Serventi
aveva condotto i suoi ospiti nella sala da pranzo dove la tavola era
apparecchiata per otto in maniera assai
elegante e gli antipasti erano già stati serviti. Il padrone di casa si mise a
capotavola e chiese che i posti ai suoi fianchi fossero lasciati liberi per
Gabriel ed Isaia. Claudia e Giuditta si ritrovarono quindi una di fronte
all’altra e non ne ebbero un gran piacere. Stefano stava per prendere posto
accanto alla ragazza, ma lei lo fulminò con lo sguardo e, quindi, capì che era
meglio sedersi vicino alla psicologa e lasciare quella seggiola ad Alonso.
Jacopo andò all’altro capotavola.
“Favorite
pure.” esortò Bonifacio e tutti iniziarono a prendere le tartine o altri
antipasti e a metterli nei piattini che avevano davanti a sé.
Presto
tornarono sia Gabriel che Isaia e si unirono agli altri. Non c’era
conversazione. Dopo un poco Alonso esclamò: “Vi ho mai raccontato del mi amigo Pedro e de quand’ero ne la jungla?” e iniziò a
narrare di quelle disavventure, con grande disappunto di Isaia che era almeno
la centesima volta che sentiva quella storia. Pure Gabriel l’aveva già
ascoltata all’infinito, ma gli piaceva sempre quando il bibliotecario ne
parlava e si divertiva parecchio. Gli altri, invece, sentendola per la prima
volta, erano rimasti affascinati, tanto che, a fine racconto, Stefano esclamò:
“Fantastico! Ci dovresti scrivere un libro! Tipo …. Pedro’s
adventures! No, meglio Il richiamo della
jungla … oppure Jungles&Dragons … o
anche …”
“Il
libro della jungla?” lo interrupe, seccato, Jacopo.
Il
seminarista gli lanciò un’occhiataccia, poi tornò a rivolgersi ad Alonso e
chiese: “Potresti ripetermi un attimo quel pezzo in cui …”
“Stefano,
per la Carità Divina, no!” intervenne Isaia “Ti garantisco che, se rimani in
Congregazione, entro un paio di mesi avrai riascoltato questa storia almeno
altre tre o quattro volte!”
Intanto
era già stato servito il primo: pappardelle al cinghiale.
Bonifacio
decise di prendere in mano la situazione e si rivolse all’Eletto: “Gabriel,
raccontaci quali sono i tuoi progetti. Io conosco i miei piani, conosco le
intenzioni di Isaia ma, per poter effettivamente vedere se è possibile una
soluzione pacifica, bisogna conoscere anche i tuoi programmi.”
“Io
ho soltanto una cosa nella lista delle cose da fare: vivere con Claudia.” e
strinse la mano della donna.
Serventi
rimase un po’ perplesso: “Sì, va bene, che tu voglia stare con lei mi sembra
piuttosto chiaro, ma non può esaurirsi la tua vita solo in questo. Cioè, non
credo che tu voglia passare 24 ore su 24 solo con lei, lasciando perdere tutto
il resto e non facendo più nient’altro.”
“E
perché no? Se volessi … Ho lei e mi basta.”
Isaia
sgranò gli occhi, scosse il capo meravigliato e disse: “Come puoi dire così?!
Qualsiasi bene di questo mondo non può soddisfare una persona! In Dio solo c’è
la pienezza e la completezza! Ogni terreno piacere lecito è un dono del Signore
e a Lui dobbiamo esserne grati. La dottoressa Munari è per te un dono di Dio,
non dimenticarlo!”
“Ehi,
io non sono un dono di nessuno!” replicò Claudia “Io ho liberamente scelto e
deciso. Dio non c’entra nulla.”
“Dio
c’entra sempre.” la contraddisse Giuditta “Dio parla continuamente con ciascuno
di noi e ci indica la strada migliore per ognuno. Chi non è troppo preso dalla
confusione del mondo e lo riesce a sentire e a vedere i suoi segnali e ad
interpretarli, può decidere se seguirli oppure no. Per obbedire al Signore,
però, sono necessari coraggio, fede e umiltà.”
Bonifacio
sorrise e fece notare: “Questo è un pensiero più vicino alle filosofie di
Giordano Bruno, che non al Cristianesimo.”
