EPILOGO
Nolan invitò a colazione il Direttore Liam Finnes, capo del distretto
di Eldkin, e il suo collega Aoyama,
che passata la crisi aveva accettato di lasciare il consiglio in cambio del
comando della regione di Midgra, in occasione di un
loro viaggio di piacere nella capitale, facendoli accomodare nel
salotto-biblioteca della sua elegante residenza nelle colline attorno a Kyrador.
Erano
passati ormai due mesi dall’Incidente del Megonia,
come la stampa lo aveva ribattezzato, e inaspettatamente le acque sembravano
già essersi calmate; ed era proprio di questo che i tre alti funzionari avevano
intenzione di parlare a quella piccola riunione personale, degustando ottimo tè
aleptiano, superbo caffè amalteco
e dolciumi vari arrivati appositamente dalle maggiori pasticcerie e panetterie
della città.
L’aria
era fresca, peschi e ciliegi andavano ricoprendosi dei fiori della primavera, e
dai finestroni della sala entrava un piacevole sole mattutino.
«La
situazione si è acquietata, a quanto sembra.» commentò Aoyama
«Così
pare» rispose Nolan. «Alla fine è bastato poco per
convincere la gente che quella era la cosa giusta da fare.»
«E Amaltea come l’ha presa?» domandò Finnes
«Hanno
fatto un po’ di storie. Minacciavano di ricorrere per vie legali, ma hanno
accettato di far cadere tutto quando l’agenzia si è offerta di risarcire per
intero sia i premi assicurativi che gli indennizzi per le famiglie delle
vittime.»
«Voi
credete che sarebbe potuta andare a finire diversamente?»
«Lo
trovo difficile. Abbiamo dovuto scegliere. In entrambi i casi sarebbe stata una
decisione drammatica. Fortunatamente per noi, il Direttore Generale ha preso
quella giusta.»
«Le sue
dimissioni hanno fatto meno rumore di quanto mi sarei aspettato» disse Aoyama. «Ma del resto, anche così, non c’era molto che
potesse fare».
Finnes si
portò alla bocca la tazza di caffè, stando bene attento a non macchiare i suoi
curatissimi baffi grigi.
«E di
quelle due superstiti che ne è stato?»
«Anche
in questo siamo stati fortunati» rispose Aoyama
portandosi alla bocca un pezzo di pancake «A sentire i medici, la ragazzina è
ridotta praticamente ad un vegetale, e anche nel caso in cui tornasse in sé non
ricorderebbe comunque nulla di quanto accaduto lassù.»
«Per
quanto riguarda l’Agente invece, abbiamo preso i dovuti provvedimenti»
intervenne Nolan. «Il suo silenzio è garantito. Morti
i genitori, quella ragazzina ha ereditato un patrimonio. Ha dovuto scegliere
tra il poterla curare lei pur non avendone alcun diritto legale e lasciarla nelle
mani di qualche tutore avido di soldi che l’avrebbe spremuta fino alle ossa.»
«Le
avete dato l’affidamento della bambina?» chiese Finnes
quasi stupito
«Non è
stato difficile. E abbiamo anche provveduto a garantirle una promozione, un
lavoro dietro una scrivania e una lauta plusvalenza.»
«Non
sarebbe stato meglio disfarsi di lei? È pur sempre una superstite.»
«Perché
potesse andare a raccontare a mezzo mondo la sua storia? C’è gente là fuori che
non aspetta altro che l’occasione buona per screditarci.
Almeno,
finché resta con noi, ha un giuramento da rispettare.»
«E di
Shane che mi dici? Terrà la bocca chiusa?»
«Non c’è
molto che possa fare. Non ha prove che dimostrino che l’incidente poteva essere
gestito in altra maniera, o che vi sia stata una qualche violazione dei diritti
fondamentali nell’operato dell’Agenzia.
Inoltre,
ora che il suo Progetto è stato rifinanziato e definitivamente approvato,
apparirebbe come un profittatore e un poco di buono se dovesse tentare di
screditare chi gli ha appena garantito altri dieci anni di stipendio».
Finnes si
lasciò andare sospirante sulla poltrona.
«Certo,
è stata proprio una bella seccatura. Ma almeno, è finito tutto per il meglio»
quindi si rivolse a Nolan. «Stavo pensando. Ora che
il Direttore Generale si è dimesso, direi che la tua nomina a capo dell’Agenzia
sia quasi una formalità.»
«Ha
ragione» incalzò Aoyama. «Sei uno dei pochi che ha
tratto più vantaggi che problemi da tutta questa storia.»
