I due turisti arrivarono camminando mano nella mano. Margaret indossava una gonna nera lunga fino al ginocchio, una canotta azzurra e un cappello nero a tesa larga. Da sotto il capello si intravedevano degli occhiali da sole neri e il sorriso bianco e spensierato della ragazza che rideva e scherzava con Mark.
Al collo portava la macchina fotografica e ai piedi delle Converse nere alte.
Alex non degnò di uno sguardo la figura di fianco a lei, troppo impegnato com'era a godersi ogni singolo centimetro di quella visione.
Il cappello era una cosa insolita, ma le stava bene, anche se nell'insieme gli veniva da ridere per come si era conciata. Era una turista europea e voleva farlo notare a tutti i costi.
“Buongiorno, raggi di sole!” Esordì Margaret quando fu abbastanza vicina alla coppia che stava aspettando.
“Ciao splendore! Stai benissimo con quel cappello!” Rispose Alexa con un sorriso sincero.
Alex non aprì bocca, ma si limitò a fare un cenno con la testa.
“Perdonate il ritardo, ma la principessina ci ha messo più del dovuto a vestirsi!” Si scusò Mark.
“Non ti preoccupare, tanto senza Alexa i lavori non partono, non sei in ritardo.” Disse Alex guardando la sigaretta che stava schiacciando con la punta del piede.
Margaret ingoiò un insulto e un sospiro infastidito e si costrinse invece a sorridere educatamente, ma Alex notò che era uno dei suoi sorrisi falsi e accondiscendenti. Si chiese quale risposta acida avesse messo a tacere e sorrise di rimando, sempre per sfottere.
“Andiamo? Prima iniziamo, prima finiamo!” Propose Mark lasciando la mano della sua ragazza e indicando il portone alla modella.
“Volentieri!”
Le due coppie si salutarono in modo molto diverso. Alex lasciò un leggero e veloce bacio sulla fronte di Alexa, mentre Margaret si tolse il cappello per riuscire a stampare un bel bacio con lo schiocco finale sulle labbra del fotografo.
Alex deglutì in modo rumoroso, ma nessuno se ne accorse. Inforcò gli occhiali da sole e invitò Margaret a seguirlo con un gesto del braccio.
“Fate i bravi!” Disse la ragazza per salutare i due che avrebbero passato gran parte della giornata a lavorare, al contrario loro che se ne sarebbero stati a zonzo.
I primi minuti trascorsero in silenzio, i due camminavano uno di fianco all’altro senza emettere un suono: Margaret si guardava attorno, mentre Alex fissava un punto indefinito davanti a sé da dietro gli occhiali da sole.
“Dove andiamo?” chiese la ragazza, che si snervava facilmente quando c’era del silenzio, soprattutto in compagnia di Turner.
“Stavo cronometrando quanto ci avresti messo a chiedermi qualcosa.” Rispose Alex sorridendo.
“Scusami, da ora taccio.” Fu la risposta acida della ragazza.
Ci era riuscito anche questa volta: la frase di Alex era un modo per farle capire che la conosceva e sapeva benissimo che non sarebbe rimasta in silenzio, perché aveva bisogno di parlare, chiedere, sapere e invece l’aveva fatta innervosire, perché l’aveva fatta apparire logorroica e pesante.
“Dai, Margaret, non volevo dire che parli sempre, lo sai…” Alex iniziò a giustificarsi, ma Margaret non gli diede il tempo di finire, perché sollevo l’indice della mano, per richiamare la sua attenzione e fargli capire che ormai la stronzata gliela aveva detta.
Come sempre quando erano insieme, erano nervosi e mal disposti, ma Alex non si sarebbe di certo fatto rovinare la giornata dalla prima battuta uscita male.
Le prese il cappello, facendola spaventare, ma la ragazza, a parte la sorpresa iniziale, non reagì, ma continuò a camminare senza guardarlo.
Alex intanto si era fermato vicino a un bidone dell’immondizia, ma lei non lo aveva notato.
“Guarda che lo butto se mi tieni il muso.”
Margaret si girò a guardarlo: stava sorridendo in modo idiota e teneva il cappello sospeso sopra il bidone, pronto a farlo cadere. Si tolse lentamente gli occhiali, per far notare lo sguardo d’odio nei suoi occhi.
