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Autore: RandomWriter    01/07/2014    5 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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AVVERTENZA:
Il capitolo 15 si è rivelato più lungo del previsto (oltre venti pagine di Word) così, contrariamente a quanto avevo annunciato nel precedente, ho dovuto scomporlo... questo capitolo sarà quindi incentrato solo  sul passato di alcuni personaggi mentre per l’allenamento di Erin-Castiel dovrete attendere ancora >.<”. Pur essendo già scritto devo risistemarlo e in questo periodo non ho proprio tempo :S. Appena mi sarò liberata dagli esami dell’università, giuro che mi metterò d’impegno per pubblicare i capitoli con più regolarità. Visto che è passato un po’ dalla lettura del capitolo 14, sarà meglio aprire con il solito…
 
…RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE
La professoressa di arte assegna ai suoi studenti il compito di disegnare in classe il profilo del proprio compagno di banco. Dopo i risultati insoddisfacenti di Erin e Castiel la donna è costretta a chiedere ai due ragazzi di riprovare e presentarle il lavoro per la settimana successiva. Castiel però chiede a Violet di eseguire il lavoro al posto suo e la giovane artista, nonostante le proteste degli amici, accetta volentieri. Nel pomeriggio Erin conosce il preparatore atletico della squadra di basket che, nonostante l’aspetto ridicolo, si rivela un buon allenatore. Viene anche a sapere da Nathaniel che Castiel non parteciperà alla gita della settimana successiva. Riesce a convincere Lysandre e Castiel ad ammettere anche Violet ed Iris alle prove del venerdì sera e in quell’occasione fa irruzione Alexy. Nonostante le resistenze iniziali di Castiel, il ragazzo viene invitato a rimanere in compagnia del gruppo. Quest’ultimo, mentre sta accompagnando a casa Erin, comincia a raccontarle cosa è accaduto in passato, prima dell’arrivo della protagonista al Dolce Amoris.
 
CAPITOLO 15: IL CLUB DEI DISADATTATI
Era quasi un anno che Alexy era costretto a sopportare i commenti meschini dei suoi compagni di classe:
“ehi checca, vai nel bagno delle femmine?” lo provocò Pablo, un ragazzo di origini messicane non appena lo vide alzarsi. In mezzo ad una classe di studenti del secondo anno di liceo era impossibile non notare quella fastidiosa presenza. Pablo stava ripetendo l’anno per la terza volta e questo, unito ad una stazza imponente, gli conferiva un’aria intimidatoria e minacciosa. Nessuno osava mettersi contro di lui: la dura legge della giungla scolastica insegnava che quel tipo di persone andavano assecondate e non affrontate. Per questo Alexy, anche se intimamente apprezzato da tutta la classe, si trovava da solo di fronte a quel colosso. Molti suoi compagni, che fino all’anno precedente si erano dichiarati suoi amici, si erano fatti da parte per evitare uno scontro diretto con il bulletto messicano.
Solitamente la reazione di Alexy era una tacita indifferenza che ostentava allontanandosi da quel ragazzo ogni qual volta gli fosse possibile. Questo però non era sufficiente a scemare il senso di superiorità di Pablo che non perdeva occasione per lanciargli qualche battuta cattiva. L’unico motivo per cui non alzava le mani su di lui, gli aveva detto una volta, era che lui non picchiava le donne. Alexy si era limitato a rispondere:
“e io non do retta agli idioti”
Quella fu una delle poche volte in cui Alexy non era riuscito a resistere alla provocazione. Pablo sembrava sul punto di tradire i suoi principi, avventandosi sul ragazzo, ma era stato interrotto dall’arrivo dell’insegnante.
Nonostante le vessazioni quotidiane, Alexy non rimpiangeva nulla di quello che era. Non poteva essere diverso e non voleva esserlo. Sapeva che in fondo i suoi compagni gli volevano bene poiché era una persona spontanea e aperta. Questo era vero soprattutto per le ragazze. Quanto ai maschi, erano più che altro spaventati da Pablo e temevano che dimostrandosi amici di un gay, sarebbero stati additati allo stesso modo.
Dopo essere entrato in bagno, Alexy si specchiò controllando che i capelli fossero a posto. Non gli sembrava che quell’usanza fosse così tipicamente femminile, eppure più volte era stato deriso anche per quello e per l’eccessiva cura che riponeva nel proprio aspetto.
Era un bel ragazzo, ne era consapevole, tanto che un giorno aveva sentito due sue compagne commentare:
“Alexy è proprio bello. Peccato che non sia… normale” completò una delle due dopo una leggera esitazione dettata dalla scelta del termine più appropriato.
Passando loro accanto, Alexy sorrise e commentò:
“per fortuna che Armin è la mia fotocopia. Potete ripiegare su di lui, visto che, a differenza di me è… normale”
In quei momenti sì avrebbe voluto essere diverso: avrebbe voluto arrabbiarsi, alzare la voce e insultare tutti quelli che con le loro mezze verità, le occhiate compassionevoli, le frasi denigratorie lo consideravano un anormale. Ma tutto ciò avrebbe cozzato con la sua indole e soprattutto, cedere a quelle continue provocazioni, avrebbe significato ammettere quanto la loro ignoranza e insensibilità lo ferissero.
 
