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Autore: Taila    17/08/2008    1 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di ritorno con il quarto capitolo. Questo è un capitolo particolare in cui verrà raccontato un po’ del passato di Cho Black e, durante un incontro particolare, verranno insinuati dentro di lei alcuni dubbi che però saranno sciolti molto più avanti.
Ringrazio Stefania: sono contenta che i due capitoli ambientati a Paranor ti siano piaciuti, non ero molto sicura, devo dirti la verità… ^^ come anche che abbia indovinato la descrizione degli Incubi. Mi risolleva sentirti dire che sto facendo un buon lavoro con Allanon e Cho… grazie! Spero quindi che anche questo capitolo ti piaccia ^.^ E ringrazio anche tutti coloro che hanno anche solo letto i primi tre capitoli e quelli che leggeranno questo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura, al prossimo capitolo \^.^/



Capitolo 4.



A Cho Black sembrava di galleggiare nel nulla. Come se un denso, riposante strato di tenebra accogliesse le sue membra stremate. Sentiva che sarebbe potuta rimanere per sempre il quel posto. Era tutto quello che aveva, ora lo capiva benissimo, sempre desiderato: un posto in cui riposarsi, un luogo in cui fermarsi e sentirsi libera e rilassata, un territorio dove poter dimenticare tutte le lacrime che aveva versato, tutto il dolore che gli aveva spremuto il cuore, tutto il rimorso per quello che aveva fatto e la paura per quello che avrebbe potuto fare. Desiderò che nessuno la venisse a cercare, che la lasciassero li dimenticandosi di lei…
Eppure dentro di sé era consapevole che quella pace non sarebbe mai durata in eterno. Glielo sussurrava quella leggera sensazione di mani che la sfioravano e di una voce familiare che la chiamava. Ma lei non voleva svegliarsi, voleva solo lasciarsi andare sempre di più, amalgamarsi con quel buio fino a scomparire in esso.
Ricordava benissimo quello che aveva fatto, aveva di nuovo perso il controllo e fatto appello a quel potere, un potere malvagio capace solo di portare morte e distruzione, su cui lei non aveva mai avuto il minimo controllo; ogni volta le sembrava che la magia si animasse di vita propria e prendesse il sopravvento, imprigionandola e relegandola in qualche angolo della sua mente e prendendo il controllo del suo corpo. Ed ogni volta quel giogo che le veniva imposto dalla magia diventava sempre più pesante e difficile da togliere, e l’intorpidimento che ne seguiva sempre più denso e sfinente. Ogni volta diventava sempre meno in grado di riemergere dalla sua coscienza e riprendere il controllo su se stessa, e questo la spaventava al punto di preferire la morte piuttosto che venire dominata dalla magia, diventare un suo giocattolo. Aveva sempre odiato quella faccia della sua magia, fin dal giorno in cui aveva scoperto di possederla. Ricordava ogni colore e profumo, ogni sfumatura di quel giorno: era un sonnacchioso pomeriggio di fine maggio del suo settimo anno d’età, la terra cominciava già a surriscaldarsi dei raggi del giugno che si avvicinava ed il vento profumava dei fiori appena sbocciati e dei frutti che stavano maturando sugli alberi. Faceva molto caldo e Cho aveva pensato di nuotare un po’, conosceva quel punto del fiume come le sue tasche, come anche quella regione, che poteva accaderle di male? Risalì il Mermidon per un tratto, fino a trovarsi quasi sotto le cime dei Denti del Drago, quindi si spogliò e si immerse nelle acque piacevolmente tiepide del fiume. Si rilassò a lungo, nuotando e cercando di sciogliere i muscoli tesi delle spalle, ma quando uscì dall’acqua trovò uno Sharp ad attenderla. Gli Sharp erano grossi felini, più grossi, agili e potenti dei lupi, con il manto ramato ed arabescato di nero, artigli simili ad affilate falci e fauci piene di acuminate zanne; si diceva che fossero nati dalla magia che aveva scatenato il Signore degli Inganni cent’anni prima, e che aveva modificato fatalmente gli animali da cui avevano avuto origine. L’animale evidentemente aveva sentito il suo odore mentre era a caccia nei