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Autore: Ignis_eye    04/07/2014    1 recensioni
Non esiste solo un mondo, ce ne sono parecchi, o meglio, ce ne sono tanti raggruppati in uno solo, dove gli umani trascorrono tranquillamente la loro esistenza e dove le creature magiche vivono in armonia e talvolta si fanno la guerra.
Gli esseri magici svolgono le loro faccende quasi con normalità, tenendole nascoste agli uomini, ma... che cosa succederebbe se un terribile segreto venisse rubato e due razze si scontrassero?
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Libro delle leggi dei morti… Non ci avevo nemmeno pensato. I vampiri e i mannari potrebbero trarre enormi vantaggi da questo libro: resurrezioni, zombie, evocazioni di demoni. Dobbiamo assolutamente ritrovarlo o per tutti gli esseri magici e gli umani potrebbero essere guai” pensò Elsa. Tutte queste informazioni le vorticavano in testa contemporaneamente e ognuna di loro dava vita a ipotesi diverse e conseguenze drammatiche, trascinandola in un caleidoscopio senza fine.
«Dobbiamo ritrovare il Necronomicon il prima possibile» disse Sefora, riportandola alla realtà.
«E’ un bel casino. Damiano, prova a sentire con le cuffie se stanno già tornando a casa».
«Sì, si stanno salutando. I tuoi genitori mi sa che sono già per strada» le rispose il cugino «Quelli di Sefora si stanno intrattenendo, ma c’è troppo brusio e non riesco a sentire bene. Non sono nemmeno sicuro che siano loro».
La cercatrice si tormentava le mani, ansiosa di tornare a casa e sapere anche i particolari dai genitori. Anche i due cugini erano piuttosto agitati: lui camminava avanti e indietro e lei si mordicchiava l’interno della guancia.
“Cazzolina, i vampiri rubano il Necronomicon e io sono ridotta così. Che palle” pensò Elsa. Si sentiva inutile, non era nemmeno potuta andare a spiare le conversazioni degli adulti e si era dovuta accontentare di ascoltarle a distanza.
Ad un tratto, tutti e tre sentirono una macchina rallentare fino a fermarsi sul marciapiede davanti a casa.
«Devono essere i tuoi genitori» disse Sefora all’amica.
Nel momento in cui i primi passi risuonarono sul vialetto che portava alla porta di casa, Elsa trasalì.
«Non sono i miei genitori!».
 Accadde tutto in pochi minuti. Damiano non fece nemmeno in tempo a guardare dallo spioncino che la porta venne spalancata con un incantesimo, e quattro uomini entrarono.
Avevano tutti il volto coperto, ma dal loro odore parevano vampiri.
«Hey! Chi sie-».
Damino non riuscì nemmeno a finire la frase che un pugno lo fece quasi cadere all’indietro. Gli sconosciuti lottarono con il giovane licantropo che venne violentemente sbattuto dall’altra parte della stanza, lasciando delle crepe sul muro.
Un vampiro molto alto agguantò Sefora, la quale si dimenava per liberarsi. Elsa si trovò davanti gli altri due che la gettarono addosso al cugino, facendolo cadere nuovamente.
La licantropa sbatté la testa e il naso ricominciò a sanguinarle, sporcandole le labbra e la maglia.
Il dolore alle costole era lancinante ma si rialzò subito e trasformandosi senza nemmeno accorgersene ringhiò a pieni polmoni.
Mostrò le zanne e domandò:
«Chi cazzo siete?!».
Loro indietreggiarono di un paio di passi ma non risposero, e Sefora approfittò dell’attimo di smarrimento per liberarsi e tirare un calcio allo stomaco a quello che la tratteneva, correndo verso Elsa e rifugiandosi dietro di lei.
«Dobbiamo resistere almeno fino al ritorno dei tuoi! Non manca molto, ma tu sei ferita…».
«Sto bene, ce la posso fare!».
Mentiva. La trasformazione le era costata tantissima energia ed era troppo debole per rimarginare le sue ferite con la metamorfosi. Sentiva già le gambe indebolirsi e la vista annebbiarsi.
La situazione era critica e anche Damiano si trasformò in lupo, attaccando alla gola il vampiro più vicino.
Si rotolarono sul pavimento travolgendo mobili e ogni cosa fosse sulla loro traiettoria.
Lo spilungone che aveva afferrato Sefora pronunciò alcune parole in latino, scagliando una nube di frecce contro le due ragazze.
«Energia scutum!» urlò Sefora, materializzando uno scudo di energia che vibrava ad ogni impatto.
I dardi vi si infransero sopra, esplodendo in una polvere grigiastra.
Nel frattempo, gli altri due avevano dato man forte al vampiro che combatteva con Damiano, atterrandolo e riempiendolo di pugni.
Elsa ringhiò e si avventò su di loro per aiutare il cugino. Il fianco le faceva troppo male, alcune ferite si erano riaperte e sentiva le forze venirle meno, ma non rinunciò a combattere.
Affondava i denti nella carne dei vampiri, ma questi sgusciavano via come se fossero ricoperti d’olio e riportavano danni minimi.
Il suo respiro era affannoso e i ringhi del cugino e dei vampiri le rimbombavano nelle orecchie. Dall’altra parte della stanza vide Sefora che lanciava incantesimi contro il suo avversario, che stanco di continuare la battaglia, le scagliò contro una potente scarica elettrica.
«Ossibus ardet fulgur».
“No!”.
Elsa fece un balzo di alcuni metri, graffiando il pavimento liscissimo e frapponendosi tra la cercatrice e il fulmine.
Cadde a terra a peso morto. Sentiva caldissimo e le pareva che fosse tutto troppo silenzioso, troppo poco caotico.
Faceva fatica a respirare, una pozza di sangue si allargava accanto a lei.
«Elsa?! Mi senti?!».
Sefora era accanto a lei e la scuoteva per farla riprendere, ma le sue urla le sembravano lontane kilometri e kilometri.
«Elsa! Riprenditi!».
Le voce di Sefora era come attutita, non sentiva nemmeno che la stava scuotendo con più forza, non provava più nemmeno dolore alla costola sinistra.
Chiuse le palpebre e l’ultima cosa che vide fu la porta che si apriva di nuovo.

