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Autore: Ayr    01/07/2014    2 recensioni
Arden è un giovane Cacciatore di draghi, uccide queste creature per prelevare il Sospiro del Drago, una sostanza preziosissima altamente infiammabile. Elleboro è una Lingua di Fuoco, una leggenda, lei i draghi li protegge.
Quando la ragazza incontrerà Arden e lo salverà da un attacco di draghi, inizierà per lei una missione: fargli conoscere e cercare di fargli apprezzare queste meravigliose creature, facendogli capire gli orrori che i Cacciatori come lui compiono contro di esse.
Riuscirà Elleboro nella sua missione? O avrà ragione Passiflora e Arden tornerà ad uccidere draghi, come ha sempre fatto?
Dedico questa storia a mio fratello che ne ha trovato il titolo e ad una mia amica, che come me ama i draghi ed è innamorata di un Cacciatore.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV
 
Arden aprì gli occhi e si trovò davanti un soffitto di legno chiaro. Scoprì di essere sdraiato su un letto, sentiva le morbide e fresche lenzuola sfiorarli la pelle bollente, aveva la febbre.
«Temevo non ti svegliassi più» sospirò sollevata una voce conosciuta. Il ragazzo sforzò il collo per capire chi avesse parlato ma fu la ragazza a entrare nel suo campo visivo. Aveva un viso dai tratti decisi, addolcito da una matassa di morbidi ricci castani, Arden la riconobbe: era la ragazzina che aveva incontrato tempo fa nel vicolo, la Lingua di Fuoco.
«Dove mi trovo?» domandò Arden a fatica, aveva la gola secca.
«Sei al Rifugio, a casa mia» rispose la ragazzina.
«Da quanto tempo sono qui?» chiese ancora il ragazzo.
«Quasi un giorno» rispose lei, «hai dormito per tutto il tempo». Arden sentì qualcosa di fresco bagnarli la fronte e una piacevole sensazione di sollievo, la ragazza aveva appoggiato una pezza bagnata.
«Nessuno è venuto a cercarmi?» domandò Arden, pur intuendo già la risposta.
«Nessuno pensava fossi ancora vivo» replicò la ragazza «Se i miei draghi non ti avessero visto e attaccato neanche io ti avrei notato» continuò «A proposito, mi dispiace per l’aggressione. Ma con così pochi draghi e con così tanti Cacciatori in giro hanno paura, e li capisco».
In quel momento si sentì un gracchio e una figura nera atterrò sulla spalla della ragazzina, il ragazzo sussultò.
«Non ti preoccupare» lo tranquillizzò lei, «non dovrebbero più farti del male, gliel’ho ordinato».
«Sei la Signora dei draghi?» domandò Arden, la ragazzina scoppiò a ridere.
«No, no» si affrettò a dire «sono una semplice ragazza di sedici anni che conosce la lingua dei draghi, ma tu puoi chiamarmi Elleboro»
Elleboro ecco come si chiamava quella ragazzina.
«Arden» si presentò il ragazzo e provò a muovere la mano destra per stringere quella della ragazzina, ma una fitta lo costrinse a desistere dal suo proposito.
«Stai tranquillo» sussurrò la ragazza «Sei debole, la parte sinistra del tuo corpo deve ancora guarire dall’ustione e il veleno dei miei draghi è entrato in circolo, mi dispiace.»
«È per questo che ho la febbre?» chiese il ragazzo, si sentiva anche intorpidito, caldo ed esausto, con i sensi obnubilati dalla febbre, non riusciva a muoversi, ogni movimento gli costava un enorme fatica, come se fosse immerso in un lago di melassa irto di spilli.
«Sì, è uno dei sintomi. Ma tranquillo, farò di tutto perché tu guarisca velocemente» gli sorrise la ragazza e il solito scintillio dorato le illuminò il castano caldo dei suoi occhi..
«Ora sono in debito con te» le fece il verso lui, la ragazza sorrise di nuovo.
«In realtà adesso siamo pari» rispose lei, si diresse verso un tavolino e prese un vassoio, sopra c’erano una ciotola piena di brodo caldo, del pane bianco e una brocca piena d’acqua.