L’unica consolazione di Alexy era subentrata da pochi mesi, con l’inizio della scuola; questa novità aveva le fattezze di una ragazza dai capelli talmente chiari da sembrare bianchi e occhi così dorati che sembravano quelli di una tigre. Si chiamava Rosalya, e come Alexy, era iscritta al club di disegno. Era già nota in tutta la scuola non solo per l’eccentricità del suo aspetto ma anche per una famosa parentela. Rosalya infatti era la sorella minore di Lysandre uno dei ragazzi più strani e asociali della scuola.
Quest’ultimo era coetaneo di Alexy ma erano in due sezioni diverse. Per qualche motivo aveva sempre suscitato l’interesse di Alexy, che però teneva per sé qualsiasi commento positivo sugli individui del suo sesso per non attirare ulteriori prese in giro e derisioni.
Tra le ragazze, le malelingue sostenevano che Rosalya (all’epoca un po’ bruttina), non potesse essere imparentata con quel gentiluomo d’altri tempi; eppure quando l’aveva conosciuta, Alexy non aveva avuto dubbi sulla loro somiglianza: come il fratello, Rosalya emanava un’aurea di solitudine e un bisogno di autoemarginazione.  Durante le lezioni al club parlava pochissimo e sembrava che ci fosse sempre qualcosa di più interessante nella sua testa di quanto la circondasse.
Entrando nell’aula si sarebbe vista una ragazza dai capelli a caschetto e un fisico un po’ grassottello, concentrata sul foglio davanti a sé. Ogni tanto si distraeva per parlare con Alexy, l’unico che giudicava meritevole della sua attenzione. Come se il fisico non fosse già un punto a suo sfavore, Rosalya portava un vistoso apparecchio da cinque anni e che era ansiosa di levarsi.
 
In Alexy, Rosalya aveva scoperto un amico e un valido confidente. Il ragazzo la ascoltava pazientemente e sapeva come sedare il suo temperamento aggressivo e scontroso. Dal canto suo, Alexy non poteva non rimanere affascinato proprio da quelli che la ragazza considerava i difetti del suo carattere ossia la forza e la combattività.
Per quanto Alexy cercasse di sorvolare i dettagli delle angherie a cui era sottoposto in classe, la ragazzina finiva sempre per intuire le parole non dette, il dolore del ragazzo dietro i suoi sorrisi tristi. Il fatto era che nemmeno per Rosalya la vita scolastica era una passeggiata. A causa dell’eccezionalità dei suoi capelli e del colore dorato delle sue iridi era stata battezzata “la strega della 1^A”.
Il suo carattere non le rendeva semplice farsi delle amicizie, specie tra le femmine che lei finì per giudicare, indistintamente, delle oche ignoranti. Sotto l’esosrtazione di Alexy, una volta Rosalya aveva mostrato ad un paio di loro un suo disegno di cui era particolarmente orgogliosa: si trattava di un vestito d’alta moda poiché il suo sogno era sempre stato quello di diventare una stilista. Si era sentita rispondere che disegnava malissimo e che le proporzioni erano sbagliate:
“l’idea è geniale Rosalya!” aveva invece esclamato Alexy quando l’aveva visto “non capisco come abbiano potuto dire una cosa del genere. Quello che conta è l’abito, non come hai disegnato la modella. Le proporzioni comunque sono corrette, non sanno neanche quello che dicono”
E dopo quel tentativo di socializzazione, Rosalya non provò ulteriormente a costruirsi un ruolo di maggior considerazione all’interno del tessuto scolastico, le bastava seguire le lezioni e frequentare Alexy durante la pausa pranzo. A dire la verità, il titolo di “strega della 1^A” era partito proprio dalle ragazze della sua classe che erano alla ricerca di un capro espiatorio, di qualcuno da deridere alle spalle. Questo segnò profondamente la personalità di Rosalya che cominciò a nutrire una sorta di astio e disprezzo per le femmine, trovandole tutte ipocrite e meschine. Non che con i maschi andasse meglio: erano ancora troppo immaturi e insistevano a punzecchiare Rosalya per via del suo aspetto. Quando si avvicinava Halloween poi le prese in giro assumevano più forza:
“e la scopa dove l’hai lasciata?”
“è la tua festa! Tanti auguri”
 