“Lo
so.” lo informò la ragazza “Questo, però, è un pensiero che si avvicina anche
all’I-ching cinese e alla teoria della sincronicità
di Jung; per citare solo due casi famosi.”
Serventi
fece un cenno compiaciuto col capo, poi tornò a guardare Antinori: “Tornando a
noi, Gabriel, capisco che tu sia innamorato, ma l’amore non è vivere in
simbiosi con un’altra persona. Io e tua madre non passavamo ogni secondo della
giornata assieme, eppure ci amavamo tantissimo.”
“L’hai
uccisa!” si infuriò Gabriel e, per un attimo, i suoi occhi si fecero rossi e
questo spaventò il templare e sua sorella.
Serventi,
invece, se ne compiacque e disse: “Come sa bene il tuo amico Isaia, a
differenza tua, quando si servono beni superiori sono necessari sacrifici di
ogni tipo: sacrificare se stessi è la cosa più semplice, più difficile è
sacrificare le persone a cui teniamo. Credimi, io amavo sinceramente Clara, ma
una missione che porto avanti da quattro secoli e che permetterà il benessere
di migliaia di persone, era più importante di lei e del mio amore per lei.
Capisci?”
“No,
non capisco affatto. Io amo Claudia e non c’è altro ch’io desideri che stare
assieme a lei, dividere con lei ogni istante della mia vita e, soprattutto,
renderla felice, accontentarla e vederla sorridere a causa mia. Non c’è nulla
in questo mondo o nell’altro che possa farmi venire in mente un orribile e
ignobile pensiero come quello di rattristarla, figuriamoci se ci fosse una
qualche ragione che mi convincerebbe ad ucciderla. Io amo, io so cos’è l’amore:
voi no. Non hai neppure pianto quando è morta tua figlia, come puoi dire di
sapere cosa sia l’amore? Jacopo, per quanto zotico e brusco, lo sa meglio di
te! Si è ucciso per amore, per stare con Rebecca perché non poteva sopportare
di vivere senza di lei. Tu, invece, hai ucciso la donna che hai la pretesa di
dire essere stata la tua amata.”
Jacopo
si era molto rabbuiato ed incupito per il ricordo di Rebecca e iniziò a
guardare con odio il templare.
Giuditta,
senza scomporsi, ribatté: “L'amore è una brutta malattia, quando può farti
scordare di tutto il resto, fuorché la persona amata: questo è male.”
“Sei
una ragazzina, che cosa ne vuoi sapere tu dell’amore?” la rimbeccò Claudia.
“Il
mio è un discorso che non vale solo per l’amore.” spiegò con decisione Giuditta
“Molte persone credono che non ci sia nulla di meglio che avere una passione
(per una persona o un’attività) che li estranei completamente dal mondo, ma
questo è sbagliato, perché finiamo per occuparci solo dell’oggetto della nostra
passione e agiamo solo in funzione di esso e del nostro piacere, dimenticandoci
di tutto il resto e non accorgendoci di tutto quello che accade attorno a noi.
Ci scordiamo troppo spesso di essere parte integrante del mondo e che quello
che facciamo o non facciamo ha ripercussioni sull'intero sistema. Noi dovremmo
comportarci in modo di fare ciò che ci piace, ma in funzione del mondo, del
benessere globale e non solo per il nostro piacere.”
“Credere,
obbedire, combattere.” storse il naso Claudia “Sono una psicologa e so cosa
fa male e cosa fa bene. Ti assicuro che amare e avere hobby sono cose
sanissime.”
“Hai
ascoltato quello che ho detto o hai preso parole a casaccio del discorso e le
hai assemblate come più ti faceva comodo? Io dico che ciascuno dovrebbe coltivare
le proprie capacità, interessi e affetti, ma non esclusivamente per il proprio
piacere, ma anche per il benessere comune!”
Bonifacio
concordava appieno, ma aggiunse: “Vivere in simbiosi con una persona non è una
relazione sana. In
un rapporto di coppia è importante che ognuno mantenga la propria vita. Quando
si passano 24 ore attaccati l'uno all'altro, si finisce col non aver più nulla
da potersi donare. Il bello, invece, è continuare ad esistere come persone a sé
stanti e poi trovarsi per condividere, per sostenersi, aiutarsi, comprendersi e
tutto il resto, avendo sempre qualcosa di nuovo di personale da portare nella
coppia per arricchirla.”