 
 
 
Elsa sbatté le palpebre, ritrovandosi a fissare il soffitto della sua camera da letto. Cos’è che l’aveva fatta svegliare? Boh.
Scivolò fuori dalle leggere lenzuola bianche, poggiò i piedi per terra e sentì una fitta al fianco sinistro che le fece ricordare tutto quello che era successo.
«Attenta, non ti sforzare».
Elsa trasalì: non aveva sentito la presenza di sua madre sulla poltrona accanto al letto.
«Mamma! Cosa è successo? Damiano sta bene? E Sefora? Dov’è il papà? E chi -».
«Calmati» disse tranquillamente Gioia «Ti racconto tutto solo se torni a sdraiarti a letto».
Compromessi. Tra madre e figlia ce n’erano a migliaia: con una ragazza così era difficile vivere senza.
Elsa appoggiò un cuscino tra la schiena e la testiera del letto.
«Intanto dimmi come ti senti. Vanno meglio le costole?».
«Mi pare di sì. Mi fanno meno male di prima».
«Bene» rispose la madre visibilmente sollevata. Si alzò e avvicinò ancora la poltrona, fino a toccare il bordo del letto con le ginocchia.
«Mi sono preoccupata un sacco, sai? Quando siamo tornati, tu eri distesa sul pavimento immobile e sporca di sangue. Ci hai quasi fatto prendere un colpo».
«Mi dispiace».
 «Damiano mi ha raccontato che hai combattuto anche se ferita e che hai difeso Sefora. Hai fatto il tuo dovere, ma sei stata molto incosciente a parare quel colpo e…».
“Eccola… se comincia con la ramanzina non la smette più…”.
«Come stanno gli altri?» cambiò discorso Elsa «Cosa è successo?».
«Papà sta alla grande, Damiano adesso ha solo qualche graffio, è quasi del tutto guarito. Questa mattina ho chiamato a casa Scida per sapere come sta Sefora e mi hanno detto che sta guarendo in fretta».
«Vuol dire che è stata ferita? Come?» chiese protendendosi verso  la madre.
«Te lo dico, ma stai con la schiena dritta. Prima che io e il papà sistemassimo i quattro vampiri, uno le ha lanciato addosso qualche incantesimo, tutto qui. Tranquilla, non era niente di grave».
«Bene. Aspetta… come questa mattina hai chiamato?».
«Ti sei fatta un bel pisolino!» esclamò Gioia, scompigliandole i capelli «Sono le dieci di mattina, ormai!».
«Così tardi?!».
«Sì. Eri completamente senza forze. Con tutte quelle trasfor-».

