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Autore: Fuyu    02/07/2014    1 recensioni
Come avrete potuto notare, ho cancellato la storia precedente, mi sono accorta che andava troppo veloce e non c'erano neanche delle descrizioni decenti. Ho cambiato varie cose, rispetto alla prima stesura, quindi potete leggerlo tranquillamente, anche se avete già letto l'altra.
La storia è simile a quella di prima. Un mondo fantasy, dove il sincronizzatore dovrà portare pace o forse morte.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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secondo capitolo

Viaggio lungo Calm


La mattina seguente, dopo un sonno ristoratore, i due si alzarono alle prime luci dell'alba. Arti aveva lasciato la tenda ad Avlynn, da buone maniere come era solito fare e lui si era coricato sul suo mantello, ormai asciutto vicino alla palla rossa, che durante la notte aveva finito il suo compito. Avlynn era già sveglia e vestita, quando Arti aprì gli occhi.
«Buon giorno!» fece lei, porgendogli un bicchiere d'acqua.
«Buon giorno!» rispose stupito. Avlynn si era rimessa i suoi vestiti, ormai asciutti e aveva piegato quelli di Arti, mettendoli nella tenda, dove lui li trovò andandosi a cambiare. Avlynn aveva, intanto preparato la colazione. Arti era pieno di provviste e di varie materie prime, come anche del latte.
«Si vede che sei da solo!» proclamò lei passandogli la tazza e un pezzo di pane.
«A si!» esclamò lui innocente.
«Allora, qual'è precisamente il compito del sincronizzatore!?» chiese. Lei sapeva solo che portava morte, ma non come.
«Beh, io devo purificare il mondo, tramite alcune pietre, le quali sono sparse per il mondo e la mappa, mi aiuterà!» disse fiero indicando il pezzo di roccia, accanto a lui. Avlynn lo prese in mano. Sembrava una piantina, però non rappresentava il loro mondo, o almeno come lei lo conosceva. «Quella è una vecchia mappa! In realtà quello che serve davvero e questo!» disse tirando fuori una specie di freccia -in realtà ricordava solo la punta di una freccia- bronzea con al centro un cerchio di vetro, convesso su un lato e piatto nell'altro. «Questo è una mappa in tempo reale! Indica dove sono le pietre nel raggio di 20 Km. mentre per le distanze più lunghe comincia a brillare no n'appena mi avvicino ad una di esse» spiegò.
«Bene. Quindi, devi cercare queste pietre! Allora vengo con te»
«Si.......COSA?» chiese riprendendosi all'ultimo «No, no e no! Ho sempre viaggiato da solo e sempre lo farò!» esclamò lui.
«Non resisteresti un giorno, continuando a mangiare quello che ti prepari!»
«Ho vissuto più di 40.000 anni, senza che nessuno mi facesse da balia, cambiando forma ogni 1500 anni! Non credo di avere problemi!»
«Va bene, anche se tu non volessi, io ti seguirei comunque!» proclamò Avlynn lavando la tazza dal latte residuo. Arti la guardò con sguardo quasi rassegnato.
«Perché vorresti seguirmi! Tu credi che io porti morte, no?» chiese.
«Ho deciso che lo verificherò con i miei occhi! Non vengo per darti una mano, ti seguo solo per tenerti d'occhio!» specificò. «Il problema è che mi serve una spada!» esclamò, mettendosi al collo il ciondolo del maestro. Arti scosse la testa, però sapeva che non l'avrebbe convinta neanche minacciandola, quindi sopperì alla faccenda. I due chiusero la tenda e la misero, nello zaino del sincronizzatore, insieme agli utensili.
«Va bene, non credo che riuscirei a farti cambiare idea! Per prima cosa, andiamo ad Asiuf, la capitale!» proclamò Arti «Li troveremo altre provviste e delle armi! Non saranno all'altezza di Algora, ma non c'è male! Dopodiché cominceremo il viaggio!» esclamò incominciando a camminare. Dopo qualche minuto, però si voltò verso di lei. «Ti avverto, sarà un viaggio molto lungo, dovremo girare tutto il mondo e non sempre useremo dei mezzi di trasporto! Per esempio, la capitale è molto più a Ovest di qui, ci vorranno almeno quattro giorni di cammino, prima di arrivare!» spiegò. Avlynn lo guardò scettica e si avvicinò, per poi superarlo e salire su una piccola collinetta, così da superarlo in altezza.
«Ho camminato attraverso una palude, lunga qualche centinaio di km, per almeno un giorno. Ho scalato una montagna fino all'altezza di 10 m, durante una pioggia torrenziale. Tutto questo con la paura imminente di essere uccisa! Credi che una camminata mi scoraggi?» chiese fiera di se. Arti rise e poi, insieme, si avviarono a quel viaggio lungo quattro giorni fino alla capitale.