“Sentite,
non ci interessano i vostri discorsi.” ribatté Gabriel “Io e Claudia stiamo
benissimo.”
Bonifacio
alzò gli occhi al cielo e richiamò a sé la propria pazienza, poi disse:
“Gestione del rapporto a parte, non credi che tu abbia bisogno di stabilire una
linea guida su cui improntare il tuo, il vostro futuro? Sei comunque capo della
Congregazione della Verità, avrai pur qualche idea su come gestirla!?! Dopo
tutto quello che hai visto e scoperto circa la gente dotata di poteri, vuoi che
la Chiesa mantenga le procedure finora usate o vuoi rinnovarle?”
Gabriel
era un poco confuso, poi iniziò a dire: “Le modalità di verifica non
cambieranno, io voglio cambiare le tipologie di provvedimenti da prendere nei
confronti delle persone realmente dotate di poteri, ma questo dovresti già
saperlo. Sono due anni, ormai, che gestiamo le cose in modo che la gente dotata
che troviamo, possa vivere una vita tranquilla, integrata nella società …
ammesso che qualcuno non li ammazzi.” concluse lanciando un’occhiataccia a
Isaia.
Il
templare, punto nel vivo, ribatté: “Quei tempi sono finiti. Si dia il caso che,
ora, i templari siano sotto il mio governo e io li farò rigare dritto e non
permetterò più stragi insensate.”
“Le
stragi sono sempre insensate.” replicò Claudia.
“Ad
ogni modo” riprese Gabriel “Menti così bene e spesso, Isaia, che non ho motivo
di pensarti sincero in questo momento.”
Serventi
pensò bene di intervenire nuovamente: “Claudia, tu, in quanto psicologa, non
credi che chi scopre di avere dei poteri meriti più attenzione e dell’aiuto per
imparare ad accettare ciò che è e a controllarsi, prima di essere reinserito
nella società?”
“Non
ti seguo, che cosa intendi di preciso?” domandò la donna, dopo essersi pulita
la bocca col tovagliolo, avendo finito di mangiare le pappardelle.
“Per
esempio, Nadia, le avete detto di tornare pure alla sua vita, ma lei continuava
ad incendiare le cose in maniera incontrollata. Se non l’avessi accolta io e
non le avessi insegnato a dominare il proprio potere, avrebbe continuato a dar
fuoco alle cose non appena si agitasse e questo sarebbe stato un terribile
tormento. Grazie a me e al mio aiuto ha potuto vivere bene quei pochi mesi di
vita che le erano rimasti.”
Isaia
sentì su di sé il peso degli sguardi di Gabriel, Claudia, Stefano e Jacopo.
Antinori
poi disse: “Quindi tu stai dicendo che vorresti ch’io mi dedicassi a queste
persone e le aiutassi a imparare a gestire meglio i loro poteri, a convivere
con essi?”
“Non
è forse quello che hai sempre fatto, anche in Università, essere una guida per
gli altri?”
Gabriel
ci pensò su, in effetti era vero e a lui sarebbe piaciuto davvero molto aiutare
quelle persone, nella speranza che loro non fossero tormentate dai loro poteri
come lo era lui.
“Un
cieco che conduce altri ciechi!” esclamò Giuditta “Oppure come quell’uomo che
teneva la lampada dietro di sé per far luce agli altri, ma lui non vedeva la
strada che aveva davanti.”
“Che
cosa vorresti insinuare?” chiese Claudia, un po’ seccata.
Un
paio di camerieri, intanto, avevano tolto i piatti fondi e ora servivano la
seconda portata: arrosticini, agnello, patate al
forno e insalata.
“Antinori
non è in grado di controllare sé stesso, figuriamoci se è capace di insegnare
il controllo ad altri!”
“Credi
che sia facile vivere con questo peso?” le domandò Gabriel, ferito dalla verità
di quelle parole.
“Sei
tu che lo consideri un peso e questo ti impedisce di controllarlo. Serventi, su
questo, ha perfettamente ragione: devi accettare ciò che sei!”