“li odio tutti! Maschi e femmine” si sfogò un giorno parlando con Alexy che, trovandosi in una situazione analoga alla sua, non sapeva come consigliarla. Ogni tanto ai due si univa anche  Armin ma quest’ultimo era un po’ in imbarazzo a farsi vedere in compagnia del gemello. Infatti doveva affrontare il fatto non solo di essere fratello di Alexy ma di avere pure lo stesso DNA, motivo, secondo alcuni, che avrebbe dovuto giustificare lo stesso orientamento sessuale. All’inizio Armin reagiva difendendo sé stesso e Alexy ma con il passare delle settimane si era stancato e aveva deciso di prendere le distanze da quella parentela così scomoda. Questo aveva creato delle tensioni tra i due fratelli: la finta indifferenza di Armin verso Alexy feriva immensamente quest’ultimo che a sua volta, fingeva che ciò non gli importasse.
 Armin aveva scoperto nei videogiochi il suo rifugio e passava la maggior parte del suo tempo immerso tra console e joystick, guadagnandosi l’appellativo di “nerd”. Anziché offenderlo, si sentì soddisfatto poiché era sempre meglio degli epiteti che erano riservati ad Alexy.
 
Tuttavia quella situazione era destinata a cambiare.
 
Un pomeriggio di fine ottobre, mentre stava tornando al club di disegno, Alexy incrociò due suoi coetanei di 2^C.
Anche se si trattava solo di due ragazzi del secondo anno erano entrambi piuttosto popolari.
 Uno dei due si chiamava Nathaniel e aveva già fatto innamorare di sé buona parte delle conoscenze femminili di Alexy. L’altro era Castiel che, come la luna, brillava della luce riflessa da quel sole che era il suo migliore amico che in quel momento ce l’aveva con lui:
“sei un idiota Castiel e lo sono pure io che ti do retta! Altrimenti non sarei mai finito nel club di cucito l’anno scorso!”
“eddai, tanto non abbiamo fatto un cazzo Nath” minimizzò il rosso incrociando le mani dietro la nuca. Crescendo Castiel sarebbe cambiato molto fisicamente, abbandonando quell’aspetto adolescenziale così immaturo e acerbo ma sul suo viso un tratto sarebbe rimasto immutabile nel tempo: un sorriso asimmetrico di eterno ribelle.
Incedendo, i  due spostarono i loro sguardi verso Alexy e Nathaniel lo salutò.
Alexy rispose con un timido “ciao” e continuò a camminare, sentendosi quei quattro occhi addosso che sembravano infiammargli il collo. Il biondo era il ragazzo più popolare del secondo anno e accanto a lui, Alexy finì per sentirsi in soggezione. Castiel invece era un caso enigmatico per tutta la scuola: aveva una pessima condotta, pessimi voti, parlava quasi esclusivamente con l’amico eppure nonostante la sua mancanza di doti, sembrava che Nathaniel lo considerasse come un fratello. Alexy sentì una morsa allo stomaco nel vederli così complici e allegri, chiedendosi quando il rapporto con Armin sarebbe tornato a prendere quei connotati.
 
“fighe quelle cuffie! Sono dell’Apple?”
 
Alexy si voltò verso il ragazzo che aveva parlato: Castiel. Il moro aveva uno sguardo affascinato e incentrato sull’oggetto che cingeva il collo del gemello solitario. Si trattava di cuffie grandi che gli avvolgevano completamente l’orecchio. Alexy le adorava sia per una questione tecnica (la qualità del suono era pazzesca) sia perché gli permettevano talvolta di isolarsi dal mondo e dalle sue brutture.
Sorpreso per quell’interesse, il ragazzo fece marcia indietro:
“vuoi sentire com’è il suono?” chiese sfilandosele di dosso. L’espressione di Castiel era talmente chiara che non fu necessario tradurla in un fonema.
Alexy scorse nella playlist e scelse una canzone che uno come Castiel poteva apprezzare.
Scelse una canzone dei Tool e dagli occhi eccitati del moro capì di aver azzeccato i suoi gusti:
“si sente da favola! I bassi poi... uaho… pazzesco!… senti Nath” e dopo essersi separato da quel gioiello della tecnologia si rivolse ad Alexy.
“ascolti i Tool?”
“un po’ di tutto in realtà. Quelli mi piacciono per via della batteria… Danny Carey è un grande”
“te ne intendi?” replicò Castiel lasciando trasparire una leggera ammirazione. Alexy stava toccando le corde giuste e questo lo sorprese. Non aveva mai visto il moro intrattenersi in una conversazione con qualcuno che fosse Nathaniel e si sentì lusingato per essere riuscito a calamitare l’interesse di entrambi.
“beh suono la batteria da qualche anno” si giustificò Alexy. Fino a quel momento solo Rosalya ed Armin erano a conoscenza della passione del ragazzo. Era convinto che averlo fatto sapere in giro l’avrebbe esposto ad ulteriori derisioni. Quasi a conferma delle sue paure, Castiel e Nathaniel si scambiarono un’occhiata che fece pentire all’istante Alexy per la sua confessione.
Nathaniel però disse qualcosa che mai Alexy si sarebbe aspettato:
 
“ti piacerebbe entrare nel nostro gruppo?”
 