SBAM!

La porta spalancata con forza interruppe il suo discorso, e Damiano entrò nella stanza:
«Buongiorno cugina! Guarda cosa ti ho portato! Nutella, fette biscottate e caffè».
Posò il vassoio sulle gambe della ragazza e si sedette sul bordo del letto.
«Beh, la lascio a te, tienila d’occhio» disse Gioia «Obbligala a stare a letto».
«Sì zia!».
«Bene. Ti lascio un po’ in pace con tuo cugino, ok?».
«Va bene ma’».
La madre le diede un affettuoso bacio sulla testa e uscì chiudendo la porta.
Elsa si avventò sulla nutella, spalmandone parecchia sulle fette biscottate. Mentre si ingozzava, Damiano le raccontò che i genitori avevano sbaragliato i quattro vampiri, che li avevano imprigionati e che per il momento erano tutti nella cantina di Nicola.
«Non fapevo che Nifola aveffe una canfina con catene magiche o roba fimile» farfugliò Elsa tra un boccone e l’altro.
«Neanche io. Lo zio mi ha detto che se l’è costruita due anni fa e che non è riportata sulle mappe del catasto. È un tipo previdente, ha fatto bene a costruirsela».
Rubò mezza fetta biscottata dal vassoio e continuò:
«Hanno chiamato qualcuno a portarli via e poi hanno sistemato il salotto. Era un macello, c’erano vetri e pezzi di mobili ovunque. Per non parlare delle pareti scrostate e del televisore fracassato».
Ripensando al televisore si fece immediatamente malinconico e sospirò.
«E pensare che stasera c’è Milan-Roma…».
Elsa gli tirò un pugno amichevole sul braccio:
«Pensi sempre al calcio! Non riesci a pensare nient’altro?».
«Alla carbonara. Comunque, penso che la zia ti abbia già detto che stiamo tutti bene e… non sai cosa ti sei persa! Non ho mai visto nessuno combattere come gli zii, è stato pazzesco!».
«Hey! Smettila di dirmi quanto sono stata sfigata a non poterli vedere!» protestò scherzosamente Elsa.
«Va bene, va bene. Mmm… vediamo, altri particolari… ah sì, giusto. I vicini non si sono accorti di nulla grazie alle barriere anti-rumore che abbiamo in casa».
«Che culo».
«Puoi dirlo forte».
I genitori di Elsa, come tutti i licantropi con figli, avevano creato delle barriere anti-rumore per non far sentire ululati e ringhi ai vicini. Per quanto i due bambini fossero bravi sotto questo punto di vista, qualche trasformazione involontaria (e conseguenti ruggiti)avveniva comunque, perciò era meglio non correre rischi. Anche se adesso erano cresciuti, la barriera restava al suo posto.
Elsa finì la colazione in pochi bocconi e si alzò, ma il cugino la redarguì:
«La zia ha detto che devi stare a letto».
«Ma io voglio alzarmi» protestò la licantropa «Voglio andare giù a vedere come è messo il salotto e a dire alla mamma che voglio mangiare bistecche per pranzo».
«No, tu resti qui: il salotto è quasi a posto e tua mamma dorme» disse lui incrociando le braccia.
«Dorme?».
«Sì, è rimasta tutta la notte con te e ti ha lasciata solo qualche minuto fa. Se ti alzi e vai in giro, potrebbe svegliarsi e sgridarti».
“Possibile che si sia spaventata così tanto? Neanche fossi una fragile umana” rifletté Elsa.
«E’ permesso?» chiese qualcuno fuori dalla porta.
«Certo, entra pure papà».
Fulvio, un licantropo piuttosto alto e dai capelli nerissimi, entrò nella camera. Assomigliava un sacco a Damiano.
«Stai bene, vedo» disse con flemma.
«Sì, io sto benissimo, ma la mamma non vuole che io mi alzi».
«Ahahah! Tua madre si preoccupa troppo! Vestiti e vieni pure giù, ti annoierai a stare sempre in camera».
Chiuse la porta alle sue spalle e scese fino al piano terra.
