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Autore: Cygnus_X1    16/06/2014    3 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 9

La Foresta Dorata



 

M



yrindar scorreva sbalordita lo sguardo tra l’uno e l’altra. C’era una leggera somiglianza tra i due, ora che sapeva del loro legame, una somiglianza indefinita, che non riusciva a distinguere, come un’impressione generale, non un singolo dettaglio come il colore degli occhi o la forma del viso.
E dentro di lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso, quando l’Elfa aveva rivelato il legame di sangue tra lei e Jahrien, la ragazza aveva esultato: aveva avuto tanta paura che il ragazzo si innamorasse di quell’Elfa così perfetta, al cui confronto lei era solo uno sgorbio deforme.
«Mi sembrava che ti fosse stato proibito tornare» disse l’Elfa a Jahrien, ignorando completamente la ragazza.
Il fratello la guardava in modo strano, Myrindar non avrebbe saputo dire se fosse ammirazione, invidia o soltanto sorpresa.
«È stato il comandante dell’Esercito Libero a mandarmi.»
L’Elfa accolse quelle parole con un gesto insofferente.
«Il comandante dell’Esercito Libero può essere la persona più importante dei Regni dell’Ovest, non importa: non ha certo il diritto di dare il permesso a chicchessia di entrare nel regno degli Elfi. Dovrei imprigionarti e farti processare. Ti era stato proibito entrare. Non importa chi è tua madre, sei un mezzosangue, e tanto basta.»
«Ti prego, Keeryahel» disse Jahrien, supplicando la sorella. «Dobbiamo assolutamente parlare con il Consiglio. Da noi dipende l’esito della guerra.»
«È la vostra guerra, Jahrien. Non la nostra.»
Il ragazzo scosse la testa, sconsolato. Myrindar sapeva che sarebbe stato difficile far ragionare gli Elfi, ma sperava almeno che potessero parlare al Consiglio. Invece erano bloccati nel bel mezzo della foresta, da sei guardie inflessibili, e non riuscivano a convincerli.
Improvvisamente Keeryahel si voltò verso Myrindar.
«Chi è la ragazza che porti con te? Un’altra mezzosangue?» chiese, rivolgendosi a Jahrien.
«No, lei è un’umana...»
«Hai portato un’umana fin qui?! Come hai osato!» lo interruppe lei, gli occhi che lampeggiavano d’ira.
«Non è una normale umana, Keeryahel! È una Marchiata!»
L’Elfa rimase in silenzio. Socchiuse gli occhi ancora furiosi, facendoli scorrere su e giù lungo il corpo di Myrindar. La ragazza si sentì terribilmente a disagio, ma cercò di non darlo a vedere.
Infine Keeryahel si allontanò di un paio di passi, con uno degli arcieri. Confabularono tra loro in Elfico per qualche secondo. Poi ritornarono, e l’Elfa dette istruzioni ai suoi compagni. Myrindar non capì, ma quando l’Elfo dietro di lei la spinse avanti, obbedì all’istante e cominciò a camminare verso il cuore della foresta, seguendo la treccia argentea di Keeryahel che oscillava sul mantello verde secondo la cadenza dei suoi passi graziosi.
«Potrò almeno vedere nostra madre?» chiese Jahrien alla sorella. Lei nemmeno si voltò, continuando imperterrita per la sua strada.
«No. Mio padre non te lo permetterà mai.»
«Ma... è anche mia madre! Nessuno di noi due può farci niente... e nemmeno lui!»
«Sei un mezzosangue, Jahrien» rispose lei, come se questo spiegasse tutto. Il ragazzo abbassò la testa e continuò a camminare in silenzio.
 
***
 
Myrindar cominciò a stancarsi molto presto. Ultimamente era spesso affaticata, stanca; anche quella volta fu la prima a mostrare segni di cedimento. Gli altri camminavano spediti intorno a lei, mentre lei cominciava ad avere il fiato affannoso. Il cuore batteva a mille.
Tentò di star loro dietro, ma presto l’Elfo che stava dietro di lei cominciò a punzecchiarla piano sulla schiena con la punta del pugnale. Lei allora accelerò il passo, ma le girò la testa e rischiò di perdere l’equilibrio. L’Elfo la prese al volo per un braccio, prima che finisse a terra, poi disse qualcosa ad alta voce nella sua strana lingua sibilante, e tutti si fermarono.
Keeryahel si voltò verso di loro, dubbiosa. Myrindar si sedette a terra, e sentì che le forze le stavano lentamente tornando. Sentì i due Elfi sussurrare qualcosa nella loro lingua, e le parve di cogliere la parola “Kratheda”, ma non ne era per niente sicura.
Infine i due si separarono, con un’espressione preoccupata. Keeryahel tornò in testa al gruppo, l’Elfo prese Myrindar tra le braccia, e ripresero la marcia.
 