Molto più a Ovest, oltre il regno di Calm, dove Avlynn e Arti stavano camminando. Su un isola, circondata da pilasti neri, i quali tenevano eretta una barriera d'ambra, si sentirono dei rumori come di sirena, venire da una delle strutture. Alta almeno 3 m, si ergeva a sud dell'isola, totalmente bianca con qualche venatura di giallo panna, due torri la costeggiavano da ambi i lati e un rosone al centro della facciata ne simboleggiava l'importanza.
Capelli rossi e vesti ricamate seguivano i movimenti di Un uomo che correva per i corridoi di alabastro della struttura. Dietro di lui delle guardie con armature rilucenti lo seguivano con le lance rivolte alla sua schiena. In mano, l'uomo, teneva un libro verde, con scritte in oro e una cornice d'acqua, le cui pagine sembravano rilucere nel buio delle vie percorse. L'uomo arrivò in una sala piena di libri, sbarrò la porta e i suoi occhi verdi si guardarono intorno.
«Dovrebbe essere qui!» esclamò senza fiato, mentre le guardie tentavano di buttare giù la grande porta con intarsi marmorei. Dopo molto cercare, alla fine, trovò una via dietro a una, delle tante colonne, che adornavano la sala, in marmo nero. La piccola porticina lo condusse ad una stanza piena di polvere e ragnatele, dove al centro ci era posto un altare con un epitaffio inciso. Tenendo il libro con la mano destra, la sinistra andò a toccare le scritte incise e queste si illuminarono alzandosi, aprendo una parete davanti all'uomo. Le guardie, stavano ancora cercando di sfondare la porta, quando arrivò un altro uomo che, vestito simile al primo, le fece scostare. Dalle sue mani partì un raggio che fece esplodere i cardini della porta, la quale collassò su se stessa. L'uomo nella stanza, davanti al piedistallo, sentì il tonfo nella stanza accanto e si affretto a distruggere le scritte. Dopodiché, passò oltre la parete aperta. Appena si trovò al di la, la parete si richiuse dietro di lui e le guardie, entrate dalla porticina, assieme all'altro uomo, videro solo un muro con delle macerie. Si guardarono intorno, non riuscendo a capire come avesse potuto fare.
Intanto, al di la della parete, l'uomo aveva cominciato a camminare per un corridoio -con quello che doveva ricordare un tappeto rosso a bordi gialli- ai piedi. Lo percorse fino ad un portone di ferro, aprendolo con un suono sinistro -per via dei cardini pieni di ruggine- arrivò ad una rampa di scale, le quali lo portarono in una cittadella, precisamente davanti ad un canale di scolo. Risalito sul muretto del canale, si ritrovò su una stradina di una città.
«Mi scusi, sa dirmi che città è questa?» chiese l'uomo ad un passante, vestito con abiti alquanto miseri in confronto all'interlocutore.
«Questa è Marbh! Si trova esattamente a Sud della penisola Plima» spiegò l'uomo guardandolo di sottecchi. In effetti, l'uomo pareva uscito da una reggia. La maglia nera a collo alto, che portava, era in puro lino, sopra la quale portava una toga marrone con ricami a mano e i pantaloni, anch'essi neri, parevano fatti su misura. Aggiungendoci anche tutto l'oro che aveva addosso pareva un principe. L'uomo, ringraziò il passante, poi riprese il cammino. Tirò fuori una bussola, totalmente in avorio e seguì il Nord fino ad uscire dalla città. Il suo obbiettivo era la capitale Asiuf, nel regno di Calm e -grazie agli atlanti della biblioteca dell'isola Algia- sapeva esattamente dove andare, oltre i confini della penisola. Intanto la sirena si levava ancora dall'isola Algia, dalla quale lui era scappato. Non facendoci caso s'incamminò verso il regno Calm, dove sperava che la divinazione avesse azzeccato. Lo aspettava un viaggio di tre giorni.