«Ora è meglio se mangi, per recuperare le forze» gli consigliò appoggiando il vassoio sul letto e aiutando Arden a mettersi seduto, fitte di dolore simili a aghi appuntiti lo costrinsero a stringere i denti.
«Come faccio se…» iniziò lui ma si ritrovò un cucchiaio di zuppa in bocca. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, con sua mamma che lo imboccava e gli raccontava le favole quando era costretto a letto dalla febbre, sperò che a Elleboro non venisse in mente di fare anche questo, si sentiva già terribilmente in imbarazzo.
«Devi proprio?» domandò, e Elleboro ne approfittò per dargli un’altra cucchiaiata di brodo, «Mi sento un infermo» protestò.
«Sei un infermo» replicò lei con un sorriso.
«Sembra che la cosa ti diverta» notò lui.
«Da morire» rispose lei. Dopo averlo imboccato, Elleboro lo costrinse a prendere una medicina
«Serve per neutralizzare il veleno dei miei draghi» gli spiegò facendogliela ingoiare a forza, non gli erano mai piaciute le medicine. Questa però, nonostante l’aspetto poco invitane, era infatti un liquido marrone scuro, aveva un sapore dolce e piacevole.
«Ora devo controllare lo stato della tua ustione» continuò. Solo ora Arden notò che aveva il braccio, il petto e la gamba fasciate e che lì la pelle tirava terribilmente. Elleboro iniziò a svolgere le bende e il ragazzo rimase inorridito di fronte alle ferite, erano delle lunghe strisce rosse, ricoperte di fiacche purulente.
«Ho provato a curarla con la magia, ma non è servito a molto» rivelò sconsolata la ragazza iniziando a spalmare una sostanza vischiosa rosa pallido, all’inizio l’unguento procurò una sensazione di piacevole sollievo al ragazzo, ma venne subito sostituita da un bruciore atroce. Si morse le labbra e sentì il retrogusto metallico del sangue.
«Lo so» mormorò la ragazza «Ma è l’unico unguento che sono riuscita a trovare in grado di far guarire un’ ustione del genere. È pur sempre fuoco di drago quello che ti ha ferito.»
La ragazza iniziò a riavvolgere le bende e Arden sentì un’ultima atroce fitta quando stinse il nodo.
«Ora ti lascio riposare» annunciò «Tornerò stasera, con la cena.»
Arden la vide dirigersi verso la porta, il piccolo drago nero che le era sempre stato accanto indugiò un attimo a studiare il ragazzo, aveva piccoli e intelligenti occhi verde smeraldo nei quali erano immersi delle sottili pagliuzze dorate.
«Tanatos, vieni» lo chiamò la ragazza ferma sulla porta, il draghetto si voltò verso la padroncina e gracchiò.
«No, non puoi stare qui con il Cacciatore» gli disse «Hai già fatto abbastanza per lui», il drago gracchiò di nuovo, questa volta il ragazzo sentì una sorta di nota quasi dispiaciuta nella sua voce.
«Non mi interessa se ti sta simpatico. Non puoi stare nella sua stanza da solo, non in queste condizioni», il drago gracchiò con fare interrogativo.
«Perché rischieresti di attaccarlo di nuovo, e il tuo veleno ha già fatto troppi danni» il draghetto gracchiò risentito.
«Non importa che sia stata Nosos a morderlo, non posso permetterti di farti rimanere qui. Quindi ora vieni» rispose la ragazza spazientita e aggiunse qualche parola nella lingua sibilante dei draghi, Tanatos gracchiò dispiaciuto e seguì remissivo la sua padroncina fuori dalla stanza. Arden li seguì con lo sguardo fino a quando la ragazza non si richiuse la porta alle spalle, rimase ancora qualche minuto a fissare la porta prima di riappoggiare il collo sul cuscino.
 
*
 
«Gli fai anche da infermiera adesso?»
«Cielo Leisha! Ti stiamo forse dando fastidio?»
«Non mi piace che tu dedichi così tante attenzioni ad un Cacciatore.»
«Ti ricordo che è innanzitutto un essere umano.»
«Uccide i draghi! Quanto può esserci di umano in questo?»
«Anche noi uccidiamo, gli animali.»