***
 
Era cominciato con un cambiamento lievissimo nel verde vivido delle fronde, un riflesso indefinito tra gli alberi, una luce impercettibilmente diversa. Myrindar si era resa conto di quella sensazione solo dopo un po’, sapeva dentro di sé che qualcosa era diverso rispetto a prima, ma era un cambiamento sfuggente, indefinibile.
Myrindar osservava tutto intorno a sé, tra le braccia forti di quell’Elfo di cui non conosceva nemmeno il nome, cercando di capire, mentre la luce dolce del mattino si faceva sempre più piena e tagliente, come il sole si avvicinava allo zenit.
Ma fu solo dopo il rapido pranzo, quando si rimisero in marcia e Myrindar insistette per camminare nonostante la stanchezza, che la consapevolezza le si impose con forza, e la ragazza capì.
Strisce dorate, irregolari e spezzate comparivano sotto di loro, serpeggiavano per un po’ e poi sparivano nel nulla, oppure deviavano, risalivano i tronchi degli alberi, si infiltravano tra le crepe dei sassi e nelle venature delle foglie.
Myrindar si guardava intorno sbalordita, gli occhi seguivano i mille riflessi della Foresta Dorata, quello strano oro che sembrava comparire dal nulla e permeare tutto. Anche l’aria stessa del luogo era diversa, impregnata di polvere sottile, faceva vibrare la luce splendente e radiosa del pomeriggio d’estate in milioni di minuscole scintille.
E quando il sole scese, e sorse la luna, l’oro si spense, e tutto tornò normale, come un sogno ad occhi aperti finito troppo presto.
 
