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Autore: nephele_cleide    16/06/2014    3 recensioni
cosa sarebbe successo se America fosse realmente tornata a casa dopo aver combinato quel pasticcio al Rapporto?
un seguito alternativo a the Elite dove America, una volta tornata a casa, cerca di tornare alla normalità della sua vita da cinque, impegnandosi a superare quei dolorosi sentimenti che la legano a Maxon. e quando sembra quasi essere tornata alla realtà ecco che quei sentimenti riaffiorano in tutta la loro potenza aggiungendosi al terrore e alla preoccupazione. Nell'ultimo Rapporto infatti Gavril ha annunciato tra la disperazione delle ragazze rimaste e della famiglia reale l'improvvisa scomparsa del principe Maxon...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Passarono giorni prima che mi riprendessi dallo shock di quella mattina… e passarono settimane prima che i lividi e il gonfiore sparissero del tutto… ne Caroline ne il tenente Morris si erano più fatti sentire, nessuna nuova notizia di Maxon. La storia del cadavere non venne mai detta quindi dedussi che non era lui. Un leggero sollievo mi percorse la schiena quando Gavril disse che era stato visto un ragazzo assomigliante a Maxon nei boschi vicino al palazzo e che le guardie si stavano concentrando soprattutto su quei luoghi. Una sera aveva persino detto che era stato catturato uno dei ribelli. La foto di Bernard era passata su tutte le televisioni quel giorno. Il suo viso emaciato non era del tutto opera mia ma ero comunque contenta che qualcuno, che fossi io, il tenente Morris o chiunque altro, gli avesse dato una lezione. La notizia del suo arresto e dell’imminente processo non avevano però tolto dalla mia testa il pensiero di Maxon chissà dove da solo e probabilmente affamato e stanco.
Quella mattina mi ero alzata senza mal di testa, segno che le botte ricevute stavano lasciandomi finalmente in pace. Mi stiracchiai e scesi le scale. Un biglietto diceva che la mia famiglia era stata chiamata per una festa improvvisa in un paesino vicino in una casa di Tre così avrei avuto casa libera per circa due giorni. Gerard era invece da Kenna. I miei genitori avevano pensato di lasciarmi riposare per due giorni, gliene ero grata. Mi preparai un the e mi sedetti sul divano sorseggiandolo da una vecchia tazza appartenuta a mio nonno, da quello che aveva detto papà. Sorrisi al pensiero di mio nonno. Non lo ricordavo quasi più ma sapevo che mi voleva molto bene e anche io gliene volevo.
improvvisamente suonò il campanello e io sobbalzai sovra pensiero. Mi alzai e corsi alla porta poggiando la tazza del the sul mobile sotto la finestra. Aprii la porta.
La sorpresa fu enorme… talmente grande che scoppiai in lacrime e caddi a terra. Le gambe non mi avevano retta.
sulla porta c’era Maxon.
“America!” c’era preoccupazione nella sua voce. Si gettò a terra di fronte a me e scoppiai a ridere.
“cosa c’è di divertente?” mi chiese contento di vedermi smettere di piangere.
“tu sei preoccupato?! Sai cosa ho passato io?” risi gettandogli le braccia al collo
“oh America… mia America!” mi fece volteggiare e chiuse con un piede la porta di casa. Feci scivolare le mani sulla sua schiena e lo sentii irrigidirsi e gemere.
“cosa c’è Maxon?” chiesi facendolo voltare. La sua camicia azzurra era intrisa di sangue. Sgranai gli occhi
“cosa ti è successo?!” urlavo. Lui abbassò gli occhi senza rispondere. Senza esitazioni gli slacciai la camicia e gliela feci scivolare dalle spalle. La schiena era sferzata da mille squarci… li riconobbi subito.
“cosa ti ha fatto quel mostro?” ero furiosa con il re, avevo voglia di fargliela pagare e nel frattempo  ero terribilmente dispiaciuta per Maxon e felice di averlo qui.
lui ridacchiò poco convinto
“ha detto che era per il mio bene. Che mi avrebbe aiutato a smettere di pensare cose stupide.”
“Maxon ma se sei sparito da palazzo tre settimane fa! Come è possibile che siano ancora aperte?!”  lui si voltò per guardarmi negli occhi.
“mia America… sono venuto fin qui a piedi… passando per i boschi, dormendo sugli alberi per non farmi trovare dalle guardie o dai ribelli è ovvio che non si siano rimarginate…” alla parola ribelli trasalii.
“non fanno così male.” Mi rassicurò pensando che stessi trasalendo per quello. Scossi la testa.
“vieni, ti medico le ferite.” Non volevo farlo preoccupare ancora. Lui mi prese le mani e me le baciò prima di guardarmi allontanare per prendere la piccola cassetta del pronto soccorso dal bagno. Scostai una sedia “siediti qui.” Gli dissi. Lui obbedì
“potrebbe farti un po’ male.” Mi scusai in anticipo prima di immergere un panno di cotone nel disinfettante e passarglielo delicatamente sulla schiena nuda. Lo sentii irrigidirsi e trasalire.