«Sì ma lo facciamo per sopravvivere.»
«E per cosa credi che lo facciano loro? Il Sospiro di drago serve come combustibile e loro hanno bisogno della luce.»
«Adesso li difendi? Sei diventata anche tu una di loro?»
«Sto solamente cercando di farti capire che non sono così crudeli come li dipingi tu.»
«Non sono crudeli?!?! Mahanate Eilesha! Ma ti sei mai accorta di come lasciano quelle povere bestie? Agonizzanti, ferite, con le ali lacerati e la gola scarnificata, a volte li strappano perfino le scaglie e li torturano! Non hai mai visto con quale ferocia conficcano le loro lance nel collo di quei poveri animali, con quale crudeltà gettano i loro arpioni squarciando le loro ali come se fossero stoffa? Devo ricordarti che uno di quelle povere bestie è proprio qui, a due passi, quasi in fin di vita e tutto questo per colpa di quello stupido Mahar che ti ostini a difendere e curare?»
«Ma lo possiamo cambiare Leisha! Possiamo fargli conoscere i draghi, farglieli apprezzare e fargli capire le atrocità che quelli come lui compiono contro di essi!»
«È dunque questo quello che vuoi fare? E cosa speri di ottenere?»
«Il fatto che un Cacciatore torni a cacciare cinghiali.»
«È un progetto irrealizzabile Eilesha. È nato Cacciatore e rimarrà tale, non puoi farci nulla»
«Almeno provarci, Leisha.»
«Fai come vuoi, ma poi non venire a piangere se il Cacciatore tornerà con la testa di Tanatos appesa alla cintura.»
Eilesha vide la sorella allontanarsi con furia. Forse aveva ragione, forse il suo progetto era completamente privo di senno, ma cosa aveva da perdere, in fondo? Se non avesse funzionato non sarebbe cambiato nulla, ma se avesse funzionato avrebbe conquistato l’amicizia e la stima di un Cacciatore, sarebbe riuscita a non farlo più cacciare; inoltre essendo riuscita a cambiare lui avrebbe potuto cambiare anche altri.
Hardef nafin Eilesha si disse scuotendo la testa. Eppure il suo era un progetto migliore di quello che portava avanti Leisha, lei i Cacciatori li stanava, li attaccava, li uccideva, quanto poteva essere diversa da loro comportandosi così?
Il problema era, che ci fosse chi la seguiva e la sosteneva, Caleisha e Anisse in primo luogo e finché Leisha avesse avuto seguaci e raccolto consensi non si sarebbe fermata.
Eilesha si era sempre chiesta perché sua sorella provasse così tanto odio nei confronti dei Cacciatori, la ragazza infatti non agiva solo per proteggere e difendere i draghi, spesso usava gli stessi e il potere che esercitava su di essi per attaccare deliberatamente i Cacciatori, come l’ultima volta. Sarebbe bastato spaventarli e invece aveva obbligato il drago a continuare a sputare fuoco e quando questi si era ribellato aveva lanciato lei stessa le fiamme, lei e quello spregevole di Caleisha.
Anche lui serbava un odio profondo nei confronti dei Cacciatori, se fosse stato per lui li avrebbe sterminati tutti uno ad uno, Caleisha era crudele, vendicativo, subdolo, spietato e molto intelligente, ma avventato e irascibile, pericoloso insomma.
In quel momento Eilesha sentì la porta aprirsi e si ritrovò proprio Caleisha davanti.
«Salve Eilesha» la salutò.
«Cosa ci fai qui?» rispose lei, quel ragazzo le metteva paura.
«Devo parlare con Leisha.»
«Di un nuovo modo per uccidere quanti più Cacciatori possibile?» gli chiese lei sprezzante.
«Di come uccidere quello che tieni nella tua stanza» le ripose lui con uno scintillio crudele negli occhi grigi.
«Non ti permetterò di toccarlo!» esclamò la ragazza.
«Cos’è? Ti sei innamorata di lui?» la punzecchiò il ragazzo avvicinandosi «Solo perché ti ha salvato una volta la vita, non significa che lo rifarebbe una seconda.»
