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Autore: blackissuchanhappycolor    21/06/2014    1 recensioni
(Voleva la perfezione. Voleva lasciare tutti senza fiato. Voleva affascinarli, irretirli, spaventarli. E voleva divertirsi, soprattutto.)
Evi non è una semplice umana. E' una creatura particolare, con particolari abilità, tra cui quella principale: rendersi invisibile.
Andrew vorrebbe tanto non credere nel soprannaturale, ma ha i suoi buoni motivi per farlo. E' l'unico che riesce a vedere Evi, anche quand'è invisibile.
Due ragazzi, un mistero, un amore che non poteva non nascere.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TWO WORDS WITH THE DRUNK GIRL

Immerso nel buio, sudato e col corpo percorso da mille brividi, mi aggrappo all’unica speranza che mi sembra di scorgere.
Tutto questo è solo un sogno.
Ricordo una frase, tratta da un celebre romanzo, che vorrei tanto potesse essere vera: “Così se dovessi vedere qualcosa, in un corridoio o in una stanza o vicino a quelle siepi… basterà che guardi dall’altra parte e quando ti volterai tutto sarà sparito.”
Mi rigiro nel letto e strizzo gli occhi. Mi tappo le orecchie con la mano, ma niente sparisce. Non sparisce la sensazione di essere osservato, né tantomeno spariscono le voci nella mia testa.
Andrew…
Pensavi davvero che ci saremmo dimenticati di te?

Quasi risi. Come ho mai potuto pensare una cosa del genere? Come ho potuto sperare di non essere pazzo?
Tu non sei pazzo, Andrew. Sei in pericolo.
E all’improvviso, ne ho acquisito la piena consapevolezza: non sono pazzo. Non lo sono mai stato.
Sono solo in pericolo. Oh, che sollievo.
Sento che in questo momento non possono farmi niente. Non so il perché, ed ho la sensazione che non saranno impotenti ancora a lungo, ma so che adesso, l’unica cosa che possono fare è infestare la mia mente.
Sussurrando il mio nome.
Ridendo.
Prendendosi gioco di me.
Che cosa ne pensa la tua biondina del fatto che dormi ancora con la luce accesa, eh, Andrew?
Le hai già parlato di noi?
Le hai detto che siamo buoooni amici, eh, Andrew?
No? Ma che razza di fidanzato sei? Forse dovrebbe trovarsene uno più decente.
Eh, Andrew?
Andrew…
Andrew…?


─ Andrew?
Elle gli scuoteva il braccio, e quando aprì gli occhi ritrovò la luce e i suoi grandi occhi azzurri da cerbiatta.
─ Tutto bene? Ti agitavi come un forsennato…
─ Un incubo, tranquilla.
Andrew ispezionò attentamente la stanza, perché quand’era piccolo e le voci gli facevano visita, c’era sempre qualcosa fuori posto.
Un calzino che sporgeva dal cassetto. Un foglio per terra. Una riga sulla carta da parati, tracciata con un pennarello rosso. Dettagli che potevano essere facilmente ignorati, ma che se notati gli fornivano la conferma che loro erano stati lì.
Non trovò niente, ma questo non lo tranquillizzò: al contrario, una strana ansia cominciò a montargli dentro, insieme alla voglia di uscire da quella stanza per prendere una boccata d’aria. Quindi, prese dei vestiti da un mucchio appoggiato ad una sedia e se li infilò.
─ Dove vai? ─ chiese Elle. Aveva gli occhi stretti in due fessure, la luce doveva darle fastidio.
─ Ho bisogno di uscire un po’. Faccio presto, non preoccuparti.
Uscì senza aspettare una risposta, ma guardando la finestra della sua camera vide che Elle aveva spento la luce.
Come tutte le persone normali. Come tutti quelli che non sono in pericolo.
L’aria fresca della notte lo colpì in faccia, provocandogli brividi e sollievo. Il tormento, però, era ancora presente, un groppo alla gola impossibile da mandare via.
E dove va un ventunenne inglese tormentato ed infreddolito all’una di notte?
Semplice: al pub, a farsi una birra.