Intanto i due viaggiatori, si erano ritrovati su una stradina di campagna, che come un serpente si estendeva fino a dove poteva vedere l'occhio. Avlynn era stupita, a parte qualche sporadico albero -e la radura, dove Arti si era accampato- non aveva visto boschi o pinete. Era tutta prateria aperta, piena di sole e aria, oltre le varie montagne e salitine varie. Le sembrava di rinascere, di essere totalmente fuori dal suo mondo, eppure erano ancora sullo stesso continente.
Era da ormai parecchie ore che camminavano e, sebbene sapessero che era dura, la stanchezza cominciava a dare le prime avvisaglie, quando Arti -per uno strano motivo- si scostò dalla stradina andando verso nord.
«Dove vai?» chiese quasi urlando lei. Alla fine, non ricevendo risposta, gli andò dietro. Continuarono in quella direzione, nel silenzio più assoluto, per qualche minuto, fino a che non videro una cittadina davanti a loro.
«Questa è Fenip! La cittadina di cui ti parlavo ieri sera» spiegò dirigendosi dentro la città. «E' molto isolata, ma ti assicuro che ha tutti i comfort!» proclamò
«Ma non dovevamo andare alla capitale?» domandò Avlynn
«Si certo, ma una piccola pausa non ci farà male! E poi voglio avere informazioni» spiegò. La ragazza seguì il compagno di viaggio e si addentrarono nella cittadella. Era piccola -quattro o cinque case, non di più- ma si respirava la tipica aria di famiglia delle piccole città. Era il tipico posto dove tutti, sanno tutto di tutti. «Puoi andare anche a girartela, mi troverai alla locanda!» precisò Arti dirigendosi nella suddetta casa. Avlynn, non sapeva se fidarsi, Arti avrebbe anche potuto andarsene senza di lei, quindi lo seguì.
La locanda era interamente di legno, totalmente differente da quella alla capitale di Algora -in mattoni e cemento-. Il focolare davanti alle poltrone e i divani, dava un senso di quiete e calore. Arti si avvicinò al bancone, esattamente davanti alla porta d'ingresso. Il bancone era al centro della stanza e le scale che portavano ai piani superiori e alle camere, era situata accanto al bar, oltre il bancone. Avlynn, invece si sedette su una delle poltrone davanti al camino, levandosi il mantello che portava sopra la maglia gialla e il gilè rosso. Il sincronizzatore parlava con la locandiera e lei ne approfittò per chiudere gli occhi, la stanchezza e la camminata del giorno prima stavano avendo il loro effetto.
La locandiera non sapeva chi aveva davanti, non tutti sapevano della peculiarità degli occhi arancioni. A differenza di Algora, nel regno di Calm, il sincronizzatore non era portatore di sventure e quindi non era necessario stare a lerta.
Dopo la chiacchierata con la donna, Arti andò da Avlynn, trovandola addormentata sulla poltrona. Quello era il momento perfetto per lasciarla li e andarsene, ma appena girò le spalle un piccolo ricordo -di quando lei aveva espresso il desiderio di andare con lui- gli riaffiorò in testa. Aveva visto la determinazione e la cocciutaggine nei suoi occhi. Allorché sospirò e si mise seduto sul divano accanto alla poltrona, aspettando che Avlynn riaprisse gli occhi.

Dopo un'ora la ragazza riaprì gli occhi osservando Arti che esaminava la mappa di pietra. Si alzò di scatto, accortasi che doveva essersi addormentata.
«Che ore sono?» chiese. Arti guardò l'enorme meridiana sopra al camino.
«Sono le 2 del pomeriggio!» esclamò. «Hai dormito un ora! Che ne dici di mangiare, io ho fame!» disse, poi, alzandosi a sua volta. La ragazza lo guardò camminare e, infine, lo seguì.
Dopo pranzo ripresero il cammino, tornando sulla stradina tracciata, di prima.
«Perché non mi ha lasciata li!?» domandò
«Chi lo sa!» sorrise Arti davanti a lei.
«Cos'è ti senti solo?» chiese lei acida.
«Niente affatto, probabilmente l'ho fatto per compassione! Non sei a casa tua e potresti anche perderti!» esclamò. Avlynn rise sotto i baffi per dargli uno scappellotto e superarlo, correndo. Arti si massaggiò la testa per poi raggiungerla. Non era male viaggiare con qualcuno, almeno, non si sarebbe annoiato. Il resto della giornata lo trascorsero a parlare del più e del meno, sopratutto sul compito di Arti. In una qualche maniera, Avlynn non voleva parlare di se.
Giunta la notte rimontarono la tenda e riaccesero il fuoco.
«Come funziona quel coso?» chiese Avlynn rivedendo il cilindro.
«Questo è un oggetto magico, creato dai maghi! Serve per accendere fuochi. Teoricamente, non so come funzioni, ma crea un sfera magica, grazie alle proprietà del fuoco -che i maghi anno manipolato- e poi la diffonde» spiegò
«Quindi è molto vecchio!»
«Beh, ha più di 2000 anni, se vuoi saperlo!» esclamò «Ad ogni modo i maghi, sono persone eccezionali! Con la loro abilità sono in grado di comandare i 4 elementi principali e quelli secondari, creando oggetti come questo»
«Erano, vuoi dire? I maghi non ci sono più da migliaia d'anni!» sorrise lei. Avrebbe sempre voluto vedere un mago, le piacevano le storie che leggeva alla biblioteca di Mek -cittadina a Nor/Est di Desdoler- dove si potevano trovare draghi, maghi e cavalieri impegnati in dispute e combattimenti spettacolari. Il solo problema era che erano racconti vecchi di anni, secoli addirittura.
«Cosa? Non è affatto vero! I maghi ci sono ancora. Vivono sull'isola Algia, sono attorniati da una barriera che vieta loro di uscire, ma non sono ancora estinti» spiegò. Avlynn spalancò gli occhi alla rivelazione e ne rimase estasiata, era proprio vero che fino ad ora era vissuta in una campana di bugie. Anche se non poteva fidarsi completamente di Arti, voleva che fosse vero.