“Dovrei
accettarlo e diventare un mostro?! Così tuo fratello si sente autorizzato ad
uccidermi?”
“Non
sei un mostro e i tuoi poteri non determinano il tuo essere buono o cattivo.
Devi capire chi sei, conosci te stesso!”
Serventi
aveva ascoltato con estrema attenzione queste parole e fu certo che quella
ragazza sapesse la verità: si chiese come fosse possibile. Già non era normale
che qualcuno riuscisse ad impedirgli di leggere la propria mente, quella
ragazzina, invece, ci era riuscita, il ché significava non solo che lei avesse
una volontà molto forte, ma anche che avesse una grande capacità di
concentrazione e che avesse una mente molto allenata. Era certo che nessuno si
rendesse conto della straordinarietà di quella giovane ed era anche sicuro che
sarebbe stato bene scoprire al più presto quali fossero le sue inclinazioni,
per capire se fosse un’alleata od una nemica.
Chissà,
forse lei stava pensando le stesse cose di lui, in quel momento. Bonifacio lo
sospettò perché a risvegliarlo dai suoi pensieri fu la voce di Giuditta che gli
chiese di passarle, per favore, il sale. Lui non era particolarmente vicino al
sale, anzi esso si trovava da tutt’altra parte e, infatti, ci stava pensando
Stefano a prenderlo. Serventi scattò in piedi, dicendo: “No, fermo, ci penso
io.”
Quando
qualcuno viene colpito da un sortilegio, può facilmente scioglierlo passando il
sale o facendoselo porgere dall’autore del maleficio. In assenza di
incantesimi, è un modo per dimostrare le proprie pacifiche intenzioni a chi
conosce questo segreto. Per questo Bonifacio si alzò in piedi e fece il giro
del tavolo per portare il sale alla ragazza. Con quella richiesta lei gli aveva
comunicato di non avere cattive intenzioni e lui, accontentandola, assicurava
che nemmeno lui ne aveva.
Arrivato
da lei e datale la saliera, notò che la ragazza aveva messo il coltello al
contrario, con la punta rivolta verso sé stessa. Serventi capì immediatamente
chi lei fosse.
Il
pranzo continuò e finì. Bonifacio propose di andare nel giardino, dove c’erano
sedie, divanetti e un piccolo piano bar dove Alonso avrebbe potuto fare i suoi mojito per tutti. L’idea fu pienamente accolta: c’era il
Sole e c’era caldo, con una piacevole brezza.
Mentre
si spostarono, Stefano si avvicinò a Giuditta e disse qualcosa a proposito
della squisitezza del pranzo, nella speranza di attaccar conversazione con lei
che, invece, fu fredda e non gli diede retta; questo fece divertire molto
Jacopo.
Quando
gli altri si erano messi a sedere, Bonifacio rivolse uno sguardo a Giuditta
che, senza bisogno di leggere nella mente, capì che l’uomo desiderava parlarle
privatamente, per cui si inventò un pretesto: “Signor Serventi, mi farebbe
piacere visitare il suo giardino, mi accompagnerebbe, per favore?”
“Certamente,
molto volentieri.” rispose lui battendo il bastone da passeggio a terra e,
molto galantemente, porse il braccio alla giovane.
Giuditta
accettò di prenderlo a braccetto e si allontanarono. Appena furono
sufficientemente lontani dalle orecchie altrui, Bonifacio iniziò a chiedere:
“Posso domandarti come mai, quando ci siamo presentati, hai detto che era un
onore conoscermi? Se tuo fratello o l’Eletto ti hanno parlato di me, non devono
certo averlo fatto con epiteti positivi.”
“Infatti,
ma la sua fama mi è arrivata anche per altre vie, più clementi ed oggettive;
non dovrebbe certo stupirsene. Non si è in molti a conoscere la Scienza Sacra e,
quando qualcuno riesce a trovare la maniera di vivere oltre quattrocento anni,
diventa noto a chiunque, in certi ambienti, e non può che suscitare rispetto e
ammirazione.”
“Mi
lusinghi.” lasciò passare qualche momento di silenzio “Allora, che effetto ti
ha fatto, quando hai scoperto che tuo fratello non solo era entrato nei
templari, ma che pure ne è diventato il Gran Maestro?”
