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Autore: La Nuit du Chasseur    23/06/2014    3 recensioni
[Michael Fassbender]
"Mi sposo", disse lei.
"Vieni a cena con me", disse lui.
Così diversi ma così vicini. La loro storia creerà problemi, danni, guai, passione e felicità. Non sapranno resistere all'avvicinarsi l'uno all'altra, anche se sanno che dovrebbero.
In una Londra complice e romantica, galeotta fu una caffetteria...
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I giorni che seguirono Julia li passò sulle nuvole. Il lavoro era tanto e doveva forzarsi per portarlo avanti, mentalmente presa dal pensiero di Michael e allo stesso tempo dal senso di colpa. Robert sarebbe tornato a Londra solamente il giovedì in serata, a causa di problemi a Madrid che avevano richiesto un prolungamento del soggiorno. Questo consentì a Julia di elaborare la situazione senza troppo stress e farla arrivare alla conclusione che ormai era in gioco e doveva giocare. Voleva giocare.
Non sentì ne vide Michael per un paio di giorni, perché una causa stava diventando complicata e non aveva avuto modo di tornare alla caffetteria. Sperò che lui la aspettasse comunque: se non li non avrebbe saputo come trovarlo e non voleva fargli credere che aveva deciso di non rivederlo.
Solo il venerdì mattina entrò nella caffetteria, e con grande sollievo lo trovò lì.
“Insomma, ormai sappiamo che la puntualità non è il tuo forte: sono tre giorni che ti aspetto!”. Sembrava divertito, ma in realtà aveva avuto più di qualche timore e stava quasi decidendo di andare a casa sua.
Julia cadde su una poltrona, stanca, e gli rispose: “Fassbender, dimmi come si fa l’attrice visto che hai tutto questo tempo libero!”
“Devi fingere, sorridere ed essere bella. Su due di queste qualità non ho dubbi, sulla terza possiamo lavorarci ma non so…”. Era chiaro che aveva dato per scontata la sua bellezza e Julia lo intuì, ma non lo disse a chiara voce. Era un gioco delicato e incredibile il loro. Continuarono a parlare per un po’, poi Julia dovette scappare a lavoro. Lo salutò con un veloce bacio sulla guancia, gesto che fece senza neanche accorgersi di averlo fatto, e si girò per andare via. Una volta fuori lo salutò di nuovo ridendo: Michael avrebbe voluto seguirla e portarla a casa sua.
Quel periodo si videro spesso. Julia inventava sempre scuse con Robert per poter fuggire e si vedevano sempre in luoghi affollati, che avrebbero dato poco adito a chiacchiere. La caffetteria era quasi sempre il loro punto di partenza, e molto spesso rimanevano solamente lì a parlare. Parlavano tantissimo, si raccontavano tutto, si scambiavano opinioni e finivano per ridere su cose stupide. Julia si sentiva bene: con Robert non c’era mai stato un tale rapporto. Lui odiava scambiare chiacchiere inutili, il più delle volte parlare serviva solo a decidere e non capiva l’utilità di sedersi e parlare per ore. A Julia questa cosa aveva sempre pesato, ma si era lasciata convincere che fosse lei quella sbagliata.
Dopo un po’ di tempo, Julia propose di ricambiare la sorpresa che le aveva fatto Michael tempo prima, per il loro primo vero appuntamento e gli disse di farsi trovare pronto, lì alla loro caffetteria, quel venerdì alle 12.
Il venerdì mattina era tutto pronto. Julia andò a lavoro felice. Fortunatamente Londra si era svegliata con un immenso sole e lei si sentiva radiosa e pimpante.
Lavorò le sue solite quattro ore, ma sembravano non passare mai, e finiva sempre per guardare l’orologio come una liceale all’ultima ora di matematica. Non era stata così distratta neanche quando era liceale davvero, e forse per quello che ora aveva deciso di lanciarsi: nella sua vita era sempre stata brava. Una brava figlia, una brava studentessa, una brava amica, una brava fidanzata. Mai una riga fuori posto, mai una punizione, mai una delusione a genitori o amici. Semplicemente faceva la cosa giusta al momento giusto, sempre e non aveva mai cercato di ribellarsi. Questa volta le era capitata una cosa straordinaria nella vita, e aveva deciso che era ora di riprendersi quella dose di follia che non aveva vissuto a quindici anni. Era assurdo, a pensarci, ma sentiva di non poter più essere brava in tutto, voleva solamente essere felice e sentirsi bene. Sorridere mentre lavorava, senza un perché, non le capitava da molto tempo.
