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Autore: Ethasia    26/06/2014    3 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bene. Facendo il punto della situazione, sono fottuto.
È da quella maledetta notte che Wendy non mi rivolge la parola, nemmeno quella più cattiva e dolorosa. Neanche uno sguardo che non sia di puro disprezzo o odio. È diventanto impossibile non solo tentare di parlare, ma anche pensare di avvicinarla; ogni volta che ci provo, sembra circondarsi magicamente di persone che, fino ad un attimo prima, ero sicuro che neanche ci fossero.
Ed io non so come fare.
Perché, dannazione, mi fa male. E non è la delusione per non essermi portato a letto una ragazza bellissima, né il crollo dell'autostima che potrebbe derivarne, o l'idea di aver fallito. Niente di tutto questo al momento, davvero, riesce a deprimermi.
È solo la sensazione, vera e ineluttabile, di averla persa. 
È come avere i polmoni pieni d'acqua e sentirsi affogare in un'oscurità sempre più nera e e opprimente ogni volta che tenti di respirare. Guardarla ogni giorno da lontano immaginando che prima o poi, se non avessi rovinato tutto, avrei potuto guardare i suoi occhi da vicino, accarezzandole i capelli prima di baciarla ogni volta che avrei voluto, pensare che potrei essere io a farla ridere come ride, di quel modo così bello, mi fa sentire come se una spada mi trapassasse da parte a parte e venisse rigirata lentamente, con calma studiata, nello stesso punto, senza posa. E guardarla mi ricorda incessantemente che sono un maledetto idiota, perché sono io che l'ho mandata via, è solo colpa mia se l'ho persa. 
E non so nemmeno perché accidenti tutto questo mi faccia sentire come se avessi perso qualcosa di un po' più vitale. Tipo l'uso delle gambe. A confonto sembra niente.
- Oh, smettila - sbotta Noah, indispettito. - Tu sai perfettamente perché ti senti così.
- Per favore, non farglielo dire - si lamenta Matthew a bassa voce, tenendosi le mani sullo stomaco. - È stato talmente melenso che temo mi sia venuto il diabete.
- Scusa tanto se non ho la proprietà linguistica di uno scaricatore di porto - ribatto irritato. - Ma almeno sei stato a sentire quello che ho detto?
- Sì, sì - risponde lui, annoiato, sdraiandosi pigramente sull'erba fresca. - Ti stai struggendo di dolore per una psicopatica, e anche se ne conosci benissimo la ragione, ti rifiuti di dirla ad alta voce perché sei un orgoglioso egocentrico e vuoi che siamo noi a cavartelo di bocca con la forza. Be', mi dispiace se non alimento il tuo bisogno di attenzioni e sicurezze.
- Sai, Matthew - dico lentamente, guardandolo, - è da diversi giorni che sento la necessità di spaccare il muso a qualcuno, ma ancora non mi si era presentata l'occasione giusta.
- E allora? 
- Mi sa che adesso è arrivata.
- Ora basta - interviene Noah, snervato. - Peter, tu non hai voglia di picchiare nessuno se non te stesso, quindi se proprio devi sfogarti cacciati un dito in un occhio. Quanto a te - aggiunge, guardando con disgusto Matthew pulirsi un orecchio con il mignolo, - se proprio non riesci ad essere incoraggiante, almeno stai zitto.
- Agli ordini, sergente - recita lui facendo il saluto militare.
Noah alza gli occhi al cielo, probabilmente invocando tutte le entità divine che conosce affinché scaglino una valanga di fulmini dritto sulla testa di Matt, ma poi torna a rivolgersi a me con aria molto seria. - Avanti, ammettilo.
Sento Matt sbuffare. - Ammettere cosa? - domando nervosamente.
- Ammettere quello che provi per Wendy - ribatte lui. - Quello che provi veramente per Wendy.
Incrocio le braccia al petto, sulla difensiva. - Non so proprio di cosa tu stia parlando.
- Oh, per l'amor del cielo - sbuffa Noah, mentre da dietro di noi arriva l'eco di una specie di suono strozzato. Quando mi volto a guardare Matthew, però, sulle sue labbra non aleggia nemmeno la parvenza di un sorriso. Noah gli scocca solo un'occhiataccia piena di fastidio prima di rigirarsi. - Peter, è da un'ora che non fai altro che parlare di quanto ti manchi Wendy, di quanto ti stia facendo male e tutte quelle cose sdolcinate che spero di non sentirti ripetere mai più...
- Sì, be' - replico, - eravamo amici...
- Se permetti - interviene Matt, divertito, - dubito che se tu litigassi con me o con Noah ti metteresti a parlare con Wendy di quanto ardentemente vorresti baciarci...
- Ha ragione - conviene Noah a denti stretti.
- E quando non ce l'ho? - replica l'altro, facendo spallucce.
Noah decide, con molto buonsenso, di ignorarlo. - È inutile che continui a negarlo a te stesso. Ormai, che differenza fa?
- Già, perché se invece dico ad alta voce quello che tu vuoi sentirmi dire, Wendy tornerà da me chiedendomi scusa a braccia aperte, vero?
- Tecnicamente - precisa Noah, - sei tu che dovresti scusarti con lei.
- Non dovevi stare zitto? - sbotto. Matthew si chiude la bocca con una chiave invisibile. Alzo gli occhi al cielo. - E comunque, mi sono già scusato - borbotto. - Reiterate volte, e non mi sembra che sia servito a qualcosa.
- Io credo - riprende Noah, come se non fossimo mai stati interrotti - che tu non sei il tipo che si arrende così facilmente. Forse ammettere di amare Wendy non la farà cadere ai tuoi piedi come se nulla fosse, ma potrebbe essere una specie di... spinta. Insomma, devi capire che non puoi lasciarla semplicemente andare così. E devi capire che se la rivuoi così intensamente come dici, devi soltanto andare a riprendertela.
Almeno stavolta, Matthew ha il buon gusto di non aggiungere niete. Ma io scuoto la testa. - Non è... proprio così semplice come vuoi farla sembrare. Ho calcato anche troppo la mano, con Wendy, e per quanto posso vedere non mi ha mai portato a nulla.
- Ma adesso... - tenta di dire Noah.
- Adesso cosa? - lo interrompo stancamente. - Davvero pensi che basterebbe dire che la amo, cosa di cui non sono nemmeno tanto sicuro, per cancellare tutto?
Noah sgrana gli occhi. - Cosa vorrebbe dire che non ne sei nemmeno tanto convinto?
- Amare qualcuno non significa ferirlo - rispondo in tono piatto. - Ed è quello che ho fatto io.
- Non puoi basarti davvero su questa... sottospecie di massima da quattro soldi per stabilire...
- E invece sì - lo interrompo a bassa voce. D'un tratto, mi sento come se avessi dovuto sorreggere per una settimana il peso del mondo intero; schiena a pezzi, mal di testa, e una gran voglia di tranquillità. - Senti, ho ferito Wendy, l'ho persa, e lei ha tutto il diritto di avercela con me finché le pare... Io sicuramente non la obbligherò a parlarmi, se non vuole, e se anche questo dovesse voler dire continuare per sempre a stare... così, be', vorrà dire che mi ci abituerò. Per quanto mi riguarda, non c'è altro che posso fare.