Il giorno seguente il loro cammino li portò ad un villaggio, ma stavolta non c'era nessuno. Era abbandonata, una città fantasma.
«Stanotte, ci fermeremo qui! Questo una volta era un villaggio di pescatori, ma da quando hanno deviato il fiume, e il lago Habi si è prosciugato, non ci abita più nessuno!» parlò Arti ad Avlynn. La serata trascorse tranquilla, come quelle precedenti. Avevano fatto una sosta, quel pomeriggio, lungo la strada, per riposarsi e rifocillarsi, quindi non erano propriamente stanchi. Anche se erano le 11 passate non avevano molto sonno. La palla di fuoco riscaldava l'aria autunnale e di pioggia nemmeno l'odore. In cielo brillavano le stelle e i tre satelliti si vedevano nitidamente, sopratutto Vaati, il satellite più vicino di colore blu.
«Ad Algora le stelle non sono così! Ne vedi una sporadicamente, c'è una specie di tetto di fumo che non te le fa vedere!» spiegò Avlynn.
«Dev'essere orribile, le stelle sono una delle più belle cose al mondo»
«Perché quante ce ne sono?» domandò Avlynn curiosa.
«Mmh, vediamo! Gli alberi, l'acqua, gli animali, il vento e tante altre!» rise lui
«Praticamente tutto!» ironizzò Avlynn
«Tutto ciò che è creato dalla natura!» specificò Arti chiudendo gli occhi. Avlynn lo sentì addormentarsi e guardando le stelle pensò a casa. La sua famiglia non sapeva niente di quello che era successo, non era a conoscenza del fatto che lei ormai non era più ad Algora. Avlynn non poteva nemmeno immaginare quello che avrebbero fatto alla sua famiglia, lei era ricercata e probabilmente la sua famiglia era stata arrestata. Alla fine, stanca, si addormentò anche lei pregando per suoi famigliari.


Intanto l'uomo che era uscito dall'isola Algia era entrato nei confini di Calm, fermandosi alla città di Nekry per la notte. Si era cambiato, preferendo degli abiti più consoni all'ambiente. Aveva tenuto solo la maglia nera di lino e i pantaloni, la tunica e gli ornamenti d'oro gli aveva venduti o barattati con denaro, grazie al quale poteva pagare vitto, alloggio e provviste. Al momento era all'inn della città dove si preparava per dormire. Le sirene dell'isola riecheggiavano ancora, anche se le sentiva più lievi, rispetto a prima, sintomo che si era allontanato. Fin tanto che le sirene avrebbero riecheggiato nessuno sarebbe venuto a cercarlo. Quelle sirene le potevano udire solo i maghi erano ultrasuoni speciali, adatti a farsi sentire, solo a coloro che avevano magia nelle vene, come i maghi. Il nostro mago in questione, era consapevole che l'isola -per quanto piccola- aveva posti e strutture immense, e ci avrebbero impiegato in bel po' prima di accorgersi che era scappato. Dopotutto nessuno conosceva quel passaggio, lui lo aveva trovato per caso leggendo un vecchio atlante, quindi avrebbero pensato che si fosse rifugiato da qualche parte nella stanza per poi scappare di nuovo.
Nella stanza della locanda si sedette sul letto aprendo il libro che aveva portato con se. Qualche settimana prima era riuscito a fare una divinazione, secondo la quale, il sincronizzatore sarebbe arrivato alla capitale Asiuf. Mancavano ancora due giorni al termine prestabilito e lui doveva assolutamente parlare con il sincronizzatore.
Guardava il libro con uno sguardo perso e distante, le pagine erano bianche, segnate dal tempo e dall'usura, il tomo pareva animato, ma era solo un'illusione della magia. Più di una volta aveva sentito su di se gli sguardi, dei passanti che lo fissavano in malo modo. All'inizio credeva per via dei vestiti, ma poi aveva capito che era per il libro. Ovviamente aveva attirato l'attenzione, quindi non poteva portarlo ancora per molto in quella forma. La mano sinistra si posò sul libro e una luce bianca/azzurra uscì dal palmo della mano. Il libro cambiò misura, da spesso ed enorme come un tomo antico e pesante, arrivò alle misure di un dito e spesso quanto la lama più sottile. Lo richiuse in un ciondolo comprato al mercato che si apriva e poi si stese chiudendo gli occhi.