«Visto? Adesso posso andare in giro per casa» palesò tutta contenta a Damiano.
Lui scosse la testa: a ogni impedimento di Gioia, Fulvio trovava una via d’uscita.
«Sì sì, vado anche io. Ci vediamo giù più tardi».
Una volta che anche lui uscì di scena, Elsa si diede una sistemata, si guardò per bene le ferite quasi completamente rimarginate e risistemò le bende sul busto.
Mise un paio di pantaloncini comodi e una t-shirt extralarge, poi scese in cucina.
Il salotto era stato messo a posto, ma mancava la tv e l’intonaco era scrostato in più punti. Per non parlare del divano mancante, dei mobili rovinati e dei quadri staccati.
Camminò a piedi nudi sul pavimento in marmo graffiato in più punti e si sedette sul divano in cucina.
«Non ricordavo che dal muro spuntassero due pezzi di legno».
«Sono due gambe del tavolino basso che avevamo in salotto» rispose distrattamente il padre, intento a sistemare qualcosa nelle mensole.
«Ah. In effetti mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito».
Fulvio finì quello che stava facendo e si accomodò accanto alla figlia.
Non le chiese ancora come andava e non fu assillante, ma questo non vuol dire che non si preoccupasse per lei: anche lui era stato in ansia tutta la notte solo che conosceva la riservatezza della figlia su certi argomenti e si fidava della sua autonomia. In più sapeva che la moglie le aveva già chiesto tutto quel che c’era da chiedere, perciò non gli andava di infastidirla con le stesse domande.
«Tu e la mamma non andate a lavorare oggi?».
«No, abbiamo chiesto un giorno di permesso: ci siamo inventati che i ladri ci hanno svaligiato casa, così il direttore del museo ha acconsentito senza problemi. Non è proprio così lontano dalla realtà, visto come è ridotto il salotto».
«Bene. Un giorno di pausa vi farà bene, lavorate così tanto».
Il padre le sorrise: la figlia, talvolta, era un po’ brusca nei rapporti interpersonali, ma sapeva che si preoccupava costantemente per la famiglia, anche se non lo dava a vedere.
«Così» disse Fulvio «potremmo passare tutti quanti del tempo insieme».
«Certo, è da un po’ che non facciamo qualcosa» disse Elsa, ma ciò che pensava in realtà era:
“Lo so che state a casa solo per tenere d’occhio me e per paura di un nuovo attacco. Anche se non me lo volete dire, io lo so”.
Chiaramente non poteva dirlo, e poi non le dispiaceva affatto di poter passare una giornata in famiglia.
«E cosa vorresti fare? La mamma ti obbligherà a fare qualcosa di tranquillo, visto come sono messa» gli ricordò Elsa.
Lui rise sommessamente, come faceva tutte le volte che stava per infrangere una decisione della moglie, la stessa espressione che faceva Elsa quando combinava qualche marachella o faceva arrabbiare la madre.
«Quando mamma si sarà svegliata, andremo a casa della nonna con la scusa di fare un saluto e dopo un po’… ce la svignamo!».
«E dove andiamo?» chiese Elsa curiosa come non mai.
Il padre concluse con un sorriso furbetto:
«Porto voi ragazzi al Gattacicova».





Angolo dell'autrice:
Ed eccoci alla fine del decimo capitolo!
Questi poveri ragazzi non hanno mai un secondo di pace, sono sempre lì a dare e prendere botte! XD
Comunque, passiamo alla parte incantesimica (?) latino-italiano:
-Energia scutum= scudo di energia;
-Ossibus ardet fulgur= fulmine brucia ossa.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto:) 

Ignis_eye
  
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