Alexy li guardò sbigottito. Si aspettava una frase di scherno invece ciò che era arrivato alle sue orecchie e al suo cuore era la consapevolezza di aver trovato due amici.
 
“e così Thelma e Louise hanno un gruppo” commentò Rosalya. Quel giorno era particolarmente di cattivo umore. In mensa aveva litigato con due sue compagne di classe che le avevano chiesto consigli su come creare una pozione d’amore.
“non essere così sarcastica Rosa. In fondo mi sembrano due tipi in gamba”
“come no. Nathaniel ha la spina dorsale di una platessa mentre quell’altro… Castiel…ha il cervello di un riccio”
Alexy si sforzò di non ridere per i commenti dell’amica e cercò piuttosto di moderarne i toni:
“sicuramente sono meglio di altra gente che c’è in questa scuola”
“non ci vuole molto” aveva replicato seccamente Rosalya.
 
Quello stesso pomeriggio, finita la lezione, Alexy e Rosalya uscirono come sempre insieme dall’aula.
“ma che bella coppia che siete, checca”
Alexy non ebbe bisogno di voltarsi verso il suo provocatore per sapere di avere dietro di sé Pablo. Rosalya invece, che ne aveva piene le scatole delle prese in giro, si girò di scatto e lo guardò minacciosa:
“problemi trippone?” gli chiese sfidandolo.
“Rosalya, ignoralo” le disse sbrigativo Alexy, tirandola per un braccio.
“un corno! Sarai anche gay Alexy ma le palle ce le dovresti avere” gli sussurrò la ragazza a denti stretti. Era ora di darci un taglio. Le dava fastidio il modo in cui la trattavano a scuola ma tutto sommato quelle battutine non la ferivano veramente. Ciò che davvero la faceva star male era vedere Alexy subire la sua stessa sorte. Lui era sensibile e gentile con tutti. Non se la meritava tutta quella cattiveria.
“non stavo parlando con te” replicò Pablo, sorpreso dalla reazione di Rosalya.
“e invece mi hai tirata in mezzo. Smettila di importunare Alexy” sibilò la ragazza avvicinandosi a Pablo. Gli arrivava appena sotto il mento ma la sua inferiorità fisica era bilanciata da uno sguardo fiero e combattivo.
“o?” la sfidò Pablo con un sorriso denigratorio:
Gli occhi di Rosalya cominciarono a spostarsi freneticamente da una direzione all’altra. Anche se impulsiva, Rosalya non era stupida: riusciva a ragionare anche nelle situazioni più stressanti e pericolose. In corridoio il via vai della fine delle attività pomeridiane garantiva un flusso costante di persone, alcune delle quali erano rimaste attratte dalla situazione.
Eppure nessuna avrebbe mosso un dito per aiutare una checca e una strega. Non poteva contare sull’aiuto di nessuno.
“non sei nella posizione di minacciarmi racchia. Faccio quello che mi pare intesi?” la derise Pablo. Era la cattiveria fatta persona. Persino la perfidia che avrebbe raggiunto Ambra durante il quarto anno di liceo era preferibile (all’epoca era un’innocente studentessa del primo anno). Negli anni passati, Pablo era stato sospeso da scuola per ben due volte e solo le entrate generose da parte dei genitori nelle casse della scuola gli garantivano la sua permanenza tra le mura del liceo.
Dopo essersi avvicinato ulteriormente a Rosalya, le diede una spinta talmente forte che la ragazza cadde a terra. Sentì che il sedere le doleva, le lacrime di rabbia rigarle il  viso e gli occhi di decine di studenti puntati su di lei. Nessuno aveva mosso un dito per aiutarla. Che si fottessero tutti quanti.
 
“ehi dacci un taglio!”
 
Tutti si voltarono in direzione di quella voce. Anche Rosalya fu costretta a direzionare il suo sguardo verso l’unica persona che si era schierata dalla sua parte.
 
Quel giorno sarebbe stato per sempre impresso nella sua memoria.
 