***
 
Gli Elfi li fecero camminare per quasi due settimane, inoltrandosi nella foresta. Seguirono un percorso tortuoso, probabilmente per evitare di imbattersi in città o villaggi con un mezzosangue e una Marchiata.
I due ragazzi ebbero poche occasioni di parlare. Gli Elfi non li obbligavano certo al silenzio, ma la stanchezza di una giornata intera di marcia li faceva crollare appena si stendevano, alla sera. La ragazza si chiedeva come facessero gli Elfi a essere ancora pieni di energie dopo tutto quel camminare. Soprattutto l’Elfo dagli occhi color ghiaccio (che aveva scoperto chiamarsi Eynar) che spesso la doveva portare in braccio quando le forze la abbandonavano. A quanto pareva, le leggende sulla loro straordinaria forza erano vere.
A mano a mano che si addentravano nella foresta, le venature dorate diventavano sempre più frequenti ed estese. Erano cominciate come una sorpresa, nel bel mezzo della foresta, e ora cominciavano a essere ovunque. La stessa foresta emanava un’aura particolare, Myrindar la sentiva chiaramente: tutto, lì, era impregnato di magia.
Quando infine giunsero alla capitale del regno elfico, sede del Consiglio, alla ragazza sembrò di essere in un sogno.
Tutto era luce. L’intera foresta era diventata d’oro, di tutte le sfumature e gradazioni.
Dall’oro scurissimo, quasi bruno e poco brillante, del terreno, al luminoso bianco delle foglie più nuove; dal bronzo deciso dei tronchi delle querce secolari, al gentile rosa dorato dei minuscoli fiori nei cespugli del sottobosco.
«È la magia che permea questo luogo a dare quel colore alla foresta» aveva spiegato una volta Keeryahel di fronte allo sguardo sbalordito di Myrindar e Jahrien. Il ragazzo era stato già una volta nel regno degli Elfi, ma mai così in profondità. Nemmeno lui aveva mai visto quello spettacolo.
E, nel bel mezzo di tutta quella luce, di fronte ai loro occhi sbalorditi, la mattina del tredicesimo giorno di viaggio si aprì ai loro occhi la porta di Gylne Lyset, la Città Aurea.
Apparve come un cancello bianco abbacinante nella rosea luce dell’alba, formato di candide spire intrecciate, protetto da due alte e imponenti querce color oro brunito che stavano ai lati come guardiani severi. Ai lati, una barriera traslucida luccicante alta quattro metri circondava la città come un muro invalicabile, interrotta qua e là dai tronchi degli alberi, come torri di guardia. Sulle loro chiome lucenti stavano le torrette di guardia delle sentinelle, a cui si accedeva grazie a una stretta scala a pioli.
Due Elfi in armatura leggera stavano ai lati del cancello, e li fermarono incrociando le lance. Keeryahel si fece avanti e parlò a lungo con le sentinelle, ad un tratto alzò anche la voce, in un tono più concitato; Myrindar non capiva cosa dicevano, ma capì che le sentinelle non volevano lasciarli passare, ma la ragazza stava tentando di convincerli.
Myrindar non riusciva a capire del tutto Keeryahel. Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che trattare lei e Jahrien come esseri inferiori, come infatti si comportavano gli Elfi. Eppure, una sera che Myrindar non riusciva ad addormentarsi e lei era di guardia da sola, le si era avvicinata.
«Sai usare la magia?» le aveva chiesto.
Lei aveva scosso la testa.
«Il marchio non mi dà poteri particolari, oltre all’uccidere con il contatto, mi permette di sentire le aure della magia, e basta.»
L’Elfa aveva annuito. Aveva fatto come per andarsene, ma poi si era fermata, e senza voltarsi le aveva sussurrato: «Mi dispiace per quel marchio. Dev’essere dura.»
Poi se n’era andata come era venuta, e le due ragazze non avevano più parlato, ma Myrindar era brava a capire i sentimenti delle persone, e quello che aveva colto nella sua voce era una strana tristezza. In un certo senso, era come se l’Elfa la capisse.
Ora, alle porte della capitale del regno degli Elfi, si stava battendo perché fosse concesso loro di entrare e parlare con il Consiglio. La ragazza non riusciva a conciliare questi suoi comportamenti con la freddezza che aveva dimostrato per la maggior parte del tempo anche con il suo fratellastro. Per questo era certa che in quell’Elfa ci fosse più della guardiana rigida e superiore che aveva dimostrato di essere fino a quel momento.
 
***
 
Dopo svariati minuti di interminabili trattative, le sentinelle infine accettarono. Aprirono i cancelli, permettendo per la prima volta dopo tanto tempo a due umani inferiori di entrare nella Città Aurea.
Myrindar vagava senza fiato, guardandosi intorno estasiata. Le case erano costruite in legno chiaro, che riluceva appena, ed erano tra i rami dei grandi alberi, oppure all’interno dei loro ampi tronchi, oppure erano alla base, costruite intorno, con le fronde che uscivano dal tetto. I fregi si rincorrevano sulle facciate, decorazioni semplici, morbide, fluide; le strade lastricate di pietra rosata erano percorse da figure slanciate, dai capelli chiarissimi tirati all’indietro che scoprivano le orecchie a punta, gli occhi a mandorla e i lineamenti sottili; tutto, in quel luogo, sembrava brillare, e Myrindar si sentì estranea. Con i suoi capelli neri aggrovigliati, l’incedere stanco e non certo aggraziato e il marchio nero si sentiva sporca, come se entrare in un luogo del genere le fosse proibito.
Si era accorta che tutti quelli che li incrociavano la guardavano con disgusto o disprezzo. C’era abituata, era sempre stata guardata male ovunque fosse andata, ma mai l’odio era stato profondo come quello di quelle creature eteree e luminose, a dispetto della loro apparenza angelica e leggiadra.
Gli Elfi, nella loro perfezione dorata, si erano così convinti della propria superiorità da disprezzare chiunque fosse diverso da loro.
 
