I don’t remember clouds (when we were young)
Nei
suoi ricordi di bambina non ci sono nuvole; nei suoi sogni di donna non v’è che
loro tre.
Ci
sono le mani di Peter che sono fredde sempre fredde – l’Africa non le ha mai bruciate – e ci sono le mani di Mina che
sono calde sempre calde – le lacrime non
le hanno mai bagnate – e ci sono i loro occhi pieni gli uni degli altri, in
ogni momento, perché i muri di siepe del labirinto non bastano a nascondersi
alla vista ora che sono insieme sempre insieme. Ci sono le labbra di Mina che
sono un sapore nuovo e ci sono le labbra di Peter che sono un ricordo presente.
C’è la voce di Peter che mormora Van
e singhiozza e trema mentre la mano di lei lo guida – Van – e mai grida, ma sospira, le soffia nell’orecchio la promessa
di restare e non andare e non morire – Van
– e c’è il riso di Mina che non si spegne e le accarezza i capelli e le sfiora
la lingua – Vanessa – e non diventa
mai pianto – sorella – mai più,
adesso che sono insieme sempre insieme.
È
così bello da far paura, e il Male le dice che è solo un sogno, ma non importa.
Nei suoi sogni di folle dannata c’è tutto quel di cui ha bisogno, non v’è che
loro tre.
C’è
la pelle di Mina che si scopre piano – scivola la veste, scivola, nessuna mano
crudele la strappa, è una carezza, un dono – gambe che circondano, dita da
intrecciare, voglio solo che resti qui.
Ci sono i suoi occhi ridenti di fanciulla che sogna ancora. Mina è bella, è un
angelo da custodire. C’è Peter che la guarda e si stringe al cuore lei – lento,
si muove lento, non è rabbia né noia né disprezzo, è solo lui – mano chiusa tra
capelli biondi, labbra schiuse tra capelli scuri, voglio solo che resti per sempre. C’è la sua debolezza bellissima
di uomo che viaggia senza muoversi. Peter è fragile, è un’avventura da
raccontare a bassa voce.
Vanessa
vede che si amano e che l’amano in punta di dita, di piedi, di lingua, di cuore
e se dovesse dargli un nome, direbbe che questo è quello che per lei può essere
il Paradiso.
Si
sveglia ogni volta in preda ai tormenti di un purgatorio infernale, al di qua
dell’orizzonte, e il Male è lì a sussurrarle stupida, che stupida, non è che un sogno – ma non ricorda nuvole
nel Paradiso.
[ 410 parole ]
Spazio
dell’autrice
In primis non rimpiango
niente. (E sono stata combattuta all’idea di pubblicarla, sì, ma penso che qui
le ‘tematiche delicate’ siano ampiamente giustificate dal fatto che la mia
Vanessa che immagina e ricorda è tutt’altro che lucida, quindi vi prego di
tener presente questo – non voglio certo ferire la sensibilità di nessuno.)
Penny Dreadful mi ha stregata in tutto e per tutto, ma il rapporto
Peter/Vanessa/Mina è forse ciò che finora mi ha dato più da riflettere. Vanessa
è chiaramente un’anima dannata, ma è chiaro che il suo desiderio è/era quello
di salvarli entrambi, ciascuno dalla propria sorte personale. Ci crediate o no,
ho interpretato anche il suo tradimento nei confronti di Mina come un desiderio
disperato di tenerla al sicuro. Probabilmente qui non sono molto obiettiva visto
che le shippo da morire, ma non vedo poi così
incredibile l’ipotesi che Van abbia visto nell’anima di Branson (potenzialmente
pericolosa, e brutale, come ho cercato di sottolineare nel punto in cui parlo
invece della fragilità di Peter e della delicatezza di Mina) e l’abbia voluto allontanare
da lei, con delle ripercussioni purtroppo catastrofiche su entrambe. E Peter
che avrebbe dovuto baciarla è la
sofferenza, l’amore e ancora la sofferenza. Quindi threesome.
Threesome e nonsense, perché tutto ciò che ho scritto
non vuol essere altro che un momento di ‘follia’ vissuto da Vanessa nel
manicomio e/o dopo il primo incontro faccia a faccia con il Male.
Il titolo è
scontatissimo ma ve lo dovete tenere perché io amo quella citazione con ogni
fibra del mio essere (cit.).
Non lo so, spero vi piaccia
anche se non ha granché senso. ♥
Aya ~