Il sole entrò nelle tende, quasi con timidezza, svegliando il mago che si alzò con calma. Aveva tutto il tempo, sarebbe arrivato ad Asiuf in giornata e avrebbe dovuto aspettare un giorno, quindi, tanto valeva prendersela comoda, visto che le sue divinazioni raramente sbagliavano, però c'era sempre il dubbio. Dopotutto la divinazione non era una scienza esatta al 100%. Sceso per le scale, dopo aver controllato il libro, fece colazione per poi incamminarsi. Seguì una stradina, piastrellata di rocce, venendo raggiunto nel pomeriggio -dalla parte opposta della strada- da un gregge di pecore in pascolo. Il mago salutò il pastore con garbo il quale ricambiò e si riposò con il mago all'ombra mentre il gregge pascolava.
«Cosa la porta qui, straniero?» chiese il vecchio pastore.
«Cosa le fa credere che sia straniero?»
«Sarò anche vecchio ma riconosco un mago quando lo vedo!» rise il vecchio. L'uomo rise e si sdraiò sull'erbetta.
«Siete il primo e l'unico che mi abbia riconosciuto per quel che sono! Gli altri mi guardavano male!»
«La vecchiaia, porta conoscenza e saggezza! Soltanto perchè siete rinchiusi in quell'isola non vuol dire che non possiate uscire in qualche modo. Siete maghi no» Il mago rise di cuore e dopo si incamminò. Arrivò alla capitale Asiuf nel pomeriggio, avendo ancora tempo, si diresse alla locanda e prenotò una stanza, poi si fece dare le indicazioni per la biblioteca della città e vi si diresse a passo spedito. La sera, fece riacquisire al libro le forme originarie e cominciò a leggerlo. Gli occhi gli si illuminarono e le pagine cominciarono a mostrare le scritte.

Quella stessa sera, intanto Avlynn e Arti, avrebbero dormito in un vero letto. Erano arrivati alla città Gaya, molto vicini ad Asiuf, che avrebbero raggiunto l'indomani. In camere diverse, stavano pensando ai loro problemi. Avlynn continuava a pensare alla sua famiglia, e Arti studiava la mappa, per capire dove potessero essere le pietre. Il problema era che, le pietre in questione, cambiavano ubicazione ogni volta che lui finiva il suo compito -ogni 1500 anni- quindi. La mappa gli serviva per raccapezzolarsi per la separazione dei continenti, che durante quegli anni si spostavano e insieme alla freccia con il cerchio di vetro lo aiutavano.
Fin'ora nessuna avvisaglia di luce dalla freccia quindi, probabilmente, a Calm non ce ne erano, ma lui non si dava per vinto. Avlynn, intanto era stesa sul letto. Avevano pagato quelle camere con i soldi che Arti aveva con se, ma prima o poi avrebbero dovuto fare dei lavori, altrimenti non avrebbero potuto avere guadagno. Però i suoi pensieri erano rivolti anche alla sua famiglia, sopratutto al fratellino minore, il più piccolo e ingenuo.
Il giorno dopo, appena finita la colazione, si diressero verso l'uscita dalla città di Gaya, da li partiva una stradina sterrata che portava direttamente alla capitale.
«Finalmente ci siamo. La capitale è vicina, ancora mezza giornata, forse!» decretò Arti
«Come "forse"?» riecheggiò Avlynn.
«Vedi, è la prima volta che mi spingo così ad Ovest, prima ero arrivato solo fino alla chiusa di Habi!»
«Sei proprio un idiota!» proclamò Avlynn tirandogli l'ennesimo pugno.
«Ma sarà sempre così!?»
«Anche peggio se non ti muovi!» esclamò superandolo. Arti seguì Avlynn e, finalmente -nel pomeriggio inoltrato- raggiunsero la capitale.



   
 
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