“Ho
avuto paura che si lasciasse traviare dal fanatismo di quella gente, invece è
lui che li sta rimettendo in ordine.”
“Credi
davvero che riuscirà a renderli ragionevoli e consapevoli?” chiese, quasi
ironico, Bonifacio.
“Sappiamo
entrambi che non sono sempre stati così, che l’ondata di violenza è un fatto
relativamente recente, degli ultimi 70 anni.”
“Questo
è vero, ma solo in parte: il cancro del fanatismo era già presente prima. In
ogni caso, è più semplice insegnare qualcosa di nuovo, piuttosto che correggere
una cattiva abitudine.”
“Se
c’è qualcuno in grado di emendare il male è proprio Isaia.”
“Precisamente,
ma non possiamo sapere quale metodo sceglierà.” l’uomo sogghignò.
“Ha
libero accesso ai testi del nostro antenato: Giacomo il Giusto, è ovvio che
agirà nel migliore dei modi e che servirà l’Ordine.”
“Già
… ma tu sei sicura di sapere quale sia l’Ordine e quale sia il Caos?”
“Se
non lo sapessi, starei sprecando la mia vita e starei facendo del male. Noi
custodiamo la Scienza Sacra, la difendiamo dai profanatori, stia pur certo che
sappiamo qual è il volere di Dio.”
“In
quanti siete rimasti? Un centinaio? Siete sicuramente esperti della Scienza
Sacra, lo dimostri pienamente, tuttavia anch’io lo sono, eppure abbiamo idee
differenti su quel che sarà.”
“Ascolti,
io sono qui solo ed esclusivamente per mio fratello, non sono autorizzata a
parlare in nome dei miei compagni.”
“Non
ti chiedo di farlo. Ti chiedo, però, di riferire loro ch’io li esorto a fare
attenzione e a valutare bene dove sia l’Ordine. I tempi stanno finendo, le
carte si rimescolano, così come le leggi. La distruzione di questo mondo è
inevitabile e decisa, lo sai benissimo: la guerra è per decidere chi dominerà
il nuovo mondo.”
“A
suo tempo, la guerra, se la vogliamo chiamare così, ci sarà, la sofferenza
dilagherà, ma chi uscirà vincitore lo si sa già: Dio.”
“Sì,
sì, conosco la vostra concezione soteriologica, ma è errata. Sapete e predicate
che la salvezza non è in questo mondo, che la liberazione si ottiene andando
oltre all’immanente; quasi negate la grazia divina a favore del libero arbitrio
e, tuttavia, pretendete che Dio si intrometta apertamente in queste faccende
che, per quanto sovrannaturali e coinvolgenti esseri divini, sono pur sempre
secolari. Non è la fine di tutto per la rinascita definitiva; la rinascita
definitiva del mondo non ci sarà mai, è un’illusione! I singoli spiriti possono
liberarsi dall’ego e rinascere in Dio, ma il mondo non è soggetto a ciò. Quello
che presto accadrà è solo la fine di un ciclo per l’inizio di un altro e al
libero arbitrio è dato di decidere come sarà. Riferisci questo.”
“Lo
farò, ma dubito fortemente che i miei compagni raccoglieranno queste parole.”
“Se
siete certi che la vostra convinzione corrisponda al vero, allora non dovreste
preoccuparvi di quello che faccio, poiché non inciderà sul risultato finale.
Se, invece, avessi ragione io, perché non fare fronte comune e assicurarci che
il nuovo mondo segua la vera gerarchia? È quello che volete anche voi. Chi è
più vicino alla Verità ha il diritto e il dovere di condurre gli altri.
Concordi?”
“Detto
con queste parole, sembra coincidere col
nostro pensiero, ma non ne posso essere sicura.” parve convenire la ragazza,
titubante.
“Se
non ci avete mai combattuti, un motivo ci sarà.” le sorrise Serventi,
compiaciuto di svelare qualcosa a quella giovane.
Giuditta
rimase in silenzio per diversi momenti, si era un po’ incupita: era la prima
volta che sentiva quelle teorie e non era certa di come dovesse accoglierle.
