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Autore: La Nuit du Chasseur    30/06/2014    2 recensioni
[Michael Fassbender]
"Mi sposo", disse lei.
"Vieni a cena con me", disse lui.
Così diversi ma così vicini. La loro storia creerà problemi, danni, guai, passione e felicità. Non sapranno resistere all'avvicinarsi l'uno all'altra, anche se sanno che dovrebbero.
In una Londra complice e romantica, galeotta fu una caffetteria...
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Julia era turbata dalla litigata che aveva avuto con Michael, e aveva perso la sua euforia. Per fortuna Robert era così preso dalle bomboniere da non accorgersi di nulla. Era passata una settimana, non l’aveva più sentito e si era rifiutata di andare alla caffetteria per paura di rivederlo. Sapeva benissimo che le cose ormai erano andate così, e che avrebbe dovuto accantonare quell’uomo. Forse era la cosa giusta da fare e doveva solamente concentrarsi sul matrimonio: la scelta migliore, per la sua vita.

Era sabato pomeriggio, e Robert l’aveva trascinata in giro per negozi. Dovevano scegliere finalmente le bomboniere, ordinarle, prendere accordi con qualche catering per provarli e decidere la lista degli invitati e le partecipazioni da spedire. Era un mucchio di roba da fare, loro lavoravano tutta la settimana e il tempo scarseggiava se si contava che erano a Novembre inoltrato e volevano sposarsi a Marzo. Julia spazientita da tutta quella folle macchina dell’organizzazione, la settimana precedente aveva tentato di dire che si poteva benissimo rimandare di qualche settimana, portando il matrimonio ad Aprile, non sarebbe successo niente in fin dei conti. Forse lo disse con troppa enfasi, perché sia Robert, sia le mamme, tornate a Londra per sfinirla, la guardarono perplesse. Julia respirò e chiese scusa, dicendo che era molto stanca e sarebbe andata a letto, ma che loro potevano rimanere nel suo salotto a parlare.

Quella sera si chiuse dentro la stanza chiudendo gli occhi e sentì le lacrime scenderle sulle guance. Perché era stata così stupida? Iniziò a pensare che Michael avesse ragione sul suo matrimonio, in fin dei conti quale donna davvero innamorata si sente soffocare a decidere bomboniere e partecipazioni? Non lo sapeva più. Non sapeva più niente, voleva solo piangere. Si accasciò su se stessa, con le spalle alla porta e affondò il viso fra le braccia, soffocando i singhiozzi per non farsi sentire. Sentiva un’aria pesante attorno a se: tutti erano eccitati e felici e a lei non importava un fico secco né della tazzina di argento con le iniziali, né tantomeno del filetto in crosta. Lei voleva tornare a mangiare italiano con Michael, a comprare cose improponibili, a ridere. Ridere davvero. Dopo un po’ sentì di aver finito le lacrime e decise di mettersi a letto. Nel salotto le discussioni continuavano: era felice che nessuno fosse andato a disturbarla in realtà, ma si sentiva anche un po’ abbandonata. Almeno sua madre, dopo la sua scenata, poteva andare a vedere come stava, cosa avesse. Invece avevano tutti liquidato con un “E’ stanca, tutte le spose reagiscono così” e avevano continuato a discutere di cose inutili. Tutto ciò le dava l’impressione che a nessuno interessasse davvero come si sentiva e cosa voleva lei: aspettavano che lei dicesse si al matrimonio da almeno quattro anni ed ora sembravano volerlo portare avanti con le unghie e con i denti. A qualsiasi costo. Si sentì ancora più giù e andò a cercare un fazzolettino per asciugarsi il viso. Non lo trovava e iniziò a guardare dentro ogni borsa. Mentre cercava, la sua mano incappò in qualcosa di metallico, di duro. Lo prese incuriosita e si ritrovò fra le mani la calamita orrenda di Westminster. La tenne fra le mani sorridendo triste e pensò che le era rimasta in borsa per tutta la settimana senza che se ne rendesse conto. Questo la fece sentire ancora più depressa e ripensò a quella giornata con Michael, al suo sorriso, ai suoi gesti, a quel bacio appena accennato. Si sfiorò le labbra con le dita e chiuse gli occhi. Solo fare questo le fece capire quanto avrebbe voluto Michael in quella camera da letto in quell’istante: provava per quell’uomo un’attrazione fisica, prima ancora che mentale, così forte da sentirsi male.