dintorni ed aveva deciso di non perdere l’occasione di banchettare con la tenera carne di un cucciolo umano. Si era posizionato con la sua spropositata mole fra lei e gli abiti che aveva lasciato sul prato, puntandosi sulle zampe anteriori, snudando le zanne e arricciando la pelle attorno al muso, iniziando a muoversi in circolo per cercare un varco nelle sue difese ed attaccarla per finirla. La piccola Cho era terrorizzata, si muoveva seguendo le mosse della belva, ma dentro di sé il terrore dilagava sconvolgendola al punto da farle dimenticare tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto dal vecchio Baruk. Non era più in grado di pensare lucidamente né sapeva cosa fare per sopravvivere, sapeva solo seguire i suoi movimenti per non farsi sorprendere. Ad un tratto, con uno scatto improvviso ed imprevedibile, lo Sharp si slanciò verso di lei, facendola ricadere pesantemente a terra, di schiena. Cho si sentì soffocare sotto la pesante mole dell’animale che premeva sul suo esile corpo e la pelle delle spalle e dell’addome strapparsi sotto la pressione degli artigli, provò a divincolarsi, a spingerlo via, ma l’animale era troppo forte e pesante per la sua debole forza di bambina. Ed anche quella volta aveva sentito la paura crescere dentro di lei come l’onda della mare, gonfiarsi fino a sommergerla; ed era stato a quel punto che aveva avvertito qualcosa di diverso dentro di sé, come se il terrore avesse aperto e spalancato una porta dentro di sé di cui fino a quel momento aveva ignorato l’esistenza, e da quella porta era scaturita una forza sconosciuta, simile alla corrente impetuosa di un fiume in piena, che aveva irrobustito il suo corpo e moltiplicato la sua forza. Poi si era sentita rivoltare come un calzino e quella forza misteriosa aveva preso il sopravvento su di lei, guidando i suoi movimenti, fuoriuscendo dal suo corpo come un paio di mani trasparenti ed uccidendo quello Sharp con una sola carezza. Aveva visto tutto quello che aveva fatto come se fosse stata imprigionata dietro un velo di nebbia, poteva assistere, ma non poteva né parlare né muoversi, il suo corpo era totalmente fuori controllo e solo la paura per quello che aveva fatto aveva potuto liberarla e ridarle il controllo del suo corpo. Con uno spasmo violento era ritornata padrona del suo corpo sfinito e dolorante, scombussolato per quanto accaduto, ma ancora eccitato dalle sensazioni appena provate. Non ricordava nemmeno più quanto tempo era rimasta ferma al suo posto a piangere per la paura… Allora, come a Paranor, aveva provato una forte sensazione di potere, si era sentita onnipotente, sapeva che poteva fare qualsiasi cosa con quel potere e niente avrebbe potuto ostacolarla, avrebbe potuto persino fare suo quel mondo piccolo e traballante… un ubriacante languore che la seduceva lentamente, inesorabilmente, ogni volta più difficile da contrastare… una sensazione di euforia crescente che la liberava progressivamente di ogni limite e freno…
In quei momenti era lei la morte!
Non voleva mai più provare niente del genere, lei non era fatta per quelle sensazioni di dominio e per questo voleva solo scivolare nel nulla ed annullarsi, sparire per sempre…
Attraverso le palpebre chiuse Cho vide quel mare nero schiarire e sfumare, aprì gli occhi e lo vide assumere man mano tonalità di grigio sempre più chiare, fino a diventare una flebile nebbiolina argentea, sotto il cui brillio si intravedevano i contorni appena accennati di case. Quando il paesaggio che la circondava divenne netto e reale, nonostante un debole velo di quella nebbia che continuava a persistere, sentì qualcosa dentro di lei pulsare riconoscendo il luogo in cui si trovava. Le case di mattoni e legno attaccate le une sulle altre nel circolo delle mura, la strada in terra battuta umida e ricoperta da chiazze sparse di muschio, l’odore di acqua che impregnava i polmoni, il cielo grigio che prometteva pioggia, l’immensa mole nera contro il cielo dei Monti di Runne alle spalle, il ruggire del fiume gonfio d’acqua in lontananza come sottofondo…
… era a Varfleet! Era a casa!
