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Autore: fuoritema    15/06/2014    3 recensioni
[ teen!Tobias and Andreya(OC) | pre Divergent, poi post Simulazione]
La ragazza disegnò sul vetro cinque cerchi, cinque Fazioni, ricordando quando le avevano spiegato come diventare qualcuno nella vita. Sotto ci mise una frase.
“Dovresti opporre resistenza: stare in piedi per ciò in cui credi.”
***
Andreya ha dieci anni quando capisce che qualcosa di grande sta per accadere, quando vede per la prima volta gli Eruditi accanirsi sugli Intrepidi. E’ piccola, ma non stupida. Il suo incontro con Tobias cambierà la vita di entrambi, facendo prendere al ragazzo, anni dopo, la decisione di seguirla nella sua Fazione.
Una OS che narra dell’incontro tra due bambini e la loro crescita, dell’amicizia tra un’Intrepida e un rigido.
{Seconda classificata al contest "One choice will define you" [DIVERGENT] indetto da Ciara90 e Darkmoon90 sul forum di EFP}
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'This house no longer feels like home'
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«Allora non devi più pensare parole crudeli. Pensieri crudeli conducono a parole crudeli, e fanno male tanto quanto fa male il loro obiettivo.»
Andreya ripeteva quelle parole a bassa voce, cantilenando leggermente. Dondolava persino le braccia, con la schiena leggermente arcuata e un sorriso stampato in faccia. Sporse la testa per vedere oltre il muro, notando finalmente i Pacifici, vestiti di giallo ed arancione, che giocavano ad uno strano gioco in cui bisognava darsi degli schiaffi sulle mani. Ridevano, parlottavano tra loro.
La piccola abbassò ancora di più la schiena, piegandosi in modo ridicolo e saltellando come loro. Passò loro davanti, mentre sentiva levarsi mormorii di disapprovazione. Rispose con una linguaccia, allontanandosi con una corsetta che le fece dondolare la corta coda di capelli neri. Le piaceva provocarli, ma non rispondevano mai. Dopo un po’ diventava noioso e doveva trovare qualcos’altro da fare. Si arrampicò su un muretto che teneva alla sua destra, facendo presa sulle braccia esili e sedendosi subito in cima. Erano appena finite le lezioni, Storia delle fazioni era stata l’ultima. Aveva dovuto recitare alla perfezione quasi tutti i punti di ogni manifesto, con serietà e cercando di non ridere a ogni parte. Pensare che esistessero altri ragazzi dediti a virtù diverse da quella che perseguiva lei, le faceva orrore.
Si guardò intorno, dondolando i piedi in avanti. C’erano delle macerie un po’ dappertutto, ricordo della guerra prima della divisione. Glielo insegnavano a scuola: prima dell’ordine regnava il caos, dopo la pace era stata riconquistata. Ma a lei non sembrava per nulla così, a dir la verità. Le sembrava piuttosto di vivere in una realtà in bilico, come un funambolo su una corda. Da una parte c’erano gli Eruditi con gli Intrepidi, dall’altra i Candidi e gli Abneganti - i Pacifici non contavano: loro erano sempre neutrali. Era un sistema che poteva crollare da un momento all’altro, se una delle quattro parti si fosse decisa a cambiare schieramento. Si poteva vedere in un attimo quella tensione, nei volti della gente: persino i ragazzini lo percepivano. Gli Eruditi avevano preso di mira gli Abneganti, e quello era un dato di fatto.