Appigliati alla prima stranezza che trovi, aveva detto suo madre.
Evi era rimasta tutto il giorno in camera sua con le tapparelle abbassate e la testa stretta fra le gambe, cercando di trovare stranezze nella vita del dannato ragazzo che riusciva a vederla.
Si aspettava di vederlo intento a scrutare una palla di cristallo, evocare Satana, prendere il the delle cinque con l’anticristo, cose del genere.
O anche solo a parlare da solo in camera sua, sarebbe andato bene anche quello.
Invece, aveva solo visto la normale giornata di un semplice ragazzo e del suo inseparabile migliore amico, uno skate che lui aveva soprannominato “Leslie”. Mah.
Aveva visto anche i suoi amici in carne ed ossa, un certo Cameron ed una certa Mavis. Evi ricordava di averli visti, la sera della loro visita al castello; provò per loro un’innata simpatia.
Non si può dire la stessa cosa per la fidanzata di Andrew, Elle, che invece le dava i nervi anche solo aprendo bocca.
Si rifiutava di pensare che potesse essere gelosa. È solo che sono una persona con un’intelligenza fuori dal normale, mentre lei è davvero stupida.
Ad un certo punto le visioni si erano interrotte, lasciando spazio al buio ed ad un mormorio di voci così basse da risultare incomprensibili; quando le visioni avevano ripreso colore l’aveva visto incamminarsi verso un pub, con due grandi borse scure sotto gli occhi.
Per questo, aveva deciso di raggiungere lo stesso pub e di parlargli. Lui non avrebbe sospettato niente, non poteva: erano solo due ragazzi nello stesso pub alla stessa ora.
Il problema era che arrivò prima di lui e, nell’attesa, buttò giù qualche birra (non avrebbe potuto bere, in teoria, ma a lei bastava guardare intensamente il barista e fargli capire che darle da bere era esattamente quello che doveva e voleva fare); quando Andrew arrivò, Evi era già molto più che alticcia e sulla buona strada per essere del tutto ubriaca.
─ Aloha! ─ gli disse, sedendosi accanto a lui.

─ Perfetto ─ borbottò Andrew, coprendosi gli occhi con la mano. Quando la tolse, la ragazza era a pochi centimetri dal suo viso e sorrideva come sorrideva Elle davanti all’emozionante scritta “SALDI”.
Si ritrasse di scatto e lei lo seguì in avanti, rischiando di cadere dallo sgabello. Andrew l’afferrò per un braccio e la raddrizzò, senza nascondere un sorriso divertito. Poco dopo, lei scoppiò a ridere.
─ Vuoi vedere cosa so fare? ─ disse la ragazza, con gli occhi accesi. Una volta guardati i suoi occhi, Andrew non riuscì a staccare i suoi da quello azzurro, ipnotizzante.
─ Non so se lo voglio… ─ rispose, ma Evi aveva già puntato con gli occhi una bottiglia di Whiskey, che si stava dirigendo lentamente verso di loro, sospesa nell’aria. ─ Ma sei pazza?! ─ esclamò Andrew, afferrandola a mezz’aria e scatenando ancora le risate della ragazza.
─ Non puoi fare così!
Lei non l’ascoltava.
Indicò il barista e chiuse gli occhi. Poco dopo, il barista urlava in preda al panico perché aveva perso la vista.
─ Evi! Fagliela tornare!
Evi continuava a ridacchiare con la mano davanti alla bocca. Sbuffò, aprì gli occhi e il barista tornò a vedere. L’uomo si accasciò al suolo, visibilmente turbato.
─ E’ meglio se usciamo di qui! ─ Andrew la prese per il polso e la trascinò via il più velocemente possibile, ma Evi riuscì ad urlare: “Non ti è successo nieeeeente!”. L’ultima cosa che Andrew vide prima di uscire dal locale fu il barista alzarsi e tornare a lavorare come se niente fosse successo.
Trascinò Evi su una panchina isolata e si sedette insieme a lei, che appoggiò subito la testa sulla sua spalla.
Potrei anche andarmene, riflettè.
E’ ubriaca, okay, ma è anche un fenomeno da baraccone. Potrebbe sbarazzarsi del più pervertito dei maniaci con un solo sguardo.
E poi, non è la mia ragazza.