“Provaci.”
“Non lo faccio, solo perché poi peggioro la situazione, ma tu non fare l’acida.” Alex la raggiunse, si piazzò davanti a lei e le appoggiò il capello sulla testa. Erano molto vicini, uno di fronte all’altro e la cosa sembrava disturbare solo la ragazza, che guardava in basso, mentre Turner le sistemava il cappello con cura. Quando ebbe finito, prese una ciocca di capelli di Margaret e ci giocò un po’.
“Pace?” chiese a bassa voce.
“S-sì, tanto abbiamo tutto il giorno per discutere.” Rispose Margaret, che intanto non aveva accennato a sollevare lo sguardo.
“Comunque stiamo andando a fare colazione, perché sto morendo di fame!” Disse Alex riprendendo a camminare.
“Ma io non sono venuta a New York per mangiare!”
“Se è per questo, non sei venuta qui nemmeno per vedere me, eppure adesso sei con me, quindi andiamo a fare colazione.”
“Sei un dittatore!” Margaret camminava al suo fianco con le braccia conserte per manifestare il suo dissenso.
“Se fossi un dittatore, in questo momento non saremmo per strada a camminare, ma in un altro luogo, con molta meno gente.” Disse Alex sorridendo in modo allusivo.
“In quel caso saresti un maniaco!” rispose Margaret tirandogli una pacca sulla spalla.
“Perché pensi male? Intendevo un negozio di dischi!”
“Sì, certo. Come se il tuo sorriso allusivo potesse essere in qualche modo equivocabile.”
“Comunque possiamo prendere da mangiare e andare in giro, non ti costringerei mai a stare in una caffetteria.” Propose Alex dopo qualche metro coperto in silenzio.
“Come minimo!”
"So che mi avevi detto che non volevi niente da mangiare, ma ti ho preso un cappuccino e dei cupcake. Non replicare, non posso mangiarti in faccia." disse Alex porgendole un bicchierone e una busta.
Margaret aprì la busta e osservò i dolci.
"Mmm, cupcake...cos'è? Speri che te la dia come l'ultima volta?" rispose Margaret.
Alex la guardò sorpreso per la battuta inaspettata.
"No, sono certo che tu possa venire a letto con me anche senza dolcetti pieni di coloranti e schifezze, ma non sono interessato all'affare." disse il cantante riprendendo a camminare soddisfatto per la risposta che era riuscito a rifilare a Margaret.
I due camminarono in silenzio per qualche minuto. Di tanto in tanto bevevano un po' dai loro bicchieroni pieni di intrugli alla caffeina e osservavano le vetrine dei negozi.
"Dove stiamo andando di preciso?" chiese Margaret curiosa.
"In un parco.” rispose Alex.
"Central park?"
"No, un posto molto meno famoso e con meno turisti. Potrebbe trovarsi in una qualsiasi città del mondo. Ci vanno gli abitanti della zona. Ci sono gruppetti di ragazzi che giocano a calcio, genitori con bimbi, insomma, un posto normale."
"E tu come fai a conoscerlo?" la ragazza era curiosa.
"L'ho trovato per caso. Odio il caos dei posti affollati e rumorosi. Ogni tanto ho bisogno di normalità e in questa città non è subito facile da trovare, ma per fortuna ci abitano anche persone normali.”
Margaret ascoltava interessata le parole di Alex, perché per lei era come ascoltare una persona nuova, appena conosciuta.
Ancora si chiedeva se sotto quei capelli lunghi e quella camicia elegante si nascondesse il ragazzo indie di Sheffield, ma evidentemente era così.
"Eccoci arrivati." disse Alex dopo qualche minuto, indicando un cancello non troppo grande, che dava su degli scalini. Ai lati del cancello c'era una muraglia bassa di pietra, che lasciava intravedere benissimo un gruppo di grandi alberi sotto cui si poteva trovare dell'ombra e uno spiazzo piuttosto grande di distesa di erba.
A quell'ora del mattino non c'era molta gente, ma qualcuno che leggeva prendendo il sole in costume da bagno, popolava la parte sprovvista di ombra.
Sulle panchine riparate dal sole c'erano gruppi di vecchi che chiacchieravano o lupi solitari che volevano leggere il giornale in santa pace.