«Non è
del tutto sicuro» rispose l’interessato con una strana espressione, quasi
ammiccante. «C’è qualcuno che ha avuto da ridire sul mio operato, e sapete bene
che non tutti nell’Agenzia hanno approvato la nostra decisione. Dopo quelle del
Direttore Generale, in molti si aspettano anche le mie.»
«Geithner si è preso tutte le responsabilità» disse Finnes. «Moralmente ed eticamente parlando, il Consiglio ne
è uscito indenne.»
«Ma
l’idea della soluzione finale è stata mia. E per quanto sia stata quella
giusta, c’è ancora chi continua a dubitarne» quindi parve sorridere. «Del resto
però, i più, inclusa l’opinione pubblica, ha dimostrato di avere del senno.
Staremo
a vedere. In ogni caso, per il futuro, sarà opportuno prendere in
considerazione l’idea di un deciso cambio di impostazioni in seno ai vertici
dell’Agenzia. Ora come ora ci sono troppe persone con il potere di influire su
decisioni importanti.»
«Sono
d’accordo» concluse Aoyama. «D’altronde, non abbiamo
un Comandante supremo solo per amore delle apparenze».
Il Sergente
Doyle, che seguiva come un’ombra il Direttore Nolan facendogli da attendente, irruppe improvvisamente
nella stanza, minacciando di far volare via il portauovo dalle mani del suo
principale.
«Direttore,
una catastrofe!»
«È modo
di entrare, Agente Doyle?» lo rimproverò
l’interessato
«La
televisione! Accenda la televisione!».
Una
specie di brivido attraversò senza apparente motivo le schiene dei tre
ufficiali, che si guardarono tra di loro perplessi per poi volgere la propria
attenzione verso il monitor affisso alla parete.
Seguendo
le indicazioni del suo uomo Nolan accese la CNN.
Un
titolo campeggiava in sovrimpressione: Verità negata! Esclusiva dal Megonia!, mentre sopra di esso scorrevano ininterrottamente
immagini di eserciti di mostri simili a zombi che percorrevano in massa
corridoi stretti e angusti, e di uno sparuto gruppo di soldati dalle
inconfondibili uniformi che sparando senza sosta facevano scudo ad un folto
gruppo di civili terrorizzati e ammassati all’interno di una grande stanza;
poi, di colpo, l’immagine scomparve, ricominciando però immediatamente daccapo.
«Ripetiamo,
queste sono immagini appena giunte in esclusiva alla nostra redazione!» disse
la giornalista nel riquadro in alto, a sua volta sconvolta. «Non siamo ancora
in grado di accertarne al cento per cento l’attendibilità, ma al momento i
nostri analisti sono orientati a reputarle autentiche.
Quelle
che vedete sono riprese realizzate dalle telecamere di sorveglianza installate
a bordo della nave. Da quello che si può vedere appare chiaro che c’erano dei
superstiti a bordo del Megonia. La nave non era
perduta.
Eppure
la MAB aveva assicurato in più occasioni di aver comprovato la morte o la
mutazione di tutti i passeggeri della nave, nonché la perdita dei contatti con
la propria squadra inviata a indagare sull’accaduto.
Se
queste riprese si rivelassero vere, allora si aprirebbe dinnanzi a noi uno
scenario sconvolgente.
Possibile
che la MAB abbia deciso arbitrariamente di uccidere tutte queste persone pur di
arrestare l’epidemia?
Abbiamo
cercato di raggiungere telefonicamente alcuni membri del Consiglio di
Sicurezza, ma quei pochi che siamo riusciti a contattare hanno rifiutato di
rilasciare dichiarazioni.
In una
parola, la situazione è agghiacciante».
Il
silenzio cadde come un macigno nella stanza di quella bellissima villa, un
silenzio sconvolto e smarrito.
Nolan, Aoyama e Finnes si guardarono tra
di loro, quasi a cercare vicendevolmente di convincersi che non era vero, che
era tutto in sogno, un sogno orribile da cui doversi svegliare.
Un urlo
riecheggiò nell’aria.
«Shane!»
I vertici della MAB avevano
un mare di difetti, e uno di questi era la supponenza.
Subito
dopo la distruzione del Megonia, con Geithner che facendo il capro espiatorio davanti alle
telecamere dirottava altrove l’attenzione dell’opinione pubblica, Nolan e gli altri si erano affannati a raccogliere e
cancellare ogni traccia di ciò che era stato fatto.
