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Autore: blackissuchanhappycolor    18/06/2014    1 recensioni
(Voleva la perfezione. Voleva lasciare tutti senza fiato. Voleva affascinarli, irretirli, spaventarli. E voleva divertirsi, soprattutto.)
Evi non è una semplice umana. E' una creatura particolare, con particolari abilità, tra cui quella principale: rendersi invisibile.
Andrew vorrebbe tanto non credere nel soprannaturale, ma ha i suoi buoni motivi per farlo. E' l'unico che riesce a vedere Evi, anche quand'è invisibile.
Due ragazzi, un mistero, un amore che non poteva non nascere.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHAT ARE YOU?
                                                  
Andrew provava tantissime emozioni contemporaneamente. Chi dice che gli uomini hanno la varietà di emozioni di un cucchiaino?
Andrew era incazzato. Si sentiva preso in giro. Era curioso, ed era impaziente.
Tamburellava con le dita su un tavolo che sembrava fatto di un legno pregiato. Probabilmente era snervante, ma se ne fregava.
─ Signor…
L’anziano signore cominciò a parlare.
─ Thompson. Ma per carità, mi chiami Andrew! ─ disse, con falsa cortesia.
Arnowse, il ricco proprietario del castello, sorrideva sotto i baffi.
─ Signor Thompson, non ho ben capito come io possa aiutarla.
Andrew rise. ─ Oh, è semplice. Voglio il nome della ragazza. Immagino che non sia Cassandra, giusto?
Arnowse si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, con le mani dietro la schiena. Il suo tono voleva essere calmo, ma il suo corpo parlava chiaro sul suo nervosismo.
─ Signor Thompson, l’unica cosa che posso fare è consigliarle un buon psicoterapeuta. Cassandra Walters infesta questo castello da quando è morta.
─ Si, certo. Sa’, mi sta così simpatico che un giorno o l’altro potrei anche farle fare un giro sul mio unicorno arcobaleno. Ci sta?
Anche Andrew si alzò, fronteggiando Arnowse, che era tornato alla scrivania.
─ Voglio. Quel. Nome. Signore, il padre del mio migliore amico è avvocato. Posso denunciarla per truffa.
Tornò a sedersi, mentre Arnowse deglutiva.
La sedia nera su cui stava aveva un altissimo schienale nero, che superava di qualche centimetro. Per questo, da dietro, la sedia sembrava vuota. E per questo, quand’entrò, Evi pensò che William Arnowse fosse solo.

─ QUELLO STRONZO! ─ urlò la ragazza, sbattendo la porta. Si era cambiata: niente più vestito azzurro, niente più boccoli. I capelli gli ricadevano sulle spalle, lievemente mossi; indossava dei jeans e un maglioncino bordeaux.
Una semplice, bellissima ragazza.
─ Mi ha… umiliata! Quell’idiota!
─ Evi ─ provò ad interromperla Arnowse, ma la ragazza era fuori di sé.
Andrew tratteneva a stento le risate.
─ C’è sempre uno scettico, cazzo, ma me la cavo! Me la cavo sempre, ma quello mi vedeva! Capisci?! Lui mi vedeva!
Certo che ti vedevo. Stupida, volgare, viziata ragazzina.
Andrew decise che era il momento di entrare in scena. Si girò verso di lei.
─ Ciao, Cassandra. O Evi. Come devo chiamarti?
Evi restò a bocca aperta, come se avesse visto un fantasma.
Il che, vista la situazione, si può chiamare “ironia della sorte”.
─ TU! ─ urlò Evi, sconvolta, e Andrew temette che gli sarebbe saltata addosso.
─ Io. Il coglione e il fantasma. Che bella coppia, no?
Evi si esibì il dito medio, poi chiese ad Arnowse: ─ Will, che ci fa lui qui?
─ Cercava te.
─ Allora, Evi ─ disse Andrew, alzandosi in piedi e sovrastandola di venti centimetri buoni ─ a voi fantasmi piace il caffè?

─ Devi smetterla di chiamarmi così.
─ Così come?
Andrew si divertiva da matti. Seduto davanti ad Evi, in uno di quei piccoli tavolini sistemati fuori dai bar, si divertiva a farla innervosire, e non si doveva neanche sforzarsi troppo: la ragazza aveva i nervi a fior di pelle.
─ Fantasma. Non sono un fantasma, quindi smettila.
Il ragazzo, in realtà, non aveva idea di come chiamarla, perché non sapeva esattamente cosa fosse la ragazza che aveva di fronte.
─ Non saprei davvero come chiamarti… non so, ‘quasi-fantasma’ suona davvero male.
Andrew sorrise mentre lei lo fulminava.
─ Chiamami Evi. I nomi servono a questo.
─ Cazzo, mi conferisci l’onore di chiamarti per nome?!
Evi strinse i pugni sulle ginocchia, ma non disse niente: si era accorta di quanto le sue reazioni facessero gongolare il ragazzo; perciò, fece un respiro profondo e sorrise. Di nuovo, Andrew rimase incantato ed inquietato, dimenticando ciò che stava per dire.
─ Evi ─ disse quando si riprese ─ che cosa sei, di preciso?
Evi prese un lungo sorso dal suo bicchiere di coca cola.
─ Non ho intenzione di dirtelo, perché non ci crederesti. Diciamo solo che ho delle… abilità, ecco, particolari.
Andrew si avvicinò di più, sporgendosi verso di lei.
─ Tipo diventare invisibile?
─ Esattamente.
─ E ti sembra giusto, imbrogliare le persone così, “Cassandra Walters”?
─ No, ma è divertente. E mi pagano bene, ma più che altro è divertente.
Ma chi ho di fronte? Si trovò a pensare. Una ragazza che spaventa la gente per divertimento, e che lo racconta tranquillamente, tra un sorso di coca cola e l’altro. Assurdo.
Chissà cos’altro può fare….

