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Autore: Angie Mars Halen    17/06/2014    2 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LOOKS THAT KILL





Il ragazzo smise di tamburellare le dita e appoggiò la mano aperta sul bancone di granito, lasciandola immobile, poi ghignò. “Io e te ci conosciamo già, ma non ricordo dove ci siamo incontrati.”

Impugnai il manico del boccale che la barista mi aveva appena portato e bevvi un sorso di birra pensando che, siccome ero stata sua ospite per due giorni, per non avermi notata doveva essere stato parecchio fuori di testa per tutto il tempo. Se così fosse stato, non avrei potuto rinfacciarglielo: nemmeno io ricordavo di averlo visto in quelle quarantotto ore.

“Come ti chiami?” domandò. “Forse, se mi dici il tuo nome, potrebbe venirmi in mente dove ci siamo conosciuti.”

“Sharon,” risposi. “E se proprio vuoi saperlo, ci penso io a rinfrescarti la memoria. Ti ricordi il concerto al Troubadour di due sere fa?”

Si scostò i capelli dal viso e potei finalmente vedere i suoi occhi verdi spalancarsi per lo stupore. “Sei la chitarrista?”

“Bingo!” esclamai fingendomi divertita.

I suoi occhi freddi mi squadrarono dalla testa ai piedi. “Ora capisco perché il mio cantante voleva provarci con te a tutti i costi.”

“Per curiosità, amico, dove sei stato nelle ultime quarantotto ore?” gli chiesi sollevando appena un sopracciglio.

Lui fece una smorfia. “Che cazzo c’entra?”

“Sono stata a casa tua fino a stamattina. Lo sai questo, vero?” continuai con indifferenza.

“Sono due giorni che non metto piede in quell’appartamento,” rispose prontamente e con tono brusco.

Abbozzai un sorriso. “Allora sei giustificato. Comunque piacere, sono Sharon Smith.”

Il ragazzo annuì increspando appena l’angolo della bocca. “Nikki Sixx, ma credo tu lo sappia già.”

Non gli risposi e ripresi a sorseggiare la mia birra mentre lui, seduto sullo sgabello accanto a me, ingollava la sua senza staccarmi lo sguardo da addosso. Era davvero un tipo strano. Avevo sentito parlare molto di lui, ma sebbene avessi avuto modo di conoscere il cantante della sua band e persino di avere un diverbio con il suo batterista a causa di un furgone parcheggiato davanti al cancello di casa mia, non gli avevo mai parlato. A West Hollywood era più famoso per essere costantemente sotto acidi e per come riduceva ogni cosa gli capitasse davanti piuttosto che per le sue doti musicali – le quali, adesso che era ancora a inizio carriera, erano alquanto scarse. Tutti ne parlavano come se fosse stato una rockstar già bella e fatta, quando in realtà era sufficiente spostarsi di qualche decina di chilometri per vedere facce basite quando si domandava alla gente se conoscevano Nikki Sixx. Ad ogni modo, tutti sapevano che quel ragazzaccio dall’aspetto tosto e circondato da un’oscura aura di mistero era destinato a diventare qualcuno di importante, e proprio per questo motivo le ragazze accorrevano sbraitando come le galline quando si sparge la granaglia per l’aia, attratte dal contratto discografico che la sua band aveva ottenuto da poco più di un anno.

Lo guardai meglio e dovetti ammettere che, per quanto fossero fastidiose, quelle ragazze non avevano tutti i torti: non era per niente brutto e, sebbene avesse più eye-liner e mascara di una prostituta dell’Hollywood Boulevard, aveva un certo fascino provocante.

“Così tu sei una chitarrista,” esordì Nikki. “Io suono il basso. Direi che siamo più o meno simili.”

Scrollai le spalle. “Sì, più o meno.”

Si frugò nelle tasche e sogghignò quando rinvenne un accendino e una paglia che era stata girata senza filtro. “Vuoi? Questo tabacco è veramente buono.”

Ne accettai una e la accesi. “Il tuo gruppo mi piace. Ho assistito a parecchi dei vostri concerti e devo dire che siete dei grandi. Quando vedi il tuo chitarrista, digli che spacca.”

Nikki scoppiò in una risata fragorosa attirando l’attenzione degli altri quattro clienti presenti nel pub buio come una grotta. “Chissà mai quando lo rivedrò! Comunque lo farò non appena accadrà, te lo prometto.”

Gli sorrisi e proseguii con gli elogi. “Credo che dovreste suonare un po’ più spesso quella canzone che penso si chiami On With the Show, o qualcosa di simile.”

Non appena udì quelle parole, Nikki si rabbuiò e tornò a rifugiarsi dietro la frangia lunga e sbilenca, insaccando il capo nelle spalle. “Ti piace così tanto?”