In realtà, Peter non pensava davvero tutto quello che aveva detto; dio solo sapeva quanta voglia aveva di correre incontro a Wendy, stringerla tra le braccia finché gli avessero fatto male e sussurrarla che le dispiaceva all'orecchio, insieme ad un mucchio di altre melensaggini, solo nella speranza che lei lo avrebbe perdonato. Ma non lo fece, forse per paura, forse perché era stato sincero quando aveva detto che non era sicuro di amarla. Forse perché, col passare dei giorni, quel dolore che aveva al petto cominciava a farsi sempre un po' più sordo. Peter stava iniziando ad estraniarsi sempre di più dalla sua solita vita; gli capitava di ritrovarsi seduto in mezzo al bosco e non ricordarsi nemmeno di esserci arrivato, o di passare ore a fissare il soffitto di legno della sua stanza completamente perso nell'oblio. Per lui, smettere di pensare era l'unico modo di smettere di pensare anche a Wendy, anche se questo significava abbandonarsi ad un'apatia che davvero poche cose potevano risvegliare.
Finché un giorno...






ta-dà! I'm back! anche se con un capitolo che forse è uscito un po' male... non era esattamente come lo avevo immaginato, e sì, mi rendo perfettamente conto che quella specie di intermezzo finale è un'espediente davvero orribile, ma proprio non avevo idea di come legare questo capitolo al prossimo se non con una marea di altri capitoli inutili e potenzialmente noiosi... okay, riprendo fiato.
insomma, questo è, e mi pare che non ci sia molto da aggiungere. naturalmente, se avete dubbi o cose varie basta chiedere c:
per la cronaca, penso che da adesso riuscirò ad aggiornare un po' più spesso, anche se non prometto niente... nel frattempo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto (:
hasta luego y que aprovechen la vida! parentesi spagnola che non mi potevo proprio evitare c: xx

 
  
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