Ma non se la sentiva comunque, di lasciarla sola. Pensò, al contrario, che da ubriaca la trovava piuttosto spassosa, e che avrebbe potuto ottenere informazioni interessanti.
Cominciò con la prima domanda.
─ Tu puoi morire?
─ Certo che posso. Guarda. ─ mimò di darsi una pugnalata allo stomaco e si accasciò sulla panchina, con la testa piegata di lato e la lingua in fuori.
─ Idiota ─ disse Andrew, scoppiando a ridere. ─ Volevo dire… sei immortale? Invecchi?
─ Certo ─ rispose lei. Era sdraiata, con le gambe stese su quelle di Andrew e la testa appoggiata alla panchina. ─ Muoio e invecchio. In modo incredibilmente sexy, però.
Altre risate. Andrew alzò gli occhi al cielo, ma nella sua mente non poté far altro se non darle ragione.
Seconda domanda: ─ La tua famiglia sa cosa sei? E, a proposito, cosa sei?!
─ Mia madre è morta.
Lo disse con una voce così fragile che Andrew temette di vederla scoppiare a piangere.
Anche mio padre è morto, pensò, ma non lo disse. Voleva che lei continuasse a parlare.
─ Mio padre non l’ho mai conosciuto. Non sa neanche che esisto, a dire il vero. Non so il suo nome, mia madre dice che non se lo ricorda, ma io non le credo.
─ Tua madre… dice?!
─ Sapessi quante ne dice. A volte sembra una macchinetta da quanto parla. La gente pensa che i fantasmi siano enigmatici e misteriosi e taciturni e altre boiate, ma in realtà si tengono il carattere che avevano in vita. Mia madre doveva essere una mooolto logorroica.
Andrew non sapeva come prendere le sue parole ma, stranamente, non pensò: che cazzo sta dicendo?! Pensò: perché mio padre non è un fantasma?
Quindi, chiese: ─ Si diventa sempre fantasmi?
─ No ─ rispose lei ─ solo quando si ha una “faccenda in sospeso” ─ disse, accompagnando le sue parole con le dita. ─ Crescere me era la faccenda in sospeso di mia madre, ma non ha potuto farlo così bene.
─ Sono tutti in grado di vedere i fantasmi?
Forse sono solo io che non posso vederlo.
─ Nessuno può farlo, in teoria. Diciamo che sono i fantasmi che scelgono se farsi vedere, ma possono vederli solo i medium, che sono pochi, o quelli come me.
─ CHE COSA SEI TU?! ─ disse, quasi urlando.
Evi si mise a sedere e lo guardò negli occhi.
─ Sai che non tutti padroneggiano bene più di un potere? L’invisibilità è una specie di “qualità standard”, ma gli altri poteri dipendono dall’intelligenza ─ portò l’indice alla tempia e ci picchiettò sopra ─ io li padroneggio TUTTI ─ disse, fiera.
Andrew sorrise perché le ricordò Hermione Granger che, osservando il cielo stellato della Sala Grande, sosteneva di sapere di quale magia si trattasse. Era nel libro “Storia di Hogwarts”, LEI l’aveva letto.
─ Rispondi alla domanda: che cosa sei?
Evi lo guardò, gli occhi colmi di mistero. Sembrava stanca di mantenere il segreto. Sembrava proprio sul punto di vuotare il sacco. Aprì la bocca per parlare, e…
… gli vomitò sulle scarpe.


La frase tratta dal celebre romanzo è di The Shining, di Stephen King; ho voluto omaggiare Hermione Granger, quell’insopportabile so-tutto-io, perché amo la saga di Harry Potter:’) Per me è forse seconda solo alla saga della Torre Nera di Stephen King (si, mi piace Stephen King), e ho detto forse!
Ho scritto e riscritto questo capitolo mille volte, perché non riuscivo a legare bene tra di loro le varie parti… spero di esserci riuscita, alla fine.
Baci, Black :)

 
  
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