Il giorno dopo decise di dare una svolta alla situazione e accettò che Robert la portasse in giro per negozi. Così quel sabato camminarono per ore alla ricerca del dettaglio perfetto. Ogni volta che Julia sentiva che stava per perdere le staffe, entrava in una caffetteria e prendeva un thè. Non aveva mai amato i thè, ma era ciò che prendeva sempre Michael ed inconsciamente iniziò a prenderlo anche lei. Giustificò a Robert la scelta dicendo che se avesse preso tutti quei caffè sarebbe morta di tachicardia, ma sapevano entrambi che era una scusa: Julia poteva bere anche dodici caffè, era abituata fin dai tempi dell’università. Ma Robert pensò che non c’era niente di male a cambiare gusti, e lasciò cadere la cosa.
Mentre Robert discuteva con un commesso della grandezza della partecipazione, cosa che Julia trovava irrilevante, con una scusa uscì dal negozio per prendere aria. Il commesso pensò che fosse incinta, Robert neanche si accorse che non l’aveva più a fianco, tanto era preso dalla discussione. Lì fuori, respirando a pieni polmoni la fredda aria di novembre e guardando gli operai iniziare a montare le lucine di Natale con largo anticipo, iniziò a camminare avanti ed indietro, con la testa bassa. Si scontrò su un uomo, alzò lo sguardo per chiedere scusa e si trovo di fronte Michael. Correva quasi, con gli occhiali da sole, la barba di qualche giorno ed i capelli quasi rasati. Si guardarono restando a bocca aperta, entrambi non sapevano cosa dire. Fu lei ad iniziare.
“Ciao… stai bene?”
“Si, tu? Che ci fa qui?”
“Sto… si insomma, sono con il mio fidanzato. Stiamo scegliendo le partecipazioni”. Disse quella frase con imbarazzo, indicando il negozio di fianco a loro. Michael istintivamente si girò per sbirciare dentro: voleva vedere questo Robert. Voleva dare un volto alla persona che aveva iniziato a detestare tempo prima. Trovò un uomo con un soprabito nero che discuteva animatamente con un povero commesso disperato e seduto su uno sgabello al di là del bancone.
“Perfezionista ed egocentrico?”. Chiese Michael, indicando Robert dal marciapiede e ridendo appena. Voleva smorzare la tensione, ma era dannatamente difficile.
Julia fu colta di sorpresa, e per un minuto non capì. Poi fece un mezzo sorriso e guardò il suo futuro sposo: era davvero perfezionista ed egocentrico, ma quel matrimonio gli stava dando alla testa. Sembrava una donna sull’orlo di una crisi di nervi e con il ciclo mestruale alle porte. Che differenza potevano fare due centimetri su una partecipazione? Se lo standard era quello, voleva dire che andava bene, diamine!
“Si, un pochino… credo che ci cacceranno dalla copisteria tra un po’.” Rispose lei.
“Se è più importante la forma di una partecipazione che avere la sua sposa a fianco mentre la sceglie, la questione è grave, Leighton.” Le lanciò la frecciatina a bassa voce, avvicinandosi al suo orecchio e guardando altrove. Poi prese a camminare e la salutò mentre già era di spalle, alzando una mano, senza dire niente.
Julia rimase a guardarlo, girandosi e non credendo alla sua sfacciataggine. Che razza di prepotente era! Non sapeva niente di niente e giudicava, andandosene senza darle la possibilità di controbattere. Era su tutte le furie, e rientrò nel negozio particolarmente accigliata.
“Tesoro, guarda siamo arrivati ad un compromesso: più stretta ma più alta e rosa confetto con le scritte dorate.”