Era troppo vicino, Caleisha afferrò i polsi di Eilesha e avvicinò il suo viso a quello della ragazza.
«E comunque ricordati che tu sei mia, Eilesha maharan maregi» le sibilò, la ragazza per tutta risposta gli sputò in faccia. Caleisha si allontanò inveendo contro la ragazza nella lingua dei draghi e ripulendosi il viso. In mezzo a quel mare di concitati suoni sibilanti la ragazza riuscì a distinguere una parola “Taleiso”, vendetta.
«Te ne pentirai Eilesha. Tu sei mia, ricordatelo» la minacciò prima di sparire per il colloquio con Leisha. Era tutta colpa di sua sorella, era stata lei a prometterla a quell’essere, senza il suo consenso, per ottenere in cambio il suo aiuto, e ora Caleisha era convinto che lei fosse una sua proprietà esclusiva, ma non lo era.
Una volta o l’altra gli aizzerò contro un drago disse tra sé massaggiandosi i polsi, nel punto in cui l’aveva stretta aveva lasciato dei segni rossi, come delle lievi bruciature. In realtà non pensava davvero a quello che aveva detto, non avrebbe mai usato i suoi poteri per controllare i draghi e obbligarli a uccidere le persone, non sarebbe diventata come sua sorella.
Con un sospiro uscì dalla casa, chiuse gli occhi lasciando che il vento le accarezzasse il viso e portasse via tutti i suoi guai, temeva per il cacciatore, Caleisha sarebbe stato capace di fargli qualcosa, aveva già tentato una volta di ucciderlo, non avrebbe esitato a farlo una seconda. Eilesha emise un fischio basso e un drago esile, longilineo ed elegante atterrò ai suoi piedi, aveva le scaglie nere anche se sul fianco destro erano attraversate da una striscia bianco perla.
«Nosos, ho bisogno che tu faccia la guardia al Cacciatore e non permetta a nessuno di avvicinarsi, a meno che non te lo chieda io, me lo faresti questo favore?» domandò la ragazza nella lingua degli uomini, il drago emise un basso gorgoglio, segno di assenso poi un fischio simile ad una domanda.
«Sì, può aiutarti anche Tanatos, basta che non entri nella stanza. Non mi fido a lasciarlo solo con il Cacciatore, per me vuole assaggiarlo anche lui» rispose lei, il draghetto emise una specie di suono strozzato simile ad una risatina soffocata, Eilesha le diede una pacca sulla testa e il drago volò via.
 
*
 
Arden stava dormendo quando sentì qualcuno bussare alla porta, era Elleboro che reggeva tra le mani un vassoio con la cena.
«Spero di non averti svegliato» si scusò, la luce rossastra del tramonto donava delle sfumature ramate ai suoi capelli, raccolti in una treccia.
Arden scosse la testa.
«Ti ho portato la cena» lo informò lei appoggiando il vassoio su un tavolo, i draghetti che seguivano la ragazza ovunque, entrarono nella stanza e dopo aver svolazzato un po’ verso il soffitto si posarono sul letto del ragazzo fissandolo con i loro piccoli occhi verdi, simili a smeraldi.
«Loro sono Tanatos e Nosos, i miei draghi» gli presentò la ragazza, i draghetti emisero un flebile gorgoglio, «Ci sarebbe anche Fobos ma ha un’ala spezzata, te lo presenterò un’altra volta» promise.
Arden sorrise e uno dei due draghi zampettò fino a lui, il ragazzo allungò una mano, il draghetto indietreggiò sospettoso, studiandolo con i suoi occhi intelligenti e accertatosi del fatto che non fosse pericoloso, si lasciò avvicinare e toccare. Era la prima volta che Arden accarezzava un drago, l’animale emise quelle che parevano fusa mentre il ragazzo sfiorava con la mano la sua testa squamosa.
«Tanatos adora essere accarezzato sulla testa» disse Elleboro prendendo la ciotola con la zuppa «Ora però il Cacciatore deve mangiare» aggiunse rivolgendosi al drago, questo si voltò e la guardò con occhi supplichevoli.