Nathaniel camminava facendosi strada tra la piccola folla e raggiunse la ragazza, che ancora a terra, non gli aveva staccato gli occhi di dosso. Senza aggiungere una parola, il biondo si accucciò all’altezza di Rosalya e le rivolse un sorriso rassicurante. In quella scuola nessuno l’aveva mai guardata in quel modo.
 “fatti i cazzi tuoi Nathaniel” lo minaccciò Pablo, richiamando l’attenzione su di sè.
“ma sono affari miei. Alexy è un mio amico” replicò asciutto tornando in posizione eretta, mentre Rosalya faceva altrettanto.
Quelle parole colpirono Alexy con la violenza di un treno merci.
Il fatto che proprio lui, Nathaniel avesse ammesso davanti a tutti la loro amicizia era un evento senza precedenti. Nonostante il suo modo di fare così amichevole e disponibile, fino a quel momento solo una persona poteva bearsi del titolo di amico del biondo.
E quella persona stava appunto giungendo nella loro direzione.
Incuriosito da quell’affollamento, Castiel si era fatto strada e aveva raggiunto il focolaio della discussione. La scena che gli si era presentata davanti agli occhi era piuttosto interessante: Alexy aveva un’espressione basita, Rosalya non sollevava gli occhi da terra e Nathaniel fissava Pablo, il bulletto pluribocciato.  
“che succede?” chiese con tranquillità che sembrò eccessiva e fuori luogo a tutti i presenti.
Sapendo di non poter competere con Nathaniel (si sarebbe messo contro tutta la scuola), Pablo ripiegò sul nuovo arrivo.
Castiel aveva la fama di essere un piantagrane se provocato e chi aveva avuto a che fare con lui ne era sempre uscito male. Pablo non era così stupido da sfidarlo, piuttosto era abbastanza codardo da prendersela con le persone più deboli come Alexy. Tuttavia ora se lo trovava davanti, e il suo intento di schierarsi dalla parte del trio era piuttosto scontato. Eccitato dal pubblico presente, Pablo decise, per una volta, di misurarsi con uno al suo livello.
 “ma guarda chi è arrivato. Immagino che Alexy sia anche tuo amico”
Castiel guardò Alexy come se fosse la cosa più curiosa che avesse mai visto e commentò:
“non vedo dove sia il problema” replicò con una scrollata di spalle.
“c’era da aspettarselo da una checca come te. Del resto l’anno scorso eri iscritto al club di cucito”
Gli studenti guardarono Castiel, convinti che sarebbe balzato all’istante contro il bullo.
Tra lo stupore generale però, il ragazzo sorrise e scosse la testa, come se avesse sentito una battura divertente.
Contrariamente a quello che molti pensavano, Castiel non agiva mai d’impulso, ma ogni sua azione era pesata e pensata.
Alzò poi il mento, in una posizione fiera, senza levarsi il ghigno beffardo dal viso.
Si mordicchiò il labbro inferiore, eccitato dalla situazione.
“Castiel” lo ammonì Nathaniel “pensa a quello che stai per fare”
Castiel distolse l’attenzione dal suo bersaglio e, guardò l’amico con serietà. Nathaniel era il suo grillo parlante, l’incarnazione di una coscienza che non alloggiava dentro di lui:
“ok, hai ragione. Ci ho pensato” e, si voltò, dando le spalle a Pablo ma, cogliendo tutti di sorpresa, tornò a girarsi di scatto e  scagliò un pugno centrando l’addome flaccido del bulletto.
La vittima era stata colta alla sprovvista e l’aver abbassato la guardia gli era stato fatale. Sentì l’addome irrigidirsi, contorcendosi dal dolore, tanto da costringerlo a piegarsi in due e inginocchiarsi al suolo. Lo assalì un senso di vomito e cominciò a boccheggiare, sputando della saliva.
“chi è la checca ora?” lo provocò Castiel prendendolo per il colletto della maglia e costringendolo a guardarlo negli occhi.
Le pupille erano ristrette come quelle di un predatore che mette a fuoco la sua preda. Quelle due fessure trafissero Pablo come se proiettassero un laser mortale.
Castiel avvicinò il viso all’orecchio della sua vittima e gli sussurrò:
“non crederti tanto forte. Sei solo un ciccione, non hai muscoli. Ci sono andato leggero con te, ma se ti vedrò ancora dar fastidio in giro, sappi che ci sarà un secondo round”
Pablo non sapeva come replicare. Sentiva la gola secca, il battito accelerato.
 “e poi non vorrei mai che in giro si sapesse che anche tuo fratello è gay… non so se mi spiego” Castiel sussurrò pianissimo quell’estrema minaccia, confessando di essere a conoscenza dello scomodo segreto dell’avversario.
Soddisfatto, il ragazzo liberò Pablo e raggiunge l’amico, aspettandosi una nota di biasimo per il suo comportamento violento. In quell’occasione però il biondo si limitò ad un sorriso complice. Pur essendo un ferreo credente dell’uso della diplomazia per risolvere il problemi, non poteva negare che Pablo avesse avuto ciò che meritava.
“CHE COSA STA SUCCEDENDO QUI?!”
Evidentemente la preside non era dello stesso avviso di Nathaniel: quel genere di episodi non sfuggivano mai al suo occhio vigile tanto che sembrava dotata del potere dell’ubiquità.
Vide Pablo a terra che fissava Castiel. Quest’ultimo si voltò verso la donna e alzò le spalle come a dire “che vuoi che ti dica?”
“siete venuti alle mani?! Vi sembra questo il comportamento da tenere a scuola? Chi ha cominciato?”
Spostava lo sguardo alternativamente tra Castiel e Pablo. Indovinare chi fosse il colpevole sarebbe stato impossibile dal momento che si trattava di due degli studenti più problematici dell’istituto.
Sorprendentemente però Pablo non aveva la solita aria strafottente e ribelle. A contrario sembrava sconvolto e umiliato.
Nathaniel aprì la bocca ma Castiel non gli lasciò esprimere alcun suono poiché lo anticipò:
“che importa chi ha cominciato? Ormai è tutto risolto preside”
Non avrebbe lasciato che Pablo venisse sospeso un’altra volta. Sarebbe stata la soluzione più semplice per lui. Doveva invece affrontare le occhiate del resto degli studenti, l’umiliazione di sapere che ormai aveva perso i suoi poteri e non avrebbe fatto più paura a nessuno.
“risolto un corno! Te l’ho già detto Castiel ma non vuoi capire! Non è così che si risolvono i problemi. Bisogna parlarsi”
“certe cose non si possono esprimere a parole” commentò teatrale il ragazzo. Sapeva di essere il centro su cui si focalizzava l’interesse della folla studentesca e tale consapevolezza, a quell’età, non poteva che lusingarlo e accrescere la sua boria.  
“MA CHI TI HA EDUCATO COSÌ? SEI UN INCIVILE!” sbraitò la preside.
Quell’allusione alla sua educazione e quindi implicitamente ai suoi genitori, fece scattare una molla nel ragazzo. Nessuno doveva fare il minimo accenno alla sua vita familiare:
“si sieda con il resto delle persone che aspettano che me ne freghi qualcosa” borbottò guardando in direzione opposta alla sua interlocutrice.
Quella battuta fece scoppiare i presenti in una fragorosa risata mentre la preside, ormai paonazza, lo afferrò per il braccio e lo trascinò in presidenza.
 