“scusa.”
“non preoccuparti.”
“ti prego dimmi che prima di andartene da casa hai preso quelle medicine portentose dall’infermeria.” Lui ridacchiò..
“mmm temo di non averci pensato.”  Sbuffai
“Maxon… noi non abbiamo molte medicine… non so se rimarranno le cicatrici…” dissi desolata
“America… non fa niente. Ho già delle cicatrici. E per me non è un problema averne altre se a te non interessa.” Scossi la testa decisa. Non mi interessava se aveva cicatrici sulla schiena ma giurai a me stessa che gliela avrei fatta pagare a quel mostro per avergli fatto ancora del male. Dopo averlo disinfettato gli passai una pomata cicatrizzante e lo fasciai.
“grazie mia dolce infermiera.” Ridacchiò. Io gli accarezzai una guancia con le lacrime agli occhi.
“vado a prenderti una camicia di mio padre. Dovrebbe starti.” Mi sorrise e io corsi in camera dei miei genitori a prendere qualcosa da fargli mettere. Trovai una vecchia camicia a quadri rossa. Un po’ mi vergognavo di non avere nulla di meglio da dargli. Tornai di sotto e gli passai la camicia
“mi dispiace. Non abbiamo molto di meglio.” Dissi abbassando gli occhi imbarazzata
“è perfetta.” Mi disse facendomi alzare il viso e fissandomi negli occhi. Gli sorrisi.
“sono così felice di vederti!”
“anche io America.” Mi sorrise sincero
“no tu non capisci! Ero finalmente riuscita a riprendere una sembianza di vita normale quando Gavril ha detto che eri sparito! Non sapevo cosa fare! Ho cercato ovunque tue notizie… una mattina ero partita a piedi ma poi…” non riuscii ad andare avanti. I singhiozzi mi scuotevano le spalle togliendomi il fiato. Maxon mi prese tra le braccia
“mi dispiace averti fatta preoccupare! Scusami. Ora sono qui… non mi è successo niente.” Si bloccò per un po’ poi mi chiese “ma poi che è successo?” aveva notato il mio sguardo spaventato? Scossi la testa
“America… dimmelo.” Non lo guardavo
“ma poi uno dei ribelli mi ha trovata, mi ha rapita e picchiata… ha anche provato a…” perché non riuscivo a dirlo??!
“COSA?!” mi guardava terrorizzato
“quindi tu…”
“NO! Mi sono liberata prima… l’ho picchiato e sono fuggita. Poi ho incontrato una tua guardia e mi ha riportata a casa.” Era visibilmente più tranquillo anche se ora vedevo la rabbia nei suoi occhi.
“dimmi dov’è quel mostro che lo uccido.” Scossi la testa
“lo hanno preso. È in attesa di un processo.” Maxon mi strinse a se e mi cullò in silenzio per un po’. Lo presi per mano e lo portai sul divano. Ci si lasciò cadere
“quanto tempo hai passato nei boschi?” ridacchiai
“abbastanza da desiderare la morte!” rise anche lui. Io poggiai la testa alla sua spalla e lui mi circondò con un braccio.
“Dio quanto mi sei mancata…”
“Maxon… sono felice di averti qui. Mi sento di nuovo viva con te accanto… ma perché hai fatto una cosa del genere?” lui mi guardò con intensità
“davvero non l’hai capito? Quando hai combinato quel disastro ho dovuto mandarti via ma non volevo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di tenerti. Ero disposto a mettere fine alla Selezione e a sposarti anche quella stessa sera se necessario. Lo dissi a mio padre ma lui mi diede uno schiaffo come risposta e mi ricattò… se non ti avessi mandata a casa subito mi avrebbe diseredato e picchiato ma nemmeno quello mi importava, avrei avuto te in ogni caso; quindi ha minacciato di mandare un sicario in camera tua, a casa tua ovunque ti fossi trovata e ti avrebbe fatta sfigurare. Non potevo permettergli di farti del male così ti ho cacciata. Ma da quando hai lasciato il palazzo non sono più stato me stesso. Non mangiavo più, non riuscivo a dormire senza avere incubi. Marlee mi è venuta a trovare spesso, era l’unica persona che riuscivo a vedere, che volevo vedere: le chiedevo di raccontarmi di te ma dopo un po’ soffrivo troppo e non la ascoltavo nemmeno più.  Sono stati lei e suo marito ad aiutarmi a fuggire dal palazzo. Lei sapeva che volevo venire da te, sapeva che avevo BISOGNO di te. La sera che sono fuggito mio padre mi ha convocato nel suo studio e mi ha picchiato e frustato perché mi riprendessi.. perché smettessi di pensare a te e tornassi in me, riprendessi a uscire con le ragazze rimaste ma sono fuggito e ho cercato di arrivare il prima possibile qui da te.” Lo stavo ascoltando con il cuore che batteva a mille, lacrime di gioia che minacciavano di uscire, il fiato corto
“America… non potevo vivere senza te. Ho aspettato anche troppo prima di venirti a prendere.