***
 
«Quello è il palazzo del Consiglio» disse Keeryahel. «Hanno accettato di darvi udienza, domani mattina alla terza ora dopo l’alba. Fino a quel momento, vi terremo nelle prigioni della Guardia cittadina. Avrete una sola possibilità per convincerli, è già un enorme privilegio per voi essere qui e poter esporre le vostre ragioni al Consiglio elfico.»
I due ragazzi non risposero, e l’Elfa li scortò fin dentro un edificio dorato, squadrato e senza troppi fronzoli che doveva essere la Guardia. Scesero nelle prigioni sotterranee, dove Keeryahel si premurò di incatenarli entrambi per un polso alla parete di una cella, e chiuse la porta a sbarre con un chiavistello incantato.
Myrindar si sedette in un angolo, guardando fuori attraverso la minuscola finestrella in alto, da cui entrava il bagliore dorato della città. Le prigioni erano polverose come se fossero usate solo raramente, e la ragazza non se ne stupiva, visto quanto gli Elfi tenessero alla perfezione. Probabilmente erano tutti saggi, misurati e devoti alle leggi.
La ragazza si voltò a sbirciare Jahrien. La ricrescita bionda cominciava a essere evidente sotto la tinta castana.
Chissà cos’avrebbe detto il Consiglio il giorno dopo... la ragazza cominciava già ad essere preoccupata, non aveva dubbi che sarebbe stato difficile difendere le loro posizioni di fronte ai rappresentanti del potere di una razza così superba. Però sperava lo stesso che sarebbero stati comprensivi. L’Usurpatore era un pericolo, e non solo per i reami liberi. Layrath aveva un potere immenso, ed era nelle sue mani.
Senza contare che in poco più di dieci anni di guerra aveva completamente conquistato il regno di Kaiylee, che comprendeva quasi tutti i territori a sud di Yndira, e ora minacciava Thral. Da cinque anni era un continuo avanzare e retrocedere tra Antya e Thora, e nessuno dei due schieramenti sembrava in grado di compiere il passo successivo e conquistare la città nemica. Dopo la disfatta di Thora, in cui erano stati spazzati via dalla magia di Layrath, il fronte era retrocesso pericolosamente, avvicinandosi ad Antya per la prima volta dall’assedio di cinque anni prima, quello in cui Jahrien l’aveva trovata, e che si era concluso dopo una settimana di combattimenti con una disfatta dell’Usurpatore. Tutti però sapevano che era stata solo la fortuna, quella volta, a salvarli, e ora l’Esercito Libero combatteva strenuamente per difendere ogni singolo metro che separava l’Usurpatore dalla Città di Confine; ma i soldati erano scoraggiati e stanchi, e i rinforzi da Yndira ci avrebbero impiegato mesi ad arrivare, visto che dovevano attraversare le montagne a nord. Per questo avevano un bisogno disperato degli Elfi. Loro potevano attraversare Ashihntra senza incorrere nell’ira dei popoli che la abitavano, e avrebbero dato all’Esercito Libero un vantaggio non irrilevante con la loro forza e la loro magia.
Dovevano solo sperare che il Consiglio acconsentisse.
 
