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Autore: Ghost Writer TNCS    11/06/2014    1 recensioni
ATTENZIONE! REVISIONE IN CORSO
Credi di essere una persona qualunque. La tua vita è piatta e monotona, non c’è niente che ti distingua dalla massa e ogni giorno sembra uguale al precedente. Ma all’improvviso tutto cambia. Un misterioso individuo ti dice che sei il membro di un’organizzazione spaziale e che hai perso la memoria. Ti mostra magie sorprendenti e tecnologie incredibili, quindi ti chiede di seguirlo. Lasceresti tutto quanto per andare con lui?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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5. Oscuri presagi

Prometheus uscì dalla stanza e richiuse silenziosamente la porta. Trickster aveva detto che voleva stare un po’ da solo per vedere se riusciva a ricordare qualcosa e il carcarodon non aveva avuto niente da obiettare.

Una volta nel corridoio rimase ad ascoltare la melodia espressa dalla chitarra elettrica del semidio. Si trattava di un motivo lento e demoralizzato, come di una canzone che non riusciva a cominciare. Era così diverso dai ritmi travolgenti e talvolta arroganti che il ragazzo era solito suonare prima di tutta quella situazione…

Il guardiano si incamminò verso la zona centrale della base, ma era solo ad un terzo del lungo corridoio quando i suoi piedi si fermarono. Alla sua sinistra si trovava una porta su cui erano stati appesi due fantocci di pezza, due amuleti che secondo la tradizione avevano lo scopo di scacciare gli spiriti maligni e di attirare quelli benevoli.

Restò immobile alcuni lunghi secondi, come ipnotizzato da quella vista, poi distolse lo sguardo cercando di soffocare un moto di tristezza. Con passo deciso abbandonò la zona degli alloggi e raggiunse senza fermarsi il punto più centrale della base. Si trattava di una grande sala circolare delimitata da un portico ad anello sorretto da sottili tronchi simili a colonne e il pavimento era costituito da un materiale di difficile classificazione: sembrava pietra bianca e levigata, ma allo stesso tempo risultava morbido e fertile come la terra di un campo. L’alto tetto di vetro lasciava filtrate tutta la luce del grande sole giallo limone che splendeva alto nel cielo e il tepore che si respirava alleviò per un attimo il gelo che si era formato nel suo cuore.

Avanzò ancora di qualche passo, superando la circonferenza formata dalle elaborate panche di legno vivo e si fermò davanti all’albero enorme e maestoso che dominava l’ambiente. I rami erano spogli e quasi tutti secchi, e ai suoi piedi si estendeva un letto di foglie morte. Il silenzio creava un’atmosfera lugubre e spettrale.

Il carcarodon si voltò appena. Una sagoma diafana era apparsa alle sue spalle, tuttavia non era lui.

«Lo so che la situazione è disastrosa, ma non puoi abbatterti anche tu.» gli disse la donna in tono mesto. Aveva i capelli scuri tagliati a caschetto e sull’occhio sinistro c’era il tatuaggio di un’ala stilizzata. I suoi abiti ricordavano una divisa militare e il portamento fiero e determinato restava a memoria di quello che doveva essere stato il suo grado elevato. «Loro hanno bisogno della tua forza.»

«Lo so…» sospirò Prometheus «Però è difficile…» Andò a sedersi su una delle panche. «Come stanno?»

«Non sono ancora in grado di manifestarsi.» gli rispose la donna restando in piedi a due passi da lui «Anche io riesco a malapena a mantenere questa forma. Mi spiace, ma dovrai fare a meno di noi ancora per un po’.»

Il carcarodon annuì, ma nel farlo il suo capo si abbassò ulteriormente.

La soldatessa digrignò i denti. «Se solo fossi stata più forte…»

«No, non è colpa tua.» ribatté Prometheus sollevando il capo «Non è colpa di nessuno di voi…»

La rabbia si affievolì negli occhi metallici della figura diafana senza però svanire del tutto.