Intanto
avevano già raggiunto l’estremità del giardino e stavano tornando indietro.
Bonifacio ruppe il silenzio: “Tuo fratello ti ha raccontato del suo incontro
con Paimon?”
“Sì,
certo, mi ha riferito ogni dettaglio.”
“Che
idea ti sei fatta?”
“Che
lui sia il Princeps; è per questo che, prima, ho
detto che lui è fatto per emendare il male.”
“Brava,
quindi hai ben chiaro chi siano lui e l’Eletto. Sai cosa sono chiamati a
compiere?”
“Infinite
sono le possibilità. Le strade del Signore sono infinite, non importa quale
sceglieranno, il finale non cambierà.”
“Eh
… si vede che sei giovane, ancora legata a certe speranze! Ricorda homo faber suae fortunae.”
“E
allora perché ad Antinori non fai che ripetere che il suo destino è segnato?”
“Semplicemente
perché voglio che scelga di essere come io lo voglio. Inoltre, sono sicuro che
anche tuo fratello, quando conoscerà davvero i templari, si schiererà con me.
Oppure lo ucciderò, la questione non è un mio problema, io punto molto su
Gabriel, non sugli altri.”
“A
proposito di altri, manca ancora all’appello la Guida, i tuoi progetti
potrebbero dover essere rivisti.”
“Tu
hai idea di chi possa essere?”
“No,
è praticamente un caso che sappia di Antinori e di mio fratello … Tu? Lo sai?”
Serventi
percepì della paura in quella domanda e ne fu lieto, perché gli dimostrava di
essere considerato un avversario temibile e anche perché gli confermava che
davvero la ragazza non sapesse chi potesse essere la Guida. Decise di essere
sincero: “Nemmeno io lo so, ma ci sto lavorando.”
Erano
più o meno a metà del tragitto tra il confine del giardino e la zona dove
avevano lasciato gli altri. Videro venire loro incontro Stefano con in mano due
bicchieri. Il seminarista si avvicinò sorridendo, ma si avvertiva che era un
poco nervoso; porse un bicchierone alla ragazza e le disse: “Ti ho portato un mojito! Sono buonissimi, Alonso è davvero bravissimo!”
“Chi
te lo ha chiesto?”
Stefano
ci rimase male per quella risposta così brusca.
“Quindi,
puoi tornare là con gli altri.” continuò la donna.
“E
se anch’io avessi voglia di visitare il giardino?” replicò lui.
“Liberissimo
di farlo, ma lontano da me.”
Stefano
chinò il capo e se ne tornò indietro.
Intanto,
là dove c’erano gli altri, Claudia e Gabriel se ne stavano abbracciati su un
divanetto di vimini, Jacopo si lamentava di quanto fosse tutto noioso, mentre
Isaia faceva compagnia ad Alonso che continuava, imperterrito, a preparare mojito.
Il
templare non si sentiva affatto a proprio agio con la gentilezza e la
benevolenza del bibliotecario; era perché gli sembrava di usurpare
quell’amicizia. Infatti si vedeva che era amareggiato e poco partecipe alla
conversazione, infatti, dopo un po’ non ce la fece più a trattenersi e col
groppo in gola prese a dire: “Alonso io devo chiederti perdono.”
“Hermano …!” si meravigliò il bibliotecario, interrompendo
il suo lavoro.
Isaia
si fece forza e confessò: “Tu ormai già sai che l'aggressione che hai subito in
biblioteca, non era stata progettata da Serventi, bensì dai Templari. Ecco, tu,
però, ancora ignori il fatto che, quell'ordine, l'ho dato io.”
Alonso
strabuzzò gli occhi e lo lasciò proseguire.
Non
era affatto facile per Isaia raccontare quei fatti, ma era un peso che non
poteva portarsi dentro ancora: “Ti stavi avvicinando troppo alla verità. Io
sapevo che ciò avrebbe messo Gabriel ancor più in pericolo di quanto non fosse
già. Dovevo far interrompere la tua ricerca, per prendere tempo ... e quindi
... L'unica attenuante che forse posso avere, è che al sicario avevo detto di
non uccidere ...” cercava di giustificarsi, cercava di far capire quanto fosse
stato confuso e stressato in quel frangente “Vargas
mi stava mettendo alla prova, costringendomi a dare quel comando ... Io ho
detto a Giona di farlo apparire come un omicidio
fallito, ma di non uccidere; prendere le tue ricerche e basta ... Se io non gli
avessi detto di ferirti, Vargas gli avrebbe ordinato
di ucciderti … Ti ho comunque messo in pericolo e non riesco a darmi pace per
questo, specialmente vedendo che sei l'unico che non porta rancore verso di me.