Ameria Singer, sei il sole che sorge ogni mattina e mi illumina la stanza, sei la stella che vedo quando sono steso sul letto… sei tutto ciò di cui ho bisogo. Ti amo America. So che te lo avevo già detto ma ora sono certo di quello che dico. Senza di te non ho voglia di continuare a vivere. Non posso scegliere nessun’altra perché non ho più il cuore… te lo sei portato via tu quando te ne sei andata.”
Rimasi in silenzio per un po’, le lacrime mi iniziarono a rigare le guance…
“Maxon… so che ti ho fatto soffrire più di una volta e sono stata una perfetta idiota. Ho continuato ad aggrapparmi al passato per paura di affrontare ciò che provavo per te. Ero partita convinta che mai sarei potuta cadere vittima di un sentimento diverso dall’odio e il ribrezzo per te eppure dalla prima sera mi hai rubato il cuore. Quando ho sentito la tua voce ordinare alle guardie di lasciarmi uscire in giardino già sapevo che ero tua.. per sempre. Ti amo Maxon, perdonami se ho aspettato tanto a dirtelo e se…” non riuscii a finire di parlare perché Maxon premette la sua bocca sulla mia. Ci perdemmo in un bacio profondo, meraviglioso, dolcissimo ma pieno di desiderio, di bisogno. i diversi sapori delle nostre labbra si fusero insieme esprimendo tutto ciò che a parole non saremmo stati mai in grado di spiegarci l’un l’altro. Un bacio che suggellava un legame più profondo e forte della stessa morte. Il nostro era un amore nato dalle avversità, dalle differenze, dal bisogno, dal  rifiuto delle convenzioni. Ci appartenevamo, e quella era la cosa più sicura nell’intero mondo. Maxon mi amava e io amavo lui… tutto il resto poteva aspettare per l’eternità. Si staccò delicatamente da me troppo presto… i suoi occhi fissi nei miei. Il fiato corto ci impediva di parlare. Fissavo il suo viso splendido, il suo sorriso dolce, le sue labbra morbide e perfette.
“sei sicura di quello che dici?” eccoci qui… avevo il potere di rendere perfetto questo momento o distruggere entrambi, tutto stava alla quantità di coraggio che avrei trovato. Lo fissai con uno sguardo carico d’amore.
“Maxon…  non so seriamente come fartelo capire. So che è difficile credermi dopo tutto quello che ti ho fatto passare ma io sono tua. Mi sarei fatta sfigurare pur di vederti felice e senza un graffio…” le parole non riuscivano ad uscire… lui mi sorrise dolcemente
“è la cosa più dolce che qualcuno potesse dirmi. Ho sempre temuto che quando mia moglie, la ragazza che avrei scelto, avrebbe visto la mia schiena sarebbe fuggita, rinnegando il nostro matrimonio. Tu invece mi hai visto persino prima di sposarmi e non sei fuggita anzi… sei rimasta a medicarmi, a prenderti cura di me. E vedo la rabbia nei tuoi occhi quando guardi le cicatrici.” I suoi occhi si riempirono di lacrime. Era la prima volta che vedevo Maxon piangere. Lo presi tra le braccia.
“ti prego non piangere!”
“scusa, non è esattamente una cosa virile.” Ridacchiò nascondendo la voce arrochita dal pianto. Sorrisi.
“sei l’uomo più virile che abbia mai conosciuto. Te lo assicuro. Vederti piangere mi fa solo aumentare la rabbia non scalfisce la visione che ho di te.” Lui mi baciò di nuovo.
“non avrei mai pensato di fare una cosa del genere!” sorrideva. Mi confondeva vederlo cambiare umore così velocemente ma ero felice che avesse superato il dolore e il momento di debolezza. Ero sempre più convinta che gliel’avrei fatta pagare a quel mostro. Come può fare del male a suo figlio a quel modo?! Le sue labbra si spostarono sul mio collo, le mani scesero dalle guance alla schiena.
“non sono abituato a vederti vestita così…” mi guardava malizioso. Ricambiai lo sguardo. Ovviamente lui mi aveva sempre vista con dei vestiti, i miei pantaloncini corti logori e la mia vecchia t-shirt lasciavano scoperta molta più pelle..
“mmm… mio caro principe Maxon, cosa sta pensando?” lui rise gettando indietro la testa.
“penso che ti stanno molto bene questi pantaloni… è un piacere vederti indossarli.” disse sorridendo con malizia. 
  
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