***
 
Il palazzo del Consiglio era maestoso. Era scuro, color bronzo rosato, si innalzava tra quattro alberi secolari che stavano ai quattro angoli dell’edificio come torri; la facciata era un intrico di decorazioni più chiare che si susseguivano tra le finestre a sesto acuto e le sottili colonne dei loggiati. Keeryahel aveva detto che tutti i bassorilievi rappresentavano la storia del popolo elfico, le grandi battaglie contro i Demoni, l’alleanza con le Fate, quando ancora i Regni dell’Ovest erano sotto il loro dominio, e l’arrivo degli umani inferiori dall’est, che li aveva costretti a rifugiarsi nei recessi di quella foresta dopo una lunga guerra. Myrindar si chiese se fosse anche per quel fatto l’odio che gli Elfi nutrivano nei loro confronti era così profondo.
Keeryahel e gli altri cinque Elfi li scortarono nel grande salone ellittico che era il luogo in cui il Consiglio li attendeva. Era una sala ampia, dal soffitto alto, a sesto acuto, con tutta una serie di finestre alla base della volta che illuminavano d’oro la stanza; sul pavimento si intuiva un mosaico, ma era difficile capire cosa rappresentasse vedendolo solo dal basso.
C’erano tre porte nella sala, tutte presidiate da guardie. Due guerrieri stavano nell’ombra ai lati degli scranni dei Consiglieri. Myrindar fece un rapido calcolo: otto guardie nella sala, sei erano venute scortando loro. Quattordici soldati Elfi. Avevano paura di loro?
La ragazza rivolse lo sguardo ai Consiglieri. Sedevano su alti scranni sul lato più lungo dell’ellisse, lungo la parete. Erano nove: quattro di loro erano donne, gli altri cinque uomini. Se gli Elfi finora le erano sembrati quasi evanescenti, esseri eterei che brillavano di luce propria, quei nove sembravano essere fatti di luce.
Indossavano semplici vesti color avorio lunghe fino ai piedi, dalle maniche ampie, con sottili fregi dorati sul petto, che rappresentavano la regione del regno che i Consiglieri rappresentavano. I capelli bianchissimi ricadevano sulle loro spalle come un velo, negli occhi a mandorla contornati da un intrico di rughe sottili si vedeva la saggezza di chi ha vissuto molto, e ha visto molte cose. La loro espressione era imperturbabile.
«Siete infine al cospetto del Consiglio» iniziò l’Elfa che sedeva in centro. Doveva essere il capo: era l’unica che tra i capelli portava un semplice diadema dorato.
«Spero che siate consapevoli del privilegio che vi è stato concesso. È già molto raro che un non-Elfo entri a Gylne Lyset. Sono stati davvero pochi i non-Elfi che hanno potuto esporre le loro richieste al Consiglio.»
Myrindar cominciava a sentire una specie di paura salire lentamente. Sentiva una leggera oppressione che la faceva respirare più affannosamente.
«Mezzosangue ambasciatore dell’Esercito Libero, esponete le ragioni che vi hanno spinto fin qui.»
La ragazza notò chiaramente l’espressione che Jahrien fece a essere chiamato in quel modo, ma non disse niente, prese un respiro profondo e cominciò a parlare.
Partì raccontando in breve come l’Usurpatore avesse preso il potere e riassunse i primi anni di guerra, e dopo aver fornito una rappresentazione del contesto, cominciò a parlare degli ultimi anni di guerra, gli eventi legati a Myrindar, e infine descrisse la battaglia di Thora, e il potere immenso e distruttivo che Layrath aveva mostrato.
A mano a mano che Jahrien parlava, la sensazione negativa dentro Myrindar saliva sempre di più, e più la ragazza cercava di rallentare il respiro e riprendersi, più sentiva di caderci dentro. Vide Keeryahel scoccarle un’occhiata nervosa, ma si sforzò di riprendersi.
«Tutto questo è molto interessante, ambasciatore. Ma perché secondo voi dovremmo intervenire in una guerra che evidentemente non è nostra?»
«Consigliere, non è vostra solo per poco tempo ancora. Il potere di quel Marchiato minaccia chiunque. L’Esercito Libero non potrà contrastarlo ancora a lungo, e presto o tardi il comandante teme che possa riuscire a ottenere Myrindar. Finora gli è sempre sfuggita per miracolo. Ma cosa succederebbe se con la magia dei due Marchiati arrivasse a minacciare il vostro regno? Dokhet è sempre stato il regno più forte militarmente, non dobbiamo sottovalutarlo come il precedente comandante fece in passato. È vero, quell’errore di valutazione fu nostro, ma non possiamo permettercene un altro. Dokhet, con il potere dei Marchiati, è perfettamente in grado di sconfiggerci e attaccarvi.»
«Ambasciatore, noi Consiglieri dobbiamo pensare prima di tutto al nostro popolo. Prima di combattere le battaglie degli altri dobbiamo occuparci delle nostre.»
«Comprendo perfettamente, Consigliere, ma non ritenete che cercare di unire i nostri popoli potrebbe portare a benefici per entrambi? La divisione e l’odio non sono mai buoni.»
«Il Consiglio si riunirà per deliberare» sentenziò l’Elfa, e con questo era evidente che considerava chiusa la conversazione. Jahrien abbassò gli occhi, sconsolato. Le aveva provate tutte.
Myrindar sentì la sensazione oscura invaderla. Non riusciva più a respirare e si sentì svenire.
Una voce nota gridò qualcosa, ma lei non capì, nelle sue orecchie c’era solo il battito accelerato del suo cuore e il respiro affannoso.
Tutto intorno a lei era nero.
Si sentì gridare.
 