«Non ti dà fastidio, vero?» chiese la ragazza ad Arden «Che stia lì con te mentre mangi, intendo. Credo che dopo averti ridotto a brandelli si sia affezionato a te» sorrise la ragazza «Tanatos dà troppa confidenza, a chiunque. È Nosos la più diffidente»
«Gli hai sempre avuti?» domandò Arden mentre la ragazza lo imboccava.
«Quando ero molto piccola stavo giocando nel bosco vicino a casa mia, stavo correndo e ad un certo punto sono caduta, mi ero inciampata in qualcosa. All’inizio pensavo fossero delle pietre molto grandi, erano ovali e grigio-verdi, ma scoprì che in realtà erano uova. Mentre le stavo osservando, infatti, quella su cui mi era inciampata si crepò e ne uscì un draghetto, Tanatos. I draghi sono soliti considerare come madre la prima creatura che vedono e siccome la prima che aveva visto ero io, ero diventata automaticamente la sua mamma. Da allora li o presi con me e li ho accuditi, li ho cresciuti e li ho educati.»
Arden aveva ascoltato affascinato l’intera storia.
«Ma i tuoi genitori non hanno detto nulla quando sei arrivata a casa con tre draghi?» domandò mentre la ragazza prendeva le bende.
«Non hanno avuto modo di farlo» rivelò lei «Mia mamma è morta dandomi alla luce, mio padre l’ha seguita cinque anni dopo. Eravamo rimate solo io e mia sorella e una zia che si era presa cura di noi dopo che mia mamma era morta e lei era una Lingua di fuoco, con i draghi aveva a che fare tutti i giorni, quindi non ha sollevato obiezioni quando gliene ho portati a casa tre. Lei stessa raccattava e curava draghi feriti dai Cacciatori o abbandonati dai genitori, questo posto è suo.» raccontò la ragazza mentre svolgeva le bende.
Arden vide che gli occhi della ragazza erano diventati lucidi.
« Mi dispiace» sussurrò lui «So come ci si sente», la ragazza sollevò lo sguardo e sorrise.
«Lo so» mormorò «Me l’hai raccontato» dopodiché tornò al suo lavoro, il ragazzo la osservava accarezzando distrattamente Tanatos accoccolato sul suo grembo. Era davvero particolare quella ragazza, e non solo perché aveva tre draghi al seguito, c’era qualcosa in lei che lo affascinava e lo incuriosiva, qualcosa nel suo sguardo, nel suo sorriso, era capace di passare dalla più dolce gentilezza alla più impertinente irriverenza; si ricordava ancora quanto era stato difficile avvicinarla, si era dimostrata una ragazza terribilmente diffidente e orgogliosa, invece ora era affabile, allegra e loquace, ben diversa dalla ragazzina spaurita incontrata nel vicolo.
Arden strinse i denti, la ragazza era tornata a spalmargli quell’unguento infernale.
«In due o tre settimane dovresti guarire del tutto» le annunciò la ragazza.
«Due o tre settimane?!» esclamò il ragazzo, sconvolto.
«L’ustione è piuttosto grave e molto estesa e per quanto unguento riesca a spalmarti non riesco ad accelerare il processo di guarigione» si scusò la ragazza.
«Nemmeno con la magia curativa?» domandò Arden speranzoso.
«Non sono così pratica, riesco ad usarla solo per piccole ferite poco gravi» mormorò, abbassando la testa, come per chiedere scusa per la propria impotenza, anche Arden abbassò lo sguardo sconsolato.
«Però entro pochi giorni il veleno dovrebbe sparire del tutto e io potrei portarti da mia zia» propose la ragazza «lei è una Lingua di fuoco molto più potente di me, forse lei potrà esserti di più aiuto.»
«Non abita qui?» chiese Arden stupito, in fondo quella era casa sua.
«Ha preferito trasferirsi in un posto più tranquillo» rispose laconicamente Elleboro rialzandosi.
«Ora devo andare, buonanotte» aggiunse dirigendosi verso la porta «Tanatos, Nosos, venite!» li richiamò la ragazza. Il draghetto accoccolato tra le braccia di Arden si riscosse e volò verso la ragazza seguito da Nosos.
«Buonanotte» rispose il ragazzo mentre Elleboro chiudeva la porta.
   
 
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