Scese dal muretto con un salto, atterrano perfettamente in piedi, sebbene fosse piuttosto alto. Forse era l’ora di tornare a casa, ma tanto suo padre sarebbe tornato tardi. Che fretta c’era?
Si mise a gironzolare per la città, anche se non avrebbe potuto farlo. Per le strade si poteva sentire distintamente il rumore dei suoi passi, piccoli e veloci. Camminava senza una meta ben precisa, per il gusto di sperdersi tra le vie meno trafficate. Svoltò a destra, entrando in una stradina secondaria del quartiere degli Intrepidi. La luce, filtrata dai tetti spioventi, illuminava frasi scritte con caratteri aguzzi. Nel centro, però, spiccava una fiamma rossa e nera, il loro simbolo.
«Che ci fa una nanetta come te da queste parti?»
Andreya si girò varie volte, non riuscendo a capire da dove provenisse la voce. Le sembrava di essere dentro un incubo. Per la prima volta aveva veramente paura, ma si costrinse a rimanere lucida. Indietreggiò velocemente fino al muro e rimase lì: schiacciata contro la scritta “Temi soltanto Dio.
Lei non temeva nulla. Nulla doveva farle paura. Si diceva che i giovani Intrepidi dovessero essere degli eroi e affrontare tutto, persino le loro paure più remote.
«Chi sei?» chiese con le mani in tasca, per non far vedere che stava tremando.
«Le faccio io le domande, se non ti dispiace.» La voce le sembrava il sibilo di un serpente, un soffio di vento tra le persiane durante una burrasca. Andreya sentì un fruscio, stringendo le mani sul piccolo coltello che le aveva regalato suo padre per il suo sesto compleanno.
«Dunque sei tu la figlioletta del Capofazione.»
«Sì. E quindi?» rispose la piccola prendendo coraggio.
«E quindi bisogna eliminarti: sei un pericolo. Lui ti preferisce agli altri e non va bene così.» Nathan gliel’aveva detto che era pericoloso, ma la piccola non avrebbe mai immaginato così tanto. L’invidia era un sentimento affine agli Intrepidi, ma quel ragazzo voleva solo spaventarla.
«Forse sono solo più brava di voi» sibilò girandosi di scatto. Si ritrovò davanti ad un ragazzo dalla carnagione abbronzata, i capelli neri come la pece e una cicatrice sul mento, segno di un combattimento andato male. Sorrideva, mentre un lampo di cattiveria gli passava tra gli occhi appena illuminati dalla luce.
Le colpì il ventre con un pugno, facendola piegare di dolore. Andreya cercò di scostarsi da lì per raggiungere un punto da cui attaccare meglio. Non doveva scappare: non poteva fare la vigliacca. Non tra gli Intrepidi.
Il ragazzo le piazzò un secondo colpo sulla spalla, indietreggiando. La piccola rischiò di cadere, ma riuscì ad allontanarsi da lui. Tirò il coltello contro il muro, più per paura che per altro, centrando il suo avversario ed inchiodandogli la felpa al muro.
Lo vide sorridere nuovamente, sornione, mentre la metteva a terra, schiacciandole la testa contro l’asfalto della strada.
 