Quella domanda era troppo succulenta per non essere posta.
─ Cos’altro puoi fare?
Evi lo guardò, maliziosa.
─ Vuoi vedere?
E glielo fece vedere, sperando che il ragazzo avesse colto l’allusione, senza aspettare una conferma.
Qualche tavolino più in là sedeva un uomo sulla trentina. Giacca e cravatta, occhiali dalla montatura nera: un serioso uomo d’affari.
Evi glielo indicò con lo sguardo, e poi chiese, mimando le parole con le labbra: ─ Che cosa vuoi che gli faccia fare?
In che senso? Andrew alzò le spalle.
Di scatto, l’uomo si alzò, con le braccia verso l’altro, e (ci sono testimoni, a riguardo) cominciò a cantare Kiss, di Prince.
L’uomo ballava e cantava in falsetto, mentre il resto della gente lo guardava, sbalordito. Per tutto il tempo, Evi non si tolse quello strano sorriso dalla bocca, ma il suo sguardo era concentrato, assente.
Solo quando il gestore del bar si avvicinò all’uomo, intimandogli di smetterla, quest’ultimo tornò in sé. Cominciò a scusarsi come poteva (Le giuro che non so proprio che cosa mi abbia preso, davvero) e alla fine se ne andò, imbarazzato.
Fu allora che Evi scoppiò a ridere. Andrew non sapeva se ammirarla, o disprezzarla.
─ Tu… manipoli la gente?
─ Si. Poi, posso prevedere il futuro.  Far lievitare gli oggetti, romperli, incendiarli. Leggere nella mente.
Elencava i suoi talenti, tenendo il conto sulle dita della mano.
─ …. Rendermi invisibile.
─ Okay, ho capito. Sei una stronzetta da circo. E dimmi, a cosa sto pensando?
─ Vuoi sapere perché puoi vedermi quando sono invisibile.
Oh, cazzo, è vero.
─ Vorrei tanto dirti che è merito mio, ma l’ho solo intuito. Non riesco a leggerti la mente. In effetti, tu vuoi sapere cosa sono io, quando la vera domanda è: che cosa sei tu?
Andrew ci pensò un attimo. Tutta questa situazione era surreale. Aveva appena conosciuto una ragazza (?) in grado di leggere il pensiero, manipolare persone e oggetti, prevedere il futuro e chissà cos’altro. Io, però, la vedo. Proprio come vedevo quelle ombre da bambino.
Nella sua testa c’era confusione, ma non aveva le parole per descriverla. Soprattutto, non voleva farlo. Non davanti a quella ragazza che si sentiva Dio mentre piegava il mondo tra le sue dita. Si rese conto che la disprezzava, che la trovava arrogante e tronfia, che non voleva avere niente a che fare con lei.
Eppure, era lì con lei. Non era con i suoi amici, non era con la sua ragazza.
Era seduto ad un tavolino con una ragazza che aveva appena fatto ballare Kiss ad un uomo che non ne aveva la minima voglia.
Disse la prima cosa stupida che gli venne in mente.
─ Uno skater?
─ Divertente. Senti, Andrew ─ disse Evi, con il telefono che aveva appena squillato in mano ─ è tardi. Io devo andare, ma possiamo scambiarci i numeri. Sono curiosa di sapere chi è davvero il pezzo di merda che riesce a vedermi.
Lo disse con un sorriso, ed Andrew si chiese se quella ragazza sapesse che le parole hanno un peso. La conosceva da un’ora, ma aveva già notato come a volte parlasse con leggerezza, senza preoccuparsi di ferire la gente. Come se fosse superiore.
─ Scusami, Evi ─ parlò quindi, estraendo il suo skate dallo zaino ─ ma sono il pezzo di merda sbagliato. Me ne andrò a casa e basta.
Si alzò e tese la mano ad un’Evi silenziosa e stupita.
─ Addio. Continua a truffare la gente.
Andrew si allontanò sul suo skate, prendendo velocità.
Evi puntò i suoi strani, bizzarri occhi sulla schiena del ragazzo, pensando:
Torna qui, stupido. Non accetto di essere rifiutata da un biondino strafottente.
Io non vengo mai rifiutata. Mai.
Torna qui.
Torna qui, ti ho detto! Torna qui! Torna indietro!

Andrew non tornò indietro.


Se recensite, potrete fare un giro gratis sul mio unicorno arcobaleno. Oh, al diavolo, anche se non lo fate: penso sia un’esperienza che tutti, prima o poi, dovrebbero provare.
Baci, Black!

 
  
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