“Potrei averla scritta io,” ammisi sottovoce, ma lui riuscì a sentirmi lo stesso.

“Però l’ho scritta io,” disse col mio stesso tono pacato.

“Scrivi tutti i testi?” domandai, e quando annuì presi a picchiettare l’indice sullo spigolo del bancone. “Anch’io nel mio gruppo sono quella che scrive i testi.”

“Ti piace scrivere?”

Mi stiracchiai, ancora intorpidita dal brusco risveglio avvenuto ormai qualche ora prima. “Ho molte cose da dire e la musica è il mezzo che utilizzo per comunicarle, anche perché se non lo facessi mi esploderebbe il cervello.”

“Ah, sì,” fece lui comprensivo. “Capisco perfettamente.”

“No, non puoi capire. Lascia perdere.”

Ci guardammo a vicenda per una buona decina di secondi, dopodiché spostammo lo sguardo sui nostri boccali di birra e, una volta constatato che erano vuoti e che nessuno di noi aveva abbastanza soldi per ordinarne ancora, ci alzammo dagli sgabelli e ci dirigemmo verso la porta di legno e vetro colorato che conduceva all’esterno.

Nikki si cacciò pesantemente le mani nelle tasche dei pantaloni di PVC che sfidavano coraggiosamente l’elevata temperatura esterna e arricciò il naso. “Perché prima hai detto che non potrei capirti?”

Mi posizionai in bilico sul bordo dipinto di rosso del marciapiede e mi portai le braccia dietro la schiena come una bambina che giocherella annoiata. “Perché è così e basta. Nessuno ci è mai riuscito e non vedo perché dovresti riuscirci tu che non mi conosci.”

Sfoderò un altro sorriso sghembo. “Potremmo conoscerci meglio, non credi?”

Mi lasciai sfuggire una risata sarcastica e fissai lo sguardo sulle chiome delle palme che costeggiavano la strada, annuendo ritmicamente. “Sai, Nikki, non credo di essere dell’umore giusto per imboscarmi con te nel bagno del pub.”

“Non intendevo quello,” ribatté in sua difesa. “Volevo solo chiederti se ti andava di suonare. Sono curioso di sentire le tue canzoni.”

Feci spallucce e fui costretta a rifiutare anche questo suo invito dal momento che dovevo trovare al più presto il mio cantante. Nikki mosse appena il capo facendo ballonzolare appena la chioma gonfia, poi tornò a fissarmi da dietro quella tenda corvina che era la sua frangia storta.

“Però se vuoi sentire qualcuno dei nostri pezzi c’è una sola cosa che puoi fare,” dissi, impegnata a tormentare un ramoscello per terra con la punta di una scarpa. “Vieni al Whisky domani sera. Ci sarà un nostro concerto, forse potrebbe piacerti.”

Nikki annuì di nuovo, stavolta con aria più abbattuta. “Mi sembra una buona idea.”

“Ci si becca al Whisky, allora,” conclusi prima di cominciare a incamminarmi. Nikki sollevò il pollice in segno di OK poi si voltò dall’altra parte, iniziando a camminare nella direzione opposta. Lo osservai mentre se ne andava ciondolando, le mani in tasca e il capo chino, calciando i sassolini e le lattine che incontrava, finché non girò l’angolo. A quel punto mi voltai e accelerai il passo, più determinata che mai a scovare quel demente del mio cantante. Mentre procedevo spedita verso casa, mi chiedevo se Nikki sarebbe davvero venuto al Whisky apposta per vederci. Pensai che, probabilmente, siccome non era riuscito a ottenere quello che aveva sperato nel momento in cui mi aveva vista da sola in quel pub piccolo e tetro, avrebbe eliminato tutti i ricordi di ogni singola parola che ci eravamo scambiati, e di conseguenza non gliene sarebbe più fregato niente del concerto di una delle tante band emergenti. Scrollai le spalle e sbuffai, poi presi la rincorsa e sferrai un calcio a una palla di fogli di giornale abbandonata in un angolo della strada: che si fotta, pensai, non è che solo perché fa parte di uno dei gruppi più conosciuti di Los Angeles può permettersi di ritenermi una come tanti altri. Io non ero uno dei tanti angeli caduti nell’immensa L.A., capolinea della strada del Sogno Americano, alla ricerca di fama, gloria e soldi, puntualmente destinati a ritrovarsi più poveri e sfigati di quando erano arrivati. Avrei spaccato il culo a tutti, io con la mia band.