***
 
 
Asfalto.
La testa premuta sull’asfalto della strada e un ronzio tra le orecchie.
Ricordava solo questo mentre si guardava attorno cercando di capire cosa fosse successo. L’aveva atterrata, battuta e messa k.o. Nathan non sarebbe stato fiero di lei. Nathan… Andreya non ricordava di aver mai chiamato suo padre in un altro modo.
«Ehi, va tutto bene?»
La piccola scorse il ragazzo che aveva emesso quella voce, un giovane vestito di grigio che si stava lavando le mani sotto un rubinetto. Doveva avere pochi anni più di lei, ma la superava di un bel po’. Lo fissò, spostando poi lo sguardo sulla sua maglietta grigia. Un Abnegante.
«Dov’è andato?» gli chiese, rimettendosi in piedi. Guardò per terra: sull’asfalto una macchia rossa brillava alla luce. Si toccò la tempia, non sorprendendosi di vedere la mano macchiata di sangue. Il ragazzino la guardò stupito.
«Non pensavo avessi il coraggio di chiedere di quello! In ogni caso, è scappato dopo aver visto degli altri Intrepidi guardarlo in cagnesco.»
Andreya sorrise, crogiolandosi per un attimo in quel pensiero.
«Perché mi hai aiutata, rigido?» sbottò di colpo.
«Perché sono un rigido, no? Lo hai detto anche tu.» Il suo tono colpì la piccola, aveva qualcosa di canzonatorio, qualcosa che differiva da quello degli altri Abneganti. Ricordava di averlo visto da qualche parte, ma non riusciva a visualizzare dove esattamente. Del resto i rigidi erano famosi per il loro essere invisibili come fantasmi.
«Grazie.»
«Di nulla. Più che altro vorrei tanto sapere perché ti ha attaccata», chiese l’altro, continuando a pulirsi le nocche.
«Un rigido curioso? Toh… Questa mi è nuova!» esclamò Andreya, saltellando come stesse giocando a campana. Il ragazzino scrollò le spalle.
«Lo fanno spesso, sai? Attaccare quelli di cui hanno paura. Lui aveva paura di me e così ha cercato di spaventarmi. Senza riuscirci, ovviamente» spiegò con calma, quasi compiacendosi dell’espressione che aveva assunto l’Abnegante. Sembrava sconvolto, d'altronde come poteva non esserlo? Loro erano famosi per l’altruismo, e quel genere di comportamento era contro tutti i suoi principi.
«E’ brutale» sussurrò infine il ragazzo, come avesse paura di essere sentito da qualcuno.
«No. Affatto. E’ la vita tra gli Intrepidi. Gli Allenatori ci dicono che dobbiamo fare così» rispose Andreya, correndo verso l’uscita del vicolo. Era arrivato il tramonto, meno di mezz’ora e sarebbe scattato il coprifuoco, eppure aveva veramente voglia di rimanere lì. Quel rigido le stava simpatico, e poi l’aveva salvata.
«Ci dicono anche che dobbiamo combattere sempre: solo così i nostri sogni si realizzeranno» disse, cambiando totalmente argomento.
«Noi, invece, crediamo che è la dedizione, l’altruismo a realizzarli.»
Era strano notare quanto cambiasse, confrontando quelle due frasi. C’era un oceano tra le due affermazioni: c’era un oceano tra Abneganti e Intrepidi. Erano così diversi, loro due.
Il ragazzo guardò l’orologio, con uno sguardo leggermente preoccupato, poi si avvicinò alla piccola.
«Devo tornare a casa.» Pronunciò l’ultima parola con un tono inquieto, tamburellando le dita sul rubinetto dal quale aveva preso l’acqua per sciacquarsi le mani.
«Anch’io, ma ci dobbiamo rivedere. Sei simpatico» esclamò la più piccola, giocherellando con una ciocca di capelli neri come la pece. «Ah, io sono Andreya» continuò, tendendogli la mano con un sorriso.
«Tobias.»
 