Alle 12 esatte uscì dallo studio e si avviò verso la caffetteria, che quel giorno era stranamente semi deserta. Si affacciò dalla vetrata e lo vide: era seduto al suo solito tavolino, quello che aveva ospitato anche lei nel loro primo incontro vero. Stava leggendo, come sempre, quel libro rilegato male, sembrava concentrato, ma guardava spesso l’orologio. Julia rise e si sentì al settimo cielo: era chiaro che Michael aveva notato il suo ritardo.
Entrò e gli andò incontro: “Ciao, straniero.”
“Ciao, straniera.” Sorrise lui, e quel sorriso fu la conferma che poteva andare tutto al diavolo.
“Anche se sei in ritardo, questo è per te.” Le porse un bicchiere, dove c’era, ovviamente, un cappuccino caldo con molta schiuma e del cacao. Si era ricordato la sua bevanda mattutina preferita.
“Ok, ho imparato che la tua è una memoria di ferro. Complimenti.” Lo schernì lei.
“Ricordo solo quello che davvero mi interessa.” Rispose lui ad un tono di voce leggermente suadente. Lo disse alzandosi e poggiandole una mano sul braccio, dolcemente ed in modo da avvicinarsi con il viso a quello di Julia. Lei rimase in attesa di un gesto che non arrivò, perché subito dopo lui cambiò tono e chiese dove sarebbero andati. Questa sua caratteristica di lanciare il sasso e tirare indietro la mano, di fare una mossa e poi fare come se niente fosse, la faceva impazzire, in tutti i sensi possibili.
“E’ una sorpresa… dovrai fidarti di me!”
Julia lo portò in giro per la città in maniera anticonvenzionale. Il primo posto che veniva in mente sarebbe stata la prossima meta, senza orari, senza cartine né decisioni preventive. Unica regola: comprare almeno una cosa in qualsiasi meta. Che fosse un cappello, una calamita, un bicchiere non importava: dovevano prendere almeno una cosa.
Così si ritrovarono a Westminster, dove visitarono l’Abbazia, non senza ridere come due bambini e comprarono una bruttissima calamita per turisti. Risero così tanto che la signorina dello shop se la prese quasi, fino a quando Michael non le spiegò che Julia aveva una malattia gravissima e stava vivendo gli ultimi giorni di vita. La signorina parve crederci e sorrise compiacente, quasi sentendosi in colpa per essersi risentita poco prima. Julia era strabiliata di come in un secondo Michael avesse cambiato non solo espressione, ma atteggiamento per dare credito alla sua storiella di quarta categoria. Quando uscirono lo prese a pugni urlandogli contro che lei sarebbe vissuta più di tutta Londra messa insieme. Lui la prese per la vita sollevandola quasi da terra e le fece fare una piroetta, cosa che incrementò ancora le risa. Quando Julia si girò vide la signorina dello shop guardarli con un’espressione commossa: pensò che davvero Michael era un attore fenomenale.
La seconda tappa fu Portobello Road, dove il mercato era animato ma mai come nelle mattine presto. Girarono a vuoto per mezz’ora, poi Michael trovò un cappello con delle penne di aquila sopra, color albicocca, di una bruttezza senza precedenti e decise di prenderlo a Julia. Lei era intenta a guardare una collana e si sentì mettere qualcosa in testa da qualcuno che era alle sue spalle. Lo toccò e sentì le piume: “Sono diventata una delle famiglia reale senza accorgermene?”
“Si ma non l’hai visto bene…” la schernì lui. Chiese al venditore se poteva prendere in prestito uno specchio lì poggiato e glielo mise davanti. Julia per poco urlò e chiese pietà: “Non voglio andare in giro per tutta Londra così, ti prego!”
“Un patto è un patto, signorina odio gli americani perché non sono british!”
“Ma io avevo detto che avremmo dovuto comprare delle cose, non comprarle e indossarle”
“Ok, questa è una nuova regola, l’ho messa io e l’ho messa ora”
“Ti odio…” concluse lei, dandosi un tono e iniziando a camminare.
Per le quindici, affamati e con i crampi allo stomaco per le tante risate si trovarono all’ultima tappa, leggermente pilotata da Julia: St Jame’s Park. Julia aveva preparato un pic nic, lasciando tutte le leccornie in un apposito frigorifero portatile nella sua macchina, parcheggiata quella macchina prestissimo proprio davanti l’entrata del parco.