Rimase immobile a lungo a fissare incredula quello che la circondava, non riuscendo a capire se fosse la realtà o uno splendido sogno… Quanto, quanto aveva desiderato ritornare a casa, rivedere la sua famiglia, respirare di nuovo l’aria pura ed umida di quelle zone… Un’unica lacrima solitaria le scivolò fuori dall’occhio destro ed iniziò la sua rapida corsa disegnando con una scia di cristallo la sua guancia… In quel momento decise che non le importava sapere cosa le fosse veramente accaduto, voleva solo godere quell’attimo fino in fondo…
Con il cuore che le pulsava impazzito nel petto, Cho iniziò ad avanzare a piccoli passi timidi, guardandosi intorno, gioendo nel riconoscere quei luoghi familiari. Non riconoscendo una nota stonata in quello che stava vedendo. Solo dopo molto tempo, quando giunse nella piazza del mercato, si rese conto del profondo, innaturale silenzio che impregnava quella città. Si fermò improvvisamente, ricordando il vociare delle donne, le urla dei venditori, i pianti e le risate dei bambini, tutti i rumori che ne facevano una città viva, attiva; in quel momento Varfleet sembrava un città morta: cos’era accaduto? Dov’era tutta la gente? Rifiutava di credere che fosse stata sterminata, non aveva sentito alcuna notizia in questo senso. Un brivido che le scorse lungo la spina dorsale la avvertì di un pericolo che si stava avvicinando sempre più velocemente. All’istante portò le mani alla cintura, nel punto in cui portava i lunghi coltelli, trovando invece i foderi vuoti. Imprecò tra i denti maledicendosi. Da un viottolo che passava tra due case al margine della piazza comparve una figura avvolta in un mantello verde scuro, che rimase in piedi, allo sbocco ad osservarla. Cho fece altrettanto, notando che indossava abiti da cacciatore grigi come i suoi, comodi stivali di camoscio al ginocchio in cui erano infilati degli stiletti come quelli che portava lei, ed anche il mantello era come il suo, chiuso dalla stessa spilla a forma di aquila dalle ali spiegate che le aveva regalato il vecchio Baruk quand’era piccola. Si strofinò gli occhi scuotendo la testa, possibile che fosse il suo riflesso sulla nebbia? Ma la figura continuava a restare immobile, nello stesso punto, quasi come se la stesse studiando. Cho si sentiva a disagio in quella situazione: non sapeva chi era né cosa aspettarsi dall’altro e questo la innervosiva molto, come non le piaceva sentirsi sotto quello sguardo indagatore che percepiva da sotto il cappuccio. Per di più era la prima volta dopo tanti anni che si ritrovava senza i suoi fedeli coltelli e questo la faceva sentire nuda e vulnerabile. Vedere la figura che avanzava di un passo verso di lei la distolse dai suoi pensieri, portandola a concentrarsi solo su di essa che continuava ad avvicinarsi, un’immagine onirica, appena sfumata, che sembrava apparire e scomparire nel velo di nebbia che la circondava. La persona misteriosa si fermò a pochi passi da lei, ancora coperta dal mantello, ancora in silenzio, ancora studiandola immobile. Poi la sua voce la sorprese all’improvviso, femminile, bassa, densa e roca, così simile alla sua.
- Non devi temermi, non voglio farti del male, ma solo parlarti: è da tanto tempo che desidero farlo.- un tono divertito e tranquillo aveva colorato quella voce.
Cho non abbassò la guardia, le era sempre stato insegnato a non fidarsi degli altri: la fiducia era un bene troppo prezioso per poterlo concedere ciecamente a chicchessia, questo le aveva ripetuto fino alla nausea il vecchio Baruk, e per questo rimase immobile, aspettando la mossa successiva dell’altra persona, cercando di prevederla leggendo le variazione nel respiro e nel tipo di movimenti che eseguiva. Nel complesso era un tipo controllato, forse fin troppo, dava l’idea di essere finto…
- Chi sei? Cosa vuoi da me?- chiese dopo un altro lungo silenzio.
Sentì provenire uno sbuffo divertito da sotto il cappuccio che ancora inghiottiva il volto dell’altra.
- Ancora non hai capito chi sono?- chiese di rimando usando un tono sarcastico e retorico.