«Grazie per esserti manifestata, adesso però riposati.» le suggerì il carcarodon «Anche tu devi recuperare le energie.»

La giovane donna annuì e così com’era comparsa si dissolse.

Prometheus si perse a osservare il vuoto là dove pochi istanti prima c’era stata la soldatessa. Era di nuovo solo…

***

Bit abbaiò e il carcarodon si riscosse di colpo. Quanto tempo era passato?

Claire si fece timidamente avanti. «Emh… Scusa, non volevo disturbarti, però ho sistemato il problema. Adesso dovrebbe funzionare.»

Il guardiano si alzò. «Ah, grazie… Scusa tu se ti ho fatto perdere tempo…» Abbassò lo sguardo sul suo overpet. «Avanti Bit, riprova a contattare Irena.»

Il cane biomeccanico fece subito partire la chiamata e questa volta non dovettero attendere a lungo per avere risposta. Dal muso dell’automa venne proiettato un ologramma e davanti al carcarodon comparve il mezzo busto di un’ailurantropa[14], una creatura umanoide che ricordava per molti versi un felino umanoide. «Ciao Prometheus, hai bisogno di qualcosa?» Aveva una voce calma e distesa, portava diverse collanine e le orecchie tonde erano arricchite da alcuni orecchini.

«Mi servirebbe una mano per liberare una persona da un collare anti-magia. Hai un po’ di tempo?»

«Adesso sono in servizio, se vuoi posso venire tra… quaranta minuti.»

«Benissimo, grazie. A dopo.»

«A dopo.» lo salutò l’ailurantropa, e l’ologramma si dissolse.

«Beh, a questo punto non ci resta che aspettare.» fece Prometheus.

La fanciulla annuì.

In quel momento li raggiunse Trickster. «Ehi ragazzi, novità?»

«Claire è riuscita a risolvere il problema col computer centrale e ho già contattato una mia vecchia conoscenza per liberarla dal collare, però ha detto che arriverà non prima di tre quarti d’ora.»

Il ragazzo annuì. «Mmh… Possiamo fare un giro per la base nel frattempo. Ehi, mi fai vedere l’armeria! Voglio vedere che attrezzature ci sono rimaste!»

«Va bene, andiamo.» acconsentì il carcarodon «Claire, vuoi venire anche tu?»

«No, grazie. Adesso ho solo bisogno di riposare un po’…»

«Ok. Bit, accompagnala in una stanza.»

Il cane biomeccanico abbaiò e poi si mise a fare strada all’angelo uditore.

Prometheus e Trickster si avviarono nella direzione opposta e raggiunsero un ascensore. Entrarono e subito la piattaforma cominciò a scendere sotto il livello del terreno.

«Me lo ricordo questo ascensore…» fece il semidio.

«Mi fa piacere.» rispose il carcarodon «Beh, in effetti l’armeria era una delle parti che preferivi della base…»

L’elevatore si fermò e quando le porte si aprirono, i due guardiani si trovarono davanti un’enorme spazio sotterraneo. L’alto soffitto era sorretto da robuste colonne disposte a intervalli regolari e il pavimento perfettamente livellato era rivestito da uno strato di gomma chiara e molto dura. Gran parte dello spazio non era occupato, ma qua e là si potevano scorgere gli equipaggiamenti più disparati: c’erano un fuoristrada dalle ruote sporche di fango, un hovercraft con la fiancata sinistra crivellata dai segni di numerosi proiettili e uno scaffale dove erano ordinatamente riposte svariate armi da fuoco; un complicato strumento di cui non si riusciva a capire il funzionamento era adagiato vicino ad una colonna, alcune armature più o meno danneggiate erano conservate in dei cilindri trasparenti e in un settore più defilato c’erano addirittura quelli che avevano tutta l’aria di essere i pezzi di alcuni mecha.