Lo prese, mandando avanti Michael a cercare una fantomatica cosa da comprare, anche se lui continuava a dirle che in un parco non c’era proprio niente da comprare.
Poco dopo lui si fermò, lei gli andò alle spalle e gli chiuse gli occhi con le mani. Avvicinandosi al suo orecchio il più possibile, data la sua statura, gli disse: “Meta raggiunta. Non è minimamente bellissimo come la tua serata, ma mi sono impegnata parecchio, quindi fa finta che tu sia estasiato. Tieni gli occhi chiusi fino a che non ti dirò di aprirli.” Lui sorrise e non rispose nulla, aspettando la prossima mossa di Julia, che fu quella di sistemare una deliziosa tovaglia a quadratoni rossi su una collinetta con la vista del laghetto e sistemare tutte le scatoline contenenti le leccornie da lei preparate. In quei giorni aveva cucinato quasi tutte le sere per rendere la sua idea perfetta. Al telefono con Robert diceva che aveva fretta perché doveva lavorare, poi fuggiva in cucina e si metteva all’opera fino a tardi. Sistemata l’ultima scatola, disse a Michael di aprire gli occhi…
Rostbeef di manzo, patate arrosto, tartine al salmone con erba cipollina, mini hamburger di carne e di tonno con salsa tartara, e mille altre delizie lo aspettavano sul prato, insieme a Julia, che si era seduta su un telo accanto e stava per aprire una bottiglia di champagne. Michael era senza parole: come poteva una sola donna arrivare ad essere tanto? Si sedette a fianco a lei, e le mise un braccio intorno alle spalle, affondando il suo viso fra i capelli di lei. La ringraziò e le disse che effettivamente a conti fatti la sua sorpresa era più bella. Julia non era così sicura, ma averlo così vicino le provocava emozioni e sensazioni che mettevano in secondo piano la bellezza delle cose esterne.
Per qualche momento rimasero così, stretti l’uno all’altra in silenzio. Poi Julia prese dei flute e la bottiglia, chiedendo a Michael di aprirla. Versarono lo champagne e Julia fece un brindisi: “Al nostro incontro… sperando che di giornate come questa ce ne siano molte altre ancora.” Lo disse con un fil di voce: era un’ammissione in piena regola, questa, ed entrambi lo sapevano. Dopo un sorso di champagne, Julia, senza farlo apposta si passò la lingua sulle labbra come per asciugarle. Michael dovette distogliere lo sguardo da lei per non cedere alla voglia di baciarla.
Iniziarono a mangiare e risultò tutto buonissimo. Michael la prese in giro dicendo che non era possibile che avesse cucinato tutto da sola, perché solo sua madre cucinava così bene. Julia parve offendersi e gli fece la linguaccia, mentre continuava a sorseggiare champagne e sperava che l’orologio si fermasse: quella sera doveva andare a cena fuori con Robert, maledette le sue idee stupide. La verità era che ultimamente era euforica e felice e Robert stava iniziando a chiedersi perché. Credeva fosse per via del matrimonio, ma non ne parlavano quasi mai, quindi era strana tutta questa sua eccitazione per una cosa decisa, ma poi accantonata lì in un angolo. Così Julia decise di fare una mossa per prendersi tregua: portando avanti scuse di lavoro, gli disse che voleva discutere con lui i dettagli e decidere la data definitiva, anche se avevano deciso di sposarsi in primavera nella cittadina del Nord dove i genitori di lui avevano una bellissima tenuta. Robert felice aveva accettato e si era tranquillizzato subito: ci voleva poco a fugare i sospetti e le paure di Robert e Julia lo sapeva. Giocava molto sporco proprio per quello.
Questo faceva si che massimo alle diciotto avrebbe dovuto essere a casa, ma non voleva dirlo a Michael: come fai a dire ad un uomo per il quale hai organizzato un meraviglioso pic nic e al quale piaci da morire “Scusa, sai io stasera vado a cena con il mio fidanzato ufficiale, quindi leviamo le tende che è tardi!?”. Sospirò e decise di non pensarci.
Dopo aver mangiato si stesero sull’erba a contemplare il cielo. L’aria era meravigliosa ma decisamente più fresca ora: l’inverno stava inesorabilmente arrivando. Julia si strinse nel cappottino che aveva indosso, e come la sera sul battello, Michael le offrì le sue braccia per scaldarla. Solo che questa volta i loro visi si scontrarono. Rimasero a guardarsi per un tempo infinito, poi Michael non ce la fece più e si avvicinò a baciarla. Fu un bacio tenero, le sfiorò le labbra appena, lasciandola quasi insoddisfatta ma elettrizzata. Poi girò la testa e lei rimase lì a guardarlo: perché aveva fatto così? Perché non l’aveva baciata davvero, perché ora era girato come se gli desse fastidio la sua presenza? Michael si divincolò dall’abbraccio e si tirò su a sedere. Poi parlò.