 ***
 
 
Si sentiva un rumore di spari ovunque.
Un pianto continuo di bambini strappati ai propri genitori, riversi per terra in una pozza di sangue. Avevano provato a sottrarsi al loro destino, alle loro colpe, e quello era stato il risultato.
Andreya guardava fuori dalla finestra, pensierosa, sconcertata da quell’atto vile, ma non poteva fare nulla per aiutare i rigidi. D’altronde avrebbe dovuto aspettarselo: gli Intrepidi si accanivano sui più deboli quando i forti erano troppo potenti per loro. Era testato: era evidente, anche se cercavano di tenerlo nascosto perfino a se stessi. Perché nessuno vuole sentirsi un vigliacco, tantomeno un Intrepido.
La ragazza disegnò sul vetro cinque cerchi, cinque Fazioni, ricordando quando le avevano spiegato come diventare qualcuno nella vita. Sotto ci mise una frase.
Dovresti opporre resistenza: stare in piedi per ciò in cui credi.
Nathan lo diceva spesso, carezzandole dolcemente i capelli corti. Per quello detestava i Pacifici e la loro passività, perché non c’era nulla che potesse farli schierare e lottare per quello in cui credevano. Era sicura che non riponessero fiducia in niente, non si battessero per i loro ideali. In realtà, Andreya non aveva mai capito bene il senso di quella frase. Stare tra gli Intrepidi significava quello: opporre resistenza a tutto e a tutti, ma chi non sottostava al regime era già morto. Essere Divergenti era un pericolo, e lei lo sapeva bene.
La ragazza si alzò in piedi di botto, avvertendo il rumore di una porta che si apriva con uno scatto.
«Come sta procedendo?»
Aveva parlato una donna in azzurro, con i capelli biondi tagliati a caschetto e gli occhi freddi come ghiaccio. Jeanine Matthews, la leader degli Eruditi. La ragazza la fissò, trapassandola con lo sguardo.
«Bene. Gli Abneganti sono in procinto di essere eliminati» rispose un giovane, togliendosi gli occhiali da sopra al naso. «C’è solo un piccolo problema»
La donna si girò verso di lui.
«I Divergenti. Sono immuni al siero, in particolare quella ragazza. La giovane Prior.»
«Deve essere eliminata. Devono essere eliminati» sbottò l’altra, lasciando cadere il foglio che aveva stretto con forza fino a pochi istanti prima.
Poi uscirono dalla stanza; il rumore dei loro passi si fece sempre più debole, fino a scomparire del tutto.
Andreya rimase ferma per un istante, valutando cose avrebbe dovuto fare. Suo padre lo avrebbe saputo sicuramente, ma lui era morto, ucciso dagli Eruditi perché non era stato in grado di tenere ben nascosta la sua Divergenza. Era una delle poche caratteristiche che le aveva trasmesso: oltre al coraggio, l’impossibilità di essere controllati dal Sistema.
La ragazza uscì dalla stanza, per poi scendere fino alla strada. Erano tanti gli Abnegati accasciati lì, per terra, così come i bambini che piangevano abbracciati. Le rimase impresso il volto di un piccolo rigido che scuoteva il corpo ormai senza vita della madre. Ricordava quello sguardo: era lo stesso che aveva avuto lei al vedere la bara – vuota, perché non avevano trovato il corpo - di Nathan. Si sarebbe chinata per consolarlo, per dirgli che andava tutto bene, ma l’avrebbero uccisa se ci avesse anche solo provato.
Andreya continuò a camminare in avanti, senza più voltarsi indietro. Doveva arrivare fermare gli altri, anche se non sapeva come.
«Dove sono i tuoi genitori?»
La ragazza si girò, sentendo quella domanda poco distante da lei. Proveniva da due ragazzi vestiti di nero.
“Altri Divergenti” pensò, osservandoli allontanarsi. Ad un tratto il giovane si girò verso di lei, accorgendosi della sua presenza. Aveva i capelli castani scuri, gli occhi blu, il labbro inferiore leggermente più pieno di quello superiore.
Tobias. Il rigido che aveva conosciuto da bambina.
Si osservarono per diversi istanti, forse ricordando tutti i momenti che avevano passato insieme, poi lui si voltò e scappò via, trascinando la giovane bionda con sé.
Il rumore di uno sparo la colse impreparata. Andreya cadde a terra senza un lamento; le ginocchia le cedettero in un attimo, mentre il dolore s’irradiava per tutto il suo corpo.
Chiuse gli occhi. La testa, premuta contro l’asfalto, le ronzava e sentiva tutto ovattato.
Porta a termine il tuo piano.
Temi soltanto Dio.
Insieme siamo invincibili.
Peccato che non ci fosse lui, a tirarla sù.
 
 
 


Angolino dell'Autrice:

Eccomi :3 Questa è la sesta OS che pubblico su Divergent e ancora non sono contenta: credo dovrete sopportarmi ancora per molto, ma MOOLTO tempo. Prima che mi uccidiate, Andreya non è morta: le hanno solo *fugge* sparato. E' lei che si cerca tutto questo, dopotutto poteva anche non scendere in strada. No? 
Per chi conoscesse per la prima volta la mia bimba(?) in questo fandom, credo solo di dover spiegare che Andreya era la figlia di un Capofazione ucciso dagli Eruditi, come si sarà già capito nella OS. Il suo rapporto con Tobias, qui appena accennato, è destinato a crescere durante la loro infanzia ed è narrato nella ff "Altezza." Diciamo che è anche lei la causa per cui Quattro sceglierà gli Intrepidi, oltre per sfuggire a "Colui che non deve essere nominato e che non è Voldy(?)"
La canzone di cui si trovano alcuni pezzi in corsivo e a cui è ispirata la storia è Invincible dei Muse. Ho scritto questa OS per un contest e le parole e il POMPT a cui ho dovuto adeguarmi è stata la frase all'inizio della ff e la parola "asfalto."
Niente... Ringrazio tutti quelli che hanno letto questo sclero fino alla fine <3

Talking Cricket
 
  
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