“Si, va benissimo, bravo Rob. Ora andiamo che mi sta venendo mal di testa.” Fu molto scortese e si scusò dentro di se, ma non ce la poteva fare. Robert rimase male del suo pochissimo interesse sulla questione, ed anche al commesso parve una reazione molto strana, ma fu felice che la coppia andasse via, dopo un’ora di discussioni.

Tornarono a casa in silenzio, Julia ogni tanto sbuffava e guardava lontano, senza mai avvicinarsi troppo a lui o rivolgergli la parola. Robert iniziava a stancarsi di questo atteggiamento e arrivati a casa di lei la affrontò duramente.
“Sembra che mi stia per sposare da solo.”
“Scusa!?”
“No dico, sembra che ti stiano portando al patibolo, Julia. Sei scontrosa, irritata, non ti interessa nulla. Abbiamo passato quattro ore a decidere cose che dovrebbero riguardare il giorno più bello della tua vita e tu niente, muta come un pesce, scocciata.”
“Appunto, Robert: quattro ore! Diamine, quattro ore a parlare di tazzine, roast beef, confetti e altre diavolerie. Quando ti ho chiesto di sposarmi intendevo una cosa intima, io e te, per suggellare questi sette anni, non per fare invidia a William e Kate!”
Stava urlando e se ne rendeva conto, ma non poteva farne a meno. Robert non fu da meno: in genere tendeva a smorzare le discussioni, era remissivo e cercava l’accordo, ma quella volta no. Il mutismo di Julia in metro era stato troppo.
“Julia, cresci: sto cercando di regalarti un bel giorno, sto cercando di farlo per te, e non venirmi a dire la cazzata dello sfarzo perché non ti credo. Chi era quell’uomo che hai salutato fuori dal negozio?”.
Bingo. Julia si sentì mancare il respiro, credeva che Robert non si fosse accorto di nulla, ma forse aveva tirato troppo la corda e sottovalutato il suo fidanzato. Capì che era il momento di fingere. E avrebbe dovuto farlo ad arte.
“Ma chi? Robert cosa stai dicendo?”
“Su Julia, sai di chi parlo. Chi era?”
“Ora la butti sulla gelosia? Quello era un cliente per il quale stiamo seguendo una causa in studio. La sta seguendo Brian, ma l’ho visto entrare in studio spesso questo periodo. L’ho incontrato e l’ho salutato. Che avrei dovuto fare? Nascondermi?!”. Era una scusa plausibile. Robert non ci credeva molto, ma non aveva appigli per dirle che non era vero.
“Senti, io non voglio litigare, ma davvero Julia sei strana da tempo. Quando abbiamo deciso di sposarci eri felice, ora sono giorni che non ti si può dire nulla. Cosa hai?”
“Niente Robert, davvero niente. Solo che questo continuo parlare di cose futili mi sta snervando.” Forse la parola futile avrebbe dovuto evitarla.
“Futile… il giorno più bello della tua vita futile.” Ribattè Robert, dispiaciuto più che arrabbiato. Discutere con lei era diventato impossibile: trovava sempre il modo per ferirlo, in quegli ultimi giorni.
“Rob, sai cosa intendevo dire dai, non pesare ogni parola.” Si avvicinò all’uomo per cercare un contatto che sistemasse un po’ le cose: pensò che era tanto che non facevano l’amore e questo non faceva che aumentare i dubbi che Julia aveva. Nell’ultimo periodo si era scoperta spesso a desiderare Michael, nel letto, sotto la doccia, persino in ufficio.
Robert accettò l’abbraccio ma si divincolò subito dopo. Julia fu sollevata me decise di girare la situazione e prendere il coltello dalla parte del manico.
“Ecco, vedi!? Poi sono io… cerco di avvicinarmi a te e mi rifiuti. Io vado a letto, se vuoi dormire qui fa pure, altrimenti ci sentiamo domani”. Detto ciò, fiera della sua mossa e convinta di aver la vittoria in pugno, si avviò verso la camera da letto. Quando era sulla porta sentì due mani poggiarsi sui suoi fianchi e un respiro affannato alitarle sul collo.