***
 
Jahrien guardò Myrindar, e capì subito che qualcosa non andava. Era terrorizzata da qualcosa, gli occhi grandi spalancati come quelli di una preda braccata. Il petto sottile si muoveva rapido seguendo il ritmo del suo respiro, e il suo viso era bianco, cadaverico.
Le si avvicinò di corsa, giusto in tempo per prenderla al volo prima che crollasse a terra.
Che cosa le stava succedendo?
I suoi occhi lo guardavano senza vederlo, colmi di terrore.
«Lo sapevo.»
Keeryahel era comparsa al suo fianco, con un’espressione indefinibile sul viso candido. Con decisione, l’Elfa scostò appena il corsetto della ragazza. Un lembo di marchio si vedeva, nero, enorme, pulsante di luce violacea. Strane linee nerastre si irradiavano dal marchio verso tutto il corpo della ragazza.
«Il Kratheda sta diventando sempre più potente.»
«Che cosa significa?»
«Quella è una magia troppo potente perché un umano possa sopportarla a lungo. In genere i Marchiati da questo tipo di magia non vivono più di dieci anni da quando hanno il marchio, per questo mi stupivo che lei fosse ancora in sé nonostante avesse diciassette anni...»
Myrindar gridò, un urlo colmo di terrore, paura, dolore.
«Cosa significa tutto questo?» gridò Jahrien, terrorizzato.
Keeryahel sembrò stupirsi del suo comportamento.
«Da quando una persona viene marchiata, la magia cresce dentro di lei, diventando sempre più forte. La persona guadagna poteri sempre maggiori, certo, ma il marchio si rafforza sempre di più finché non è così potente da sopraffare la persona e possederla, consumando la sua anima. Diventa schiava del marchio, un corpo vuoto manovrato dalla magia.»
«Cosa? Vuoi dire che Myrindar sta diventando questo?»
Jahrien aveva le lacrime agli occhi. Keeryahel sembrò esitare qualche secondo, poi si alzò, voltandosi verso i Consiglieri che stavano lasciando la sala.
«Consigliere Anishel!» gridò. L’Elfa che aveva parlato, quella con il diadema dorato, si voltò.
«Vi prego... il Kratheda sta per sopraffare quella ragazza. Vi prego, potete sigillarlo?»
Se Anishel si stupì all’insolita richiesta, non lo diede a vedere. Si avvicinò, e senza dire una parola allungò una mano. La tese sopra il corpo della ragazza, chiuse gli occhi.
Una debole luce candida si trasmise dalla mano dell’Elfa al petto di Myrindar, che sembrò calmarsi. Ora dormiva tranquilla.
«Non durerà a lungo. Dovete contrastare la magia demoniaca, e l’unico modo di farlo è usare la magia delle Fate. Portatela alla Sorgente degli Specchi» disse, seria, per poi lasciare la sala.
«Non è possibile» esplose il ragazzo. «La Sorgente degli Specchi è solo una leggenda.»
«No, non lo è.»
Keeryahel era decisa. Guardò il fratellastro negli occhi.
«Ti ci porterò io.»









 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Ciao gentaglia! Scusate l'ennesimo capitolo interminabile, ma se lo spezzavo ne venivano due troppo corti, quindi è andata così... devo ammettere che i livelli di luccicosità(?) qui erano alle stelle, ma prometto di rendere tutto un po' più oscuro, andando avanti u.u
Oggi ho anche scoperto che per quanti schemi faccia della trama partirò sempre un po' per la tangente, la tendenza è troppo forte. Sono riuscita a rientrare nei binari con il finale del capitolo, se c'è qualche cambiamento brusco di qualcosa è a causa di questo, sorry.
Vi avverto che ci stiamo avvicinando alla fine della prima parte della storia, e finalmente tra poco capirete il senso del titolo (che non è il nome del mondo). Contento, Matrix?!
Comunque! Devo fare un annuncio importante *si schiarisce la voce e afferra un megafono*
Vorrei ringraziare tutti quanti quelli che leggono/recensiscono/preferiscono/ricordano/seguono, state diventando tantissimi... e grazie a voi il primo capitolo di questa storia ha superato le 200 visualizzazioni, che è un numero stratosferico!! Vi adoro tutti quanti :3 *si mette a ballare per la stanza*
Sì, sono più strana del solito, ma è quasi mezzanotte ^^
Ok, chiudo questo delirio, che è meglio per tutti!
Ciau!

Vy
   
 
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