«Ehi, bella quella spada!» esclamò Trickster avvicinandosi ad un’arma in bella mostra su uno scaffale. Il filo della lunga lama dalla punta spigolosa era attraversato da minuscoli dentini affilati come rasoi, la guardia aveva una forma particolare e minacciosa mentre l’impugnatura a due mani sembrava fatta con la pelle coriacea di un animale. Aveva anche una sottile cordicella attaccata al pomo che terminava con un piccolo teschio, forse di roditore, e la sua figura tetra aveva qualcosa di spaventoso e seducente al tempo stesso.

«Non la toccare!» gli intimò Prometheus «Quella non è solo una spada. Quella è una Spada Infame di Gendarmeria, un’armédée[15] molto potente e molto pericolosa.»

«Aspetta, cos’è un’armédée?» chiese il semidio nel vano tentativo di ricordarselo.

«Un’arma posseduta.» gli spiegò il carcarodon «Hanno il pregio di poter sprigionare dei grandi poteri senza attingere all’energia del possessore, però se chi li impugna non è più che preparato, finirà con l’essere soggiogato dalla sua stessa armédée.»

«Capito: non la tocco.»

«Ecco, forse è meglio.» Prometheus lanciò uno sguardo su ciò che era rimasto nello spazio sotto la base dell’organizzazione. «Beh, a parte quell’armédée, direi che dovresti poter usare tutte le altre attrezzature che ci sono rimaste.»

«Ottimo!» esclamò Trickster, e senza perdere tempo corse via per andare ad ammirare i vari equipaggiamenti.

Il carcarodon lo seguì con lo sguardo per alcuni secondi e poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla Spada Infame di Gendarmeria. La lama tetra e splendente sembrava chiamare un nuovo proprietario e la sua brama di uccidere spirava ansimante dal filo affilatissimo.

Un’espressione di sdegno incrinò il volto del guardiano, che voltò le spalle all’armédée e si allontanò.

***

Tre quarti d’ora dopo erano già tutti nella stanza del teletrasporto quando la persona chiamata da Prometheus li raggiunse. Ora che ce l’avevano davanti, Claire poté osservarla meglio, Trickster invece cercò di capire se quei tratti risvegliavano in lui dei ricordi.

I tratti del suo volto e la struttura fisica slanciata ricordavano quelli di un ghepardo, così come il disegno nero che scendeva dagli occhi ai lati della bocca, la corta pelliccia arancione e striata di nero invece ricordava quella di una tigre. Le orecchie tonde avevano diversi orecchini e sulla coda flessuosa teneva degli anelli dorati, a prima vista non doveva avere neanche trent’anni, eppure il suo sguardo rivelava una grande esperienza.

«Ragazzi, lei è Irena Honegen, lavora per la Polizia Galattica.» la presentò Prometheus «Irena, lei è Claire, dovresti liberarla dal collare anti-magia.»

Dal fatto che non fosse stato nominato, Trickster intuì che l’ailurantropa lo conoscesse già e si limitò ad un rapido saluto.

La poliziotta si mise subito ad osservare il collare chiuso intorno al collo dell’angelo uditore e vi passò sopra una mano. Le sue dita sottili terminavano con delle unghie curate e il suo tocco era incredibilmente lieve.

«Credo che ci vorrà poco.» annunciò Irena senza distogliere lo sguardo dall’oggetto.

Come previsto, due minuti dopo Claire era libera e poté massaggiarsi la pelle arrossata dal collare.

«Non so come ringraziarti.» disse in tono colmo di gratitudine.

«Non ti preoccupare, è stato un piacere.» rispose l’ailurantropa con un sorriso dai denti felini. «Prometheus, cos’avete in programma adesso?»

«Pensavamo di aiutare Claire a liberare il tizio che l’aveva invocata e di intascarci le taglie dei rapitori.»

Irena annuì e poi lanciò un rapido sguardo a Trickster e Claire. Stavano parlando tra loro e non sembravano interessati alla loro conversazione. «Ti posso parlare un attimo in privato?» gli chiese in un tono che non ammetteva ironia.

Il carcarodon si stupì di quella richiesta, ma fece subito di sì con il capo.