Avevano
bruciato, seppellito, minacciato o comprato tutto ciò che poteva costituire una
prova, rimescolando e ricostruendo la verità nel modo più facilmente
comprensibile ed accettabile, come del resto era già stato fatto altre volte in
passato per eventi di gravità più o meno simile.
Come
potevano immaginare che il video montato da Ulrich,
vuoi per disattenzione o per chissà
quale intercessione del fato, della provvidenza o della semplice
casualità, fosse stato trasmesso per errore dal sistema di comunicazione del Megonia assieme a tutte le riprese della sorveglianza e ad
altro materiale audiovisivo, frammenti di dati lanciati nello spazio
nell’attesa che l’antenna di ricezione della stazione riuscisse casualmente a
captarli?
Ormai
non si poteva più chiudere gli occhi.
D’altro
canto, Nathan sapeva che probabilmente sarebbe stato impossibile impedire che
la situazione giungesse a quell’epilogo; molto probabilmente il destino di
Georg, Helen, Klaus e gli altri suoi ragazzi si era compiuto nel momento stesso
in cui avevano messo piede sul Megonia, così come
quello di tutta quella povera gente immolata sull’altare del sacrificio per
impedirne uno ancora più grande.
Ma non
poteva finire tutto così, con scuse di rito, un po’ di denaro e qualche
medaglia.
La MAB
aveva fatto una scelta, giusta o sbagliata che fosse, e ora doveva assumersene
la responsabilità di fronte a quel mondo che aveva il compito di proteggere.
Nathan
era cosciente del fatto che la sua scelta non sarebbe stata priva di
conseguenze; ci sarebbero stati sconvolgimenti, forse anche catastrofici, e
dall’esito assolutamente imprevedibile, ma era necessario.
La MAB
doveva cambiare: tutto Celestis doveva cambiare.
Per
oltre centocinquant’anni, gli abitanti di quel
piccolo mondo smarrito nell’universo si erano illusi di aver dato vita ad un
paradiso, un’utopia terrena traboccante di splendore e di felicità. Ma forse,
in realtà, Celestis non era altro che una copia
sbiadita di quella Terra che i loro antenati si erano lasciati alle spalle.
Perché un mondo infondo altro non era che il frutto delle scelte dei suoi
abitanti, e che si parlasse della Terra o di Celestis
gli abitanti erano sempre loro: gli esseri umani.
La magia
aveva scombinato le carte, illudendo tutti coloro che avevano ceduto al suo
potere di poter essere la chiave di accesso alla perfezione: ma i pregi e i
difetti, quelli erano rimasti.
E,
probabilmente, non sarebbero scomparsi mai.
Non
potevano scomparire: sarebbe significato il venire meno della stessa natura
umana.
Quanto a
lui, sapeva perfettamente quale fosse il suo destino.
La
verità era che anche lui, come molti altri, era stato complice di tutta quella
farsa, e non sarebbe bastata quella fuga di notizie a segnare la sua
redenzione.
Lo
squillare del telefono non interruppe i suoi pensieri, e neppure l’attivarsi
della segreteria, dinnanzi alla quale restò impassibile, adagiato sullo
schienale della sua poltrona con gli occhi persi nel vuoto del suo ufficio, una
scatola chiusa poggiata dinnanzi a sé sulla scrivania e la vetrata aperta
sull’atmosfera azzurra di Celestis alle proprie
spalle.
«Nathan,
razza di bastardo impenitente!» tuonò iracondo Nolan,
ben sapendo che il suo vecchio compagno di corso lo stava ascoltando. «Si può
sapere che ti dice la testa? Vuoi forse distruggere questa agenzia?
È la tua
vendetta, non è vero? Perché sono stato sempre un passo avanti a te!
Ma se ti
sono sempre stato avanti è perché tu sei un fallito! Una merdosa nullità! Tu
non vali niente! Mi hai sentito, maledetto amalteco?
Non vali niente!
Non
credere di uscirne pulito! Se io vado a fondo, tu verrai con me! Ti getterò
addosso tanta di quella merda che quando sarà finita rimpiangerai di non
esserci stato anche tu su quella maledetta nave!
Io ti
rovino! Ti rovino! Parola mia!».
L’ultimo
suono che giunse attraverso la cornetta all’orecchio di Nolan,
l’ultimo atto di quella commedia tragica, fu un colpo di pistola, cui fece
seguito il colossale baccano proveniente dal cortile, con eserciti di
giornalisti che si accalcavano davanti al cancello della villa minacciando
quasi di abbatterlo.