Non potevo tacere ancora, volevo e dovevo dirti la verità. Ti prego di
perdonarmi, se puoi.”
Alonso
era parecchio sconvolto. Guardò il suo caro amico, ma d’improvviso non riusciva
più a vederlo come tale, scosse il capo e farfugliò: “Non è tanto quel che
volevi fare a me... Ma quel che eri disposto a fare. Non si tratta di me ma di
te, Isaia! Io... siamo in giardino ma siento mancarme l'aria.”
“Scusa
…” disse ancora il templare, prima di allontanarsi per non turbare o disturbare
maggiormente il bibliotecario, entrambi avevano gli occhi lucidi.
È
finita-
pensò Isaia, ora non c'era più davvero nulla che lo legasse al proprio passato.
Aveva perso tutto, ora la sua esistenza apparteneva davvero solo ai Templari.
Almeno era stato sincero e questo gli basta a sopportare la perdita anche di
quell'amicizia. Ora non era più contrariato che sua sorella fosse lì. Soffriva.
Doveva non pensarci: se ora si fosse lasciato vincere dall'ira o dal rimpianto
degli affetti, allora tutto quanto sarebbe stato inutile! Lui aveva un compito
ben preciso, affidatogli da Dio e questo bastava a rendergli più leggera la
solitudine e gli infondeva la forza di proseguire. Lui non era lì per svagarsi,
era lì perché sperava davvero in una soluzione pacifica per salvare la Chiesa
e, probabilmente, il mondo. Non poteva permettere che i suoi problemi personali
lo ostacolassero.
Indossò
una maschera di severità e freddezza e andò verso Serventi che, assieme a
Giuditta, stava tornando verso il gruppo. Jacopo, incuriosito, lo seguì.
Senza
preamboli, Isaia parlò in maniera diretta: “Bonifacio, alle corte.
Probabilmente, eccettuata mia sorella, tu sei la persona più ben disposta verso
di me, qui; puoi dunque immaginare quanto poco a mio agio sia. Parliamo, per
favore, dello scopo di quest'incontro: cos'è che vuoi esattamente? La vostra
profezia cosa mira ad ottenere? Per quel che ho capito, volete diritti ed
integrazione nella società per le persone dotate di poteri e volete anche
vendicarvi dei torti subiti. È così? C'è altro?”
“No,
Isaia, è esattamente questo che voglio.”
Giuditta
non ne era molto convinta, ma non disse nulla. Gabriel e Claudia, accorgendosi
di quella conversazione, si avvicinarono per ascoltare meglio.
Il
templare proseguì: “La mia offerta è questa: rinuncia all'idea di portare
l'Inferno in Terra. Gabriel, con l'aiuto di Alonso, Claudia, Stefano e della
Congregazione, si occuperà di far sì che la Chiesa accetti pienamente la gente
coi poteri, che non la perseguiti più, che le riconosca diritti e le garantisca
un posto tranquillo nella società.” spostò lo sguardo verso l’ex gesuita “Poco
fa, a tavola, ha manifestato di essere concorde con questa linea di condotta.”
“Sì,
questo lo confermo.” Gabriel fu sincero e non gli dispiacque dare ragione al
vecchio amico.
Isaia
continuò: “La dottoressa Munari potrebbe specializzarsi nel dare sostegno
psicologico a queste persone e tu potrai contribuire con le tue idee, affinché siano
felici. Sarà un rovesciamento della Chiesa, seppure pacifico. Accetta questo
sistema burocratico e non violento di riforma e io ti assicurerò vendetta. I
vostri veri nemici e persecutori sono i templari. Se tu consentirai alla
riforma pacifica, io ti consegnerò i Templari (compreso me stesso) e su di noi
(noi soli) ricadrà la vostra vendetta. Rimetterò me e l'ordine totalmente nelle
tue mani e tu potrai far di noi ciò che più t'aggrada. Queste sono la pace e la
vendetta che posso offrirti. A te la scelta se accettare o no.”