Battei un pugno sulla lastra di vetro del portone principale del mio palazzo e mi fiondai su per le scale, poi aprii la porta dell’interno 4 con uno spintone dal momento che non era stata chiusa, ritrovandomi faccia a faccia con il mio cantante. Se ne stava in piedi davanti a me, con addosso solo un paio di jeans logori e un paio di texani che ormai avevano fatto il loro tempo, con tanto di bottiglia di birra in mano e i capelli dorati arruffati come il pelo di un gatto persiano reduce da una rissa sotto la grandine.

“Ti pare questa l’ora di tornare, Smith?” mi rimproverò con il suo consueto tono pacato.

“Sei tu che sei sparito dal pub, Steven.”

“Ti ho aspettata per un’ora e, siccome non arrivavi, me ne sono andato perché pensavo di trovarti a casa,” si giustificò prontamente, poi appoggiò la bottiglia ormai vuota sul tavolino da caffè del salotto, proprio accanto ai piedi di Rita, che si stava crogiolando nel tepore estivo, stravaccata sul divano, e mi puntò un dito contro. “Ho una notizia bomba per te. A dire il vero ne sono venuto a conoscenza ieri pomeriggio, ma tu non c’eri e ho potuto comunicarla solo agli altri.”

“Spara, bello, sono tutt’orecchi,” lo esortai. Se ci teneva così tanto a essere proprio lui a comunicarmi quella novità strepitosa, significava che non mi avrebbe delusa.

Steven mise un piede sull’amplificatore della mia chitarra e mi fissò dritto negli occhi. “Riguarda il concerto di domani sera al Whisky.”

“Muoviti, non ho tutta la giornata a disposizione.”

Gli occhi verdi di Steven brillarono come smeraldi. “All’ultimo momento hanno cambiato gli headliner della serata.”

Improvvisamente il grande e grosso Brett fece capolino da dietro la porta della cucina, con ancora il basso che gli penzolava dal collo e gli occhi che a momenti schizzavano fuori dalla testa per l’emozione. “Apriamo per i Mötley Crüe! E sai questo cosa significa per noi?”

Steven fece un salto e lanciò in aria i pugni serrati.

“Che il locale sarà pieno zeppo di gente perché domani tutti vorranno vedere loro, quindi avremo davanti un pubblico molto numeroso che assisterà anche al nostro live. E saranno tutti completamente fuori di testa!” si infilò le mani nei capelli e ne strinse alcune ciocche, rivolgendo il viso verso l’alto. “Così fuori di testa che sarà un fottuto concerto strepitoso!”

Ero rimasta senza parole: tutti sapevano che i concerti dei Mötley Crüe erano tra i più incasinati che West Hollywood avesse mai visto. C’era sempre una marea di gente, così tanta che spesso i locali ne lasciavano entrare più di quanto avrebbero dovuto. Il palco prendeva letteralmente fuoco – specialmente i pantaloni di pelle del bassista – e si scatenava un putiferio di braccia che si agitavano, teste capellute che venivano scosse con veemenza coordinate ai pugni, oggetti che volavano come meteore verso il palco e sopra la folla, ragazze che si strappavano i vestiti e ragazzi che cercavano di raggiungere la band sfidando gli uomini corpulenti della sicurezza.

“Allora, Sharon, cosa ne pensi?” mi domandò Rita col suo consueto sorriso largo.

Mi morsi il labbro inferiore nel vano tentativo di trattenere una risata, alla quale diedi subito libero sfogo. “Questa sì che è una notizia bomba!”

Steven si sfregò le mani e propose di iniziare le prove per essere al massimo della nostra forma la sera successiva. Mentre impostavo l’amplificatore, mi domandavo perché Nikki non sapesse che i nostri gruppi avrebbero suonato nello stesso luogo e nella stessa sera. Qualunque fosse la risposta, però, non importava: avrei avuto l’occasione di fargli vedere quanto spaccassimo.




N.D’.A.:Buongiorno!
Questo è solo l’inizio di un racconto piuttosto movimentato, e già dal prossimo capitolo ci sarà la possibilità di leggere di entrambe le band belle pronte a far danni oltre che a suonare.
Mi dispiace dirvi che per le prossime due settimane circa, per cause di forza maggiore che non starò qui ad elencare una ad una, avrò qualche problema a pubblicare, per cui ci sarà da aspettare un po’. Nel caso in cui foste curiosi di sapere come proseguirà il racconto, non temete: è già stato scritto tutto e non ho intenzione di lasciarlo ammuffire nei meandri del computer!
Spero che come inizio vi sia piaciuto. Forse è un po’ brutale, ma vedrete come nel giro di poco la situazione si capovolgerà. ;)
Fatemi sapere che cosa ne pensate. Per ora grazie a chi ha letto e alla prossima!
Glam kisses,

Angie


Titolo: Looks That Kill - Mötley Crüe


   
 
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