Quel giorno il duo Nathaniel-Castiel raddoppiò. Quest’ultimo se l’era cavata con una nota di demerito non appena la preside, telefonando a casa, aveva scoperto la difficile situazione familiare del ragazzo e l’ormai ufficiale divorzio dei genitori. Impietosita, aveva lasciando andare Castiel che non poteva aspettarsi un epilogo peggiore. Preferiva essere disprezzato che commiserato.
Grazie al suo intervento però, Pablo smise di importunare gli altri studenti, specialmente Alexy, poiché sentiva su di se quella spada di Damocle dagli occhi feroci e minacciosi. Rosalya invece dovette sopportare ancora per un bel po’ i commenti alle sue spalle ma almeno nessuno aveva il coraggio di offenderla pubblicamente temendo le ire di Castiel. Il ragazzo era diventato una sorta di addetto alla sicurezza e, per quanto estraneo alla vita sociale del liceo, sembrava essere temuto e tenuto in considerazione da tutti. Anche se il suo personaggio era ben lontano da quello di un supereroe dei fumetti, la sua esistenza all’interno del liceo aveva creato una sorta di catena alimentare in cui lui si trovava al vertice.
Al gruppo si aggiunse ben presto anche Armin che sotto l’influenza (positiva?) di Castiel, imparò ad essere un po’ più spavaldo e il rapporto con il gemello venne pian piano recuperato. Non avrebbe più permesso a nessuno di dividerli.
Rosalya in primavera presentò agli amici il fratello Lysandre, in quanto il ragazzo sapeva suonare il piano. Con Nathaniel al microfono, Castiel alla chitarra, Alexy alla batteria e ora il nuovo tastierista, la band era completa.
Nell’arco di un paio di mesi, gli studenti più problematici e disinseriti della scuola si erano coalizzati in una sorta di gruppo esclusivo. Ogni tanto si divertivano a chiamarsi “il gruppo dei disadattati” anche se Nathaniel rappresentava più che altro l’eccezione che confermava la regola.
Nell’arco di un anno Rosalya migliorò notevolmente il suo aspetto, si tolse l’apparecchio e lasciò che i capelli le crescessero. I lineamenti del viso, dapprima un po’ infantili e paffuti si affusolarono secondo una perfetta simmetria. La ragazza passò dalla strega dai capelli bianchi, alla “regina delle nevi” tanto bella quanto glaciale. Alla fine del secondo anno, ricevette una lettera d’amore che cestinò all’istante senza nessun ritegno. Non rivelò mai a nessuno chi ne fosse l’artefice ma i giorni successivi a quell’episodio, Pablo aveva un’aria depressa e sconsolata.
Quando la ragazza era in terza, conobbe Leigh Barrymore al club di teatro e la loro comune passione per la moda li avvicinò al punto da farli innamorare l’uno dell’altra. Il “gruppo dei disadattati”, che ormai era formato da alcuni degli studenti più popolari della scuola, si riuniva sempre per pranzo.
 Anche Castiel, che sull’aspetto fisico era sempre quello che riscuoteva meno consensi, migliorò a vista d’occhio anno dopo anno, conquistando i cuori di qualche ragazza, senza però mai dimostrare interesse per quelle lusinghe. I suoi successi del resto non erano nulla se comparati alla strage di cuori operata da Nathaniel che nel frattempo era stato nominato segretario delegato.
Da quando si era formato, il gruppo aveva trascorso gli ultimi tre anni in perfetta armonia, con qualche discussione tra Rosalya e Castiel, troppo simili caratterialmente per andare d’amore d’accordo, con l’allegria di Alexy, la silenziosa attività da poeta di Lysandre , le sfide ai videogiochi tra Armin e Nathaniel.
 
