Il fidanzato di quella arrivò poco dopo, e le
stampò un
leggero bacio sulla mascherina, all'altezza della bocca, giurandole
che presto si sarebbero potuti baciare realmente, senza i fastidiosi
impedimenti che in quel periodo cercavano di preservare la poca
salute della giovane.
Poi si presentò rapidamente a Vittorio,
già sapendo che il ragazzo era stato informato di tutto.
Fu Ivan
a guidare i due fino allo studio del chirurgo, il dottore che neanche
Viola conosceva ancora.
- Se vuoi puoi entrare anche tu, dopo
tutto sei un suo parente.- Aveva spiegato il fidanzato della ragazza
al fratello.
Vittorio aveva annuito ed erano passati oltre la
pesante porta scura.
Cinque minuti per conoscersi e poi subito
avevano iniziato a parlare della situazione di Viola.
Il primo
era stato l'oncologo, che aveva in breve riassunto ciò che
era stato
il percorso medico della giovane a Parma cinque anni prima e poi
quello che stava facendo con lui da alcuni mesi a quella parte.
-
Qualche miglioramento lo abbiamo avuto, nel senso che come ti dicevo
ora la massa appare operabile, ai miei occhi. Ora però entri
in
gioco tu.- Aveva finito rivolto al chirurgo.
Mario Sindoli, il
chirurgo, era un uomo di circa sessant'anni portati abbastanza bene,
con alle spalle una carriera brillante e tutte le referenze possibili
e immaginabili.
Non si trattava quindi dell'ultimo arrivato, ed
era stato proprio questo a convincere anche Ivan e Viola della
sensatezza di quell'incontro.
Edoardo Alvrandi, l'oncologo che
curava la ragazza, conosceva Sindoli da una vita e quando aveva
capito che un'operazione sarebbe stata di certo necessaria aveva
subito pensato a lui.
Difficile era stato convincere la ragazza a
pensare di sottoporsi ad un intervento, malgrado non vi fossero altre
opzioni per guarire, poiché ancora spaventata dal dramma
della
perdita, temporanea, dell'uso delle gambe causata dal primo
intervento.
Se però erano lì, seduti in quello studio
milanese,
era perché almeno nella teoria erano riusciti a convincerla.
-
Bene. - Aveva esordito Sindoli. - Sarei un ipocrita se vi dicessi che
la situazione è semplice e che l'intervento
basterà a portare Viola
ad una guarigione, e questo mi pare obbligatorio dirvelo fin da ora.
È anche vero che le possibilità che la terapia
sistemi tutto da
sola sono bassissime, oserei dire nulle. So bene come è
andata la
prima volta e le paure che hai.-Disse rivolgendo lo sguardo verso la
ragazza. - Ma devi stare tranquilla, la massa è dello stesso
tipo
della prima ma si trova in una zona completamente differente, il che
impedisce gli effetti collaterali della prima volta. Anche qui devo
dirti che potrebbero comunque essercene, il male è grave e
l'operazione non è una passeggiata, però non
certi come cinque anni
fa. Al momento temo che dovrai sottoporti ancora ad almeno un paio di
cicli di chemioterapia, sempre che continuino a fare effetto come
hanno fatto finora, prima di poter valutare i come e i quando
dell'intervento di rimozione della massa. Non è negativo,
anzi. La
terapia ha fatto davvero parecchio effetto, in questi mesi, e per
quanto potrei già agire ora se riusciamo a ridurre ancora la
massa
diminuiamo ancor di più gli eventuali effetti collaterali.
Per cui
io direi che potremmo riaggiornarci tra un paio di mesi. Il dottor
Alvrandi mi terrà comunque informato sui tuoi progressi, per
cui
anche se a distanza sarai sempre seguita anche da me.
Per quanto
mi riguarda questo è tutto, so che speravate di poter
ridurre i
tempi, ma credo che abbassare le probabilità che qualcosa
vada
storto sia più importante, no? Avete qualche domanda? Tutti
e tre,
intendo, anche lei, dottor Caruso.- E indicò Ivan.-
È giusto che vi
leviate ogni curiosità fin da subito, se poi col passare del
tempo
ne avrete altre farò il possibile per soddisfare anche
quelle.-
Concluse con un leggero sorriso, neanche troppo tirato,
come se davvero tutto ciò che aveva appena detto fossero
solo buone
notizie.
Ivan e Vittorio scossero la testa, erano troppo pieni di
pensieri, tanti negativi quanti positivi, per voler far domande,
mentre Viola, timidamente, iniziò a parlare.
- So che non potete
prevederlo ma... Vorrei sapere se, nel caso, in cui speriamo tutti,
io riesca a guarire il male potrà tornare ancora. Ripeto,
capisco
che questa possa non essere una domanda a cui voi possiate dare
risposta, o almeno credo non ora, ma se sapeste qualcosa mi
piacerebbe... sì, ecco, poterlo sapere anche io.-
Come era ovvio
la domanda non era apparsa strana a nessuno, dopo tutto quello della
ragazza era un desiderio più che legittimo.
- Le certezze,
purtroppo, non esistono. Né da una parte né
dall'altra. Anche
cinque anni fa credo te l'abbiano detto...- Sospirò Sindoli
sapendo
bene che lei sperasse in una risposta totalmente diversa. - Ma
è
anche vero che in cinque anni la medicina fa progressi. Al momento
una risposta non posso dartela, ma quando tutto questo sarà
finito
ti prometto di dirti come stanno le cose.-
Viola fissò il medico
negli occhi. - Anche se le cose non sono belle, vero?-
- Anche se
non sono belle.-
Rimasero tutti in silenzio, forse spiazzati
dalla frase della ragazza, poi si salutarono per bene e i due
fratelli, accompagnati da Ivan, uscirono dalla stanza, dal piano e
dall'ospedale stesso, cercando di allontanare il più
possibile i
brutti pensieri.
Chiesero alla giovane se volesse fare qualcosa
prima di tornare a casa, magari un giro per distrarsi, ma ottennero
risposta negativa.
Si rimisero dunque subito in auto in direzione
Torino e nel silenzio sceso quasi immediatamente nel veicolo, Viola
si era addormentata praticamente appena entrata, si domandarono quali
fossero i giusti sentimenti da provare in quel momento.