“Devi lasciarlo.” Julia non poteva credere alle sue orecchie. Lasciarlo? Il soggetto era fin troppo chiaro.
“Cosa?”
“Ho detto che devi lasciarlo, devi scegliere, devi decidere in qualche scarpa stare.” Sembrava irritato e alterato.
“Michael stai scherzando? Non posso lasciarlo. Fra pochi mesi lo sposo!”
“E allora cosa ci fai qui con me? Dimmi perché tutto questo e l’altra sera e la volta ancora prima al parco, e tutte le nostre chiacchiere nella caffetteria. Dimmelo!” ora stava quasi gridando.
“Non lo so! Perché mi piaci, perché sto bene, perché, perché… tu non puoi chiedermi una cosa del genere. Io neanche ti conosco!”
“Ah ora non mi conosci. Bella questa… è un mese che non facciamo altro che uscire, vederci, sfiorarci, parlare e ridere. Ho passato più tempo con te che con me stesso in questo mese e non mi pare di aver mai sentito la parola amicizia fra noi.”
Michael era arrabbiato e Julia sapeva che aveva ragione: aveva giocato troppo sporco, forse. Avrebbe dovuto mantenere le distanze o almeno non lamentarsi ora. Era palese che non aveva mai posto un freno alla situazione, mai un no, mai un gesto che potesse fermare un po’ le cose. Dopo essersi conosciuti e aver passeggiato al parco, aveva accettato un invito a cena, e aveva passato le due settimane successive a correre in caffetteria per vederlo, fino ad arrivare ad organizzare quel pic nic. Aveva lasciato che lui guidasse la situazione, si era fatta sfiorare e toccare ed ora questo tocco faceva male come il fuoco, ma non poteva recriminare nulla a Michael. Si sentì persa e cercò una frase adatta.
“Michael io non posso lasciarlo.” Ripetè solamente con un fil di voce. Lui respirò pesantemente e le prese il viso costringendola a guardarlo: “Non puoi o non vuoi lasciarlo? Perché c’è differenza, e quella differenza è esattamente la direzione dove andremo io e te.”
Julia si divincolò dalle mani di lui e si alzò: aveva bisogno di mettere una distanza fisica fra loro. Dall’alto aprì le braccia e alterata gli disse tutto quello che pensava. Quello che pensava davvero. O forse quello che credeva di pensare.
“Ma cosa vuoi da me? Ti vedo in una caffetteria, inizi a flirtare, io te l’ho detto da subito che dovevo sposarmi, non ti ho mentito, non ti ho nascosto nulla. Per essere amici non serve un contratto scritto, hai capito? Non c’è bisogno che io ti dica Ehi, ciao, vuoi essere mio amico, però niente di più sai!”. Disse quell’ultima frase con enfasi e calcando il tono, quasi in maniera volgare. Era paonazza ma non smise di parlare alla velocità della luce. “Tu ti sei fatto un film tutto tuo ed ora vieni da me a dirmi che devo lasciare il mio fidanzato, ti pare normale? Io e Robert stiamo insieme da sette anni, ci amiamo, dobbiamo sposarci, le nostre famiglie si vogliono bene, tu chi sei?! Cosa vuoi?”. Stava quasi piangendo e Michael voleva alzarsi e prenderla fra le braccia. Le faceva male vederla così, ma non era disposto a fare l’amante e poi ad essere scaricato un giorno. Non era disposto a continuare quella storia per poi vederle la fede al dito. La fede di un altro uomo.
Le disse solamente: “Vedi qual è il problema, Julia: tu hai detto dobbiamo sposarci. Nessuno deve niente in questa vita, renditene conto. E renditi conto anche che ti piaccio e che con me stai bene e che se davvero volessi sposare quel Robert, il cui nome tra l’altro mi era ignoto fino ad ora, non saresti qui con me, né ora né nel mese precedente.” Julia sapeva che aveva ragione, ma la verità era dura, così lo guardò sprezzante e lo lasciò lì, con le tovaglie a terra, i cestini e tutto il resto. Michael non la fermò, sarebbe stato inutile. Spero solo di non averla persa. 
  
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