A partire dal quarto anno, esattamente un anno prima dell’arrivo di Erin, sfruttando il potere che il ruolo di segretario aveva conferito a Nathaniel, i ragazzi avevano preso l’abitudine di riunirsi il venerdì sera per le prove del gruppo. Anche se non erano musicisti, Rosalya, Leigh e Armin si presentavano puntuali all’appuntamento e si dedicavano ad altre attività con la musica degli amici di sottofondo.  Nathaniel aveva accesso a tutti gli strumenti e questo permetteva ai ragazzi di usufruirne senza doverseli portare da casa anche se Castiel si lamentava del fatto che la chitarra elettrica della scuola fosse di bassa qualità”
 
“Castiel non è mai soddisfatto” commentò Erin divertita “comunque eravate un gruppo fantastico Alexy… avrei tanto voluto trasferirmi prima per conoscervi quando eravate così uniti” ammise con una nota di rammarico.
“poi però è cambiato tutto” chiarì Alexy e il suo tono da nostalgico divenne amareggiato “È cominciato quando Dake, un nostro amico che frequentava un’altra scuola ci presentò una ragazza. Solitamente le ragazze che ho conosciuto fino a quel momento impazzivano tutte per Nathaniel e se lui non le ricambiava, ripiegavano, senza successo su Castiel”
“aspetta… di preciso quante ragazze ha avuto Nathaniel?” chiese Erin con una certa urgenza nella voce. Certo non si aspettava che uno come lui fosse rimasto libero per diciotto anni ma il quadro che stava disegnando Alexy lo dipingeva come un rubacuori.
“solo due. Nathaniel non è uno che ha l’innamoramento facile” le rivelò Alexy leggendole nel pensiero “comunque sia, torniamo a noi…questa ragazza era diversa dalle altre: dimostrò sin da subito un vivo interesse per Castiel…e per la prima volta anche lui sembrava provare qualcosa per una ragazza. Non l’avevamo mai visto così felice. Era sempre di ottimo umore, nei limiti consentiti dal suo personaggio s’intende” ridacchiò Alexy, strappando un sorriso anche a Erin che aveva spostato lo sguardo verso l’amico che camminava davanti a lei, tenendosi a debita distanza.
 “quella ragazza aveva qualcosa di… particolare. Io la adoravo, era sempre piena di energia, esuberante… sotto questo punto di vista mi ricordava te” convenne Alexy facendo arrossire Erin. Il fatto che ci potesse essere una qualche analogia tra lei e l’ex ragazza di Castiel, la fece sentire strana, come se la notizia dovesse lusingarla.
“ma c’era qualcosa in lei che non convinceva né Rosalya né Lysandre. Nel caso di Rosalya non ci diedi particolarmente peso. Del resto lei ha sempre avuto un rapporto problematico con le ragazze e l’aggiunta di questo nuovo elemento femminile non le era particolarmente gradita. Tuttavia, mi lasciava perplesso l’opinione di suo fratello invece, che una volta la definì subdola. Castiel lo sentì e ne nacque una feroce discussione. Alla fine Lysandre fece un passo indietro e si scusò, permettendo a Debrah, così si chiamava, di avere accesso alle prove della band.
Quello fu solo il presagio di quanto sarebbe successo dopo.
Ripensandoci a distanza di tempo, mi chiedo come abbiamo fatto ad essere così ciechi: posso capire Castiel che se ne era innamorato… ma noi? Debrah era una manipolatrice, aveva una personalità molto possessiva che attraverso battutine sarcastiche e frasi lasciate a metà stava creando delle strane tensioni nel gruppo. La cosa peggiore è che, dopo Castiel, la persona che più la difendeva era Nathaniel e fu proprio lui a pagare il prezzo più alto del suo comportamento”
“ehi Rapunzel! Muoviti!”
Castiel interruppe la discussione sul più bello. Il racconto di Alexy aveva talmente affascinato Erin che la ragazza aveva camminato perdendo la cognizione di dove fosse.
Erano giunti davanti a casa sua e Castiel aveva un’espressione leggermene scocciata. Aveva camminato tutto il tempo da solo, immerso nei suoi pensieri, ignaro dell’argomento di conversazione tra Alexy e la sua compagna di squadra nonché amica. Quando avesse cominciato a classificarla tale non l’aveva ben chiaro, ma ormai era così che la considerava.
Erin si affrettò, maledicendolo sottovoce. Era a un passo dalla verità ma per quella sera si sarebbe dovuta accontentare di sapere dell’esistenza di quella Debrah, senza che le venissero forniti ulteriori dettagli.
“mi raccomando. Domani puntuale!” gli ricordò aprendo il cancello.
“ore 9.00 al campo dove abbiamo detto” completò il rosso.
“Alexy, te lo affido. Assicurati che se ne torni a casa sano e salvo” scherzò Erin di buon umore.
Da quando aveva scoperto dell’episodio accaduto tre anni prima in cui Castiel aveva difeso Alexy e Rosalya, non poteva che guardarlo con ammirazione. Aveva un atteggiamento il più delle volte brusco e antipatico, ma dietro quella maschera celava un buon cuore. Questa consapevolezza lasciava ben sperare per la riappacificazione dell’intero gruppo.
 