I due ragazzi li videro allontanarsi, tuttavia fecero finta di niente. Non era bello ascoltare le conversazioni altrui, e poi anche Bit non si era mosso, quindi doveva essere una cosa breve.

Passò meno di un minuto da quando i due erano usciti dal loro campo visivo a quando ricomparvero, e Claire si stupì del pesante cambiamento nell’aura di Prometheus. Ora che poteva fare ricorso ai suoi poteri, non aveva difficoltà a percepire gli stati emotivi di chi le stava intorno, e il profondo turbamento nell'animo del carcarodon la preoccupò. Già prima di allontanarsi non era particolarmente su di morale, adesso però sembrava profondamente scosso e anche l’aura di Irena era cambiata, assumendo una traccia di dispiacere.

Trickster, che doveva limitarsi alle espressioni e alla gestualità delle persone per capire quello che pensavano, non ebbe modo di accorgersi di tutto ciò e Claire preferì non fargliene parola per evitare di preoccuparlo.

«Ora devo andare, ci sentiamo.» si congedò l’ailurantropa.

Gli altri la salutarono e poi la videro dissolversi all’interno di un proiettore per il teletrasporto.

«Adesso cosa facciamo?» domandò il semidio «Andiamo a liberare l’amico di Claire?»

«Esattamente,» annuì Prometheus «ma dovremo agire un passo alla volta.» Aprì la mano destra e una capsula si delineò sul suo palmo. «Per prima cosa dovremo liberare il fuorilegge che abbiamo catturato…»

***

Pochi minuti dopo, nella periferia di una città vecchia e polverosa …

Il proiettore per il teletrasporto pubblico si attivò e dal nulla materializzò la figura slanciata di un uomo incappucciato, dopodiché riscosse il compenso per il servizio offerto.

Il misterioso figuro si avviò verso il parcheggio limitrofo e passò la propria carta di credito sull’apposito dispositivo per convalidare il noleggio di un’hoverbike. Salì a bordo con un movimento fluido e diede gas. Il veicolo scattò subito, costringendo l’incappucciato ad una brusca inchiodata per non schiantarsi contro un paletto.

Con qualche difficoltà uscì dal parcheggio e imboccò una stradina deserta che lo portò al limitare del piccolo centro abitato. Senza rallentare continuò la sua corsa sul sentiero polveroso in terra battuta e nel giro di pochi minuti raggiunse una parete rocciosa.

L’incappucciato smontò dall’hoverbike e premette un pulsante che riportò il veicolo alla sua postazione e interruppe il conteggio del pagamento.

Si avvicinò alla parete irregolare e bussò un paio di volte. Passarono alcuni secondi di silenzio e poi si udì uno scatto metallico. Una porzione di roccia della dimensione di un portone si spostò in avanti e poi si sollevò per rivelare un cunicolo illuminato da una fila di barre luminose.

L’incappucciato entrò e il passaggio si richiuse alle sue spalle. Avanzò di una decina di passi e si trovò in un ampio locale in cui erano sparpagliati articoli tecnologici, armi, cartacce e un gran numero di cavi.

«Ehi, ce ne hai messo di tempo!» esordì un goblin andandogli incontro.

Il Rosso si tolse il cappuccio. «Due seccatori si sono messi in mezzo, ma alla fine sono riuscito a dargli una bella lezione e ho recuperato la signorinella.» Infilò la mano destra in tasca dei pantaloni e ne tirò fuori una capsula che lanciò al suo compare. «Mettili con l’altro, penseremo dopo a cosa fare di loro.» Si guardò intorno e individuò su un tavolo i resti del pranzo di una decina di persone. «Ehi, voglio sperare che mi abbiate avanzato qualcosa da mangiare! Sto morendo di fame…»


[14] Specie originale di TNCS. Il nome è una fusione delle parole greche “ailouros” (gatto) e “anthropos” (uomo).

[15] Il termine deriva dalla fusione delle parole francesi “arme” (arma) e “possédée” (posseduta).

   
 
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