“La metti così? Davvero vuoi questo? Sarai subito accontentata, ragazzina.” Robert non sembrava essere in lui, iniziò a toccarla con mani pesanti, a baciarle il collo da dietro. Arrivò al suo seno e lo prese in entrambe le mani stringendolo, per poi aprirle la camicetta con poca grazia. Robert non era un tipo da sesso rude, anzi, era fin troppo gentile anche nel toglierle i vestiti: mai una parola fuori posto, mai un gesto avventato. Ci mancava poco che si mettesse a piegare i vestiti dopo averli tolti!
La alzò di peso e la portò sul divano. Le tolse i pantaloni e gli slip velocemente e le aprì le gambe in maniera forte. Julia non sapeva come reagire: forse se lo era meritato, ma certo non conosceva quella vena del suo fidanzato. Mai in sette anni era stato così.
“Vuoi essere scopata per darmi il contentino e farmi stare buono. E se mi rifiuto, perché non sono un cagnolino, Julia, tu mi lanci recriminazioni che neanche una bambina di cinque anni. E allora eccoti accontentata, ragazzina”. Le disse quelle cose con sprezzo e rabbia, e non l’aveva mai fatto. La penetrò con la stessa rabbia, senza la solita dolcezza, senza i soliti baci gentili. Julia non era una donna facile, e a letto non le piacevano troppo le buone maniere, ma quell’atto ebbe il sapore di qualcosa di davvero brutto, non c’era amore, non c’era la passione che può far scaturire gesti più rudi, meno delicati. C’era solo tanta rabbia. Robert portò la sua opera a compimento senza dirle una parola, poi si alzò, andò in bagno con ancora la camicia addosso e chiuse violentemente la porta, lasciandola con un tonfo che difficilmente avrebbe dimenticato. 
Julia si rannicchiò sul divano e inizio a piangere. Aveva ragione lui, era stata cattiva e maleducata. Il suo senso di colpa era a livelli estremi, ed era tornata ad essere la brava ragazza che tutti conoscevano: quella educata, che sceglieva sempre il meglio, quel meglio che non era mai per se stessa ma sempre per gli altri, per non deludere. Si punì per tutta quella situazione, che era solamente colpa sua e decise di asciugarsi le lacrime e riparare. Andò verso il bagno, sentì l’acqua della doccia scorrere, ed entrò piano, Robert si lasciava scorrere l’acqua addosso, le mani poggiate al muro, la testa bassa. Julia entrò, scosto l’anta scorrevole e gli fece una carezza. Robert alzò la testa e disse piano: “Scusami, sono uno stronzo.”
“No, amore, è tutta colpa mia… non so cosa mi stia succedendo”. Disse piangendo, sinceramente dispiaciuta. L’uomo si girò e la guardò pieno di amore e disperazione. Julia non seppe resistere ed entro nella doccia così, mezza vestita, sperando che lui non la rifiutasse. Robert invece, era tornato l’uomo gentile e dolce di sempre, e la accolse in un abbraccio. Un abbraccio che non le dava neanche lontanamente le sensazioni di quelli che le dava Michael, ma scacciò quel pensiero sgridandosi e ripetendosi che la sua vita era quella, e tutto il resto era semplicemente sbagliato. Rimasero così sotto l’acqua per un tempo infinito, in silenzio. Poi si asciugarono, e andarono in salotto. Julia provò a parlare, ma Robert la zittì subito dicendole solamente: “Basta, non ne parliamo più… posso rimanere qui?”. Era tornato: non si parlava più del necessario, non era utile discutere di ciò che si provava, bisognava parlare solo per organizzare e anche lì lo stretto necessario. Julia avrebbe voluto rimanere sveglia a sviscerare il problema che evidentemente c’era fra loro, ma non le fu concesso. Respirò e continuò a dire che stava inutilmente complicando la situazione: per setti anni le era andato bene, avrebbe continuato ad andare bene così. Accettò che lui rimanesse e videro un film. Poi andarono a letto: nessuno dei due dormì. Julia cercava di tornare nei ranghi, Robert pensava che forse quello non era un cliente. D’altronde, uno stupido non era.
  
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