Cho aggrottò le sopracciglia, cercando di scrutare nel buio che circondava quel volto per scorgerne un particolare familiare, qualsiasi cosa che potesse farle capire chi aveva davanti. La risata dell’altra risuonò chiara e limpida ed un brivido le scorse lungo la schiena quando si rese conto che quella risata era così simile alla sua, neanche sua sorella aveva un tono di voce così affine al suo…
… Un’idea fece capolino nella sua testa, ma era così assurda che la respinse subito.
- Io sono te!- quella voce tranquilla annunciò quella verità scandendo le parole una ad una per non permettere che fossero confuse e fraintese, mentre le mani facevano cadere indietro il cappuccio, svelando sotto di esso il suo volto.
Lo stupore la sommerse lasciandola stordita. Le sembrava di essere davanti uno specchio, erano identiche! Non riusciva a credere di non essere davanti al suo riflesso in uno specchio, ma davanti ad una persona vera e reale come lei, era troppo assurdo! Ad una seconda occhiata, appena più calma e razionale, notò un particolare che le gelò il sangue nelle vene, ancora più sconvolgente della situazione che stava vivendo: quella ragazza era identica a lei in ogni più piccolo particolare ad eccezione degli occhi, le iridi con cui la stava guardando erano di un nero pece profondo, freddo e vuoto, oleoso e denso, privo di qualsiasi scintilla di vita… La stessa tonalità di nero che assumevano i suoi occhi quando usava la parte sbagliata del suo potere…
- Che… che significa…?- riuscì a chiedere forzando le parole in gola e pronunciandole a fatica.
- Esattamente quello che ho detto: io sono te! – rispose l’altra con un sorriso cordiale ma privo di qualsiasi calore, così freddo da farla rabbrividire – O meglio: io sono l’altra parte di te, quella più vera e potente… capisci ora?- quegli occhi neri le scivolarono addosso come due schegge di ghiaccio.
Cho scuoteva la testa in un’infantile negazione di quello che aveva davanti, indietreggiando di alcuni passi, rifiutando quella verità troppo scioccante per chiunque; semplicemente non poteva esistere una cosa simile! Tremava in tutto il corpo mentre il suo cervello si stava sforzando di trovare una via di fuga da quella follia.
- Non scapperai proprio adesso, vero?! Il caro vecchio Baruk sarebbe davvero molto, molto deluso di te, lo sai?!- il sorriso sulle sue labbra divenne un ghigno derisorio.
Il suo doppio spostò lo sguardo verso il cielo per un istante, e Cho si sentì come se delle catene invisibile l’avessero liberata di colpo: era bastato il suo solo sguardo per incatenarla a sé, come un potentissimo incantesimo. Deglutì cercando di forzare il nodo che le aveva serrato la gola, chiuse gli occhi e inspirò lentamente, riempiendosi i polmoni ed il cervello di quell’aria fredda che aveva il potere di sciogliere qualsiasi dubbio: doveva recuperare se stessa, ricacciare indietro la paura per quella situazione insolita e ritrovare la sua proverbiale freddezza e calma, per ragionare lucidamente e trovare un spiegazione logica a tutta quella follia…
Quando risollevò le palpebre le sue iridi erano cambiate, erano decise e brillanti, a dimostrazione che era ritornata padrona di se stessa e della situazione.
- Chi sei?- chiese questa volta calma e sicura, ma la paura della risposta continuava, nonostante tutto, ad aleggiare nei recessi della sua anima.
L’altra riportò le sue iridi su di lei e sorrise divertita e compiaciuta per il nuovo stato d’animo che percepiva in lei.
- Te l’ho già detto: io sono te!- rispose paziente.
- Non è possibile una cosa simile! Io sono io, non ci può essere un’altra me stessa al mondo!- ribatté Cho categorica.
La sua sosia sbuffò come se avesse davanti una bambina cocciuta che non voleva capire le verità più ovvie.
- Te lo spiegherò più semplicemente: io sono quella parte di te che è nata quando hai usato per la prima volta la parte distruttiva della tua magia, io impersono i tuoi desideri più nascosti, quelli che ti neghi continuamente per sciocco perbenismo, per seguire gli insegnamenti di un vecchio sentimentale, io sono quella che vorresti essere, che potresti essere se solo volessi, e che rifiuti di essere… Io sono la vera ed autentica Cho Black!- .