Dopo aver salutato Erin, Alexy e Castiel proseguirono.  
Il primo, insolitamente taciturno, aspettava dal compagno di viaggio, un segnale che lo autorizzasse a rivolgergli la parola. Senza la presenza di Erin, l’atmosfera era più tesa e pesante. Tra di loro era calato un imbarazzante silenzio che Alexy non aveva il coraggio di spezzare.
Castiel era consapevole di tutto ciò… e una volta tanto la cosa non lo infastidì.
Non aveva più senso perpetuare quella guerra fredda, del resto il tempo aveva sopito la rabbia che lo aveva infiammato quando aveva scoperto che Alexy e Rosalya non erano stati sinceri con lui.
Riappacificarsi con la ragazza, dopo gli insulti che le aveva rivolto mesi prima, non sarebbe stato immediato. Con Alexy invece sarebbe stato più semplice.
“se vuoi venire anche venerdì prossimo non è un problema”
Quando pronunciò quella frase, Castiel non lo guardò in faccia.
Quell’armistizio gli costava molto, poiché cozzava con il suo rancoroso orgoglio.
 
Quella semplice frase fu per Alexy un tuffo nel passato: si sentì trasportare indietro di tre anni quando Castiel aveva attirato la sua attenzione mostrando interesse per le cuffie. Quello era stato il pretesto per conoscersi e far poi nascere una grande amicizia. Ora che quel rapporto non c’era più, con quel semplice invito, ancora una volta, il ragazzo stava ponendo le basi per diventare amici. Di nuovo.
Le labbra di Alexy si distesero in un sorriso sereno:
“verrò sicuramente”.
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ecco, siamo arrivati anche alla fine del capitolo 15! Nei prossimi capitoli vorrei riuscire a scomporre la storia in modo più omogeneo, evitando di pubblicare capitoli troppo lunghi per cui si perde anche il senso del titolo… questo non vuole dire che avrete meno da leggere (sapete ormai che sono piuttosto prolissa -.-): l’obiettivo quindi sarebbe quello di scrivere capitoli più brevi rispetto agli ultimi pubblicati finora messi in rete ma pubblicandone con una frequenza maggiore (verrà una storia infinita XD). Verso fine luglio avrò finito con gli esami e quindi spero di avere tutto il tempo per portare a termine i miei propositi (quindi anche per il 16 dovrò aspettare un po’ prima di finirlo).
 
E ora veniamo a voi: vi è piaciuto? Nella mia storia mi diverte immaginare e inventare varie sfaccettature della personalità dei protagonisti e questo mi ha portato a creare una Rosalya dal carattere forte e impetuoso che trova la sua armonia con la pazienza e la semplicità d’animo di Alexy. Quest’ultimo personaggio è particolarmente positivo perché incarna quelle qualità che creano armonia e allegria all’interno di un gruppo di amici.
Visto che “il club dei disadattati” era formato da elementi così diversi, ho voluto dare a ognuno un ruolo, perché leggendo non ci sia l’impressione che i personaggi stiamo insieme a caso.
Tuttavia se la mia tendenza a dilungarmi su dettagli inutili non fosse apprezzata, ditemelo che tenterò di correggermi ;-)
Vi lascio con i compiti per casa... rispondi alle seguenti domande (ahaha):
1)Vi è piaciuto il capitolo?
2)Cosa ne pensate del personaggio di Debrah del gioco? (io ho ancora avuto il piacere di fare la sua conoscenza perché sono all’episodio 13)
3)…
Scherzi a parte, grazie come sempre per aver letto il capitolo… alla prossima! :-)
 
P.S. sono così maleducata che non mi sono scusata per il ritardo nella pubblicazione del capitolo! Scusate e portate pazienza se mi ci vorrà un po’ per il prossimo 
  
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