Jacopo
storse il naso e chiese: “Beh, tutto qui? Guarda che noi vi uccideremo
comunque, trova qualcosa di più allettante.”
Bonifacio
ammonì il fantasma: “Sono io che prendo le decisioni.” si rivolse al templare:
“Lo faresti davvero Isaia? Sacrificheresti la tua vita e quella dei tuoi
fratelli dell'ordine per salvare la Chiesa?"
“Non
solo salvare la Chiesa. L'inferno sulla Terra coinvolgerebbe tutti. Se questo
sacrificio servirà per salvare vite e anime, se salverà Gabriel, allora sono
ben lieto di offrire tutto ciò che posso. A che mi servirebbe la vita, se non
fossi pronto a sacrificarla, consacrarla, per un bene superiore?”
Bonifacio
non si aspettava né una simile proposta, né una simile determinazione da parte
di quell’uomo; l’idea, comunque, lo interessava parecchio e domandò: “Gli altri
templari che cosa ne pensano della tua idea? Sono disposti a morire per i loro
peccati e per quelli di chi li ha preceduti?”
Isaia,
molto seriamente, replicò: “Loro obbediscono al Magister
Templi, faranno ciò che ordinerò loro. Siamo già stati sterminati una volta,
ripetere l'esperienza non è un problema.” e lo disse quasi sorridendo.
Gabriel
era rimasto molto colpito e, nel proprio cuore, seppure non lo avrebbe ammesso
apertamente, provò compassione e forse pure gratitudine per l’amico. Claudia,
invece, sbuffò una risata e commentò: “Ecco se lui dice che si devono buttare
sotto il treno loro corrono.”
Isaia
replicò seccamente: “Sa, ci sono persone che riconoscono l'obbedienza come
virtù, anziché come difetto.”
Bonifacio
iniziò a pensare che l’idealismo fosse una debolezza della famiglia Morganti; quasi come un padre o un maestro, disse: “Gli
uomini sono traditori, Isaia, i tuoi cosiddetti fratelli ti tradirebbero subito
per salvarsi. Loro mandano a morte gli altri, non sono disposti al sacrificio.”
“Ho
detto che ve li consegnerò, che lo vogliano o meno.”
Gabriel,
si lasciò sfuggire un soffocato: “Fai come ti pare.” la sua rabbia era motivata
dal fatto che non era per nulla entusiasta che il suo amico si mettesse nelle
mani del suo nemico.
Isaia,
non capendo ciò, replicò con la voce rotta: “Io faccio quello che devo,
Gabriel, quante volte te lo devo ripetere? Questa è l'unica soluzione al
problema che ho trovato, in alternativa a quella di ucciderti. Tu hai trovato
qualche altra possibilità? Illuminaci.”
Gabriel
si volse, sprezzantemente, prese per mano Claudia e le disse: “Vieni,
torniamocene a casa.”
Senza
salutare Serventi o Isaia, i due si allontanarono, fecero cenno ad Alonso e
Stefano che li seguirono senza obbiettare. In un paio di minuti, erano spariti
dalla vista degli altri.
Il
templare fissò Serventi, senza aggiungere altro, in attesa di una risposta.
Bonifacio
rifletté ancora qualche momento: “Va bene, tentiamo. Tu, comunque, al momento,
rimarrai mio ospite.”
“Intende
prigioniero.” specificò Jacopo, beffardo.
“Perfetto.”
accettò Isaia e allungò la mano.
Serventi
la strinse e il patto era concluso.
Nota dell’Autrice.
Approfitto di questo spazio per
ringraziare i lettori di aver deciso di usare il loro tempo per leggere questa fanfic. Spero vi stia piacendo, lasciate pure il vostro
parere.
Questo capitolo è un po’ una sorta di punto di svolta, io credo, per questa
trama; da questo è nata tutta l’idea della fanfic. Ci
tengo però a dire che questo capitolo è in parte frutto di una giocata di ruolo
avvenuta su facebook.