Quelle parole ebbero il potere di gelare sul posto Cho: la magia poteva veramente fare una cosa simile? Non riusciva a credere che la sua magia, seppure quella parte sbagliata e malvagia, avesse creato qualcosa dentro di lei, un essere animato e senziente che poteva fare le sue scelte ed agire come voleva a dispetto suo. Un lampo attraverso il suo cervello con la potenza di un fulmine, rischiarando un’idea ancora più terribile della precedente: era forse lei la presenza che avvertiva prendere il suo posto ogni volta che usava quel potere maledetto? Una presenza simile ad un sussurro che l’avvolgeva nelle sue spire, incantandola ed intorpidendo la sua mente… Una presenza indistinta ed indefinita, più un’idea astratta che concreta…
Il sorriso sul volto del suo doppio si ampliò, diventando più inquietante e ferino: aveva intuito in qualche modo che stava arrivando alla verità.
- Che cosa vuoi da me?- chiese Cho appena riuscì a ritrovare la forza per parlare.
- Il tuo corpo. – rispose con una semplicità disarmante, come se stesse esprimendo un’ovvia verità – Io voglio mettere in ginocchio questo mondo ed ho il potere per farlo, purtroppo mi manca un corpo tangibile, con cui muovermi a piacimento… è per questo che voglio il tuo corpo! Sono stanca di restare dietro le quinte ad osservare quanto stupidamente sprechi l’enorme potere che ti è stato concesso, voglio poter agire in prima persona, liberamente, fare tutto quello che più mi piace…- .
- E tu credi che io te lo permetta?- ribatté Cho Black sfoggiando un coraggio che non possedeva.
In quel momento si sentiva come sul ciglio di un burrone, ad ogni istante poteva cadere e perdersi per sempre, oppure mantenersi in piedi e continuare a lottare per la sua salvezza.
- Mi dispiace ammetterlo ma per ora non sono abbastanza forte da poter avere ragione di te, la personalità primaria del corpo; ma io sono un tipo paziente e prima o poi sarai costretta ad usare ancora ed ancora ed ancora quel potere che odi tanto ed allora io sarò pronta per affrontarti e sconfiggerti. Ancora non ti sei chiesta perché ti sono apparsa proprio ora e non anni fa?- ed il suo si trasformò in un sorriso saputo, crudele.
Cho Black ebbe paura del significato che intuì nascondere sotto quel discorso. Il suo doppio prese il suo silenzio per un invito a continuare la sua spiegazione, e lei lo fece con un piacere perverso.
- Ogni volta che usi la tua magia io divento più forte, mi nutro di quell’eccezionale energia che sprigioni ogni volta che ti trovi in sua balia e divento sempre più forte. Anche quando ti intrufoli nella mente degli altri riesco a rubare un po’ di energia, ma è sempre insufficiente rispetto a quando usi il tuo vero potere. – quella verità piombò su Cho con la forza di un fulmine, lasciandola sconvolta, senza respiro né parole – Per questo mi sono mostrata a te ora, prima non avevo l’energia necessaria per farlo, e neanche ora ad essere completamente sincera, ma sono stata aiutata dalle ferite che hanno indebolito ed infettato il tuo corpo.- .
Si interruppe gustandosi l’effetto delle sue parole sull’altra, trovandola sconvolta, sfinita, vacillante, sul punto d’infrangersi…
… aveva instillato il primo dubbio dentro di lei, un tarlo che l’avrebbe corrosa e tormentata incessantemente, portandola al punto di rottura, e quando sarebbe arrivato quel momento si sarebbe abbandonata volentieri alle sue braccia pur di non soffrire più.
Ora doveva darle l’ultima stoccata.
- Unisciti a noi, Cho, non ha senso seguire quel patetico Druido in una guerra che praticamente abbiamo già vinto.- .
- Noi?- chiese curiosa abboccando all’esca lanciata dall’altra, che sorrise soddisfatta.
- A noi, si! Al nostro sovrano Sorgon ed ai suoi Incubi!- e si fermò lasciando che quell’ultima verità si insinuasse dentro di lei.
- Ti sei alleata con Sorgon? – chiese senza più fiato – Ma come…?- .
- Come ho fatto, vuoi dire?! Ricordi quell’uomo che quand’eravamo ancora a Varfleet ti chiese di entrare al suo servizio? Era un emissario di Sorgon inviato per reclutarti, ma tu scioccamente rifiutasti l’offerta e scappasti da quel vecchio idiota. Ma lui aveva comunque percepito la mia presenza dentro di te, esattamente come un embrione nel ventre della madre,è entrato in contatto con me, ed io sono entrata al suo servizio come tutti gli altri hanno fatto prima di me. Noi non siamo il male, volgiamo solo ridare un volto nuovo a questo mondo devastato, gli uomini sono un cancro che presto o tardi si distruggerà portandosi via questo meraviglioso pianeta. Già innumerivoli volte è scampato alla distruzione a causa degli uomini. Ti assicuro che gli Incubi non sono gli esseri abominevoli che ti ha descritto quel Druido, sono solo creature spaventate, deformate e perse dalla magia con cui tanto si sono divertiti a giocare i Druidi. – Si fermò in una pausa ad effetto, trovando Cho sconvolta, ancora incapace di comprendere appieno la verità che si nascondeva dietro le sue parole – Dimenticavo che il Druido non ti ha spiegato l’origine degli Incubi. Sono umani piccola Cho, semplici esseri umani! – rivelò con un sorriso trionfante per quell’ultimo tiro andato a segno – A Paranor hai ucciso decine di esseri umani solo perché il Druido ti ha detto che sono esseri infernali; sei anche tu un essere malvagio, mi dispiace!- .
A Cho mancarono le forze di botto, crollò a terra premendosi le mani sulle orecchie per evitare di ascoltare quelle parole, urlandole con tutto il fiato che aveva in corpo di smetterla, di lasciarla in pace…
… non voleva sentire più niente! Voleva solo essere lasciata in pace…
L’altra Cho ormai aveva esaurito tutte le sue forze, perdendo la padronanza sull’incantesimo che aveva tessuto, ed attorno a Cho la falsa Varfleet aveva iniziato a vorticare, le case risucchiate nel turbine si allungavano come se qualcuno le stesse tirando per sradicarle, i colori si mischiavano diventando un unico indistinto colore. Su tutto regnava la risata dell’altra se stessa che stava svanendo come se fosse stata fatta di polvere rossa che veniva dispersa da una potente folata di vento.
Cho Black serrò gli occhi per scacciare tutto il resto, non voleva vedere né sentire altro, mentre le parole del suo doppio le scivolavano lentamente sottopelle, radicandosi nella sua anima ed iniziando ad avvelenarla.
La città attorno a lei si era dissolta ed ora era ritornata nell’accogliente buio della sua mente, mentre qualcuno invocava il suo nome con insistente dolcezza, richiamandola indietro.

Cho Black riaprì gli occhi all’improvviso, dimenandosi violentemente, scattando a sedere a mezzo busto, ancora urlando, ignorando il dolore delle ferite appena ricucite e bendate ed il sangue che aveva ripreso a scorrere inumidendole la pelle. Si sentiva intontita e stremata, aveva la gola arsa dalla sete, e brividi gelidi le serpeggiavano sotto la pelle arroventata dalla febbre. Nella mente e davanti agli occhi ancora le immagini di quanto aveva appena vissuto.
Subito mani ferme e gentili le si serrarono sulle spalle e le braccia, forzandola a distendersi nuovamente. Come una belva in trappola Cho si volse ritrovandosi circondata da gnomi vestiti di tonache bianche, i loro volti ed occhi gialli la fissavano tranquilli e severi, mentre la sospingevano verso il giaciglio. La sua mente stremata non riusciva a capire come fosse finita nella mani degli Gnomi e questo la spaventò enormemente, ricominciò a scalciare ed urlare, invocando invano il nome di Allanon, mentre attorno a lei stavano cercando di immobilizzarla. La ragazza avvertì il bordo di un calice posarsi sulle sua labbra secche ed una sostanza che odorava di erba medica scivolarle in gola, mentre il dolce del miele ne stemperava il sapore amaro, ingannandola.
Subito sentì venirle meno le forze ed il mondo scivolò via dai suoi sensi riportandola nel buio…

  
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